.1.

A/N: ripubblico questa storia su gentile richiesta di qualcuno di voi.
Chiedo scusa in anticipo per il cringe, ma purtroppo per me o forse per mia fortuna ho imparato a guardare con tenerezza a tutto ciò che scrivevo e a tutto ciò che era parte di me.
Come ho già avuto modo di sottolineare, questa fanfiction parla di una mia proiezione. Di un mio desiderio. Ve ne accorgerete dopo: in Frank avevo (ho) messo tutta la mia anima.

questo è Gee :3

e questo è Frankie :3

benissimo, buona lettura!



- Cristo santo, Gee - Ray lo guardò e rise, scuotendo la testa riccioluta - E' un festino, non una cena di gala. Per Dio, ti sei vestito come un damerino. Andiamo da diciassettenni arrapati per scopare, e tu ti imbelletti.

Camminavano su una pesante strada asfaltata nella periferia di Los Angeles, figure buie su un cielo ancora più buio. I grattacieli sparsi qua e là erano giganti silenziosi aspettavano il sole per riprendere vita, le macchine riflettevano le luci verdi, gialle e rosse dei semafori, e tutti i cartelloni pubblicitari a neon, i bianchi globuli splendenti dei lampioni, facevano promesse impossibili nella città dove esse diventano possibili.  Ci si sentiva minuscoli, lì, troppo piccoli per quella grande belva fatta di metallo e asfalto ricoperto di pozzanghere che era quell'enorme città; ma al contempo si avvertiva nell'aria un senso di potere e uno squisito aroma di lusso e vizio, soprattutto se si sceglieva di gironzolare a notte fonda per i quartieri della malavita benestante, come quello in cui lui e Ray stavano camminando in quel momento.
L'aria era fresca, una frizzante brezza primaverile che portava con sé tutti i sapori di metà marzo. 
Erano arrivati solo quella mattina, direttamente da Messina, dove si erano recati per sbrigare qualche faccenda con un boss italiano, Rosario, parecchio alla mano; gli aveva venduto armi ed erba in gran quantità a prezzi molto limitati, ed era stato disponibile a cedergli anche qualche uomo da mandare in Sudamerica per risolvere la questione con Ricardo. Peccato fosse stato abbastanza possessivo con sua moglie, non come quel vecchio bastardo di Flynn, a Chicago, che vendeva anche le sue figlie per avere i soldi sufficienti per l'ecstasy. Non che loro - le figlie - si lamentassero. Nate puttane, quelle, pensavano tutti, mentre le guardavano girare per l'appartamento di Flynn con addosso nient'altro che vestaglie di seta che arrivavano sì e no sopra al ginocchio.
E invece no, Rosario la sua donna se la teneva ben stretta accanto. Non che avessero avuto la possibilità di vederla molto - era rimasta chiusa nella sua stanza per quasi tutto il pomeriggio ed era scesa solo per offrire a tutti qualcosa da bere.
Ma a Gerard tutto quello non interessava.
Non le aveva gettato nemmeno un'occhiata, e aveva chiarito subito a tutti che erano lì per affari.
I tirapiedi di suo padre, al contrario, si erano lamentati della scarsa generosità dell'italiano anche durante il volo di ritorno a L.A., soprattutto perché quella sua moglie, Elena, era una moretta giovane e dai seni enormi, passionale, una gran bella testa calda, da dominare - a tutti sarebbe piaciuta; e tutti sognavano segretamente di essere i suoi figli, per sprofondarci il viso, in quelle tette abbronzate dal sole e profumate di salsedine.
Ma a Gerard tutto quello non interessava - le donne non lo interessavano.
Non aveva avuto niente da ridire sul loro subitaneo ritorno dall'altro capo del globo, anzi, ne era stato quasi sollevato. L'Italia gli piaceva, ma sapeva che in America la situazione degli affari di suo padre, Donald, stava diventando difficile, e preferiva essergli vicino, anche se non era quel tipo di persona da preoccuparsi troppo per una questione, almeno finché non succedeva qualcosa di veramente grave. Avevano ricevuto, una settimana e mezza prima, una lettera di minaccia anonima, e avevano dovuto eliminare Quinn, che avevano scoperto essere traditore infiltrato già da mesi. Sykes gli aveva piantato una pallottola in testa senza alcun rimorso, nonostante fossero stati a lungo amici intimi. 
Dopo quel particolare evento, era scattato l'allarme vero e proprio.
Aleggiava nell'aria una strana sensazione, aveva lo stesso sapore del silenzio mortale prima di un'esplosione. E a nessuno piaceva, soprattutto dopo che era da anni ormai che tutto veniva condotto in modo indisturbato, senza particolari grane se non qualche sbirro di tanto in tanto - ma la metà degli sbirri lavorava per loro, e riuscivano quasi sempre a cavarsela. 
Quella volta, però, era diverso.
E, dopo l'allarme, era suonata una sirena ancora più agghiacciante.

- Sai che capiranno tutti chi sei, vero? 

Dopo aver aspettato vanamente una risposta, Ray lo apostrofò di nuovo per cercare di cavargli qualche parola di bocca. Sapeva benissimo che alle persone quelli del loro calibro piaceva essere esuberanti, piaceva essere riconosciuti, solo per il gusto di farlo vedere alla gente, di esibirsi e di vedersi ricoprire di sguardi spaventati, invidiosi, ammirati.
Ma dopo quello che era successo prima, tutti avevano cercato di mantenere un profilo relativamente basso.
Tutti, tranne Gerard. 
Lui non aveva ancora iniziato a sentirsi in pericolo, o, se lo aveva fatto, stava ben attento a non mostrarlo. Si recava fuori dalla villa spesso, vestendosi con capi costosi e sfoggiando accessori eleganti e lussuosi. Destinato a essere il futuro capo, doveva imparare a pensare a sangue freddo e mantenere la calma anche in circostanze poco favorevoli, a mostrarsi sempre perfettamente in controllo di sé, proprio come suo padre. Inoltre, a lui piaceva troppo godere delle dolcezze e dei piaceri terreni che il mondo di fuori offriva per chiudersi dentro la tenuta così presto.
La sua filosofia era molto semplice: seguire le sue brame, ma farlo sempre con cura. Eccedendo, ma mai troppo.
E anche quella sera, come non seguire il languore e la voglia di sesso che aveva cominciato a invaderlo la mattina, quando si era toccato lentamente tra le lenzuola? Quando da Messina erano saliti a Roma, aveva potuto prendersi solo una sera con un gigolò di qualche anno più grande di lui, di nome Andrea, che lo aveva lasciato palesemente insoddisfatto. Aveva decisamente bisogno di qualcosa di forte, adesso, qualcosa che estinguesse, almeno per qualche ora, la sua sete. 
Alla domanda dell'amico, sistemò lentamente i gemelli dorati della sua camicia, e solo dopo aver fatto un sorrisino compiaciuto iniziò a parlare:

- E' esattamente il mio intento. Voglio che vedano chi sono, voglio qualcuno che mi guardi desiderandomi esattamente per i miei soldi e il mio posto nella società. Voglio trovare quello perfetto.

Pose l'accento su quest'ultima parola mentre si sistemava i capelli neri lievemente spettinati, camminando con le spalle ampie ben dritte, altezzoso e immerso in una vanità e una consapevolezza e sicurezza di sé straordinarie - gli piaceva tenersi in forma, essere al massimo delle proprie energie e del proprio aspetto, ed era cosciente di essere attraente in una maniera irresistibile. Gli piaceva sedurre, sentirsi voluto in modo impellente e bisognoso; adorava il sesso, catturare gli occhi e il corpo di qualcuno. Nonostante lo facesse in modo sregolato, cambiando sempre partner, trovava il modo di rendere ogni notte indimenticabile. Era qualcosa che curava, a cui stava attento nei più minimi particolari; dopotutto era un gentiluomo, e un gentiluomo non lasciava mai niente al caso.

Ma dopo aver crogiolato il suo compagno splendide voluttà, se ne andava, così come era arrivato. Nell'ombra e dall'ombra: non rimaneva mai.
Semplicemente non aveva mai sentito la necessità urgente di farlo.
Tutto ciò che faceva era regalare ore di piacere intenso a sé e ad altri, senza mai avere bisogno di fermarsi. Pensava sarebbe stata una cosa noiosa, a lungo termine, ritrovarsi sempre con lo stesso individuo, gli dava una vaga idea di depressione, lo faceva pensare alla vecchiaia, alla lunghezza e alla brevità della vita, i tre mostri che più lo tormentavano, quando si concedeva il tempo di pensarci. 
No, meglio non avere altre emozioni che il tenero sollievo dopo l'orgasmo.
L'amore era troppo complicato.
L'amore riguardava la vita.
E a lui piaceva più vivere alla giornata.

- E' solo una notte, Gerard, dovresti pensare a ficcarti in qualsiasi buco possibile, non a trovare quello perfetto. Sono ragazzini viziati che giocano a scoparsi uomini. Cosa ti aspetti, esattamente? - ormai infastidito, Ray alzò il tono di voce, osservando poco convinto la propria giacca di pelle e i blue jeans scoloriti.
Non che non avesse i soldi per abbigliarsi in quel modo, ma, come già detto, preferiva mantenere un profilo basso, soprattutto per tutti i recenti avvenimenti. Essere il braccio destro di Donald Way, il padre di Gerard, comportava, oltre che a un immenso guadagno, molte grane, e non voleva di certo trovarsi una pistola puntata contro per essersi esposto troppo. Camicia di Hermés, pantaloni eleganti, orologio svizzero, scarpe lucide, e duemila dollari nel portafoglio? Di certo tutto questo non passava inosservato, e di certo non avrebbe contributo a proteggerli da eventuali avversari.
Ma Gerard era irrefrenabile.
Lui voleva mostrarsi.
Voleva che sapessero.

- Mio caro Ray, se solo conoscessi l'arte del sesso, sapresti cosa intendo - carezzò la cravatta elegante, provocando il socio con la sua innata teatralità - E, peraltro, io non partecipo a semplici e squallidi festini, ma a vere e proprie feste in locali eleganti. Sono ragazzini che giocano a scoparsi uomini e lo fanno dannatamente bene. Siamo completamente al sicuro, non vedo perché non dovrei essere libero di agghindarmi per trovare chi più mi... aggrada.

Dopo quell'affermazione ci fu un sospiro e poi il silenzio, nel nero della città.
Per un poco ci fu silenzio, solo il rumore dei loro passi.
Era appena piovuto, e l'odore indecifrabile dell'asfalto umido inondava le loro narici. 
Le strade erano quasi vuote, e se qualcuno ancora passeggiava, li salutava con un cenno della mano, frettolosamente, e poi tornava alle sue elucubrazioni notturne. In quel quartiere vi erano solo le enormi ville di distinti criminali (in genere intoccabili dalla polizia), bordelli di lusso, casinò, discoteche e ristoranti costosi. Il tenore di vita era più lento e languido che nel resto del mondo, l'esistenza si consumava tra il profumo dei soldi, delle puttane, della droga, dell'alcol, dello champagne e del caviale. 

- Ci sei mai stato? - chiese Ray, riferendosi al luogo dove stavano andando.

- No, ma ha una sua certa fama. In città, più che altro... c'è sempre qualche incredibile festa lì dentro. Come ti ho detto oggi pomeriggio, non è uno dei locali che appartengono a mio padre o a uno dei suoi mille occhi. I nostri dolci intrattenitori lo hanno semplicemente noleggiato. Funziona così, un gruppo di giovani lo affitta per qualche giorno o semplicemente per una sera, e si mette a disposizione per la clientela per un numero di sere molto limitato... E poi i ragazzi, dopo aver giocato un po', se ne vanno.

- Ragazzi, per l'appunto - il riccio incrociò le braccia e scosse la testa.
Non che fosse contrario a scopare con qualcuno di più giovane, ma lui preferiva avere un partner più vecchio di lui di qualche anno che lo guidasse, non era fatto per avere un ruolo da leader in una relazione.

- Mio Dio, Ray. Sono consenzienti.

- So benissimo che sono consenzienti, sai che non mi sono mai posto il problema. Non sono nemmeno poi così piccoli, te lo concedo. Ma forse sono... degli sbandati, insomma, non sanno ancora quello che vogliono.

Gerard rise e alzò le braccia al cielo in quel suo solito modo teatrale:

- Ma chi sa veramente cosa vuole, in questo mondo? Sono quello che sono, lo hai detto anche tu. Ragazzini viziati che giocano a scoparsi uomini. Mentre loro padre si cura della borsa degli Stati Uniti d'America, loro affittano locali per buttarsi nei letti di qualcuno di ricco almeno quanto loro. Per divertirsi, soddisfarsi, per scopare, Cristo.

Ray sospirò, passandosi una mano tra i capelli:

- Sei sempre il solito. E a questa festa? Chi c'è?

- Non ne ho la più pallida idea.

- Tipico. Età?

- Penso attorno ai venti... Io ho ventiquattro anni, Ray, andiamo.

- Ma ti piace, non è così?

Gli tirò una gomitata, sorridendo piano.
Non era una novità che Gerard prediligesse qualcuno di più piccolo. 
Cadevano ai suoi piedi almeno quanto lui cadeva ai loro, li adorava, letteralmente. Non troppo, semplicemente qualche anno, mai più di cinque; spesso erano loro stessi a provocarlo, affascinati dal suo carisma e dalla sua bellezza. Lui passava notti intere a corteggiare queste driadi prossime alla maturità, inebriato dalla giovinezza e dalla carne profumata, dalla pelle che aveva vissuto spesso nemmeno due interi decenni. 
Eppure, per quanto fosse splendido il sesso e il tepore che riceveva da loro, non riusciva a restare. Lo avrebbe detestato, e lo sapeva.

- Scopo anche con uomini più maturi. Non mi fa alcuna differenza - borbottò. 

- Non mi prendere per il culo, ti sei messo quella camicia per attirare qualche povero innocente con cui giocare allo sugar daddy per una sera.

- La cosa importante è che siano consenzienti - ripeté, scrollando le spalle.

Ray alzò gli occhi al cielo e rinunciò ad ottenere una risposta concreta; la conosceva già, in ogni caso, non ce ne sarebbe stato bisogno.
Donald Way lo aveva salvato dalla strada quando aveva otto anni. Mikey, fratello di Gerard, era nato da poco, forse qualche mese. Non ricordava distintamente i particolari di quegli istanti, solo percezioni scollegati come istantanee rovinate: i fari, l'auto di lusso, i mocassini di pelle che evitavano le pozzanghere con nonchalance e venivano verso di lui. Una voce che gli parlava e un sorriso caldo, poi una casa, finalmente. Se sei sveglio abbastanza puoi rimanere con me, gli aveva detto, e Ray, che aveva passato la vita a girare tra case di adozione una peggiore dell'altra finché non aveva avuto il coraggio necessario per scappare per poi scoprire che suo padre era un assassino e sua madre una puttana di cabaret (e che perciò avrebbe dovuto mantenersi da solo) accettò di buon grado. Si rivelò un ragazzo cortese ed educato, gentile e soprattutto affettuoso. Era stato accanto ai due fratelli per tutti quegli anni, ben presto era diventato parte della famiglia. Non gli dispiaceva. Quando aveva compiuto diciotto anni, insieme a Gerard, aveva avuto diritto a uno stipendio fisso, e presto si era comprato un appartamento a New York per non dover continuare a dipendere dalla famiglia Way, sentendo il bisogno di staccarsi da quella famiglia che, crescendo, sentiva sempre meno sua. Ci passava molto tempo, ma quasi ogni giorno si doveva recare al quartier generale e inevitabilmente finiva per trascorrere molto tempo a contatto con Donald e i suoi figli. Donna, sua moglie, era morta qualche anno prima, uccisa da un nemico della famiglia mentre lei e il marito stavano festeggiando il loro anniversario di matrimonio in un ristorante, a New York. Era stata una moglie splendida, solare, sempre sorridente. Mancava a tutti, lì. 

- Ci sarà comunque qualcuno dei nostri, penso - ruppe il silenzio solo dopo qualche secondo. Non voleva pensare alla morte di quella che, per qualche anno, aveva voluto essere anche la sua, di madre.

- In fondo, siamo quasi sempre ovunque. Soprattutto dove ci sono ottime scopate. Sapremo proteggerci.

L'ultima osservazione lasciò trapelare la sua sottile ansia, senza che lui lo volesse veramente. Non ricordava di aver mai sentito un presentimento così grave e pesante dentro di sé prima di allora, era una sensazione così sgradevole, rimaneva appiccicata alla sua pelle, alla sua mente, ogni ora del giorno e della notte.
E se noi fossimo i prossimi?
Pochi giorni fa, non ci era voluto niente.
Nessuno si era accorto.
Nessuno.
Ormai i loro avversari dovevano aver capito, inoltre, che la famiglia Way doveva trovarsi a Los Angeles: era la loro seconda dimora dopo New York.
Li avrebbero trovati, prima o poi.
Anzi, forse erano già lì, si aggiravano per la città in attesa di colpire di nuovo. Questa volta in modo più micidiale. 
Un nodo cominciò a salire dal suo stomaco fino alla gola, strinse i pugni - si sentiva impaurito e impotente, per la prima volta in vita sua - ma Gerard interruppe le sue riflessioni stringendo la sua spalla con fare rassicurante:

- Saremo al sicuro, non devi preoccuparti per la nostra incolumità. Guardalo, qui alla nostra destra. È lui.

Un enorme grattacielo decorato da luci a neon vermiglie, a formare tre x perfette incorniciate da un enorme cuore basso e allargato.
La porta era a vetri scorrevoli, lasciava distinguere vagamente l'interno, dotato di arazzi e decorazioni barocche con uno stile pesante, sfrenato nel lusso: invitava all'eccesso, all'abbandono di ogni senso, di ogni razionalità, tanti erano gli elementi che si sovrapponevano, i vasi, gli scintillii, argento, oro, pietre preziose incastonate nel soffitto, nel lampadario.

- Hai la rivoltella? - prima di entrare, il riccio tastò la tasca della sua giacca con un gesto discreto, guardandosi attorno.
Tutti i suoi sensi erano in allerta.
Sapeva che, se qualcosa fosse dovuto succedere, avrebbe dovuto essere lui a portare il giovane Way al sicuro. Donald non gli aveva ancora fornito istruzioni precise, ma aveva accennato a una sorta di piano d'emergenza. 

- Tasca interna sinistra - confermò Gerard, per poi scuotere la testa e aggiungere:

- Non ci servirà, Ray.

- C'è bisogno che ti ricordi cos'è successo l'altro giorno? 

Un silenzio improvviso calò su di loro.
Era una delle poche volte in cui Gerard non trovava niente da dire. 
Ray cominciò a sussurrare:

- La famiglia di Walt sarebbe potuta saltare in aria e sappiamo benissimo chi è stato. Potrebbero essere ovunque adesso.

- Walt è a New York.

- Non c'è bisogno di un genio per capire che se tuo padre non è a New York, allora è qui. Arriveranno.

- Ray...

- Non dovremmo essere qui, lo sai benissimo. 

- Ray, per la miseria...

- Gerard! 

Gerard, però, di nuovo, lo fermò, poggiando una mano sul suo petto.
Entrambi sospirarono, guardandosi dritto nelle pupille.
Dopo qualche attimo, Way alzò gli occhi al cielo:

- Per una volta... Divertiti.

Lo spinse dentro, un sorrisino stampato sul viso, senza che il riccio potesse impedirglielo.
La hall era esattamente come appariva da fuori, estremamente lussuosa, come del resto erano sempre gli ingressi dei locali in cui andavano quando avevano voglia di divertirsi. Non c'era anima viva lì, in mezzo all'oro e ai diamanti, ma si sentiva la musica rimbombare per tutto l'edificio.
Lentamente, dopo aver ammirato l'esagerato arredamento, salirono le scale davanti a loro, da dove provenivano i suoni ovattati. Pochi gradini avvolti in una morbida moquette rossa che attutiva tutti i loro passi, ed ecco un altro paradiso, profumato di sesso, alcol, fragranze esotiche di pelli prostituite.
Donne che baciavano e toccavano donne, uomini che baciavano e toccavano uomini.
Sulla destra, un lunghissimo bancone del bar che occupava un quarto della parete, terminando per lasciare spazio a un imponente tavolo da biliardo; sulla sinistra, invece, divani e poltrone, su cui alcuni giovani ragazzi, gli organizzatori della festa, si sfioravano a gruppi di tre o quattro per poi, già duri, scivolare verso chi più li desiderava. Le ragazze avevano un atteggiamento diverso, erano più pudiche ma allo stesso tempo maggiormente tentatrici, strette in una biancheria attillata e semitrasparente che copriva i loro capezzoli e il pube, danzavano e accarezzavano dei pali appena in fondo alla stanza, ammirate da diverse donne, alcune addirittura quarantenni - e dopo aver agitato i loro corpi a ritmo di un ballo frenetico e aver mosso i fianchi sinuosamente, eccole dirigersi verso chi più le ha rapite, gettarsi tra le braccia di qualcuna e strusciare i dolci e grossi seni sul petto della loro amata, della loro stella, almeno per quella notte.
Ray, senza dire una parola, andò verso il biliardo, dove stava giocando un gruppo di universitari figli di papà, capitati lì un po' per caso. Non era proprio dell'umore quella sera - troppi pensieri per la testa - probabilmente se ne sarebbe andato presto dopo essersi fatto fare un pompino.
Gerard sospirò, osservandolo mentre si allontanava, di malavoglia.
Gli sarebbe piaciuto tornare indietro e cercare di farlo sorridere, di infondergli un po' di animo, ma aveva imparato, col tempo, a lasciargli i suoi spazi e a non trattarlo più come se fosse stato un adorabile fratellino.
Dopo avergli rivolto un cenno della mano per salutarlo, si avvicinò a uno dei sofà color crema, per ammirare lo spettacolo di tre ragazzi che stavano giocando tra loro, nudi, sotto gli sguardi di una decina di uomini d'affari. Non dovevano avere più di vent'anni, si toccavano con voglia, ridacchiavano, si baciavano, facevano sfregare le loro intimità fino a farle indurire per esporle agli osservatori schiudendo le bramose labbra. Gemevano e sospiravano rumorosamente solo per fare spettacolo, muovevano il bacino avanti e indietro spingendosi contro qualsiasi cosa di solido vi fosse attorno a loro, prendevano le mani l'uno dell'altro e le inducevano a toccare i loro corpi, prima il proprio, poi quello dell'altro. Morivano per essere il giocattolo di qualcuno, si addossavano l'uno all'altro nel disperato tentativo di attirare l'attenzione - dopo pochi secondi cominciarono persino a masturbarsi tra loro, chiudendo gli occhi e gettando la testa all'indietro mentre allungavano le dita per tastarsi, sentirsi, provocarsi. Gerard notò che il più magro dei tre, un biondino dall'aria un po' malinconica, lo fissava con insistenza mentre gemeva grazie alle carezze di un suo compagno, ma per tutta risposta scosse la testa.
Voleva qualcuno che diventasse duro per lui, non per il tocco di un altro.
Qualcuno da spogliare e scoprire.
Qualcuno che lo seducesse, in qualche modo, catturasse la sua attenzione.
Loro non avevano niente di particolare, se non che sapevano certamente farsi fottere la bocca meglio di qualsiasi altro diciottenne di Los Angeles.
Si voltò e si diresse verso il bancone, sentendo il bisogno di un bicchiere di whiskey.
Nel muovere il secondo passo, ricominciò a guardare attorno a sé, cercando chi sapesse catturarlo. Lo capiva subito, quando lo trovava. Era una sensazione inconfondibile, sentiva i suoi lombi pulsare piano e in un attimo pregustava già tutto quello che la notte avrebbe portato, l'afrore del sesso.
Annoiato, voltò gli occhi verso la propria sinistra per controllare di avere un pacchetto di sigarette nella tasca dei pantaloni.
E improvvisamente, a quel punto, lo vide.
Un ragazzo dai capelli neri che lo stava guardando forse da un bel po', sorseggiando il suo cocktail, le guance rosse mentre con gli occhi, di un insolito color verde chiaro, percorreva con ad occhi spalancati la giacca e la camicia eleganti, i lineamenti delicati che avevano un che di virile e pericoloso, la mascella pronunciata, le dita forti. Era seduto su uno degli sgabelli alti vicino al lungo tavolo lucido e nero, vestito in modo semplice ma costoso, una maglietta bianca, i blue jeans stretti e una giacca di camoscio color marrone piuttosto corta. Era evidente che non fosse dello stesso calibro dei ragazzini disperati sui sofà - forse era uno di quelli che aveva organizzato il tutto, a giudicare dalla sua familiarità con il cameriere che serviva l'alcol, con cui scambiava qualche parola smozzicata di tanto in tanto, mentre, con la schiena leggermente protesa all'indietro per appoggiare i gomiti al bancone, osservava la sala - osservava lui.
Appena si accorse che le sue occhiate erano ricambiate, abbassò lo sguardo, gingillandosi con una delle tasche dei pantaloni. Aveva un che di imbarazzato, Gerard, ammaliato, già pregustava tutto ciò che era: disinvolto, ricco, forse anche annoiato, impertinente, viziato; ma la timidezza che mostrava in quel momento stonava addosso al suo fisico minuto, pareva inspiegabile, se si coglieva le occhiate abituali con cui si rivolgeva al resto del mondo, sprezzanti, arroganti e maliziose. Quella lieve vergogna pareva una situazione nella quale nemmeno lui era abituato a stare, ed era evidente che si sentisse a disagio.
Gerard ammirò quel lieve rossore sugli zigomi pallidi, le dita affusolate, le gambe magre lievemente allargate, in attesa che qualcuno venisse a prenderlo. Lo intrigava, irreparabilmente.
Doveva essere suo, quella notte.
Proseguì sicuro verso il bar, si posizionò un po' distante da lui: fece finta di non averlo nemmeno notato, mentre ordinava con disinvoltura il suo alcolico, che gli venne servito pochi secondi dopo. Bevve a piccoli sorsi, attento a non guardarlo mai. Doveva lasciarsi studiare. Sentiva quelle pupille di verde vetro addosso a sé, aveva capito alla perfezione che, ancora una volta, aveva saputo esercitare su quello sconosciuto il fascino del lusso - lo stesso fascino che doveva aver spinto il ragazzo a organizzare al festino. Mentre rimaneva lì seduto a bere drink, nonostante sembrasse a malapena un quindicenne, guardava la sala quasi ne fosse il padrone: era abituato a quel tipo di occasioni, doveva aver visto molti uomini.
All'improvviso, però, ci fu un movimento che non riuscì a non notare. Un uomo abbastanza basso, dalla carnagione scura si avvicinò al ragazzo con fare distratto, come se lo conoscesse molto bene. Aveva un capello calcato sulla testa, non riuscì a vederlo in volto, ma subito lo individuò come un possibile concorrente.
Poteva essere forse l'uomo con cui il ragazzo giocava più spesso, una sorta di cliente privilegiato - lui stesso lo era stato, a volte, anche se senza volerlo davvero. Succedeva quasi sempre, soprattutto ai più giovani, di affezionarsi. E se erano in un brutto giro, questo gesto poteva anche rivelarsi letale. 

- Come va, dolcezza? 

Gerard inarcò un sopracciglio al sentire la voce roca che lo apostrofava in quel modo. Non che fosse geloso (non lo era mai, delle sue conquiste) ma quella sera voleva il ragazzo per lui. Era troppo intrigante per lasciarlo andare. 
Il più piccolo si accorse immediatamente del suo gesto, e, solo per provocarlo, si aggrappò al collo del nuovo arrivato:

- Benissimo, come sempre - disse, ridacchiando, per poi lasciare un bacio sulla sua guancia.

Troia, pensò Gerard, mentre guardava da lontano, ma in un certo senso era affascinato da questo tipo di comportamento. Era impertinente, spavaldo, sicuro di sé, ma al contempo sembrava nascondere così tante cose.
Quel piccolo uomo sembrava fatto di vetro.
Sul punto di... frantumarsi.

- Già trovato qualcuno? - la voce del nuovo arrivato disturbò i suoi pensieri, riportandolo al caldo soffocante del locale e alla scena che si stava svolgendo sotto il suo sguardo.
A quella domanda, il giovane si voltò solo per rivolgere a Gerard un'occhiata sensuale:

- Ci sto lavorando, diciamo.

L'uomo non seguì il suo sguardo, si limitò ad annuire, poi disse qualcosa che il giovane Way non riuscì a capire, ma che suonò come un "stai attento".

- Tranquillo, sto bene. Di sopra ti aspetta il tuo angioletto. Stanza 45. È nudo e ha una gran voglia di te - carezzò la sua guancia, piano - Non vorrai farlo aspettare.

Gerard sentì sulla propria pelle il sorriso dell'uomo, che mormorò un "grazie" sommesso.
I due si abbracciarono ancora, questa volta più forte.
Parevano essere grandi amici, confidenti, forse. Dovevano conoscere molte cose l'uno dell'altro.

- Grazie a te. Ora vai, ho da fare. 

Guardò ancora Gerard, questa volta rimase a fissarlo in silenzio mentre il suo interlocutore se ne andava, veloce, nelle stanze al piano superiore. Socchiuse le labbra e sbatté le ciglia, bevendo ancora un po' dal suo bicchiere. Sembrava lo stesse invitando a farsi avanti, adesso che erano rimasti di nuovo soli.
Dopo un poco, quando il suo cognac fu quasi terminato, Gerard ricambiò le sue timide attenzioni, avvicinandosi piano piano mentre godeva del modo in cui quella dolce bambola di porcellana stava ammirando le sue mani callose, le sue spalle ampie, il mento perfettamente rasato, la mascella pronunciata, la forma delle gambe e il colletto inamidato.

- Hai l'età per bere? - domandò, facendo dondolare piano il bicchiere che lui stesso aveva in mano, pieno solo per qualche millimetro.
Il ragazzo si strinse nelle spalle, intimamente felice di averlo fatto arrivare da sè:

- Ho vent'anni anni, sono grande abbastanza - rispose, sbattendo le ciglia e cercando di mettersi in mostra gonfiando il petto.
Appoggiò il drink ormai finito al tavolo, allargando le gambe quasi per invitarlo a mettersi in mezzo ad esse. Ma Gerard era prudente - rimase a debita distanza per un poco ancora: sapeva che, nonostante sarebbe stata questione di istanti, più lasciava il desiderio e la tensione crescere, più aveva la possibilità che quel magnifico giunco accettasse di essere suo, quella notte. Pareva un tipetto difficile, piccante, aveva l'impressione che, se lo avesse accontentato subito e si fosse mostrato un uomo molle, senza volontà, fin troppo accondiscendente, lo avrebbe rifiutato.
No, oh, no, dovevano piacere i maschi, a lui, a quella carne pallida. Altrimenti cos'era lì a fare? Quello sguardo affamato che scorreva sul suo completo e sui capelli neri ben pettinati, sul suo mento perfettamente rasato... Sì, sapeva riconoscere quella brama di essere comandati, era quello che più gli piaceva dei suoi partner.

- Venti? Ma davvero?

Sapeva benissimo che gli stava mentendo, si avvicinò, senza però toccarlo, solamente fissandolo. Avanti così per qualche secondo - semplicemente osservandosi.
Quello, intimorito, sussurrò:

- Diciassette.

Sette anni meno di lui.

- Chi era quello che ti parlava prima? Il tuo fidanzato? - lo provocò con un sorriso disarmante, sistemando meglio la cravatta scura. 

- No, solo un amico - il ragazzo, lusingato da quella che aveva interpretato come lieve gelosia, arrossì.

- Oh, ma è perfetto allora.

Lasciò che si avvicinassero un poco ancora, quegli occhi verdi lo osservavano con malcelato desiderio, si poteva percepire da come si agitavano qua e là, tentando di trovare un punto fermo tra tutte le cose di lui che notavano piano piano e lo tentavano sempre di più.

- Sei davvero piccolo, mh? - Gerard prese il suo mento tra due dita senza esitazioni, sorridendo mentre si crogiolava nel pensiero di averlo per sé.
Era una meraviglia pura, aveva una struttura ossea perfetta e mangiarlo con lo sguardo era una delizia, consumare con le pupille quei tratti così delicati, quasi fragili. Aveva un fascino del tutto unico.

- Ti piace? - chiese l'altro, con voce acuta, per poi emettere un risolino.

Il maggiore poggiò l'altra mano su una delle sue cosce, diminuendo la distanza tra i loro visi gradualmente. Non interrompeva mai il contatto visivo, lo stava ipnotizzando, riducendo sotto di sé - e la cosa migliore era che quel ragazzino fosse cosciente di tutto questo, ma non facesse nulla per fermarlo.
Gli piaceva sentire le sue parti più intime fremere per le mani di un uomo a cui essere subordinato.

- A te piace che io sia più grande? - mormorò, direttamente nel suo orecchio, lasciando che il proprio pollice scorresse su quella splendida bocca, lentamente, avanti e indietro. Per tutta risposta, il ragazzo tirò fuori la lingua e iniziò a leccare il suo dito, ad occhi chiusi. Era una meraviglia guardare quel piccolo muscolo rosato che strusciava sulla sua pelle, quel volto perfetto che si lasciava andare al suo istinto e alle sue voglie, le lunghe ciglia che tremavano appena, il collo che si allungava e si piegava di lato mettendo in risalto conche e ossa e formando un intreccio intricato di ombre e candore, mentre tutto il corpo si immergeva in quell'impeccabile istante.
Gerard lo osservò secondo per secondo, rapito - in un attimo il suo pollice venne inghiottito da quella bellissima bocca. Due o tre succhiate, mentre quegli occhi, meno intimiditi di prima, gli raccontavano di quanto sarebbe stato paradisiaco farsi fare un pompino da un paio di labbra così invitanti.

- Come ti chiami? - chiese, a bassa voce.

- Frank - miagolò quello, direttamente sulla sua mano, soddisfatto, per poi depositare un bacio innocente sulla pelle morbida del palmo, sbattendo le lunghe ciglia scure.

- Io sono Gerard - lo disse piano, ma quella voce roca appena mormorata fu abbastanza per far provare a Frank un brivido di eccitazione sublime.

- Gerard? - ripetè completamente ipnotizzato, allungandosi verso il suo viso con desiderio.
Le loro labbra si sfiorarono solo per un attimo, poi cominciarono a baciarsi con foga, facendosi mancare il respiro. La punta della lingua del maggiore picchiettò delicatamente la sua bocca, facendola schiudere, poi entrò dentro di essa iniziando a leccarlo dolcemente ma in modo estremamente passionale. Frank gemette senza ritegno quando sentì i denti di Gerard masticare il proprio labbro inferiore con violenza, si inarcò verso di lui piano, affondando le dita dentro la giacca scura.
Mentre ancora mugolava, un morso più ampio accolse tutta la sua bocca, percepì un bruciore divorare il suo stomaco e Gerard che, consapevole di averlo in pugno, sorrideva.

- Gerard, proprio così - affermò, bisbigliando sul suo mento quando si allontanarono un poco - Dove li porti i tuoi clienti?

- In una delle stanze al piano di sopra - boccheggiò, mentre una nuova leccata tiepida lo faceva sospirare - Lì possiamo fumare dell'erba buonissima... la do solo alle persone speciali...

- Non la voglio - Gerard interruppe bruscamente la brezza della tentazione che già lo stava avvolgendo, carezzando il suo zigomo con lentezza, quasi lo stesse esaminando - Voglio sentirti per quello che sei mentre ti scopo.

Frank rise, scuotendo la testa per cominciare a dire qualcosa:

- Tesoro, io non...

- In camera, adesso - il maggiore tirò la sua bocca tra i denti senza permettergli di dire altro, e l'altro fece spallucce, ma l'espressione imbronciata che aveva sul viso in pochi secondi si trasfigurò in un altro sorriso abbacinante. 
Si alzò dallo sgabello mentre Gerard lasciava un paio di banconote al cameriere, poi iniziarono a camminare verso la parte più isolata della sala, dove si trovavano delle scale che terminavano davanti a una porta con un neon rosso a forma di cuore sopra.
Frank si ritrovò sbattuto contro di essa in pochi secondi, stretto per le cosce mentre sul suo collo le labbra incantatrici di quell'uomo così seducente formavano macchie violacee. Gemette, sussurrò il numero della camera nel suo orecchio con un risolino e poi sparirono oltre l'uscita.

Fu come entrare in una dimensione completamente differente da ciò che era il mondo reale. Davanti a loro si estendeva un enorme corridoio illuminato da una soffusa luce rossa, che creava ombre color ciliegia sui loro corpi. Tutto sembrava più sinuoso e invitante, più lucido e tentatore, più proibito e malizioso, lì, con quella tinta color sangue che si riversava su di loro e i gemiti che provenivano dalle altre porte.
Vi era una fragranza nell'aria, pesante, ricca di odori, troppi odori, era eccitante perché inebetiva e stimolava i sensi confondendoli mentre li ubriacava di dolcezza.
Donne con donne, uomini con uomini.
Mai il contrario.
La carta da parati era pesante, decorata con complessi arabeschi neri, e non vi era nessun arredo, solo un numero infinito di camere in cui la gente sembrava divertirsi parecchio. Grida e deliziosi mormorii, suoni animaleschi, godimenti senza fine, quel luogo era l'inferno e il paradiso, la dannazione eterna, la lussuria, il piacere carnale che affondava nel corpo con il suo odore denso e stordente.
Percorsero i pochi metri che li separavano dalla loro porta baciandosi, Frank nelle pause sussurrava nell'orecchio del maggiore cose così sporche, era una sirena meravigliosa, cantava di perdersi nella morbidezza di un letto in cui le sue spire lo avrebbero avvolto, dei modi in cui avrebbero giocato e di tutto ciò che il suo corpo era, narrava del modo in cui gli si sarebbe completamente sottomesso, schioccando la lingua in quel modo incredibilmente erotico mentre gli massaggiava le spalle, raccontava storie intrise di sesso, di voler essere penetrato fino a svenire, e del loro orgasmo, delle sue labbra avvolte attorno a rosei falli maschili, duri, turgidi, e ogni storia era un'immagine, un bacio. 

- Fammi sentire il tuo cazzo dentro di me, riempimi... Ho sempre sognato un uomo come te, da mozzare il fiato, un uomo fatto di soldi e lusso, non è così? Avanti, fammi scivolare addosso qualche banconota mentre mi fotti, tutte quelle che puoi, bagnale del mio sperma e fammele leccare... Devono essere le cose che ti piacciono di più, i dollari e le puttane. E, per tua fortuna, io sono una puttana molto, molto brava... Farò tutto quello che vorrai, te lo prometto, ma per favore... Fottimi, sono tutto per te

E lui rimaneva lì, ad ascoltare la sua musa con un sorriso beato, e pensava che lo aveva in pugno, tutte quelle fantasie adesso, stanotte, avrebbero trovato un padrone, un luogo, una realtà.
Sfinito, Gerard dopo qualche secondo individuò il numero che Frank gli aveva mormorato e abbassò la maniglia con una mano sola, mentre di nuovo cominciava a baciare quel piccolo corpo in modo passionale e disordinato.
Sembrò riprendere possesso di sé solo quando percepì il suo ginocchio sbattere contro qualcosa di duro - un letto. In un attimo, si allontanò bruscamente dal ragazzo, tenendolo per il mento. Lo guardò, lì, davanti a lui, ansimante, le labbra coperte di saliva e arrossate, sembrava fossero state succhiate e torturate nel più sensuale dei modi, lì, immerso nella luce rossa che regnava anche nella camera, luce rossa e violenta, profanatrice, soffocante, una morbida lama scarlatta intrisa di voluttà che creava luci e ombre sensuali, dense, sui loro corpi e sugli oggetti.

- So cosa stai facendo... - sussurrò, con un sorriso furbo.
Lo stava incantando. Imprigionando senza alcuna catena se non quella dell'ipnotico e sinuoso suono della sua voce. Gli stava facendo perdere il controllo, per il gusto di metterlo alla prova e vedere quanto era uomo, quanto era capace di mantenersi saldo. Per vedere se si fosse lasciato andare troppo o se invece sarebbe rimasto cosciente abbastanza per non dargli solo del sesso egoista. 
Molti, troppi, uomini lo facevano. Immersi nel godimento scordavano l'altro partner e l'istinto animale prendeva completamente le redini della loro mente e della loro anima, confinandoli in una dimensione individuale. Oh, Gerard non era così. Lui voleva essere padrone di se stesso, in armonia con chi sceglieva per usufruire del proprio corpo.

- So benissimo cosa stai facendo - ripeté, afferrandolo per la vita con un braccio.
Frank sbatté le ciglia innocentemente:

- Ma davvero? - chiese, in un bisbiglio divertito - Sei il primo...

- Di quanti? - Gerard carezzò gli innocenti ricci corvini.
Il ragazzo si protese verso le sue labbra, gli lanciò uno sguardo luccicante e infine disse:

- Abbastanza per perdere il conto, sir.

Il maggiore riprese a baciarlo quasi immediatamente. 
Era diverso ora, più ordinato, aveva il controllo, era cosciente dei propri movimenti. Ma l'agguato di quella sottile follia lussuriosa lo aspettava dietro l'angolo, la sentiva cercare di ammaliarlo ogni volta che Frank si spingeva verso di lui, ogni volta che lo leccava, che lo cercava con le dita.
Annaspando, lo spinse indietro, contro il muro.
Doveva essere lui a guidare le loro azioni, ne aveva bisogno, non poteva permettersi di cadere in quella trappola.
Iniziò a spogliarlo lentamente. Prima la giacca, poi la maglietta - si prese un istante per ammirare il suo torso pallido, carezzò le sue braccia mentre osservava i numerosi tatuaggi che fino a quel momento erano stati nascosti dai vestiti. Inarcò un sopracciglio quando, sopra uno dei suoi piccoli capezzoli, vide una scritta in corsivo:

- Papi, mh? - mormorò, massaggiandolo sul cavallo dei pantaloni con delicatezza mentre osservava, con grande curiosità, il sensuale diminutivo tatuato in perfetto italiano, ma subito il contorcersi voglioso di Frank lo distrasse dai suoi pensieri.

- Sì, papi - il ragazzo si morse il labbro, spingendo i fianchi contro i suoi.

- Ti piace chiamare gli uomini da cui ti fai scopare così? - il maggiore sfiorò entrambe le sue braccia, allargate sulla parete, poi scese piano piano lungo tutto il suo petto. Carezzò i suoi fianchi, lentamente. Voleva prendere tempo e godere di questo splendido gioiellino. 

- Non tutti in realtà... solo quelli che se lo meritano - Frank allargò di più le gambe, ansimando, già disperatamente bisognoso. 

- Che mi dici di me? Lo merito? - abbassò di qualche millimetro i pantaloni. Sfiorò la schiena, passò l'indice su tutta la sua spina dorsale facendolo sussultare, mentre sul davanti si eccitava al vedere che l'erezione del ragazzo, appena lo provocava, iniziava a ingrossarsi e a fremere freneticamente.
Frank si aggrappò alle sue braccia con forza, emise semplicemente un sospiro appena udibile.

- Rispondimi - avvicinò il viso al suo e leccò il suo mento con poca gentilezza, per poi mordere il lobo del suo orecchio ricoprendolo di fameliche attenzioni. 

- Scopami, così posso saperlo.

I loro sguardi si incontrarono, mentre, a vicenda, si toccavano. Gerard non perse tempo, gli tolse anche le scarpe, le calze e i pantaloni mentre succhiava il suo collo con desiderio moderato, ad una lentezza esasperante che frustrò incredibilmente il ragazzo.
Toccò il suo corpo pallido e magro, completamente esposto; l'unica parte coperta era il suo pube, nascosto da un paio di boxer, che a malapena contenevano la sua erezione.
Il maggiore, con un ghigno, poggiò una mano su di esse e semplicemente strinse, afferrando tutta la carne che poteva. 

- Merda - Frank involontariamente si lasciò andare in avanti, tra le sue braccia. 
Si sentiva bagnato ed esausto, aveva bisogno di farsi scopare. 
Guardò lo sconosciuto mentre anche lui si toglieva i propri abiti. Il suo petto si rivelò incredibilmente muscoloso e tonico, la vita più stretta delle spalle, che invece erano larghe e ben piantate. Anche le gambe erano atletiche, forse con un chilo o due in più sulle cosce - ma il suo corpo rimaneva comunque perfetto. 
Il più piccolo si leccò le labbra posando lo sguardo sulla v dell'inguine, pronunciata, ricoperta da un accenno di peli scuri. Era un dio, impeccabile, scolpito nel marmo e nella pietra - era un dio maturo che si divertiva a giocare con il suo piccolo, torbido Bacchino, nel bel mezzo della sua delicata pubertà. Tutto quello lo eccitava da morire. 
Dai pantaloni eleganti, Gerard sfilò la cintura di cuoio, poi, guardando Frank pendere dalle sue labbra, abbassò lentamente, solo con un dito, l'elastico dei boxer scuri, per poi tirarli giù del tutto mordendosi un labbro. Il ragazzo socchiuse la bocca per il desiderio non appena vide l'interezza di quel corpo nudo davanti a sé, aspettava un bacio a bocca aperta, e lo ottenne, qualche secondo dopo aver atteso quel tanto che il maggiore riteneva giusto: prendendo il suo mento tra le mani, Gerard sfiorò appena le sue labbra, e intanto carezzò piano le cosce con la cintura, ridacchiando piano.
Frank si sciolse completamente sotto quel tocco così invitante, sospirò impercettibilmente, allargando le gambe, ma quando quello si decise ad abbassare il suo intimo, frettolosamente portò le mani ai fianchi, con un sorrisetto astuto. Nei boxer, a lato, nascondeva due canne e un accendino sottile. Le lasciò ondeggiare davanti ai loro occhi per qualche secondo, leccandosi le labbra. Il più grande lo guardò scuotendo la testa:

- Da bravo, ti ho detto che non voglio. 

Imperterrito, il giovane lentamente ne accese una, con uno scintillio nelle pupille:

- Provala... Andiamo, fallo per me, scelgo accuratamente i clienti a cui dare questa - avvicinò la canna alla sua bocca mentre parlava, ammaliante - E' erba di prima qualità, aspira...

Sussurrò nel suo orecchio, e involontariamente Gerard obbedì. 
Inalò mentre Frank baciava il suo zigomo, subito percepì un estremo rilassamento. Il suo pene si rizzò ancora di più, fece un secondo tiro, per poi soffiare il fumo denso e bianco direttamente sul viso del minore, che lo osservava annuendo.

- E' buona? - chiese, accendendo la seconda e portandola alle proprie labbra velocemente.
L'uomo rise, lo spinse contro il muro e annuì, poi leccò il suo collo:

- Puttanella, mi hai tentato - con un movimento inaspettato, abbassò il suo intimo, a rivelare il membro già duro di Frank, facendolo gemere furiosamente. 
Gliele tolse velocemente, subito dopo gli fece fare mezzo giro su se stesso con un movimento brusco e lo spinse contro il muro, facendo cozzare il proprio bacino contro il sedere sodo e pallido, completamente illuminato di rosso, anche se la droga lo faceva ondeggiare in sfumature verdognole, a tratti.

- M-mh - Frank gettò la testa indietro con un sorriso, stringendo la canna tra le labbra.
Il pene di Gerard che sfregava sulle sue natiche aveva un qualcosa di estremamente stimolante, l'estasi provocata dal petto forte e muscoloso che aderiva alla sua schiena e poi dai fianchi e dal pube che scottavano direttamente sul suo sedere era qualcosa di incredibilmente erotico.
Quell'affascinante uomo non si limitava a pretenderlo, o a voler passare una bella notte con lui, lo stimolava, gli riservava le più splendide e afrodisiache attenzioni.

- Adesso ti farò venire per ore, e tu sarai una splendida troietta obbediente. Mi hai capito?

Mormorò sul suo collo, lasciando baci a bocca aperta ovunque per poi prendere un nuovo tiro dalla canna che teneva tra indice e medio.

- Sì, voglio tanto - Frank sorrise e respirò l'aria densa di fumo; l'odore dell'erba ormai si era diffuso per tutta la stanza.
Le finestre erano chiuse e faceva caldo. Un caldo torrido, li faceva sudare, si depositava sulle fronti e sull'incavo della spina dorsale, sul collo, pressava i loro corpi e li faceva sentire schiacciati in una morsa tropicale, dal vago sentore di sesso.

- Ma se non rispetto i tuoi ordini cosa succede? - domandò il ragazzo, appoggiando entrambe le mani alla parete.
Gerard lasciò che la cintura lo colpisse piano sul sedere due volte, facendolo gemere per il piacere. Non lasciò nemmeno il segno, semplicemente si divertiva a provocarlo, e il cuoio, fresco se confrontato ai loro corpi bollenti, era una delle cose che amava di più usare per toccare maliziosamente le sue vittime. Sfiorò le sue gambe e la sua schiena con la cintura ancora un po', facendolo sussultare ancora e ancora, intanto parlava, lentamente:

- Succede che ti dovrò punire... Ma mi dispiacerebbe, lo sai? Sembri così carino e innocente. Non che io sia poi così cattivo. Probabilmente ti piacerebbe ancora di più... 

Gettò la cintura sul pavimento e passò le mani sulla sua schiena, deliziato.
Era di una bellezza scandalosa, androgina, profana, fuori da ogni parametro e universo.

- Innocente non è decisamente un aggettivo che mi si potrebbe attribuire - Frank ridacchiò, fece un altro tiro, mosse i fianchi all'indietro e si strusciò contro il membro eretto del maggiore.

- Oh, dimentica tutti gli altri uomini, principessa - Gerard sorrise direttamente sulla sua guancia, protendendosi in avanti mentre lo faceva godere e mugolare solo spingendosi contro le sue natiche ritmicamente:

- Ti farò sentire una fanciullina vergine, quando avrò cominciato a fare qualcosa di serio.

Lo sentì ansimare, fumò ciò che rimaneva della canna, poi prese anche quella che pendeva dalla bocca del ragazzo con un movimento leggero. Sussurrò di rimanere immobile, e poi sparì per pochissimi istanti, allungandosi verso il posacenere posto su un comodino. Frank emise un lamento debole di frustrazione, ma non fece in tempo a percepire il suo membro turgido tormentarlo per la distanza da quel corpo che erano di nuovo uniti, nell'ombra rossa della stanza. 

- Mi vuoi? - domandò Gerard, provocandolo ancora con il bacino.
Frank ansimò, conficcando le unghie nella carta da parati.

- Rispondimi, piccolo - morse il lobo del suo orecchio con insistenza, mentre le sue mani forti, appoggiandosi sui fianchi del ragazzo, provocavano in quel corpo sottile una serie di tremiti incontrollati.

- S-sì, p-per f... - farfugliò, ridotto in briciole.
Non fece appena in tempo a terminare la seconda parola che l'uomo iniziò a masturbarlo, senza dire una parola. 
Spalancando gli occhi, Frank annaspò e si spinse contro la sua mano, dolcemente sorpreso: quel tocco era qualcosa di paradisiaco, gli faceva tremare le gambe, gli faceva venire voglia di gridare. Una mano, avvolta attorno al suo membro, faceva avanti e indietro con lentezza e cura, premendo sulla vena pulsante appena sottopelle, l'altra prima solleticò il suo osso sacro, poi scese sempre di più, immergendosi nelle natiche senza però andare in profondità. Sfiorò la sua apertura come per gioco, sicura e callosa - i gesti avevano un qualcosa di impertinente (come a rivelare la tremenda volontà di imporsi) e dominante ma delicato e attento al tempo stesso. 
Qualche secondo e Gerard si stancò presto di rimanere immobile, così la mano che non lo stava torturando sul davanti scese ancora, aumentando la velocità dei movimenti sul davanti. Per qualche secondo Frank non sentì più nulla se non le dita che, a cerchio, lo masturbava energeticamente, spingendolo ad addossarsi al muro. Poi, tutto d'un tratto, i suoi testicoli vennero interamente avvolti e infine strizzati con una dolcezza tale da sembrare appena sfiorati.

- Oh, oh - non si contenne, appoggiò la fronte alla carta da parati, muovendo i fianchi senza più controllo.
Gerard lo guardava tremendamente eccitato. Il suo membro si inarcava sempre di più, spillando grosse gocce di liquido preseminale; tutto era immerso nell'odore inebriante della canne, dei profumi da uomo sui loro colli e del sudore, tutto era fatto di ombre rosse e nere, quando ondeggiava lasciava ombre violacee e verdastre che facevano vedere i movimenti rallentati, morbidi. Frank si muoveva velocemente, eppure osservava le dita del maggiore masturbarlo in quelli che sembravano anni. 

- Fottimi - gemette piano, senza fiato, senza voce. 

- Non penso di aver capito... - con l'indice fece piccoli cerchiolini sui testicoli morbidi, premendo piano, solamente per estenuarlo.
Frank, il cuore che batteva all'impazzata e le gambe che non lo reggevano più, riuscì solo a pregare in un soffio:

- Per favore, ti prego... fottimi.

Gli tremavano le gambe e sentiva il bisogno di un sostegno. Si pentì di aver fumato, sapeva benissimo che quell'erba era forte e avrebbe alterato il sapore di quello che avrebbero fatto, ma non aveva saputo fare a meno di proporla a quell'uomo così affascinante.
Gerard si accorse che Frank non riusciva più a reggersi, sorrise maliziosamente, poi smise di toccarlo e con entrambe le mani avvolse le sue cosce, per poi scorrere e arrivare fino al retro delle ginocchia. Stringendolo, lo sollevò da terra di qualche centimetro, salvo poi ricordarsi di non averlo lubrificato.
Con un sospiro di impazienza, cercò con gli occhi una confezione di gel per tutta la stanza.

- Sul letto - balbettò il minore, aggrappato alla parete mentre i suoi fianchi sbattevano avanti e indietro. 
Gerard, immerso in un rosso soffocante, si allungò verso le coperte morbide. Con le mani tastò una boccetta, vi sfregò un dito sopra e il movimento produsse gradite sfumature ultraviolette, ridacchiò e poi versò un po' della lozione sul suo palmo destro. La passò sul suo pene eretto, poi spalmò il rimanente sui contorni dell'apertura del ragazzo, che gemette sonoramente per la presenza delle sue dita. 
Il maggiore si divertì a tormentarlo dolcemente, carezzando le natiche mentre con due dita minacciava di entrare dentro di lui. Dopo un lungo gemito acuto, finalmente di nuovo lo sollevò da terra, lasciando che Frank allargasse le gambe. Con sua grande sorpresa, le aprì così tanto da far aderire l'interno delle sue cosce alla parete quasi completamente, era di un'elasticità meravigliosa. Stupito, poggiò la testa sulla sua spalla e sussurrò:

- Ma che bravo...

Frank sorrise, ansimante, e un secondo dopo il membro di Gerard iniziò a penetrarlo con delicatezza. 
Nel principio fu dolce.
Non cominciò subito con velocità, rimase per qualche secondo dentro di lui muovendosi solo millimetro dopo millimetro, abituandolo gradualmente alla sua grandezza; nel mentre carezzò la pelle candida delle sue gambe, godendo dei mormorii vogliosi e acuti del più piccolo. Dopo averlo ammirato per qualche istante, non resistette e si allungò verso il suo viso per baciarlo. Ad occhi chiusi, Frank sentì la lingua umida dell'uomo spaziare sulla sua mascella e le labbra succhiare con forza, poi contemporaneamente le spinte farsi più consistenti in un climax ascendente di velocità e forza. Senza preavviso, ci fu lo schiocco dei suoi fianchi che aderivano bruscamente alle sue natiche. 

- Oh, Dio mio - sussurrò, abbassando le palpebre e sorridendo per il sollievo di sentirsi riempito.
Emise un risolino stupido, poi mostrò tutto il suo apprezzamento strusciandosi contro la carta da parati, lasciandovi sopra una scia trasparente e lucida di liquido proveniente dalla punta del suo pene, così eretto da sfiorare il suo addome magro.

- Cazzo - Gerard con un grugnito spinse all'indietro, stringendo le sue gambe con forza. 
Le pareti di Frank erano morbide, calde, lo volevano con una brama che lo faceva sentire invincibile, potente, una brama che lo faceva impazzire, gli faceva letteralmente perdere la testa, inibiva i suoi sensi e lo trascinava in una spirale senza uscita - oh, avrebbe perso la testa, letteralmente perso la testa, per quei riccioli mori e quella bocca sottile e rossa, perso la testa per avere quel corpo. Lo sapeva, avrebbe voluto fermarsi, ma era impossibile farlo. 
Uscì da lui con un gemito e affondò i polpastrelli delle dita nella sua carne bianca:

- Posso? - domandò, depositando qualche bacio sulla sua spalla destra, che annuì scompostamente, tremando.
Appena ebbe il segnale, si mosse in avanti, la fronte imperlata di sudore. Frank mosse il sedere all'indietro e lasciò che il pene lo penetrasse ancora e ancora, mordendosi il labbro subito dopo averlo chiamato gemendo. Le spinte diventarono veloci e consecutive in modo definitivo, sbalzandolo in avanti con dolcezza, la sua spalla e il suo collo pulsavano, martoriate da morsi, leccate, baci, succhiotti scuri. 
Sbatté il petto contro il muro ancora e ancora, spalancando la bocca mentre rilasciava sospiri e gridolini di goduria, e più era rumoroso, più perdeva il controllo, più percepiva Gerard eccitarsi, pulsando dentro di sè. Il suo membro strusciava contro la carta da parati e lui non sapeva più se ridere, mentre tutto girava e i loro corpi rallentavano entrando in una dimensione in cui tutto era infinito e dilatato, o semplicemente gridare per tutto il piacere che quell'uomo gli stava regalando. Gettò la testa all'indietro, assaporando la sensazione della pelle turgida che sfregava contro quella del suo sedere, i peli pubici che lo solleticavano e il glande lubrificato e roseo che cercava disperatamente l'apice del loro piacere. 

- Dì ancora il mio nome - mormorò con voce roca l'uomo, per poi emettere un "mmh" lungo direttamente nel suo orecchio.
Frank sorrise, graffiò la parete con le unghie sentendo la punta che di nuovo affondava dentro di sé, e contemporaneamente capì che stava perdendo ogni freno inibitore, ogni briciolo di consapevolezza; si stava lasciando andare, e forse non era un bene, ma non riusciva a rimanere aggrappato alla lucidità con quell'uomo così incantevole dietro di lui che lo colmava di baci e vizi:

- Gerard - chiamò ancora, agitando le gambe - Gerard, ti prego.

Con voce lamentosa, gettò gli occhi all'indietro, annegando nel piacere, annaspò, gli sembrò di affondare in un mondo che non era più quello reale; era fatto di pulsioni colme di piacere e goduria, rivestite dal profumo intenso dell'erba e del sudore e del profumo da uomo, quel petto forte che cozzava contro la sua schiena e quelle ombre rosse e nere che facevano sembrare tutto, dalle labbra alle dita, tentatore e provocante.

- Mh, ti piace, non è vero? - sussurrò Gerard, per poi emettere nuovi gemiti bassi e rochi.
I loro movimenti erano immersi nell'atmosfera surreale della stanza, nei profumi contrastanti e armoniosi al tempo stesso che li stavano lentamente inebriando. I corpi rilucevano di sudore, l'odore di erba si era appiccicato alle loro pelli mescolandosi a quello del profumo da uomo, l'aria era calda, torrida, gli faceva mancare il fiato insieme a quel malizioso color cremisi.

- Oh, oh! - corrugò le sopracciglia mentre il suo corpo si contorceva in uno spasimo - Lo hai trovato...

Sorridendo, voltò la testa all'indietro e baciò Gerard sulle labbra mentre il membro duro spingeva contro la sua prostata. Bastò colpire tre volte quel delizioso punto in cui ha origine l'apice del piacere perché Frank cominciasse ad accasciarsi su se stesso, sentendosi mancare:

- F-ferm...

Strinse i pugni delle mani e gettò la testa all'indietro, sopraffatto dalla sensazione del liquido pre seminale che ormai stava bagnando il suo petto in modo abbondante al solo contatto con le dita dello sconosciuto, che riempivano la pelle troppo sensibile di attenzioni e premure, tirando indietro la pelle per lasciare il glande più scoperto di quanto già non fosse, rosso e sfinito. 

- Oh, no, splendore, voglio che tu venga... e intensamente - mormorò Gerard, sospirando e portando una mano sul davanti per toccarlo ancora un poco - Che ne dici di due volte? Due... due magnifiche volte, piccolo.

Frank annaspò, leccandosi il labbro all'ennesima scarica di piacere che seguiva il dolce tocco della sua prostata. Era troppo, sentiva che l'apice era a un passo da lui, dalle sue dita, e lo voleva, lo voleva con tutto se stesso. Fece un respiro profondo, gemette di nuovo, con voce acuta, mentre le spinte rallentavano per andare a fondo dentro di lui. 
Il pensiero di avere un altro orgasmo subito dopo quello che stava per raggiungere lo faceva impazzire.

- Ti piacerebbe, vero? - sussurrò lo sconosciuto, baciandolo sulla clavicola sporgente.
Lo masturbò piano, percorrendo con lentezza estenuante tutta la sua lunghezza per una sola volta, fino a che non lo sentì sussultare. Il giovane lo chiamò in sussurrii disperati, contorcendosi e spingendosi verso il membro duro che lo stava penetrando. La voce gli morì in gola mentre sentiva che, piano piano, nel suo addome dilagava un calore bagnato e familiare. 
Sorrise, respirò e cercò di rilassarsi, mentre Gerard lo cullava con le ultime spinte, gemendo insieme a lui e carezzando il suo collo con le proprie labbra:

- Vieni, da bravo - mormorò, affondando dentro di lui e picchiettando la sua punta lucida.
Il ragazzo non resistette più. Venne urlando, schizzò su tutta la parete e sul proprio petto, poi, esausto, si lasciò cadere tra le braccia dell'affascinante uomo dai capelli corvini, che lo fece appoggiare a una porzione di muro pulita per poi leccare il seme caldo dal suo corpo con passione famelica. 
Lasciò una scia di succhiotti sopra il suo ombelico, sorridendo, poi lo prese per mano e lo condusse sul letto:

- Ho fatto piano... mi sembravi stanco di stare in piedi - bisbigliò, mentre lo faceva sdraiare sopra le coperte morbide - Ma adesso, oh, adesso ti farò urlare.

Lo baciò sulle labbra, finalmente, sdraiato sopra di lui, morse e leccò tutta la sua bocca, lasciandola pulsante e piena di saliva. Frank lo guardava estasiato, completamente ipnotizzato da tutti i suoi gesti, perfetti in ogni sfumatura e ogni minimo dettaglio; rise con lui quando i loro membri vibrarono sfiorandosi, lo chiamò con voce lamentosa appena lo vide allontanarsi da sé.

- Papi, vieni a divertirti con me - sporse in fuori il labbro inferiore in quel modo a metà tra lo stupido e l'infantile, ma subito l'altro, sorridendo a sua volta, lo rassicurò:

- Arrivo subito dolcezza, voglio solo avere... un paio di cose. Dove sono i...?

Il giovane sgranò gli occhi, si strinse nelle spalle e si morse il labbro:

- Nell'armadio vicino alla porta. 

Ci fu qualche secondo di silenzio, il rumore delle ante che si aprivano e dei cassetti che venivano esplorati, le mani che toccavano, prendevano; Frank cercava di vedere, ma nel rosso tutto era indistinguibile, e gli oggetti che aveva in mano luccicavano di ombre di tutti i colori dell'arcobaleno, impossibili da distinguere.
Vide Gerard venire verso di lui a rallentatore.
Non riuscì nemmeno a sentire cosa gli stava dicendo, riuscì solo a vedere la cintura di cuoio che doveva aver recuperato dal pavimento, un grande vibratore, un foulard di seta... Cadde all'indietro sotto il peso delle sue labbra e del suo petto, ansimò mentre l'uomo, adesso con movimenti frenetici e veloci, apriva qualcosa. 

- Aah - Frank gemette a un morso sul collo, veloce, e poi baci, baci, baci che lo facevano ansimare, uno dopo l'altro, senza interruzione, carezze e massaggi, infine una sensazione gelida sulla propria erezione.
Emise un gridolino strozzato, guardò in basso e vide metà della sua nuova erezione ricoperta di un gel trasparente. Il maggiore leccò il suo labbro inferiore, con un risolino, poi, mentre cominciava a tirarlo con i denti, ecco la pelle del suo membro indurirsi per un'altra sensazione, questa volta un bruciante piacere: gel caldo, su tutta la pelle che quello freddo non aveva coperto. Gemette, contorcendosi a scatti: quella combinazione di due sensazioni opposte e stimolanti allo stesso modo era stata fatale. Il più grande carezzò la sua fronte già imperlata di sudore e sorrise, abbassando una mano verso i suoi testicoli e iniziando a massaggiarli dolcemente come aveva fatto anche prima. 
Nel mentre, però, prese il foulard di seta e lo passò con lentezza sul pene del giovane, mischiando i due diversi gel tra loro a creare un insieme di sfumature gelide e bollenti che lo faceva impazzire. Se cominciando si era limitato a sfiorare, poco dopo prese a masturbarlo con decisione e sicurezza, curandosi di fargli percepire la sensazione del soffice e liscio tessuto sulla sua pelle. Frank si inarcò, alzando le braccia e stringendo le coperte con le dita, gridò per il piacere, ma non fece in tempo ad alzare la schiena che si ritrovò a pancia in giù, esausto e di nuovo duro, il pene che pulsava e tremava in mezzo alle sue gambe.
Tutto adesso girava attorno a lui, ogni cosa era una macchia rossa - era passato così poco e già si ritrovava con il disperato bisogno di venire. 

- Mettiti giù, ginocchia e mani sul letto - ordinò Gerard, iniziando a sfiorarlo nuovamente con la cintura.
Aveva fretta di venire, la vista di quel dolce e magro corpo che si straziava per la troppa voluttà lo eccitava selvaggiamente, e quella piccola scopata addosso al muro non era stata abbastanza per fargli raggiungere l'orgasmo. Quando il ragazzo si fu sistemato, tuttavia, si prese del tempo per ammirare quella bellezza scomposta e sbattuta tipica del sesso più passionale. La sua silhouette color rubino tremava, ansante, alcune ciocche di capelli bagnate di sudore, le labbra sporche di saliva, il corpo bagnato di seme e gel - gli faceva perdere la testa, gli faceva salire alla gola una brama che non avrebbe mai saputo descrivere. 
Con gesti lenti, sfregò il cuoio sul suo torace, sulle cosce e infine sulla sua erezione turgida, lo percepì fremere, trattenersi dal gridare nuovamente, tendere ogni nervo e muscolo del corpo nello sforzo di non lasciarsi andare troppo a quel piacere così sinuoso. 

Era bellissimo.
Si sorprese a pensarlo tutto d'un tratto, accorgendosi di essersi perso in quel viso così fragile, così vicino a un momento fragile, come quello dell'orgasmo.

- T-ti prego - Frank mosse le labbra ed uscì un flebile gemito d'aria e ardore, ma fu abbastanza perché Gerard gettasse la cintura sul pavimento e iniziasse a penetrarlo da dietro, carezzando i suoi fianchi mentre, a una velocità disumana si spingeva dentro di lui, nelle sue profondità.
Chiuse gli occhi quando il ragazzo cominciò a gridare, aggrappandosi al letto e inarcandosi senza più avere il controllo di ciò che il suo corpo faceva, completamente perso dentro il sesso, il loro sesso, una dimensione che in qualche modo, senza volerlo, forse per sbaglio, avevano creato.
Gerard ansimò, graffiò la sua schiena, poi la sentì alzarsi e appoggiarsi al suo petto mentre le mani esili e magre andavano indietro, afferravano le sue natiche e si aggrappavano a esse per spingersi contro di lui.

- Sentimi - sussurrò da dietro, baciò ancora la sua guancia, e mentre sentiva che entrambi stavano per venire si abbassò progressivamente, facendo in modo che entrambi fossero sdraiati sulle coperte. Lui, sopra, continuò a spingere per un tempo infinito, il ragazzo, sotto, sfinito, giaceva sul materasso urlando assieme a lui, privato di qualsiasi forza.
Vennero dopo una sequenza di movimenti più lenti, insieme, Gerard fu attento a schizzare sulle coperte uscendo da lui appena in tempo. Appena vide il proprio sperma sulle lenzuola, si sentì completamente depredato da ogni forza, e non poté fare a meno di crollare accanto a Frank per qualche secondo.
Esausto, cercò di calmare il proprio respiro, allungò una mano verso la schiena lucida di sudore del minore per una carezza, ma si fermò a metà della sua stessa azione.

Era finita.

L'istinto stava già cominciando a dirgli che era ora di tornare a casa. 
Doveva andarsene, e alla svelta.
Si alzò, il cuore che batteva a mille, scosse la testa per cercare di scrollarsi di dosso la sensazione di leggerezza che l'erba gli stava dando e quelle ombre dai colori caleidoscopici. Indossò la camicia, prese i pantaloni e la cintura, la giacca. Si accorse di aver tenuto al polso l'orologio tutto il tempo, con suo grande stupore.
Sorrise tra sé e sé.
Dio, quel ragazzino gli aveva fatto perdere se stesso.
Prese il portafogli, tirò fuori cinquecento dollari e li sbatté sulle lenzuola, senza dire niente.
Frank era ancora lì, aveva gli occhi chiusi, un'ombra scura nel rosso della stanza.

- Beh, buonanotte allora, bellezza - mormorò, passandosi una mano tra i capelli.

Dio, aveva davvero bisogno di una doccia.
E di dormire, erano le tre del mattino e per le otto del mattino seguente aveva da fare.

- Notte notte Gerard - rispose quello biascicando e stringendosi sulle lenzuola.

Buffo, sembrava un saluto dato da qualcuno con cui si sarebbe rivisto presto.
Indugiò, sulla punta della lingua aveva una frase che non avrebbe mai potuto pronunciare.
Da fuori si sentì il rombo di un tuono, si morse il labbro e si impose di non guardarlo più, si voltò, fece per andare verso la porta, ma poi tornò sui suoi passi:

- Mi devi una scopata senza canne o altre schifezze, lo sai? - disse dopo un po', riavvicinandosi a lui.

Frank fece spallucce.

- Notte notte Gerard - ripeté. 

Buffo, sembrava un saluto dato da qualcuno con cui si sarebbe rivisto presto. 


Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top