- sette anni dopo -

Alla fine vi voglio bene.
Perchè ho pubblicato il finale adesso, e non tra due giorni come mi ero proposta di fare per farvi salire l'ansia.




























Entro nell'aula professori come se niente fosse, la mia solita camminata leggera e il cuore che batte più velocemente del solito, ma niente di che. Non posso dire di non essere nervoso, ma nemmeno di essere così agitato.

Il mio secondo giorno di lezione non può andare così male se il primo è stato così soddisfacente. Mi piace insegnare musica. So di aver scelto la strada giusta. E poi lavorare con Brendon-insegnante-di-matematica-Urie a fianco è fantastico. Ryan a volte ci viene a trovare, durante le ore buche che abbiamo qua e là, anche se io, alla fine, posso solamente guardarli mentre si scambiano qualche bacio e diventano più maturi. Come me.
Sono cresciuto, siamo cresciuti. Ray è andato a fare il tecnico per la NASA, ci credete? Adesso potrà progettare tutte le navicelle-matitino che vuole. Se ci penso mi viene da ridere.
Ho fatto tante cose, nei sette anni che sono passati da quando Gerard è sparito dalla mia vita.
Susan è diventata vecchiotta, ma me la porto sempre dietro, è la mia unica compagnia fissa.
Sono stato fidanzato con Jamia per ben due anni, per poi lasciarla capendo che non sarebbe mai stata la stessa cosa, e che non avrei potuto darle quello che lei cercava.
Con Mikey mi sento per telefono, è tornato a Belleville circa un mese prima della mia partenza alla volta della scuola dove avrei insegnato, dopo essere stato per molti anni in Florida con i suoi, dato che Gerard ormai non poteva più prendersene cura, essendosi trasferito a Los Angeles.
Ho tenuto quel biglietto, ma non l'ho più riletto; non ne ho bisogno, so le parole a memoria.
Sara e Alex si sono sposate, sono stato al loro matrimonio poche settimane fa e sembravano più felici che mai. Probabilmente adesso sono in viaggio di nozze in Giappone.
Ho intrapreso anche una relazione con un altro uomo, ma non è andata come speravo: dopo soli tre mesi ero di nuovo perfettamente single, e da quel momento ho deciso che avrei aspettato un po', per darmi il tempo di chiarirmi le idee.

Peccato che oggi sia completamente solo. E' il giorno libero di Brendon (o Beebo, come lo chiamavamo tutti alle superiori): lui lo passerà con Ryan, mentre io devo stare in aula professori fino all'ultima ora, quella che avrò in una prima.

Respiro, impaziente di andare a fare lezione e poi correre a casa, dove probabilmente mi aspetta un mucchio li lavoro da fare per organizzare le lezioni successive.
Guardo il collega seduto al tavolo, davanti al suo pc. Non l'ho mai visto qui a scuola, nemmeno nei corridoio (dopotutto insegno in questo istituto da poco più di un giorno) ma dicono che sia abbastanza bravo.
Non mi guarda in faccia, non mi saluta, niente. Penso che nemmeno mi abbia notato, tanto è concentrato sul suo lavoro.
Mi giro di schiena, per cercare dei libri, come se niente fosse.

- Buongiorno - dico, dopo un po', fissando gli innumerevoli cassetti davanti a me, nel tentativo di trovare il mio nome.

- 'Giorno - grugnisce, per tutta risposta.

Sbuffo, lievemente irritato dal fatto che non si disturbi nemmeno a guardarmi, ma poi comincia a parlare:

- Attento alle quarte. Sono degli incompetenti, e disturbano molto.

Quindi sa che sono nuovo.
Fantastico.

- Uh, okay - mormoro, concentrandomi sulla biografia di Beethoven che non riesco a scovare. Perchè ho il mio cassetto da meno di quarantott'ore ed è già disordinato, quasi quanto il mio appartamento? Dannazione a me e al mio caos.

- Ieri con chi hai lavorato? - domanda, atono, dopo un po' di silenzio.

- Quinta.

- E oggi?

- Una prima. Ultima ora - serro le labbra, tirando fuori un libro e scoprendo solo dopo pochi secondi che non è affatto di Beethoven, ma è la biografia di Harry Styles, con almeno "100 curiosità da divorare", come dice una nuvoletta rosa. La guardo, stranito, sicuro al cento per cento che non appartenga affatto a me, e poi la sventolo in aria:

- E' tua? - chiedo, con un risolino.

- Cos'è?

Perchè non la guarda? Mi fa saltare i nervi. Alzo gli occhi al cielo, ma rispondo:

- Biografia di Harry Styles. E' un fenomeno a suonare il do con la chitarra, ha quattro capezzoli e uno sguardo da bad boy che fa gelare così tanto il sangue nelle vene delle dodicenni che ti viene anche male alla testa, come quando mangi troppo gelato e senti quel dolore in mezzo alla fronte - biascico, sorridendo.
A suo malgrado, finalmente, ride anche lui, di una risata aperta e veloce:

- No. Non è mia, mi spiace. Qualcuno degli studenti ti avrà fatto qualche scherzo.

- Ma che simpatici - commento, inarcando un sopracciglio e buttando il viso di Harry Styles nel cestino della carta.
Se qualcuno lo vuole verrà a chiederlo.

- Quasi quanto la vita - afferma, mentre mi giro qualche secondo per sbirciare le sue sopracciglia mentre si aggrottano e creano una serie di rughe piccole e sottili sulla sua fronte.

- In che senso? - domando, per poi concentrarmi sulle mie dita che cercano disperatamente quel dannato libro su Beethoven. Fosse per me passerei direttamente al rock o al metal, ma qui hanno deciso che serve anche sapere che esiste un coso chiamato clavicembalo, e che osservare la diversa forma dei tamburelli israeliani di tremila anni fa è utile.

- Nel senso che a volte ti fotte - sospira, stressato, forse anche dalle mie domande, ma io non mollo così facilmente:

- E cioè?

Ormai sono interessato.

- Sei troppo curioso, per i miei gusti - sento le sue dita scorrere sulla tastiera del computer, veloci, poi si arrende:

- Cioè, hai mai trovato una cosa veramente bella... solo per poi accorgerti che l'hai distrutta con le tue mani? - chiede, dopo qualche secondo di riflessione.

Immediatamente, ripenso a me e Gerard, a sette anni fa, alla nostra storia. A ciò che ne rimane.
Annuisco, lentamente, girandomi di nuovo verso di lui:

- Sì - sussurro.

- E com'è stato? - sembra che sappia già la risposta.

Mi mordicchio il labbro, a metà tra il distratto e il malinconico:

- Orribile.

- Ecco - sbadiglia, senza staccare gli occhi dallo schermo del computer, come se fosse una cosa così ovvia ed evidente che ormai si è rassegnato.

- E non si può rimediare? - domando, con un filo di amarezza nella voce.

Scuote la testa:

- No.

- Perchè? - domando, mentre ogni battito del mio cuore comincia a fare male.

- Perchè le seconde occasioni, sulle cose a cui tieni davvero, non esistono - dice, schioccando la lingua come se considerasse l'argomento ormai esaurito.

Abbasso lo sguardo al pavimento.

- Ne sei convinto? - domando piano, mormorando appena.

- Ovvio - una pausa - Perchè me lo chiedi?

- Perchè io ti amo ancora, Gerard Way - mi volto, questa volta interamente, e anche lui adesso ha alzato lo sguardo.
Ha gli occhi sbarrati, non riesce nemmeno a muoversi.
Mi ha riconosciuto.

Sorrido, mentre una lacrima piccola mi solca il viso e lui rimane in silenzio:

- E voglio chiederti di sposarmi - faccio un passo in avanti, malfermo, fino al tavolo, poi mi metto al suo fianco e giro la sua sedia verso di me, prendendo un bel respiro.
Mi inginocchio, prendo la scatolina di velluto blu dalla tasca dei pantaloni e gliela apro davanti al petto, scoprendo un anello dorato. E' semplice, un piccolo cerchio. Niente scritte, niente diamanti, niente pietre preziose.

- E di rimanere con me per sempre.

Si copre la bocca con una mano per lo stupore, poi comincia a piangere anche lui, e, appena gli infilo il gioiello al dito, si getta per terra, davanti a me, e mi stringe forte.

- Frankie - sussurra, baciandomi la testa.
Il suo petto sussulta per i singhiozzi.

- Ti ho cercato per anni, stronzo - rido, tra le lacrime, mentre le sue mani toccano di nuovo il mio corpo - Ma non mi hai ancora risposto. Allora... sì o sì?

Fa un sorriso:

- Il no non è contemplato? - domanda, inarcando un sopracciglio.

Avvicino le mie labbra alle sue, finalmente, dopo tutto questo tempo.
Mi sembra una vita, quella passata senza di lui, adesso che ce l'ho qui. Non so nemmeno come ho fatto a trattenermi dal baciarlo per tutti questi minuti.

- Dopo tutta questa fatica per trovarti, no - sussurro, direttamente sulla sua bocca, scuotendo la testa lentamente.

Mi guarda negli occhi; mi sento la cosa più bella del mondo, quando vedo le sue pupille incontrare le mie:

- Allora penso proprio che sia un sì - mormora, mentre i suoi denti hanno cominciato a mordicchiare il mio labbro inferiore - Adesso me lo dai, un bacio?

Per tutta risposta, allungo lievemente la lingua, e le nostre labbra si uniscono quasi automaticamente pochi secondi dopo. Rimaniamo così, semplicemente sul pavimento, a baciarci, per qualche minuto, che sembra non finire mai più. Poi si stacca, dolcemente, e io sussurro, nascondendo il viso nell'incavo tra la sua spalla e il suo collo:

- Tutti quelli che vorrai, Gee.
















































Angolo autrice:
E questo era l'ultimo capitolo. Boh. Mi sento vuota. Ho iniziato sta roba un po' per caso, e poi l'ho mandata avanti fino a questo.
Adesso siete tutti liberi di leggere la mia Joshler (LEGGETE O VI UCCIDO - no, scherzo), la prossima storia che cercherò di finire insieme alla mia Stucky (per la gioia della povera Rameo_Laufeyson8 che ha dovuto aspettare un vastosacco di tempo). E dopo quella... un bordello di altre storie, decisamente più serie, che continuano a venirmi in mente. In questo periodo sono molto ispirata, lol.

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