ʀᴀʙʙɪᴛ ʜᴜɴᴛɪɴɢ

𝘴𝘩𝘢𝘭𝘭 𝘸𝘦 𝘭𝘰𝘰𝘬 𝘢𝘵 𝘵𝘩𝘦 𝘮𝘰𝘰𝘯, 𝘮𝘺 𝘭𝘪𝘵𝘵𝘭𝘦 𝘭𝘰𝘰𝘯
𝘸𝘩𝘺 𝘥𝘰 𝘺𝘰𝘶 𝘤𝘳𝘺?

— nome: youta

«signora abbiamo bisogno di un nome» disse l'ostetrica con un tono quasi malinconico guardando la troppo giovane donna con un braccio il bambino piangente e raggomitolato fra delle copertine.
la ragazza con un dolce sorriso fra le lacrime accarezzò la testolina ricoperta da pochi capelli neri ancora bagnati dal mini lavaggio con l'acqua appena fatto dalle infermiere.
«youta...il mio grande raggio di sole...» disse la ragazza con un filo di voce guardando il bambino dolcemente.
l'ostetrica semplicemente le sorride dolcemente scrivendo il nome sul braccialetto legato poi al braccino del bebè.
tutti in quella stanza sapevano cosa stava per succedere, ovviamente eccetto il piccolo youta, beatamente addormentato dopo essere stato al mondo da una quindicina di minuti.
«è il momento...» disse l'ostetrica il più dolcemente possibile prendendo il bambino dalle braccia della madre esausta.
quest'ultima tornò a piangere sta volta di tristezza, di dolore, di rimpianto e di vergogna.
annuì con la testa lasciando che le infermiere lo portassero insieme agli altri bambini nella sua culletta mentre nella camera della madre ormai c'era ormai in atto un'altra operazione, sta volta meno difficile, ma abbastanza dal non farle più rivedere il piccolo bambino dagli occhi ancora chiusi e le piccole orecchiette da coniglio ad incorniciargli la testa.

— cognome: boyd

«signor boyd, avremo bisogno di una firma qui per favore» disse con fermezza una delle operatrici dell'istituto.
il giovane adulto con assoluta non curanza verso il bambino attaccatogli alla gamba firmò il foglio appena stato dato.
«un mese all'anno, compresi i giorni festivi, questo è il massimo» dichiarò freddamente l'alto uomo dagli occhi chiari.
la signora annuì prendendo per il polso il bambino che subito iniziò a ribellarsi.
«patty! patty! io voglio patty!» il così piccolo bambino urlava e si dimenava in una crisi di panico.
lui voleva patty, il suo peluche a polipetto, non voleva quella signora.
lo teneva per il polso stretto e aveva le stesse orecchie appuntite di papà, lui aveva paura di papà, non la voleva.
voleva solo il suo pupazzo, non voleva quella donna.
gli stava facendo del male e per di più aveva tutte le mani intrise da calli e palmi ruvidi.
le sue orecchiette da coniglio completamente nere si agitavano compulsivamente fra i capelli del medesimo colore.
con gli occhi pieni di lacrime si girò a guardare suo padre.
«la prego voglio patty!» urlò piangendo guardando dritto negli occhi quello che era lo sguardo di suo padre.
indifferente, freddo e disgustato.
semplicemente si girò con le mani nella tasca di uno dei suoi costosissimi completi armani, andandosene via da quel collegio infernale lasciando la solo suo figlio e alcuni suoi vestiti.
più che figlio in intoppo, un coniglio.
«pff» sbuffò disgustato l'uomo scuotendo la testa salendo nei posti dietro della macchina facendosi subito portare via.
«voglio patty...» il bambino si era ritrovato a sussurrare per terra in lacrime e tremante.
non capiva cosa stesse succedendo ma capiva abbastanza dal poter dire sinceramente non sono al sicuro e quello non è mio padre.

— età: 21 anni

il 15 luglio del 2016, come ogni anno, youta si trovava con un leggero sorriso a guardare il piccolo soufflé al cioccolato con una candelina davanti a lui mentre sentiva accanto le dolcì voci dei domestici e della tata cantargli tanti auguri.
« tanti auguuuuriiii aaaa teeeeee...wooo!! » esclamarono contenti applaudendo a non si sa esattamente cosa. faceva sempre ridacchiare youta questo loro entusiasmo per un avvenimento che scandiva solamente il tempo che eri rimasto su quel sasso fluttuante chiamato terra.
ma lo gradiva, tanto, era per lui, erano loro la sua famiglia.
l'anziano giardiniere e maestro di giapponese, il signor okada, la dolcissima badante, dolly per tutti, seguita da due cameriere, la signora wilson e la signora barton, e infine la tata che lo seguiva facendogli da madre sin dall'inizio, maggy, o più semplicemente mamma.
sorrise guardandolo, grato che fossero assieme a lui a festeggiare il suo compleanno.
« cos'ha espresso il bellissimo nuovo quindicenne? » chiese dolcemente maggy togliendogli la candelina ormai spenta arruffandogli un po' i capelli neri, attenta a non prendergli le sensibili orecchie lunghe del medesimo colore dei capelli.
« segreto » disse con fare ovvio prendendo un pezzo di soufflé come se nulla fosse.

— specie: coniglio

"CORRI YOUTA" era tutto quello che la sua testa riusciva a dirgli mentre col fiatone correva fra i fitti alberi. lo stavano seguendo, li sentiva, li odorava, percepiva i loro passi affrettati correre. l'aria scombinava i capelli neri del ragazzo producendo un forte sibilo alle lunghe soffici orecchie nere. dei piccoli rametti molto spesso gli graffiavano i polpacci mentre correva sulle foglie secche.
era una gara di corsa. corri più veloce e vivi, ti fermi un attimo e vieni sbranato. questo era. e onestamente, col cazzo che avrebbe perso.
sentì per un attimo il ginocchio cedergli così prendendo forza si diede un forte pugno sulla coscia come per dire di svegliarsi e di non abbandonarlo proprio ora.
« vieni qua bel coniglietto » un ringhio lo fece scattare ancora di più. era riuscito a graffiargli il braccio. erano vicini.
youta non voleva morire, almeno non così.
si diede una spinta dandosi anche forza d'animo iniziando a correre ancora più in fretta, seguendo la luce conosciuta della villa del padre. aveva allestito una camera esterna per proteggerlo nei momenti di caccia, almeno questo di giusto l'aveva fatto.
corse corse e corse sempre di più sentendo i polmoni abbandonarlo e il vento graffiargli le guance. forse per la seconda volta fu sollevato nel vedere casa sua.
si fiondò nella camera protetta chiudendola a chiave con la combinazione interna e tutte le sicure possibili cadendo atterra con le gambe tremanti.
si sentirono solo due o tre colpi aggressivi alla porta prima che diversi ringhi al di fuori che fecero scappare i due lupi, ormai vogliosi di carne. youta si trascinò nell'angolino della stanza poggiando la schiena contro le pareti cercando di riprendere fiato.
cazzo quanto era stanco.

— genere primario e secondario: demiboy omega

youta si guardò allo specchio. si ispezionò da cima a fondo. sentiva il suo corpo diversamente da come dovrebbe essere.
non era confidente come gli altri suoi compagni di classe. stette ben attento alle piccole striscioline concave dai toni rossi e violacei che decoravano i suoi fianchi, dipingendo le sue cosce di fulmini violacei.
maggy disse che erano delle semplici smagliature e che se volesse avrebbe potuto curarle con specifiche creme, ma onestamente, a youta piacevano, forse era l'unica cosa che gli piaceva di se stesso.
odiava vedere quelle orecchie nere muoversi in continuazione nonostante fossero attaccate alla sua testa. odiava vedere gli occhi del colore di suo padre nella forma della madre. odiava sapere di dover ingerire quei calmanti, ora appoggiati sul lavandino, pur di frenare il suo calore, periodo del mese che odiava di più.
ma vedere quelle piccole striscioline gli davano un piccolo sollievo dai comandi del padre nel fargli fare atletica per farsi crescere un corpo slanciato e maschile. gli davano una quasi libertà nell'essere quello che voleva, quindi non necessariamente un corpo maschile perfetto.
era solo qualcuno, un omega si, ma almeno non era per forza sempre "lui"

— prestavolto: ( pretty boy ) akaashi keji — haikyuu!!


youta si può anche considerare un bel ragazzo. ha un'altezza nella media quindi circa uno e settantasette, aumentata solamente dalle lunghe orecchie nere da coniglio quasi sempre tese. non ha il corpo eccessivamente magro, semplicemente ha una corporatura fragile, confusionale solo nel momento in cui si guardano le sue cosce. facendo atletica, o per meglio dire, scappando dai lupi sin da bambino è cresciuto tenendosi sempre bene in allenamento con le gambe, quindi era cresciuto ad avere delle cosce altamente formose e muscolose. ha una pelle altamente pallida che sin da piccolo gli faceva guadagnare commenti come "sei bianco come una mozzarella!" oppure "sei stanco? sei così pallido" o "sembri un cadavere" e così via. il divertimento assoluto insomma.
però lui si piaceva così, amava anche il fatto che la sua pelle non fosse così elastica quanto tutti pensino, da quanto liscia e delicata sia, così adesso aveva quelle striscioline dorate che gli ricoprivano i fianchi e le cosce. gli piacevano i capelli neri come la pece che si arricciavano sempre verso la fine della loro lunghezza. amava curarsi le unghia stando sempre attento a mettersi lo smalto trasparente per non mangiarle e ti tagliare subito via le pellicine in modo da non essere rovinate. gli piacevano anche le occhiaie sotto i suoi occhi, ma quest'ultimi erano il problema.
sempre tutti a fargli i complimenti per qualcosa che odiava. non perché fossero brutti, perché aveva degli occhi fantastici.
un misto fra l'azzurro dei cieli e il blu dei mari, tutti contornati da una forma a mandorla e delle sopracciglia scure sempre curate e dritte.
ma lui odiava avere l'unico tratto del padre, cioè gli occhi, nella forma asiatica della madre. lo odiava. odiava avere i due confusi in lui quando era tutto sua madre tranne per l'organo riproduttivo.
lo odiava, eppure tutti sempre la a fargli i complimenti. di solito rispondeva con un semplice "grazie" per poi cambiare argomento, oppure non rispondeva neanche, perché come potevi a spiegare qualcuno che odi avere un pezzo di tuo padre in te, quando hai solo lui in vita?


— carattere: INTJ

« signor boyd siamo qui per discutere del comportamento di suo figlio » le orecchie bianche da orso si mimetizzavano fra i capelli biancastri del preside, seduto alla scrivania davanti al padre di youta.
quest'ultimo teneva lo sguardo freddo e composto, nonostante si notasse subito il fastidio nel suo volto. odiava gli incontri scuola-famiglia. erano una perdita tempo e tempo è denaro.
« mi dica » disse semplicemente sistemandosi sulla sedia davanti alla scrivania del preside.
« beh possiamo decisamente dire che è un ragazzo brillante, sempre attento in classe, molto educato, anche se probabilmente un po' rigido...ha sempre lo spirito collaborativo, non osa mai rispondere ai professori, ha un buon mantenimento, è il primo della classe in tutti i suoi corsi... » iniziò il preside soddisfacendo il padre di youta che sedeva comodamente sulla sedia « ...però...beh non parla quasi mai con nessuno se non per fare ripetizioni » e ci risiamo.
ogni anno sempre la stessa storia, youta era una persona introversa e lo sapeva pure lui, che avrebbe dovuto farci? ogni scuola, ogni anno sempre che lo chiamavano perché a quanto pare non si relazionava con i compagni.
erano problemi suoi mica avrebbe potuto farci qualcosa. ormai sentiva in sottofondo il preside che quasi implorava il padre di cercar di far aprire youta ai compagni.
con un forte sbuffo mettendosi composto sulla sedia lo fermò iniziando a parlare « senta signor. bryant, apprezzo che mio figlio sia un bravo studente e che me lo voglia comunicare, apprezzo che mio figlio sappia essere un ottimo leader e soprattutto puntuale, professionale ed educato, ma non mi interessa se non si relaziona coi suoi compagni di classe! » finalmente buttò fuori guardando il preside con sguardo implorante di star zitto
« signore sul serio la ringrazio, ma non me ne frega niente, non mi interessa se youta è introverso e non riesce a fare amici facilmente, non mi interessa se ad ogni passo, come dite voi, gli si rizzano le orecchie da coniglio, tanto meno se mangia con i professori in mensa perché dice che le altre persone lo mettono a disagio » ormai il preside lo guardava a bocca aperta. era suo figlio, come poteva non interessargli che non si stesse comportando da bambino a soli undici anni?
« mi interessa ancora meno se è freddo con le persone attorno oppure se, come dice lei, parla coi compagni solo per le ripetizioni, finché fa per bene il suo lavoro a me non interessa altro, devo portare avanti un'azienda di profumi, tra cui ne ha lei uno addosso al momento, secondo lei sul serio ho tempo per occuparmi di quel moccioso? » disse freddamente quasi con un espressione disgustata mentre le orecchie bianche da lupo erano tese fra i capelli biondo cenere. il preside lo guardò allibito.
« signor boyd, suo figlio ha undici anni e si ritrova solamente nei suoi senpai del liceo, è un adulto nel corpo di un bambino— »
« —e che allora sia così » lo interruppe nuovamente flynn boyd, capo della boyd company, una compagnia altamente riconosciuta di abbigliamento e profumi, e padre di youta.
« per l'amor del cielo signor boyd! ...non vuole neanche vedere suo figlio sorridere e comportarsi dell'età che rappresenta?! » sbottò decisamente irritato il preside.
l'uomo, dagli stessi occhi di youta, ma con tratti europei, capelli biondo cenere portati all'indietro dal gel, gli zigomi taglienti e la pelle leggermente abbronzata dalla vancaza ad ibiza fatta da poco in solitaria, semplicemente lo guardò negli occhi sputando un freddo « l'ho tenuto perché erede, perché obbligato, non per affetto, ora se non le dispiace, dovrei andare ad una conferenza stampa, arrivederci »
si alzò richiudendosi il blazer coi nervi a fior di pelle uscendo con rabbia dall'ufficio, lasciando il preside a guardare la porta appena sbattuta inabilito.

— nazionalità: multiple citizens 

« ma è vero che sei portoghese? » la voce squillante di uno dei suoi compagni gli fece alzare lo sguardo dal suo libro.
due ragazzi lo guardavano con gli occhi luccicanti di curiosità mentre le loro mani erano appoggiate al suo banco.
youta li guardò un attimo confuso rispondendogli con tono pacato « beh per un terzo si? mio padre è metà portoghese e metà canadese » i compagni subito si illuminarono
« oddio dicci qualcosa in portoghese! »
« si ti prego youta! ho bisogno di rimorchiare qualcuno in portoghese » iniziarono a blaterare pregandolo quasi in ginocchio.
lui li guardò stupito. sul serio si aspettavano che lui lo sapesse? e per di più, che glielo insegnasse per rimorchiare?
« io non so il portoghese » dichiarò chiaro e tondo guardandoli che lo guardavano scioccati.
« perché scusa? »
« perché mio padre non lo sa quindi, ovviamente, non me l'ha mai insegnato » gli disse con fare ovvio « mi ha insegnato il giapponese, la madrelingua di mia madre »
« YOUTA MA CHE FIGATA »

— storia: honey that's called trauma not humor

« dai raccontami un po' di te » disse il ragazzo ridacchiando davanti a lui, ormai entrambi brilli. youta non aveva mai riso così tanto in una sera. era solamente uscito da solo a bere qualcosa, e aveva conosciuto questo ragazzo, henry, un orso che gli aveva offerto un semplice drink finendo entrambi brilli sul tetto della palazzina dove viveva l'orso, entrambi a continuare a bere il loro vino guardando le stelle. youta semplicemente con le guance rosse e ancora il sorriso sul volto disse « cosa vuoi prima il mio colore preferito o i traumi dalla a alla zeta? » chiese ridendo.
« dai raccontami tutto » aveva detto mettendosi a guardarlo con un sorriso incantato.
« beh allora...ehm...sì, mia madre è morta subito dopo avermi partorito nella rimozione di un tumore benigno ai polmoni, era troppo debole per il parto anticipato, così mi crebbe mio padre, il capo della boyd company, un lupo...e niente mi portò in un riformatorio tenuto da lupi, solitamente per lupi, per farmi abituare ai ritmi della caccia e avere una buona educazione dai tre fino ai sei anni, poi dai sei tornai con lui anche se rimasi con la mia tata fino a che non me ne andai di casa...diciamo che lei e il resto degli impiegati erano la mia famiglia, non mio padre...appena finito il liceo mio padre mi aveva già comprato la casa e trovato un lavoro adatto, così semplicemente mi trasferì iniziando anche a studiare arte e ora eccomi qua, sopra ad un tetto nel bel mezzo della notte a parlare della mia vita ad una persona che non ho mai visto prima! » esclamò alla fine con un sorriso nostalgico.
guardò un attimo il vino rosso nel bicchiere davanti a lui rigirandolo nel vetro, prima di tornare a berlo guardando la luna.
si rigirò verso il ragazzo che lo guardava dispiaciuto. che fastidio gli sguardi penosi.
« oh, e il mio colore preferito è il verde prato » aggiunse con un piccolo sorriso che fece istintivamente sorridere l'orso davanti a lui.
« mi dispiace » disse quest'ultimo dopo un po'.
youta scosse la testa facendo le spallucce « fa niente, ora ho diciannove anni e sono lontano da lui, posso fare quello che voglio fino ai ventisette circa, quando non tornerà da me per chiedergli da fare il così detto erede al trono » disse scherzosamente appoggiando la testa sulla spalla dell'orso.
« mi sa che tocca a te » disse dolcemente il ragazzo dalle orecchie nere.
probabilmente quella notte si erano entrambi innamorati a prima vista, peccato che il destino voleva che henry, dopo un anno e mezzo di relazione, morisse a causa di un tumore al cervello, così youta, appena ventenne tornò a voler ignorare quello che viene chiamato universo o fato. tornò il ragazzo freddo e distante che era una volta, ignorando quasi tutte le attenzioni, se non per scopate provvisorie, scusandosi ogni volta mentalmente con henry. solo appena compiuti i suoi ventuno decise di smetterla di scusarsi e magari tornare un po' a vivere come persone normali e non un ameba.
ci era quasi arrivato, magari qualcosa sarebbe cambiato, boh, chi lo sa.
youta si chiedeva soprattutto quando il famoso fato avesse finito di prenderlo per il culo, sarà anche stato divertente per lui, ma non di certo per youta.


— sessualità: he/they — I like boys but no homo

« e così...sei gay » disse il padre sorseggiando il suo caffè mentre sentiva il figlio diventare sempre più nervoso dal suo odore.
« si...padre, si sono gay » confermò il figlio tenendo lo sguardo basso sulla colazione salata che per una volta aveva preparato il padre e non il cuoco solito.
era buona, a dire il vero, solo che non succedeva mai quindi era rimasto abbastanza impresso nella mente di youta.
« vedi di trovarti un alpha di buona famiglia e riuscire a darmi nipoti, dopotutto, non hai mica un utero per niente » disse con tono freddo, quasi non curante continuando a scorrere gli occhi fra le righe del kindle da cui leggeva.
youta si rilassò immediatamente, contento di non essere stato rimproverato, ma tenne comunque conto delle parole dette dal padre.
« si padre » disse di nuovo tornando a mangiare per poi correre a prendere lo zaino per scuola correndo fuori dalla casa.
per una volta, era uscito da quella casa col sorriso.



-ttarv non sai quanto mi dispiace per l'enorme  ritardo e spero sul serio che vada bene in caso avvisami subito, grazie per la pazienza 😭 <3

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