.6.
Erano passati tre giorni, e Gerard già sentiva i propri freni venire meno.
Non aveva fatto molto, si era limitato a consegnare puntualmente i pasti, serviti alle otto, alle dodici e alle sette. Fosse stato unicamente per lui, sarebbe entrato e uscito con una facilità estrema, portando a termine il suo compito in pochi secondi - ma Frank, oh, Frank rendeva tutto curiosamente difficile.
Non che avesse mai tentato di fare qualcosa di estremamente sensuale, no, ma ogni occasione era buona per prendersi gioco di lui o cercare di sedurlo. Sapeva benissimo che il maggiore stava lottando per non cedere a tutto ciò che avrebbe desiderato fare, ora che lo aveva lì, sempre a sua totale disposizione. Inoltre, era da giorni che non faceva sesso, e stava iniziando a sentire il bisogno di estinguere quel crescente languore di un altro corpo dentro di sé; non poteva uscire, era troppo rischioso in quel momento visto quanto era successo, e di certo non si sarebbe messo a scopare con una guardia, perciò Frank rimaneva la sua unica possibilità. Non li avrebbe sentiti nessuno, dopotutto... Ed erano entrambi così vogliosi, così ardenti, che poteva immaginare la sensazione delle loro lingue intrecciate solamente socchiudendo le palpebre... E poi quel corpo da diciassettenne, così bello e delicato, così erotico, quelle labbra, quegli occhi, i gemiti impressi nella sua mente che lo tormentavano ogni notte sempre di più, insediandosi, serpeggianti e sinuosi, nei suoi sogni proibiti...
La tentazione lo inghiottiva nei momenti più disparati, lasciandolo ogni volta sempre più esausto nello strenuo tentativo di resistere a tutte le argomentazioni che cercavano di giustificare l'attuazione del suo desiderio.
Non poteva, no, non poteva, sarebbe stato come tradire suo padre... Ma tradire, cos'era tradire in quel modo, tradire col corpo? Tradire nulla. Non si sarebbe lasciato sfuggire niente, non era uno stupido, anzi, forse poteva usare gli ardori di quel ragazzo a suo vantaggio, obbligandolo a parlare... Ne sarebbe stato capace? No, probabilmente no. E nonostante quella fosse una maschera perfetta, sarebbe stato perfettamente cosciente del fatto che anche lui aveva bisogno di quel dolce dondolio voluttuoso tipico di corpi che si fondono, bisogno - cosciente del fatto che non lo avrebbe fatto semplicemente per necessità, per suo vantaggio, ma per il piacere, esattamente come Frank.
E così i giorni scorrevano, tra il rimorso e la voglia, la repressione e la brama.
Le sue forze si stavano esaurendo, lo sapeva.
Masturbarsi non gli bastava, era uno sfogo momentaneo che si rivelava ogni ora più insoddisfacente. L'astinenza dal sesso, adesso che era stato abituato ad averlo ogni qual volta lo desiderava, lo lasciava brancolante nel buio, come stordito, dolorante.
Ma forse avrebbe anche potuto sopportarla, liberarsene, oh, avrebbe potuto di sicuro, se non fosse stato per quello stronzetto.
Lo irritava e lo eccitava incommensurabilmente.
Quando entrava nella sua stanza doveva imporsi di mantenere la calma assoluta. Lo trovava mentre guardava film pornografici con la massima tranquillità, disegnava sdraiato sul pavimento lasciando macchie di inchiostro e colori che aveva trovato sulla scrivania qua e là, ballava, masticava una cicca e faceva le bolle per poi scoppiarle, mangiava il dessert con le dita, una volta si era dovuto perfino spingere nel bagno, dove lo aveva trovato in ammollo in una vasca piena di schiuma, per annunciargli che era arrivato il pranzo. Sembrava stesse vivendo tutto quello come un villaggio vacanze, e non come una reclusione. Ma d'altronde, non avendo celle, quello era ciò che potevano offrire loro, e Donald non teneva particolarmente a tenere i propri nemici in condizioni pietose. Avrebbe anche potuto convincerlo a collaborare, dopo quel magnifico trattamento - era accaduto abbastanza spesso, tutto quello era in grado di corrompere più facilmente di quanto poteva sembrare.
Ma Frank era diverso.
Frank non lo aveva mai implorato di portarlo fuori.
Mai insultato per la rabbia di ritrovarsi rinchiuso.
Mai aggredito.
Semplicemente osservato, e deliziato con le sue parole.
"Papino, quando mi tirerai fuori di qui mi sbatterai sulla tua Ferrari rossa, huh?" gli chiedeva, con tono civettuolo, "Gee, lo so, lo so, oh, lo so che stai resistendo".
Appena pronunciata quella frase, si carezzava il petto e il cavallo dei pantaloni mollemente, aggrottando le sopracciglia; poi al vedere che il più grande arrossiva e distoglieva gli occhi da lui ridacchiava, e le sue iridi verde chiaro brillavano, come pregustando la resa che erano perfettamente coscienti sarebbe avvenuta entro poco, più ipnotici del canto di mille sirene.
- Quindi siamo soli.
- Come lo sai?
- Ho visto.
Gerard, quel giorno, iniziò fin da subito a spazientirsi.
Quella notte era rimasto sveglio, mentre turbolente e vellutate immagini di passione lo tentavano, ammaliandolo a poco a poco, sfiorandolo con le loro mani vellutate, gridando disperate. Quella notte Frank era rimasto sotto di lui per ore, come uno spettro, aveva gridato e ansimato, imperlato di sudore, lo aveva chiamato con voce roca, lo aveva baciato fino a togliergli il respiro. Si era alzato di soprassalto, la mattina, e per tutto il giorno si era sentito ubriaco e perso, quasi inebetito.
Suo padre aveva accennato al piano di trasferimento a New York. Probabilmente aveva intenzione di attuarlo il prima possibile e lo avrebbe annunciato tra poco, aveva avuto modo di intuirlo - e sapeva che avrebbe dovuto focalizzarsi su tutto ciò che concerneva la loro sicurezza, ma semplicemente non riusciva: le scene che nelle ore del buio avevano infestato la sua camera da letto lo avevano intrappolato dentro una spirale senza fine, aveva bisogno, bisogno di qualcosa. Aveva finito per passare ore infinite rinchiuso dentro la propria stanza ascoltando un po' di musica, uscendo solo per mangiare e portare il cibo a Frank, nella camera esattamente a fianco della sua, e ora si ritrovava più innervosito e confuso di prima.
Si sentiva così disperato, e sapeva che anche quella piccola e dolce femme fatale sotto le spoglie di giovane uomo lo era. Come poteva esistere una creatura così tentatrice e così indisponente, fastidiosa al tempo stesso?
Gli avrebbe fatto perdere la testa, lo sapeva.
Oh, lo sapeva.
Eppure lo bramava così tanto.
Poggiò il vassoio con la cena sulla scrivania, poi inarcò un sopracciglio e si voltò in direzione del ragazzo, che lo stava osservando, sdraiato sotto le coperte a petto nudo, sorridendo.
- Cosa hai visto, esattamente? - chiese, mentre sistemava con fare distratto una manica della camicia per non guardarlo.
Era la prima volta che facevano conversazione da quando era arrivato lì, e sulla sua pelle sentiva una strana sensazione. Un formicolio insistente, un...
- Hai fatto un gesto alle guardie, come per farle andare via - Frank aggiustò il ciuffo di capelli, sul quale adesso, alla luce della sera, si poteva notare qualche rado riflesso biondo, probabilmente tinta. Solo dopo qualche secondo di silenzio, come se per un poco fosse stato risucchiato dai propri pensieri, concluse sbrigativamente:
- Quindi siamo soli.
Il maggiore si girò nuovamente verso la finestra, dandogli le spalle, con un sospiro.
Fuori, il giardino sembrava vuoto, silenzioso.
Non c'era anima viva.
Probabilmente anche i tiratori posti sugli alberi avevano una pausa per cenare, a quell'ora, sapendo che lui, consegnando il pasto, avrebbe controllato la situazione.
Quindi siamo soli.
Soli.
Soli, e avrebbero potuto fare tutto ciò che più desideravano, senza nessuna indiscrezione.
Soli, in quella stanza calda, un letto spazioso e morbido.
Soli, e Frank era già quasi del tutto spogliato. Sarebbe bastato un nonnulla, un piccolo gesto della mano, per averlo.
Soli, con la possibilità di far diventare le sue fantasie realtà.
Adesso, subito.
Scosse la testa, strinse i pugni fino a conficcarsi le unghie nei palmi delle mani.
La pressione stava iniziando a divenire incontenibile.
- Sì, siamo soli - ammise, sforzandosi di non cedere alla tentazione di osservare la pelle candida che sempre di più scivolava fuori dalle coperte pesanti con quel fruscio che giungeva debole e appena accennato alle sue orecchie.
Prese un respiro tremante.
- E' difficile, sai...
Gerard sentì quella voce giovanile e melliflua iniziare a parlare, e poi il materasso scricchiolare delicatamente, quasi stesse per compiere un terribile misfatto: capì subito che Frank era sceso dal letto e stava venendo verso di lui.
- E' difficile trovare uno svago...
In men che non si dica una mano era lì, a carezzare la sua spalla e massaggiarla lentamente, e a lui non rimaneva altro che rimanere ad osservarsi mentre cedeva, pezzo per pezzo, con il fiato corto, teso ad ascoltare quelle parole ammalianti:
- Lo è per me, perché sono rinchiuso qui... mi sembrano passati anni, lo sai? Anni, senza nemmeno un piccolo divertimento. Ma d'altronde lo deve essere anche per tutti voi... Non avete il coraggio di uscire adesso, immagino.
Le dita libere si allungarono verso una ciotola colma di frutta, e presero una ciliegia, poi, improvvisamente, Frank sgusciò davanti a lui, imponendosi ai suoi occhi con la sua solita impertinenza. Indossava solamente i suoi boxer, e aveva già le labbra poggiate sul lucido frutto scarlatto, più bello e maliziosoche mai:
- Dio, immagino che noia fottuta, rimanere a oziare tutto il tempo nei corridoi... Niente da fare... Niente con cui dare sfogo al proprio bisogno, dico bene?
Staccò la ciliegia dal piccolo gambo con i denti e poi, dopo averla masticata brevemente, inghiottì. Aveva la bocca sporca di succo cremisi, e gli occhi verdi erano fissi nei suoi, così profondi da cadere e cadere sempre di più, lo facevano affondare piano piano, teneramente e allo stesso tempo con foga.
Si guardarono per un po', in silenzio.
Gerard non respirava, percepiva a malapena dei tocchi sul suo collo: tutto ciò che riusciva a vedere erano quelle labbra, pronte, squisite.
- Avanti... Giochiamo un po' al carceriere e al prigioniero, so che lo vuoi...
Ridacchiò, toccò la sua camicia, ma dopo pochissimi istante decise che la sua pelle, quella della mandibola, era di certo un soggetto più divertente, così, dopo essersi alzato sulle punte, si avvicinò, portando le loro bocche quasi in corrispondenza:
- Dio, solo Hermés, tu, huh? - chiese, piano - Devi essere cresciuto proprio come me, un figlio di papà. Eppure, con tutti i soldi che hai, ancora vieni qui, strisciando, con gli occhi che implorano una distrazione... La mia distrazione, quella che solo io ti posso offrire... non è così?
I loro visi si fecero ancora meno lontani, quasi timidamente.
I loro respiri si fusero, senza che nulla li potesse fermare.
Le loro labbra si sfiorarono, tremanti per il bisogno.
Frank sbatté le palpebre e chiuse gli occhi.
Sapeva esattamente cosa stava per arrivare.
Rimasero a giocare, in bilico, un secondo o due, le bocche spalancate che semplicemente rimanevano, in estasi, vicinissime ma senza avere il coraggio di viversi veramente. Sospese, danzarono, schiuse e mezze sorridenti, nella consapevolezza del divertimento che ognuno provava a rimanere appeso al filo dell'incertezza.
Gerard indugiava.
Poteva?
Solo una volta, solo una volta sola...
No.
Solo una volta... Solo una, una...
Si implorava, ormai disarmato.
Solo una...
Caddero l'uno sull'altro come due stelle, e divampò l'incendio, nella luce buia e aranciata della fine del tramonto.
Il più grande lo prese per i fianchi tutto d'un tratto, senza alcun preavviso, e iniziò subito a baciarlo con foga, senza nemmeno lasciargli il tempo terminare le ultime parole: fu istantaneo, sensuale e caldo, crollarono ansanti e vogliosi, smaniosi di guardarsi, assaggiarsi, intridersi a vicenda di sensazioni intime e irresistibili. Le loro bocche si cercavano affamate, si mordevano, inumidivano piano, in mezzo ai loro mugolii soffocati, spezzati da improvvisi sospiri, carichi di bramosia.
L'attesa rendeva il tutto più eccitante, saporito, era una sensazione unica poter finalmente avere, dopo ore e ore, ciò di cui entrambi erano così assetati.
Mentre le loro lingue si intrecciavano e i loro corpi aderivano l'uno all'altro, sollevati dopo giorni di folle attesa, Frank continuò a chiedere, ansimante:
- Non è così, Gerard? Oh, non è così?
Nonostante stesse cercando di darsi un tono, di avere il controllo era più che evidente che lui stesso aveva aspettato tutto quello con malcelata impazienza, e con impazienza aspettava anche la possibilità di abbandonarsi, di sentirsi dominare, ancora una volta.
E Gerard ne era cosciente - fin troppo.
I ricordi della loro notte lo travolsero tutto d'un colpo. Si sentì di nuovo vigoroso, potente, virile. Sorrise, lo prese per il mento e per un poco guidò la sua bocca, ne tracciò il contorno, la educò alla propria, all'obbedienza cieca, a comprendere cosa voleva ancora prima che lui stesse iniziando a dare forma alla propria idea - ogni leccata, ogni morso, Frank prevedeva ogni cosa, ed eseguiva, docile.
Dopo pochi minuti, però, essendosi stancato dei semplici baci, si aggrappò al suo bacino con entrambe le gambe, e, mentre lasciava che il suo uomo succhiasse con lentezza sul proprio collo, carezzava il suo viso, i suoi capelli, ne aspirava il profumo forte di dopobarba e sigarette.
Paradiso.
Lo eccitò come non mai.
Respirò forte, abbassò le palpebre e si lasciò andare alle pulsioni del suo sangue.
- E' così, Frankie, sono qui perché voglio la tua distrazione, ti ho implorato... ma ti svelo un segreto - il maggiore, ormai troppo preso per riflettere su ciò che stava facendo, leccò lentamente il suo pomo d'Adamo, con un sorriso - Tu stesso hai strisciato per me ogni giorno, quando entravo da quella porta. Mi imploravi...
Lo fece gemere piano semplicemente carezzando una delle sue cosce.
La sensazione inebriante di potere e piacere stavano iniziando a sopraffarlo, e tutte le sue preoccupazioni si scioglievano come neve al sole davanti alla forza del suo desiderio.
Solo quella sera... Solo quella sera, poi avrebbe smesso, o forse no, ma poco importava.
Poteva averlo.
Non li avrebbe scoperti nessuno, e lo facevano solo per il piacere.
Non c'era nient'altro che li tenesse uniti, se non il dolce girotondo dei corpi, il profumo di sudore e sesso, non era forse così?
Oh, non è così? Non è così, Gerard?
- Mi imploravi esattamente come io imploravo te, e lo vedevo, non pensare che non me ne sia reso conto... Ho solo esaudito le tue preghiere.
Con una mano tirò le tende, poi lo portò fino al letto, dove crollarono, pervasi dalla foga.
Frank lo spogliava con una frenesia eccessiva, gettando i vestiti per tutto il pavimento, annusando la sua camicia per poi avvolgere le braccia attorno al suo collo e far aderire i loro petti, poi lo toccava, saggiava i suoi muscoli, lo baciava ancora, gemeva, strofinando i propri capezzoli turgidi contro di lui - era splendido, mentre perdeva lentamente la testa e si lasciava trasportare dal suo istinto, dal suo desiderio di uomo.
Pervaso dalla goduria, il più grande, dopo essersi tolto i pantaloni, si abbassò verso il suo torace magro e lo cosparse di succhiotti, delicate macchie violacee e rosse che disegnavano sul suo corpo scie e linee morbide, facendolo ansimare e contorcere. Si tolsero l'intimo insieme, in ginocchio sulle coperte, l'uno davanti all'altro. Nudi, si deliziarono di baci e carezze, tocchi appena accennati sulle loro carni toniche e calde. Il giovane Way, approfittando di qualche secondo di tranquillità, in cui l'unica cosa ad incresparsi e agitarsi erano i loro sguardi, afferrò i polsi magri del ragazzo e fece sì che si sedesse sulle sue gambe. Si sorrisero brevemente, in pochi secondi, di un sorriso che sapevano sarebbe rimasto un segreto celato dentro di loro per molto tempo - se non per sempre - ma in quel momento tutto era possibile, anche sorridere mentre si ammiravano, mentre si tentavano.
Frank percepì una mano, lenta, avvicinarsi al suo pube.
Sospirò sonoramente, la voce incrinata. Dopo giorni passati solo con se stesso, era diventato sensibile a qualsiasi cosa. Tutto, ogni gesto, ogni bacio, faceva sì che sotto la sua pelle corresse elettricità pura, tutto era lascivo, erotico, tutto lo faceva ansimare.
- Gerard - lo chiamò piano quando sentì il pollice e l'indice fare circolini lenti sul suo basso ventre, mentre un braccio forte cingeva la sua schiena, spingendolo piano in avanti.
Guardò in basso: le loro lunghezze erette si sfioravano, gli sembrava quasi di sentirle pulsare e vibrare. Altri baci sul collo gli fecero chiudere gli occhi, ma li riaprì di scatto quando percepì il suo membro venire avvolto da quelle dita sicure che aveva sperimentato già due volte senza che fosse abbastanza.
Gemette nell'esatto momento in cui Gerard prese a masturbarlo.
Si aggrappò alle sue spalle, il suo bacino che si muoveva avanti e indietro seguendo i movimenti di quella mano così delicata e decisa al tempo stesso. Morse le sue labbra per secondi infiniti, le tirò, mentre una profusione di gemiti si riversarono nell'aria dalle sue labbra, facendo eccitare ancora di più il suo compagno.
Niente era risparmiato: carezze sulla pelle dura e tesa, strofinii infiniti e laboriosi sul glande, scoperto e umido, piccole pressioni sulla vena pulsante che si trovava nella parte sottostante del suo membro; un insieme di piccole attenzioni che, insieme al movimento dolce del polso che faceva avanti e indietro mentre lo toccava, lo fece cadere nella voluttà più intensa.
- G-Gee...
Non finì di pronunciare il nomignolo, perché il piacere, dilagando nel suo ventre con le prime note di un calore familiare, gli fece emettere un gridolino acuto.
Gerard sorrise, carezzò la sua bocca con la mano libera, mentre l'altro, fragile e bellissimo, allargava le gambe e, tirando fuori la lingua, leccava le sue dita. Senza fretta, smise di toccarlo, esattamente nel momento in cui l'orgasmo era sul punto di prorompere - lo lasciò boccheggiante e stremato, i fianchi tatuati che si contorcevano a scatti, seguendo il ritmo dei cerchi concentrici della voluttà del momento, la voce roca che lo implorava in mormorii sconnessi, gli occhi rotti, liquidi, persi, le pupille nere dilatate.
- Shh - sussurrò nel suo orecchio il più grande, palpando il sedere e i testicoli morbidi con entrambe le mani - Lo vuoi così tanto...
Frank, mugolante, annuì vigorosamente, mentre, con le proprie dita, cercava il suo pene e lo toccava disordinatamente, ma quello lo fermò quasi subito:
- Con calma... Con calma, piccolo... - lo baciò, lo sentì aggrapparsi alla sua bocca come all'unica speranza di salvezza, di sollievo, sfiorò la sua schiena calda, gustò il profumo del suo liquido seminale che iniziava a scorrere a gocce sottili e bianche su tutta la sua lunghezza, parlando solo nei pochi secondi in cui riuscivano a staccarsi l'uno dall'altro:
- Volevi cavalcarmi, l'ultima volta, non è così? - domandò, passando le dita tra i suoi capelli morbidi per poi ricominciare a leccare le sue labbra e mordicchiarle teneramente.
Il ragazzo, troppo preso dalle loro lingue che, lentamente, si attorcigliavano, annuì con un sorriso, senza dire nulla, poi si alzò sulle ginocchia, più in alto di lui.
Gerard afferrò il suo bacino, si spinse all'indietro e poggiò la schiena sulla testiera del letto, poi, alzando il mento, lasciò un ultimo succhiotto sulla sua clavicola, tirando la pelle nel punto che aveva scoperto essere più sensibile, poi iniziò a tirare i fianchi del giovane verso il suo membro con delicatezza. Frank sembrava dannatamente fragile, in quel momento, indifeso, lo faceva sentire come se la sua sicurezza dipendesse da lui - mormorò il suo nome, ancora e ancora, mentre lasciava che il suo pene lo penetrasse - lo faceva sentire forte, potente, ma in modo buono, in modo gentile, senza che la potenza da lui posseduta fosse accesa dalla cattiva scintilla della prepotenza e della superiorità; piuttosto potente nell'essere la sua guida, il suo punto di riferimento in quel momento così intimo.
Il ragazzo gemette quando il pene duro ed eretto lo penetrò per metà, si contorse un poco, mentre il maggiore iniziò a sospirare furiosamente mordendo i suoi capezzoli e la pelle delle spalle; era un tripudio di colori, odori, sensazioni che danzavano attorno a loro a un ritmo sfrenato - estasi, era estasi.
Si avvilupparono l'uno all'altro, Frank gridò, spingendosi su e giù e lasciandosi, ogni volta, scivolare sempre di più verso il suo pube.
Non c'era più alcun tipo di controllo - lo graffiò ferocemente, il liquido che usciva dalla sua punta umida senza freni; il suo cervello era come fluttuante, perso, perso nella virilità che era dentro di lui, nella virilità di Gerard, nei suoi muscoli e nella protezione che gli offriva, nella sua attenzione e nella sua voglia, nella passione. Lo guardò, tremante, la fronte imperlata di sudore, si gettò addosso a lui baciandolo, mentre finalmente veniva riempito.
Corrugando le sopracciglia, gemeva ancora e ancora, e i suoi gemiti di coordinavano a quelli sconnessi del più grande, estasiato dalla sensazione delle pareti strette e morbide del ragazzo che lo accoglievano ancora una volta.
- Allora, ti piace? Hai avuto quello che desideravi? - Gerard lo apostrofò, mordendo il lobo del suo orecchio con ferocia, con fame.
I loro corpi bollenti si agitavano, mentre dietro le tende nuvole, simili a bucce di pesca, campeggiavano nel cielo del finire del giorno.
Tirò alcune ciocche dei suoi capelli avvolgendole in un pugno, poi, con un colpo di reni, mosse il proprio bacino, facendo sì che il ragazzo, dopo un sobbalzo verso l'alto, fosse di nuovo penetrato fino in fondo, e non solo: Frank, con un grido improvviso e una contrazione lasciva, gli fece comprendere che aveva raggiunto il suo punto più sensibile, la prostata.
- Mio Dio - respirò forte sulla sua bocca, e fece in modo che quest'ultima abusasse e consumasse le proprie labbra mentre raggiungeva l'orgasmo, lentamente - Mio Dio, mio Dio, m...
Si lasciò sfuggire un nuovo gemito, poi continuò a ripetere il suo nome, ancora e ancora.
Gerard, Gerard, Gerard.
Lo chiamava, mentre reclinava il collo di lato per lasciare che venisse baciato a profusione.
- Gerard...
Inarcò la schiena e gettò la testa all'indietro, aggrappandosi ai suoi bicipiti e graffiandoli, l'altro lo guardò, soffermandosi su ogni lineamento, ogni curva, ogni peculiarità:
- Shh, piccolo. Vieni - bisbigliò nel suo orecchio, fece appena in tempo, prima che un gridolino soffocato lo allertasse del calore che adesso aveva invaso anche il suo corpo.
Percepiva l'orgasmo iniziare a premere.
Gemettero insieme, in un climax ascendente di grida e baci sempre più passionali e arditi, si leccarono, si morsero, la lussuria serpeggiante che li invadeva tutto d'un colpo, proprio al culmine del piacere.
- Vieni... - lo disse un'ultima volta, e bastò un tocco lento sul suo membro tremante perché Frank, con le guance rosse e gli occhi socchiusi, schizzasse sul suo petto, mentre veniva riempito a sua volta dal seme del più grande.
Gocce bianche e dense colavano dai pettorali e dagli addominali di Gerard, ma loro ancora non avevano smesso di sfamare le loro bocche facendole scontrare - il maggiore prese quella lingua rosea e liscia dentro la propria bocca e la succhiò, staccandosene con un sonoro pop.
Si sorrisero.
Timidezza, forse? Imbarazzo?
Cos'era quel sottile velo che ornava i loro volti dopo il sesso?
Entrambi potevano giurare di non averlo mai visto.
Il più piccolo, per non pensarci, iniziò a leccare il proprio sperma dal busto muscoloso di Gerard, respirando piano.
- Allora alla fine hai ceduto, Way.
Lo leccò sul collo, emise un risolino e poi scese dalle sue gambe, sdraiandosi a letto e chiudendo gli occhi.
Gerard non rispose, alzando gli occhi al cielo, e ricominciò a vestirsi in silenzio.
Andò nel bagno e si lavò le mani, quasi a volersi scrollare di dosso quello che aveva appena fatto.
Andò verso la porta, la aprì.
- Allora, sono o non sono una buona puttana?
L'ultima domanda, però, venne pronunciata sottovoce, con una triste vena di amarezza.
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top