.2.
- Cosa pensi esattamente di tutto questo? - Donald Way, la fronte corrugata, sospirò con aria preoccupata appena ebbe finito di formulare la domanda, mentre cercava di vedere la silhouette di Los Angeles attraverso il liquido porpora nel bicchiere che aveva posizionato davanti ai propri occhi.
Era palese che, fin da piccolo, fosse stato educato ad essere il più perfetto cliché del boss galantuomo, il maschio alfa guidato da doveri verso la cosca, l'onore per gli antenati e amore per la famiglia. Si intuiva dall'immensa cura che possedeva per il proprio aspetto, ordinato e impeccabile, e i propri movimenti, sempre prudenti. Era un uomo alto, con i capelli grigi ben pettinati, vestiva quasi esclusivamente con completi scuri e cravatte, abiti acquistati in sartorie che glieli cucivano su misura; una figura elegante e discreta. Aveva un corpo muscoloso ma asciutto, nonostante avesse cinquant'anni, la carnagione abbronzata, il naso lievemente aquilino e le labbra sottili e chiare. Gli occhi, di uno scintillante color nocciola, erano incorniciati da alcune rughe che si erano formate con il passare degli anni, intensificandosi alla morte della moglie; solcavano i suoi lineamenti raffinati e perfettamente geometrici in modo lieve, appena accennato, ma nascondevano preoccupazioni e dolori non indifferenti, nonostante cercasse di non darlo mai a vedere. Si muoveva con lentezza, dimostrando implicitamente di essere l'unico ad avere il diritto di far aspettare gli altri, ma non era mai saccente o irrispettoso con i suoi pari e le persone che sapeva essere inferiori a sé, anzi: era sempre pronto al sorriso, calmo, inflessibile, equilibrato nelle decisioni, parlava con chiunque glielo chiedesse e concedeva tempo a qualsiasi esigenza senza esitazione. Non a caso aveva ottenuto consenso fin da subito nello scenario degli affari di famiglia (come tutti amavano chiamarli), e dopo nemmeno un mese della sua condizione di avvicinato tutti gli altri capi lo avevano riconosciuto come loro indiscusso leader dopo suo padre. Aveva stabilito la pace, per quanto possibile, ed era riuscito a garantire dei guadagni regolari stipulando accordi per traffici costanti. Nessuno dei capi avrebbe avuto mai il coraggio di mettere in dubbio una delle sue decisioni: tutti avevano capito di essere nelle mani di un uomo accorto, leale e intelligente, di cui ci si poteva fidare.
Anche adesso dunque, mentre il panico minacciava di scoppiare, era pronto a mostrarsi degno del ruolo che gli avevano assegnato e che si era guadagnato con il prezzo del sudore e del sangue.
Lì, sulla terrazza della sua villa a L.A., appoggiato alla ringhiera, teneva tra le mani un Ballon contenente vino rosso mentre contemplava la sua seconda città (la prima, ovviamente, era New York) accanto al proprio figlio.
Avevano appena terminato una riunione straordinaria in cui i due Way avevano convocato, oltre a Ray, i più importanti tra gli altri boss: Urie, Stump, Ross, Rutherford, Joseph, Sykes, Fuentes (che aveva preso il posto di Quinn), Dun, Åhre infine Diamandis, l'unica donna boss che avevano a quel momento. Seduti a un lungo tavolo di vetro, avevano esposto problematiche e argomenti, poi, senza nulla di pienamente concluso, si erano ritirati momentaneamente nelle stanze degli ospiti, in attesa del pranzo, lasciando Gerard solo con suo padre, a riflettere.
Cosa pensi esattamente di tutto questo?
Gerard prese un sorso di Cabernet Sauvignon dal suo bicchiere alzando le sopracciglia, cercando di concentrarsi su ciò che si stavano preparando ad affrontare.
La figura di Donald era sempre stata un esempio per lui. Un modello impeccabile che avrebbe dovuto seguire quando sarebbe diventato grande - tutti gli avevano sempre detto questo, così che non si era mai nemmeno posto il problema di cosa dovesse o volesse fare nella propria vita; la risposta era semplice, ovvia: fare ciò che faceva suo padre. Nato e cresciuto nel lusso, non aveva mai avuto obblighi, ma era sempre stato a conoscenza del fatto che il suo destino era già scritto, firmato da quando era venuto alla luce come primogenito.
Quando diventerai grande sarai come il tuo papà, questa era la frase che si era sentito ripetere più spesso durante la sua infanzia e adolescenza.
E alle sue orecchie e ai suoi occhi di bambino, che vedevano quell'uomo come un supereroe sempre perfetto, che gli si presentava quasi come un difensore della giustizia, diventare come papà pareva uno splendido sogno. Parte di questa ammirazione (quasi venerazione, in realtà) era rimasta, incancellabile, nel suo cuore; il resto, però, lo aveva sentito svanire pezzo per pezzo crescendo.
Un po' quando aveva capito che, anche se da un punto di vista relativo, la giustizia era esattamente l'opposto di ciò che loro facevano - quando aveva cominciato a prendere parte, come avvicinato, alle rapine e agli omicidi. Un po' quando suo fratello Mikey, tre anni prima, aveva deciso di abbandonare tutta la loro vita e scappare via con la sua ragazza, Kristin, rimasta incinta. Avevano sempre avuto un legame forte come fratelli, forse dato anche dal fatto che non avevano mai potuto avere altri amici: quando erano più giovani uscire era un privilegio che gli veniva concesso solo qualche pomeriggio quando qualcuno poteva scortarli, oppure quando accompagnavano suo padre in uno dei suoi viaggi di lavoro per concedersi una piccola vacanza - non erano nemmeno mai andati in una scuola pubblica, avevano sempre seguito lezioni a domicilio con insegnanti privati. Avrebbero corso troppi pericoli fuori, così indifesi. Così, si erano limitati a guardare i grattacieli fuori dalle finestre e a uscire in giardino per giocare.
Avevano avuto ogni cosa che avrebbero potuto desiderare, i loro genitori gli propinavano moltissime attività da svolgere in casa o nel grande prato verde attorno alla loro abitazione, li riempivano di regali - ma niente, niente a loro sembrava equiparabile come uscire liberamente, avere amici, innamorarsi, portare a spasso il cane, andare in un supermercato, al fast food o al luna park. Erano estranei a tutto questo, a tutte le azioni che il resto delle persone faceva e basta, dandole quasi per scontato.
Involontariamente, fin da piccoli gli affari di famiglia li avevano segnati, strappandoli dal mondo attorno a loro ancora prima che lo potessero sfiorare.
Nella solitudine, erano diventati l'uno il migliore amico e l'alleato dell'altro, inseparabili. Insieme avevano combattuto la noia, giocato infinite partite a scacchi e a dama, portato scompiglio nelle cucine prima dei pasti, catturato diversi animali quali rospi e lucertole costruendogli delle gabbie, immaginato di viaggiare costruendo una mongolfiera con degli scatoloni di cartone... E poi era arrivato Ray, quel bambino furbo e riccioluto che era entrato nella villa come per magia. Avevano passato sere e sere a farsi raccontare com'era la vita di strada, il mondo di fuori, i sobborghi sporchi e puzzolenti, il cibo scadente da uno o due dollari, dormire sotto il cielo, le ragazze delle scuole pubbliche.
Quando erano diventati più grandi (quindici anni), erano stati allenati come degli avvicinati. Avevano dovuto imparare a sparare con diversi tipi di armi, avevano seguito un corso di infermieristica base e diverse tecniche di lotta e combattimento - era necessario fossero pronti per qualsiasi evenienza. Nessuno in realtà li aveva mai messi alla prova in modo serio, e nemmeno avevano mai avuto l'obbligo di partecipare alle diverse operazioni (furti, consegne di droga o armi, omicidi) come un potenziale associato avrebbe fatto per dimostrare la propria realtà. Loro erano speciali, sangue Way scorreva nelle loro vene: non avrebbero mai dovuto combattere per ottenere un posto nella famiglia. Nonostante questo, però, dovevano dimostrare di essere degni della carica che gli sarebbe spettata, e, inoltre, la condizione di avvicinato era simbolica e necessaria a ricevere poi la cerimonia d'iniziazione che sarebbe avvenuta quando entrambi avrebbero avuto il diritto di ottenere il proprio posto nella cosca; per questo Donald li aveva fatti addestrare con gli altri avvicinati.
Quando erano stati finalmente in grado di difendersi, avevano avuto la libertà di recarsi dove volevano. Era stata una boccata d'aria fresca, Gerard ricordava ancora la sensazione che, diciassettenne, aveva provato varcando i cancelli di ferro e lasciandosi alle spalle la tenuta, finalmente solo. Gli era sembrato di volare. Ma, ad ogni modo, erano tenuti a tenere sempre un'arma con sé, ed erano costretti frequentare locali, ristoranti e ambienti di un certo livello - stonavano con la gente comune, e nei contesti più quotidiani si sarebbero sentiti estremamente fuori luogo. Non che Donald e Donna avessero proibito loro di inserirsi nel resto della società, ma quale persona normale avrebbe accettato di essere loro amica, o peggio, di amarli, sapendo che erano mafiosi? Celare la propria identità sarebbe stato troppo complesso - così entrambi (o almeno, Gerard) vi avevano rinunciato. Non che fosse stato un grande problema per il giovane primogenito: non aveva mai provato amore, era abbastanza cinico nei confronti di questa sconosciuta emozione che mai si era agitata dentro di lui. Insieme ai rapporti con il resto del mondo, presto i due Way avevano dovuto rinunciare anche al sogno di potersi iscrivere all'università (presto sarebbero entrati nel business di famiglia, e questo sembrava essere decisamente l'unico futuro possibile per loro, che mai si erano addentrati in una scuola vera e propria) o alle cose più semplici, come entrare nei centri commerciali o nei negozi: la servitù faceva per loro qualsiasi cosa, l'unica cosa che andavano a comprare erano vestiti, scarpe e orologi, ma sempre in negozi costosi in cui i clienti erano necessariamente persone del loro calibro.
Il loro uscire, in realtà, ben presto si era rivelato limitato ai momenti in cui sentivano impellente bisogno di svagarsi. Gerard aveva rispettato questa legge che il destino gli aveva imposto, senza rinunciare però ai divertimenti che aveva scoperto su internet da quando aveva trovato qualche buon sito porno e aveva scoperto di ammirare con particolare attenzione gli uomini, cosa che sia Donald che Donna avevano accettato di buon grado. Aveva iniziato a frequentare i bordelli gay e le discoteche più alla moda di New York, circondato da alcolici, occasionalmente canne, gente ricca, uomini di suo padre che erano diventati, nel frattempo, i suoi amici più fidati, e deliziosi gigolò da trecento o quattrocento dollari all'ora. In quell'ambiente aveva capito di essere il classico sugar daddy, un ruolo che gli calzava a pennello; da quel momento aveva attirato ragazzini giovani in cerca di soldi e di un corpo forte che li dominasse, senza più avere la pretesa di innamorarsi, assetato di divertimento occasionale. Parallelamente, aveva continuato il suo percorso da avvicinato, cercando di imparare da suo padre come essere un buon leader.
Mikey, al contrario, aveva cercato in ogni modo di recuperare ciò che aveva perso, distinguendosi come ribelle. Si era iscritto di nascosto a una piccola università di lettere, e lì aveva conosciuto Kristin. La bellissima e splendida Kristin, con la sua famiglia grande stipata in un trilocale da qualche parte nella periferia newyorkese, i pranzi con i bambini piccoli che strillavano e saltavano di qua e di là, Kristin, che doveva andare a fare la spesa e trasportava le borse colme di cibo a mano, che stirava e lavava i suoi vestiti, una macchina mezza rotta che minacciava di fermarsi da al momento all'altro, Kristin, con il sorriso sempre pronto, timida e riservata, dolce. Pochi soldi, ma tutta l'allegria del mondo.
Se ne era innamorato perdutamente, e le aveva dato la gioia di un bambino a soli ventun anni.
E, a quel punto, aveva deciso che ormai la vita della mafia era troppo stretta per lui.
Voglio essere onesto. Voglio guadagnarmi i soldi sapendo di aver fatto fatica e tornare a casa con la coscienza pulita. Ci hanno privato di una vita, della nostra vita. Adesso il mio desiderio pi grande è solo di... vivere in modo normale, capisci? Vieni con me. Potremmo andare all'università o trovare un lavoro, trovarti un ragazzo con cui vivere e fare progetti insieme.
Mentre lo guardavano prepararsi a partire con un insulso taxi giallo accanto a quella che presto sarebbe diventata sua moglie, Gerard era rimasto immobile al fianco di suo padre.
E in quel momento aveva capito perché non aveva reagito come aveva fatto suo fratello a quella che, agli occhi di tutti, sarebbe sembrata una vita piena di crudele costrizioni.
Lui era il figlio maggiore, maledetto dai suoi stessi antenati.
Era segnato. E anche suo padre lo era, e suo nonno prima di lui, primogeniti corrotti ancora nella pancia della loro stessa madre: Gerard era l'erede del potere e dell'impero che generazioni intere avevano contribuito a tramare.
Era suo dovere restare, come era stato suo dovere vivere quella soffocante esistenza chiusa tra le mura della tenuta. Era il suo compito, era la sua vita, e gliel'avevano appiccicata addosso senza curarsi della sua opinione, ma lui davanti a questo era più impotente che mai.
Succedere a suo padre, prendere in mano le redini della diramazione americana, essere il capo di bande di uomini in tutto il continente, lui doveva farlo.
Era scontato lo facesse.
Non poteva tirarsi indietro.
E quando aveva girato la testa e aveva cercato di osservare gli occhi di suo padre che guardava uno dei suoi figli partire per non tornare più, improvvisamente aveva capito che anche per lui era stato lo stesso.
Loro non avevano scelta.
Non era loro diritto averla.
Loro erano il prodotto di una volontà già decisa all'alba dei tempi, una volontà sacra. Se si fosse allontanato, sarebbero scoppiati il disordine, il caos.
Così aveva guardato Mikey in piedi davanti a lui che gli mormorava di scappare via insieme, aveva scosso la testa e lo aveva abbracciato.
Mi dispiace, Gerard. A presto.
Era quello la mafia.
Non serviva nasconderlo, cercare di celarlo dietro a una maschera.
La sua famiglia era stata rovinata, e la mafia era esattamente quello: una rovina, creata per soldi e per interesse, ma una rovina; una soluzione che era diventata un problema troppo grande e incontrollabile, persino per chi ne aveva le redini. E quando questa rassegnazione si era fatta largo nel suo cuore, si era detto che, tutto sommato, se proprio era destinato a vivere così, allora doveva godere delle poche, piacevoli libertà che gli erano concesse.
Era quello, la mafia, era suo fratello che partiva per cercare di rinnegare il suo stesso sangue, inorridito dalla disonestà, ed era sua madre che un secondo prima stava mangiando una deliziosa tartare di tonno e un secondo dopo aveva un proiettile conficcato nella schiena e cadeva dalla sedia tra le braccia di suo marito, morta.
Erano rimasti in due reduci da quello sterminio, ed erano nel mirino per essere le prossime vittime.
- Cos'hanno intenzione di fare? - il giovane Way strinse un pugno, bevendo un altro po'.
No, non lo avrebbe permesso.
Stava cominciando a capire che ciò che avrebbe dovuto affrontare non era per nulla simile a niente con cui avesse mai avuto a che fare, e nonostante una parte di lui fosse essenzialmente calma, nonostante sapeva che avrebbe continuato a fare tutto ciò che aveva fatto fino a quel momento e alcune sere sarebbe anche riuscito a non preoccuparsi per tutto quello, nonostante tutto questo, in quel momento, finita la riunione, sulla terrazza con suo padre, il suo stomaco era attanagliato da un sentimento che non avrebbe saputo definire né come rabbia, né come malinconia, né come paura, ma che forse era un miscuglio ingarbugliato di questi tre sentimenti così contrastanti.
Era nato nel 1985, quando la seconda guerra di mafia era già finita. Per il resto, a parte qualche fuga, uno o due arresti che erano riusciti abilmente ad aggirare diminuendo la pena a qualche mese e l'assassinio misterioso di sua madre, non c'era stato altro. Quando Donna era morta, Donald non aveva voluto fare indagini di alcun tipo. Forse perché sapeva benissimo chi era il responsabile, e il perché lo aveva fatto. In ogni caso, aveva preferito concentrarsi sui riti funebri e sulla propria elaborazione della perdita di una donna così splendida.
Così, non avevano mai dovuto fronteggiare niente.
O meglio, avevano sempre preferito non fronteggiare niente.
Ma adesso era impossibile nascondersi, e forse era arrivato il momento di affrontare anche il passato.
- Non sappiamo quale sarà la prossima mossa. E dobbiamo anche essere certi che siano loro prima di scagliarci contro le persone sbagliate - suo padre strofinò l'indice sulla ringhiera della terrazza, lentamente, poi bevve e si schiarì la gola.
- Quello che ha detto Urie è vero - intervenne Gerard, impaziente - È impossibile che possa essere qualcun altro. Non abbiamo altri possibili nemici. Gli sbirri si limiterebbero a fare irruzione qui e sbatterci dentro. E a meno che il Presidente Americano non abbia cominciato a minacciarci tramite terrorismo, non vedo nessun altro. La CIA è diventata una banda di rammolliti, e non dimenticare che spesso anzi ha richiesto la nostra collaborazione. Certo, poi non si è mostrata esattamente rispettosa degli accordi, ma a maggior ragione non rischierebbe di intervenire contro qualcosa che sa di non poter battere.
Guardarono entrambi la città sotto di loro per qualche secondo, ognuno con i propri pensieri.
Grattacieli che salivano fino alle nuvole, cartelloni pubblicitari spenti che aspettavano le ore piccole per brillare nel buio più assoluto della città.
La sera prima aveva lasciato a Gerard un qualcosa di amaro. Il retrogusto di un divertimento che impallidisce di fronte alla mera realtà, alla propria vita appesa a un filo. Frank, quando lo aveva salutato, gli era sembrato menefreghista e quasi odioso, ora che ci pensava. Ci era mancato poco che il sesso cominciasse a disgustarlo, quella mattina; si era ripreso solo guardando qualche bellezza su internet e toccandosi piano, torturandosi. Era un narcisista, in fondo gli piaceva stare in solitudine con se stesso e guardarsi allo specchio.
Ma adesso, mentre il terrore lo assaliva soffocandolo con crudele dolcezza, tutto quello sembrava non avere più peso.
- La guerra non si è risolta con gli arresti - Donald mormorò appena, schiarendosi la gola.
Gerard si voltò verso di lui:
- Parli della guerra di mafia, vero? Quella scoppiata tra Badalamenti e Liggio, alleato con Riina.
- Conosci la storia, figlio mio - suo padre fece un sorriso amaro - Badalamenti voleva gestire un traffico di droga da solo, ma quando vide quanti gli si misero contro dopo l'azione di Liggio e Riina preferì associarsi con un boss di nome Bontate. Insomma, le cosche mafiose si divisero in due, e all'interno delle fazioni si crearono altrettante divisioni e diramazioni. Fu un vero disastro, la situazione più difficile che tuo nonno dovette affrontare. Nonostante abbia coinvolto più che altro i territori della Sicilia, in America di conseguenza si crearono due schieramenti corrispondenti a quelli italiani. Io avevo solo diciannove anni, ma aiutai come potevo per cercare di controllare la situazione. Ci furono numerosi omicidi, al termine, fino al 1984. Poi tanti, troppi uomini sbattuti dentro. Di entrambe le parti. Facemmo una pace... collaborammo. Poi ci separammo di nuovo, giurando che non sarebbe più successo niente di simile, nonostante tutti erano consapevoli che avevamo interessi contrastanti, forse fin troppo. Ma fino ad adesso, era andato tutto bene. O quasi.
- O quasi?
Suo padre scrollò le spalle.
Era il gesto più comune per quando, semplicemente, non voleva parlare di un determinato argomento, così Gerard lasciò perdere.
Nel silenzio, sentì la propria anima giurare che avrebbe protetto l'uomo che aveva al suo fianco con la vita.
- Cos'è cambiato? - chiese però pochi secondi dopo, insistente, poggiò il bicchiere sulla ringhiera e si passò entrambe le mani tra i capelli.
- Niente. Dall'oscurità sono emerse tante cose, che ci sono sempre state, nelle profondità di Cosa Nostra. Le fazioni statunitensi... Stiamo riprendendo a combattere, Gerard, in questi anni è stato un gioco, ma adesso le cose stanno cominciando a farsi pericolose. Il desiderio di predominare forse non si era mai spento, avrei dovuto prevederlo. Siamo sotto attacco a causa della semplice brama di potere, e io non lo posso controllare.
Un silenzio pesante calò dopo quell'affermazione.
La pace non c'era mai stata, e adesso la furia di questa situazione instabile si stava scatenando.
- Vittime della lupara bianca? - domandò Gerard, piano, quasi temesse la risposta.
- In America nessuna. Per quanto riguarda la divisione italiana, niente di cui siamo venuti a conoscenza, per ora. La cosa più importante - cominciò - E' mantenere la calma. Non possiamo dare l'allarme, non ancora, finché non saremo in pericolo.
- Hanno messo un esplosivo nella tenuta di Walt senza che nessuno se ne accorgesse. Siamo in pericolo.
Al giovane Way sembrò di sentire Ray parlare a lui, la sera prima.
Diviso tra la preoccupazione e la necessità di mostrarsi menefreghista, cercava disperatamente di comprendersi.
Dio, in quel momento avrebbe voluto semplicemente bere qualcosa e dimenticare tutta quella merda. Troppe cose venivano messe in dubbio in questa situazione, troppe domande sorgevano, ma soprattutto, il futuro si stagliava in lontananza - il suo futuro, quello in cui avrebbe dovuto reggere tutto quello con le proprie forze.
- Ne sono consapevole, aumenteremo le misure di sicurezza nel modo più assoluto, da adesso in avanti. Ma non possiamo uscire subito allo scoperto, e soprattutto non possiamo mostrarci spaventati. Loro hanno cominciato la guerra, vogliono la guerra. Non dobbiamo concedergliela così facilmente, è da pazzi.
- Padre...
Gli morì la voce in gola.
Si sentiva circondato, in trappola, ormai. Il fardello che incombeva davanti a lui era spaventoso, non riusciva nemmeno a guardarlo negli occhi, e quel debole richiamo, senza che lo volesse, suonò come una disperata richiesta d'aiuto.
Si odiò nel momento stesso in cui la voce uscì dalla sua gola così rotta.
- Sto invecchiando, Gerard. Ma, fino a quando riuscirò, fino all'ultimo respiro, reggerò questo peso al tuo posto. Hai la mia parola.
Donald strinse la sua mano, accorgendosi che il figlio, improvvisamente, tremava.
- Non pensavo lo vivessi come un peso - sussurrò.
Donald alzò le spalle, guardò il cielo azzurro e L.A., in tutto il suo splendore del mezzogiorno, sotto di loro:
- Lo è. Penso tu lo sapessi già, non è vero?
- Da bambino non sembrava per niente così - Gerard tirò su col naso, gli occhi rossi.
Guardava fisso il vuoto, le labbra serrate.
Non voleva, non poteva, non doveva piangere.
Passò velocemente una mano su entrambi gli occhi, asciugandosi quel poco di lacrime che avevano formato davanti alla sua retina una patina sfocata attraverso cui il mondo sembrava fatto di acquerelli.
- Voglio essere sincero con te, Gerard - suo padre posò le dita sulla sua spalla, e la afferrò con forza - Ciò che dovrai affrontare non sarà per niente facile. Ma so che sarai un buon leader, ne sono sicuro. Credo in te. Abbiamo degli alleati fedeli, non sarai mai da solo, in nessuna delle tue scelte, capito?
Ci fu un poco di silenzio, poi il giovane si scostò da quel tocco affettuoso:
- Va tutto bene - affermò, acido - Ho scelto io di essere qui.
Donald scosse la testa, comprendendo l'estremo tentativo del figlio di mostrarsi forte davanti a lui, davanti all'uomo che aveva ammirato e di cui voleva essere un degno successore:
- Oh, no, credimi, non l'hai scelto tu. E nemmeno io.
- Mi avresti dato una vita diversa?
- Forse. Probabilmente.
Una pausa.
- Certo. Anche tuo nonno, penso, l'avrebbe data a me, se ne avesse avuta la facoltà. Nessuno di noi ha mai avuto il potere della libertà.
- Sarei potuto partire con Mikey - ribatté in fretta Gerard, aspro.
- No, ti sbagli.
- Papà, sarei potuto salire su quel taxi e lasciarmi tutto alle spalle.
- Ti avrebbe perseguitato per tutta la vita. Ti avrebbero cercato per averti al mio posto, quando sarei morto. Saresti stato segnato per sempre, per sempre in fuga, alla ricerca di un luogo sicuro quando un luogo sicuro non c'è.
- Mikey...
- Per Mikey è diverso. Anche se ho paura che stiano cercando anche lui, per ucciderlo. Se noi dovessimo morire, lui è il solo potenziale successore in linea di sangue. Lo inseguiranno quasi di sicuro. Dovremo proteggerlo.
- Glielo diremo?
- Su questo, non ho ancora deciso nulla.
Il sole faceva brillare tutti gli edifici metallici sotto di loro, le persone formicolavano nelle strade.
Nessuno sembrava curarsi di loro.
Di loro e della piccola e insignificante fine del loro piccolo e insignificante mondo.
- Sono condannato?
Gerard provò a vedere le strade coperte di corpi straziati e sangue, provò a sentire le urla e il suono secco degli spari.
Un sospiro:
- Siamo tutti condannati. E vedrai che, quando sarà il momento, scegliere il tuo successore sarà più difficile di quanto credi.
Lasciarono cadere la discussione, e per un poco guardarono semplicemente il panorama, senza dire una parola. Il loro legame, anche se fatto di poche parole, era molto profondo. Gerard non ricordava di aver mai passato del tempo con suo padre come i suoi coetanei. Niente pic-nic sul lago o partite di baseball, niente grigliate in giardino. Essere il boss supremo della mafia americana era qualcosa che lo occupava a tempo pieno. Eppure, era palpabile l'amore che provava per i suoi due figli. Non era mai stato troppo severo nella loro educazione, nonostante pretendesse un comportamento adeguato, era un padre flessibile, buono e affettuoso. Li aveva sempre viziati e protetti con tutte le sue forze, cercando di tenerli al sicuro da ogni male con cui lui stesso era venuto a contatto, come un Laocoonte disperato fa con i propri figli già avvolti nelle spire del mostro marino. Ma adesso si stava accorgendo che tutti i suoi sforzi erano stati vani.
- Abbiamo un piano? Qualcosa con cui muoverci? - Gerard cercò in ogni modo di nascondere il nodo che gli era salito alla gola senza che nemmeno sapesse il perché.
- Non esattamente. Dobbiamo aspettare. Ho deciso che, se subiremo un altro attacco, torneremo a New York. Lì sapremo gestire meglio la situazione, per adesso voglio che i boss stiano tutti qui per cercare di organizzarci in modo migliore, hanno lasciato nei vari territori tutti i vicecapi e i capidecina, persone affidabili, so che sapranno mandare avanti la situazione. Abbiamo ancora degli affari da sistemare, qui a Los Angeles e in diverse parti del mondo, ma è molto importante che manteniamo un profilo basso, dobbiamo agire con prudenza. Abbiamo già organizzato il piano in caso di emergenza: partiremo pochi alla volta, di notte, in elicottero.
- E riguardo a Joseph? Sarebbe dovuto partire oggi per il Giappone, doveva incontrare i capi dei principali kumi o della Yakuza.
- Abbiamo mandato Dun, che si trovava in Germania. Ha promesso di comunicarci quando arriverà, e insieme a lui dovrebbero esserci Weekes e una nuova recluta, Frangipane. E' stata brava, le avevo affidato un incarico complesso sul confine del Messico, ho pensato di premiarla. Ho anche pensato che, viste le circostanze, dobbiamo al più presto allestire la cerimonia per te e per Ray. Voglio nominarti mio vicecapo, e mio legittimo e unico successore. Ray, come ti avevo già accennato, sarà invece il tuo consigliere. E' un bravo ragazzo, dovrai fare affidamento su di lui, è la persona che più tra tutti saprai esserti leale. Capito?
Gerard annuì, abbassando gli occhi.
Sentiva un panico crescente ingigantirsi dentro di sé, il suo ruolo di vicecapo generale della mafia statunitense lo spaventava - poteva percepire chiaramente un terribile terrore farsi strada piano nella sua anima, e, per quanto desiderasse metterlo a tacere e mostrarsi forte, questa volta si sentiva completamente subordinato ad esso.
- Adesso chi dobbiamo temere? - domandò, piano.
Suo padre inclinò la testa:
- Come ha detto Sykes durante la riunione - lo interruppe suo padre - Le due fazioni sono tornate in vita, questa volta, però, in America. Una è capeggiata da noi, che per ora siamo anche i più numerosi, fortunatamente.
Silenzio, di nuovo.
Gerard respirò a fondo:
- Gli altri?
- Hai mai sentito il nome Iero, figlio mio?
Il giovane scosse la testa, lentamente.
- Bene, da adesso in poi ti diventerà familiare.
Ci fu una pausa, e poi:
- Direttamente da Messina - Donald schioccò la lingua - Non si fermeranno finché non ci avranno schiacciati come moscerini.
❦ • ❦ • ❦
hey guyss! come state? spero bene.
io... vbb diciamo che sopravvivo e chiudiamo il discorso.
Intanto, volevo darvi un po' di informazioni riguardo alla storia. Visto che avete scoperto (probabilmente lo avevate già intuito) che è una storia ambientata nel contesto della mafia, mi sento in dovere di spiegarvi alcuni dei riferimenti che ho fatto in questo secondo capitolo per non lasciarvi a brancolare nel buio.
Anzitutto, quando si parla di prima e seconda guerra di mafia si fa riferimento alle due guerre scoppiate in Italia tra i membri di Cosa Nostra rispettivamente dal 1972 al 1976 e dal 1981 al 1984. Molto sinceramente io stessa non sono per nulla esperta dell'argomento (infatti se per caso ho qualche informazione errata e siete particolarmente informati a riguardo pls ditemelo pacificamente perché tutto ciò su cui mi sto basando è Wikipedia) perciò ho cercato di semplificare molto la storia raccontata da Donald in modo che anche voi possiate capirla al volo. Semplicemente è importante il fatto che queste abbiano creato divisioni all'interno di Cosa Nostra, fatto che muove tutto il motore della mia ff.
Le informazioni che vi riporto di seguito le ho banalmente prese da wikipedia e questa storia non ha alcuna pretesa di veridicità, è pura creazione artistica, quindi non iniziate a scatolare:
Con il termine "lupara bianca" (che, se ricordate, viene citata da Gerard) si indica l'assassinio di un soggetto da parte della mafia con occultamento del cadavere. La Yakuza è la mafia giapponese, e i kumi o sono i diversi clan territoriali in cui è divisa (praticamente equivalgono alle cosche mafiose).
Queste cosche sono formate da diversi membri, ognuno con un "grado". Alla sommità ovviamente c'è il capo (chiamato anche boss) chiamato anche capofamiglia. Questo capo nomina un vicecapo o più capidecina, in base a quanto grande è la "famiglia" (ovvero la cosca). La figura del vicecapo è quella che agisce al comando di un'operazione che non richiedere l'intervento del vero e proprio capo, inoltre in assenza del boss è proprio il vicecapo che funge da reggente della cosca. Il capodecina, invece, coordina tutto il resto della cosca: funge tra intermediario tra il boss e i soldati ("uomini d'onore" che eleggono il capo della famiglia e si occupano di svolgere gli ordini imposti dall'alto, sono semplici criminali mafiosi, in sintesi), ma ha anche potere sugli avvicinati (aspiranti mafiosi che però non sono ancora affiliati veri e propri, generalmente vengono sottoposti a diverse prove prima di entrare realmente a far parte della cosca). Generalmente, in Cosa Nostra statunitense, gli avvicinati sono persone che collaborano con la mafia italoamericana o lavorano dentro di essa ma non sono membri ufficiali: per motivi di sangue non fa parte della famiglia, ma collabora con essa. Potete quindi capire che la condizione di avvicinato (o associato) può durare da qualche anno a tutta la vita.
Un altro ruolo importante è quello del consigliere, direttamente in contatto con il capo e il vicecapo. Generalmente ve ne sono da uno a tre per cosca, ovviamente dipende dalle dimensioni.
Da questo capitolo inoltre viene più importante precisare che i fatti qui descritti non sono avvenuti realmente. A volte citerò degli eventi reali attenendomi al reale corso dei fatti storici, ma una buona parte di tutto quello che verrà scritto qui è stato creato da me appositamente per questa fanfiction. Le due guerre di mafia e le divisioni interne ai gruppi criminali organizzati sono vere, in linea generale, io le ho specializzate nella divisione Way-Iero in America per rendere tutto molto più interessante mlml
Avrete notato che ho cercato di adattare le età dei personaggi alla storia.
Ho deciso di ambientarla nel 2009. Perciò ho finto che l'anno di nascita di Gerard fosse il 1985. Ciò significa che Donald, avendo cinquant'anni, quando Gerard è nato ne aveva ventisei, e che al tempo della seconda guerra di mafia, scoppiata nel 1978, aveva esattamente diciannove anni, come ho scritto.
TUTTO QUADRA spero di non essere stata incoerente, altrimenti avvertitemi (per cercare di far combaciare tutto a volte si fanno degli errori spaventosi lol)
anygayyy basta annoiarvi con queste minuzie
Spero questo capitolo non vi sia risultato troppo noioso, serviva a proseguire la descrizione di Gerard che avevo iniziato precedentemente, questa volta a contatto con la sua famiglia, specificamente suo padre. E' una bella sfida per me scrivere di queste cose, non mi ritengo esattamente adatta a descrivere scene d'azione o dialoghi tra criminali, insomma, cose di questo genere, ma ci sto davvero provando con tutta me stessa. Mi direte voi se il risultato è stato soddisfacente :3
Comunque in un primo momento avevo l'idea di mettere, in questo capitolo, due parti, una dedicata anche a Frank, ma poi mi sono detta che sarebbe stato mooolto meglio tenere per un po' il piccolo nanetto nel mistero, per lui ho in mente tantissime belle cose
E yes, questo capitolo di conseguenza è uscito molto più breve del precedente, la cosa mi fa innervosire perché avrei voluto dei capitoli equilibrati ma GUESS WHAT? Mrav non è capace di fare cose ordinate con un minimo di criterio logico perciò no
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