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...
...
"KIBลŒ!"
...
...
"Un dottore, serve un dottore!"
"Sono io un dottore, fatemi passare! Il dottore c'รจ! Kibล!"
...
...
"Povera ragazza... Ha preso un brutto colpo"
"Speriamo vada tutto bene, รจ molto giovane... Dovrebbe farcela"
"Fatemi passare... Sono un dottore... Kibล..."
...
...

ใ€Žโœ™ใ€

Underneath the cold November sky
I'll wait for you
As the pages of my life roll by
I'll wait for you
I'm so desperate just to see your face
Meet me in this broken place

...
C'era freddo.
E la settimana prima c'era il sole.
Il tempo non era mai cambiato cosรฌ in fretta, quei giorni. Sembrava quasi farlo apposta: il sole che c'era a ottobre sembrava essere svanito, da un giorno all'altro, non appena era iniziato Novembre. Ora c'era freddo, talmente tanto freddo che non si poteva uscire di casa senza una sciarpa e un berretto, insieme alla giacca pesante. Ed era esattamente quello che il giovane dottor Daidara Mitosaka stava facendo.
Uscire di casa, con quel freddo, non era mai stato cosรฌ pesante per lui. Eppure lo stava facendo di nuovo: era ormai da una settimana che usciva di casa sempre alla stessa ora della mattina, camminava accompagnato dal vento gelido per una decina di minuti ed entrava in ospedale.
Era da fine ottobre, da quando c'era stato l'ultimo giorno di sole, che il giovane dottore raggiungeva l'ospedale con un'espressione desolata dipinta in volto.
Ricordava quell'ultimo giorno di ottobre come fosse ieri.

Il 31 ottobre era stato presentato dalle previsioni del meteo come un giorno soleggiato, anche se ci sarebbe stato vento. A partire da novembre, il tempo sarebbe cambiato completamente, lasciando spazio solamente al cielo nuvoloso e al freddo. Se si voleva approfittare dell'ultimo sole prima della primavera, quella era l'ultima occasione. E Daidara l'aveva colta al volo, si era organizzato per preparare un picnic e aveva prontamente chiamato la sua ragazza per invitarla a uscire con lui. E il giorno dopo erano entrambi pronti a incontrarsi.
Si trovarono all'incrocio di due strade, davanti a una striscia pedonale, uno da una parte e l'altra dall'altra; il parco in cui avrebbero dovuto fare il picnic, tuttavia, era proprio alle spalle di Daidara.
- Scusa il ritardo, ora ci sono! - esclamรฒ Kibล Seizano, astronoma e fidanzata di Daidara, tentando di riprendere fiato dopo la corsa fatta per arrivare all'incrocio.
- Vai con calma e non correre, per favore. Non rischiare - la rimproverรฒ il dottore, piรน preoccupato per lei che per altro.
Dopo che si fu riposata, Kibล guardรฒ il semaforo.
- Ce la faccio a passare, รจ giallo! Ho tempo! Solo un secondo... - Guardรฒ a destra e a sinistra, prendendo poi ad attraversare. Intanto si era alzato il vento, come previsto dal meteo.
- Non ti preoccupare, io ti aspetto volentieri - la rassicurรฒ Daidara, ma poi vide che la ragazza aveva rallentato. Stava tentando di spostarsi il lembo del foulard che il vento sospingeva con forza contro il suo viso; anche lui doveva stare attento che qualcosa non volasse via dal cestino.
- Tutto bene? - chiese infatti, aspettando una risposta.
Non appena la giovane riuscรฌ a guardare dove stava andando, si accorse di essere in mezzo alle strisce pedonali. Il semaforo era giallo, doveva sbrigarsi- oh, di nuovo il foulard.
- Sรฌ, sรฌ... Oh, questo vento... Non ci ved...! -.
- KIBลŒ! -.
...
Le ultime cose che l'astronoma percepรฌ furono il rumore di ruote che sterzavano, la voce terrorizzata di Daidara che la chiamava, un veicolo enorme che incombeva su di lei e un dolore lancinante su tutto il lato destro del corpo.

Da quel momento in poi, tutto sembrรฒ finire.
Come un calice di cristallo si frantuma al suolo, il mondo di Daidara si ruppe in mille piccoli pezzi nell'istante in cui Kibล venne investita dall'auto. La folla che assistette alla scena ricordรฒ molto bene l'urlo straziante del dottore, talmente tanto disperato da far venire i brividi. C'era abbastanza gente radunata attorno il luogo dell'incidente, ma Daidara era inchiodato lรฌ, col cestino in mano. Non riusciva a muoversi. Aveva gli occhi azzurri spalancati, ricolmi di terrore e lacrime. Attorno a lui sentiva molte voci, ma poche frasi complete.
- Per l'amor del cielo, cos'รจ successo? -, - Perdonatemi, non l'avevo vista... Chiamo immediatamente l'ambulanza! -, - Un dottore, serve un dottore! -. Quello lo fece riscuotere, e si buttรฒ nella mischia per raggiungere la ragazza.
- Sono io un dottore, fatemi passare! Il dottore c'รจ! Kibล! - gridรฒ a pieni polmoni. Ma veniva ricacciato indietro.
- Aspetta ragazzo, i paramedici sono in arrivo. Lascia fare agli esperti -.
- Ma... Ma anche io sono un dottore! Fatemi passare, posso aiutare! - Lo ignoravano, si concentravano su di lei.
- Povera ragazza... Ha preso un brutto colpo -, - Speriamo vada tutto bene, รจ molto giovane... Dovrebbe farcela -.
- Qualcuno mi ascolti! Io sono un dottore, lasciatemi passare...! Kibล... Kibล...! - continuรฒ a urlare, in preda al panico. Perchรฉ nessuno lo lasciava raggiungere Kibล? Aveva bisogno di vederla, di vederla viva.
- Ecco l'ambulanza, fermi tutti! Allontanatevi e fate spazio -, - Per favore, fate scendere i paramedici, altrimenti non riusciranno a portarla in ospedale - In breve l'astronoma fu caricata sulla barella.
- Fatemi passare... Sono un dottore... Kibล... - L'ultima cosa che Daidara vide di lei, fu la sua mano penzolante verso il basso.
Come se fosse morta.
Il dettaglio che era sfuggito a molti, si nascondeva in cielo. Non c'era piรน il sole. Il meteo non l'aveva previsto.

Ora lui era lร , in ospedale, al solito calvario, che teneva per l'ennesima volta la mano della ragazza tra le proprie, supplicandola solo di una cosa tra le lacrime in procinto di uscire: di risvegliarsi dal coma.

Hold me now
I need to feel you
Show me how
To make it new again
There's no one I can run to
And nothing I could ever do
I'm nowhere if I'm here
Without you

Ormai era diventato un ospite assiduo. Entrava sempre alla stessa ora, saliva sempre allo stesso piano, entrava sempre nella stessa stanza e non usciva fino a quando non tornava a casa la sera. Essendo un dottore, nessuno gli faceva problemi per fermarsi per piรน ore rispetto a quelle prevista per gli orari di visita. Piรน i giorni passavano, piรน il suo viso diventava sconsolato, quasi apatico. Come se avesse perso ogni traccia di vita. Perchรฉ la sua vita era lรฌ, su quel lettino di ospedale, che respirava con l'aiuto delle macchine. Vedere la sua speranza, un angelo sceso dal cielo messa in quel terribile stato, lo stava conducendo alla forma di disperazione piรน totale: la rassegnazione. Ma aveva sempre quello scatto improvviso che faceva stringere il cuore di chiunque l'avesse sentito.
Chiunque passasse vicino a quella stanza, che aveva sempre la porta chiusa, poteva chiaramente percepire delle parole sussurrate e, a volte, dei piccoli singhiozzi. Piรน raramente urlava di dolore. Ma quando succedeva, sembrava di essere trafitti da mille aghi appuntiti. Nessuno, se non il personale addetto, sapeva effettivamente cosa succedeva lรฌ dentro. Ma nessuno aveva intenzione di scoprirlo: nessuno aveva intenzione di prendere parte a un calvario cosรฌ duro e difficile.

Non appena Daidara entrรฒ nella stanza e chiuse la porta alle sue spalle, posรฒ la borsa sul tavolino lรฌ vicino e si avvicinรฒ al letto per guardare Kibล. Rispetto ai giorni precedenti la pelle aveva ripreso colorito, ma era ancora molto diafana e l'aspetto generale lasciava intendere che il miglioramento proseguiva molto lentamente.
- Buongiorno, Kibล... - mormorรฒ sottovoce il ragazzo, sedendosi accanto al letto. Prese un respiro profondo e iniziรฒ a raccontare di ciรฒ che gli era successo il giorno prima. Faceva sempre cosรฌ: sperava in una reazione di qualsiasi tipo, fosse anche disgusto.
- Ieri sera... Ha chiamato tua madre. Ha detto che concluderร  prima il viaggio intorno al mondo e verrร  a vedere come stai - Le prese delicatamente la mano, guardandole il viso. - Giร  qualche giorno fa aveva prenotato il volo di ritorno - le disse, ma non aveva la forza di andare avanti. Una settimana senza dei lei era davvero troppo. E ora sentiva di aver raggiunto il limite.
- Kibล... Ti prego, stringimi la mano... - la supplicรฒ, la voce giร  incrinata. Aveva bisogno di sentirla, non poteva farne a meno; e se lei fosse morta... Anche lui sarebbe morto. Non poteva semplicemente smettere di vederla: da una settimana sembrava solo un guscio vuoto, senza sentimenti, completamente distrutto. Aveva bisogno, un bisogno disperato di sentire la sua voce e vederla camminare. Gli bastava anche che lei si svegliasse senza ricordarsi di lui, oppure odiandolo. Gli serviva solamente che lei fosse viva, sana e salva. Era disposto a sacrificare di tutto: la sua casa, la sua vita, tutto. Voleva vederla vivere... E se lui fosse stato previdente, se avesse visto l'auto in tempo, forse avrebbe potuto buttarsi in strada al posto suo... E forse... E f-forse sarebbe lei quella al sicuro e non in pericolo di vita...
Se Kibล se ne fosse andata per sempre, Daidara non avrebbe retto il colpo. E iniziare una nuova vita da zero era fuori discussione. Non poteva andare da nessuna parte senza di lei, non poteva semplicemente vivere; non poteva fare nulla, niente di niente. Non voleva, non poteva abbandonarla! Era fuori discussione! Era come chiedergli di ucciderla con le sue stesse mani, e lui... Se qualcuno lo avesse obbligato a uccidere Kibล o sรฉ stesso, Daidara si sarebbe puntato la pistola contro di sรฉ e avrebbe sparato senza pensarci due volte. Avrebbe fatto di tutto per vedere la sua amata salva, che fosse vederla dal vivo o dall'aldilร . Solo in quei giorni aveva finalmente capito quanto lui dipendeva da Kibล, e un giorno avrebbe capito quanto Kibล dipendeva da lui. Chi era lei, che riempiva il suo cuore e i suoi pensieri con la sua assenza? Senza di lei, Daidara non poteva essere da nessuna parte, non poteva semplicemente essere: non poteva essere Daidara.

Even if you take it all away
I'll wait for you
Even when the light begins to fade
I'll wait for you
I'm so desperate calling out your name
Meet me in this broken place

Stava tremando chiaramente, e aveva la vista offuscata. Non voleva piangere, non voleva piangere... Troppo tardi. Delle lacrime caddero sulla mano che stringeva quella della sua amata, del suo amatissimo angelo venuto dalle stelle. Piรน la guardava, piรน si sentiva morire dentro. Era cosรฌ pacifica, non aveva il viso contratto in una smorfia di dolore. Ed era quello che temeva di piรน. Era completamente immobile, non sembrava neanche stesse respirando. Il battito cardiaco era regolare, ma lento. Sembrava di sentire, ad ogni suono emesso dalla macchina, il tintinnio della campana da funerale del campanile. Erano sempre piรน vicini alla fine.
Sempre piรน vicini alla morte. Sempre di piรน.
Di piรน.
Di piรน.
Di piรน...
E all'improvviso sentรฌ il cellulare vibrare.

https://youtu.be/sesHVJPXBTU

Daidara si riscosse improvvisamente sentendo la suoneria del cellulare. Si concesse un secondo per ascoltare la suoneria, ma poi decise di rispondere. Non lasciรฒ mai la mano della giovane, ma prese il telefono e guardรฒ chi era: Kotone, la madre della sua ragazza. Fece per rispondere, quando improvvisamente l'arpista chiuse la chiamata e, subito dopo, gli inviรฒ un messaggio.
"Scusa, ma purtroppo ho avuto un problema con la linea e non riesco a chiamarti. Va bene lo stesso parlare tramite messaggi?"
Daidara si sentรฌ rincuorato, anche se non era felice.
"Kotone, buongiorno. Com'รจ andato fin'ora il viaggio?"
"Bene. Ma come stai tu, piuttosto? Posso capire come ti senti..."
"Io... No, non sto per niente bene. Perchรฉ mi รจ chiesta tutta questa sofferenza?"
"Daidara, vedrai che tutto andrร  bene. Io non so dirti il motivo preciso, ma posso dirti che questo dolore ti servirร . รˆ un dolore necessario, altrimenti non lo staresti provando. Non credi? Tutto nella vita ha uno scopo, non viene a caso."
Quella donna riusciva a farlo piangere come un bambino. Dannazione, non voleva piangere cosรฌ forte! Lo sentivano tutti, eppure lui non riusciva a calmarsi.
"Sto per impazzire. Lo sento. รˆ troppo per me, non lo riesco a reggere... Ho bisogno di aiuto, ma nulla riesce a consolarmi...!"
Kotone non rispose. Dopo un minuto arrivรฒ un audio, che Daidara si mise ad ascoltare. L'arpista sapeva usare la tecnologia meglio di lui, incredibile.
- Scusa il rumore, ma sono in aeroporto.... Comunque sia, non ti demoralizzare. Piรน lo fai, piรน stai peggio. Ragazzo mio, so quanto soffri... Anche io ho perso qualcuno a cui tenevo tanto, eppure sono qui. Non l'ho dimenticato, ma devo andare avanti con la mia vita. Anche io piango, ripensando a lui. Ma poi mi dico: lui non vorrebbe vedermi cosรฌ. Vorrebbe vedermi felice. Devi pensare in questo modo: Kibล vorrebbe solamente vederti contento, non credi? E poi, non tutto รจ perduto: รจ in coma, quindi potrebbe ancora riprendersi. Forse tu stai vedendo tutto in bianco e nero, anzi, tutto grigio e spento: non vedi la luce. Ma Daidara, rifletti: perchรฉ anche in un cielo limpido di giorno puรฒ non esserci luce? Perchรฉ il Sole รจ coperto da una nuvola. Ma quando la nuvola se ne va, la luce torna. La luce non svanisce; e anche se lo facesse, torna sempre. Non disperare: spera, e tutto andrร  per il meglio. - Si sentรฌ un rumore assurdo dall'altra parte del telefono. - Scusa di nuovo, ma devo andare: hanno aperto il gate. A presto, Daidara - si congedรฒ velocemente la donna. L'audio terminava cosรฌ.

Il dottore posรฒ il telefono. Nonostante le dolci parole di Kotone, ancora si sentiva male. La voce della donna assomigliava cosรฌ tanto a quella di Kibล che era impossibile, per lui, non singhiozzare fortemente ascoltando quelle parole. Piรน che speranza, lui vedeva disperazione. Orrore.
Ad un certo punto un singhiozzo piรน forte lo scosse da capo a piedi, e sentรฌ di dover sfogarsi apertamente. Urlรฒ finalmente a pieni polmoni, un urlo cosรฌ terribile da far rabbrividire chiunque l'avesse ascoltato. Si mise in ginocchio, allontanando la sedia da sรฉ, e poggiando il capo sul materasso, accanto al corpo immobile dell'astronoma.
- Kibล, Kibล... Kibล! - iniziรฒ a chiamare. Stava impazzendo? Era giร  impazzito? Era completamente disperato? Cosa... Cosa stava succedendo? Perchรฉ gli era successo tutto questo? Dategli una risposta...! Fate finire il dolore! Basta, basta! Smettetela... SMETTETELA! PERCHร‰ SOFFRIRE, PERCHร‰?! PIANTATELA!
- KIBลŒ! - gridรฒ ancora una volta, con voce stridula e graffiante. Basta soffrire... Ridategli Kibล... R-ridategliela viva... Ridategliela! RIDATEGLI KIBลŒ!!

Hold me now
I need to feel you
Show me how
To make it new again
There's no one I can run to
And nothing I could ever do
I'm nowhere if I'm here

I'm tired of running
And wrestling with these angels
I lay down
My life and I surrender

...
Crack.
Qualcosa si ruppe dentro di lui.
Era stato un suono secco, deciso, non voluto.
Doloroso, che faceva male.
Ma... Cosa si era rotto?
Quasi ingenuamente, Daidara si guardรฒ il petto. Non c'era nulla di strano. Quindi dov'era il problema?
Tornรฒ a guardare Kibล. Realizzรฒ poco dopo. Capรฌ.
E pianse amaramente, gridando insieme.
Sapeva cosa gli si era rotto.
Il cuore.
Era andato anche quello in mille pezzi.
Incapace di contenere tutto quel dolore, lo aveva riversato di fuori.
Ma era giร  troppo tardi: il male fisico e spirituale aveva straripato, scheggiando e spezzando il suo cuore.
Chi mai avrebbe potuto ricomporlo?
Era poi possibile ricomporlo?
Era un dottore, certo.
Ma un male cosรฌ non lo poteva curare nemmeno lui.
Lo lacerava da dentro. Aveva una crepa, un'enorme crepa nera, che nascondeva un orrendo buco nero.
Un buco nero che attraeva tutto.
Le sue emozioni, i suoi pensieri, la sua luce.
La sua speranza.
Stava venendo risucchiato dal proprio dolore.
Stava annegando e soffocando nell'ombra di sรฉ stesso.
Ma Daidara era giร  l'ombra di sรฉ stesso.
Non aveva piรน la sua luce, la sua speranza, il suo angelo. Il suo bellissimo angelo, che probabilmente ora era lassรน in paradiso a cantare con gli altri suoi simili. Giร  se l'immaginava: splendida, sorridente, lucente.
- Kibล, per favore, torna qui...! Sono stanco di combattere... Non voglio combattere con gli angeli per averti, รจ ovvio chi vincerร ... E-e io non ci riuscirรฒ... - singhiozzรฒ ancora, gli occhi azzurri ormai rossastri per il pianto. Era necessario soffrire cosรฌ tanto? Perchรฉ lui, perchรฉ lei? Perchรฉ?
Nemmeno una risposta sarebbe bastata. Era troppo poco: e l'unica cosa che poteva aiutarlo stava morendo. Stava scivolando via dalle sue mani. Si era impegnato troppo poco per tenerla a sรฉ? Era per questo motivo che veniva punito cosรฌ? No, no...! Aveva fatto di tutto per averla vicina, e secondo Kibล, a volte, faceva anche il non necessario. Quindi, perchรฉ?
- Se non potrai raggiungermi, allora ti raggiungerรฒ io... Verrรฒ anch'io in cielo, allora... M-ma dammi un segnale, ti prego, cosรฌ capirรฒ... - tentรฒ alla fine, sperando in un ennesimo segno. Qualsiasi cosa: uno schiaffo, un urlo, tutto. Kibล poteva anche insultarlo, ma a lui sarebbe andato bene: voleva dire che stava bene.
Invece...
...
Nulla.
Daidara guardรฒ ancora la ragazza e, per l'ennesima volta, gridรฒ.
Sentiva i polmoni in fiamme. Non ce la faceva piรน.
Quel fuoco lo consumava da troppo tempo.
Era stanco, stanco di tutto.
Non poteva andare avanti senza di lei.
Non poteva.
Come poteva?
Neanche una settimana riusciva a resistere.
Figurarsi una vita intera.
No, era troppo.
Si alzรฒ, tremante, e raggiunse la borsa. Rovistรฒ freneticamente, e prese una manciata di pastiglie. Tornรฒ al calvario di lei e le riprese la mano.
- Se... Se entro fine giornata non vivrai piรน... A-allora verrรฒ io da te! - asserรฌ singhiozzando, guardando prima le medicine e poi Kibล, in lacrime. Perchรฉ era cosรฌ crudele? Perchรฉ voleva farlo soffrire?
Che speranza gli stava dando?
Una fasulla?
Era una presa in giro?
Lo stava trascinando alla disperazione.
Altro che "kibล"...
- Ti prego, Kibล... Stringimi la mano, picchiami, fa' qualcosa... - la supplicรฒ ancora, la voce rotta e roca.
- Amore mio... Ti prego... Salvati... Salvami... -
Iniziava a dire parole sconnesse. Cosa stava succedendo? Perchรฉ? Kibล poteva salvarlo? E da cosa? Ma poi, perchรฉ salvarlo se lo stava facendo soffrire? Non l'amava piรน? E... P-perchรฉ? Non... Non voleva piรน stare con lui...?
- Ti amo... Tu mi ami? Perchรฉ mi fai soffrire...? Ti amo troppo... -

Hold me now
I need to feel you
Show me how
To make it new again
There's no one I can run to
And nothing I could ever do

Hold me now
I need to feel you
Show me how
To make it new again
There's no one I can run to
And nothing I could ever do
I'm nowhere if I'm here
Without you

Chinato sul corpo di lei, la fronte che toccava il materasso, una manciata di pillole nella mano e l'altra che scuoteva quella dell'astronoma, Daidara consumava apertamente tutto il suo dramma. Un dramma umanissimo che molti avrebbero visto come una struggente favola d'amore, quando invece era la cruda e straziante realtร . Basta, cosรฌ era troppo. Aveva capito fino in fondo che Kibล l'aveva abbandonato perchรฉ non voleva piรน stare con lui. Ma una settimana prima era cosรฌ contenta di incontrarlo... E se il suo incidente fosse stata tutta una macchinazione per poi lasciarlo cosรฌ? Si sarebbe spiegato il perchรฉ tutta la folla lo ignorava. Per impedirgli di starle vicino e, invece, seguire l'ordine della giovane. Ma perchรฉ finire in coma pur di allontanarlo? Forse... Forse era talmente stufa di lui che avrebbe preferito una probabile morte rispetto al doverlo vedere tutti i giorni?
Aveva preferito tentare di togliersi la vita rispetto al doverlo incrociare ancora per strada?
Faceva... Daidara faceva cosรฌ schifo? Probabilmente sรฌ, stando alle conclusioni che aveva raggiunto. Se solo qualcuno fosse entrato nella stanza, se solo un esterno avesse compartecipato al calvario del dottore, forse a quell'ora Daidara non sarebbe stato vittima del panico e non si sarebbe addossato colpe che non aveva.
La fragilitร  umana risiede proprio nel ritenere di essere colpevoli di qualcosa che non si รจ. รˆ da qui che parte il crollo mentale: il castello di carte costruito fino a quel momento sembrava resistere, nonostante le innumerevoli possibilitร  di cadere, crollava una carta alla volta. Una veniva strappata dal vento e, a causa dell'effetto domino, ogni carta ricadeva su sรฉ stessa, crollando su quella sottostante fino a distruggere le basi del castello stesso. Daidara si sentiva cosรฌ: il suo castello di carte era completamente sfasciato, giaceva a terra e nessuno poteva ricomporlo. Nessuno. Daidara... Era morto. La sua anima era morta. Perchรฉ continuare a vivere, a nutrire e a soddisfare i bisogni di un guscio vuoto e inutile?
- รˆ-รจ deciso, allora. -
Alzรฒ leggermente la testa, per poi guardare la propria mano. Quelle pastiglie cosรฌ colorate non erano mai state cosรฌ invitanti e allettanti come allora. Quindi sรฌ, aveva deciso di morire. Che senso aveva vivere, dopo tutta quella distruzione? Il suo mondo era ridotto in macerie da tanto tempo, e lui non l'aveva mai realizzato fino ad allora. Nulla aveva piรน senso. Nemmeno la paura della morte. Anzi, forse la vita dell'aldilร  sarebbe stata meno dolorosa di questa. E nel peggiore dei casi, sarebbe solamente finito in coma anche lui. Ma almeno non doveva piรน soffrire.
- Lo faccio per te... A causa tua... Meriti di vedermi soffrire, sono stato pessimo... Mi stai uccidendo tu stessa, smettila... - Profondamente combattuto tra amore e odio, con la sola rassegnazione a portarlo verso la strada definita.
Addio.
Addio a tutti i colleghi dottori, addio alla sua famiglia. Addio a Kotone, addio a Kibล.
Addio a Daidara. Addio a sรฉ stesso.
Addio.
Addio.
- A mai piรน... A mai piรน. -.
Portรฒ la mano alla bocca, vi fece scorrere dentro le pastiglie. Le tenne in bocca ancora un po'.
Era finita.
Il dolore finiva lรฌ.
Basta soffrire.
Basta.
Basta.
Finalmente... Libertร .
Si concentrรฒ.
Era la fine di tutto.
Era ora di morire.
Ingoia quelle pastiglie, Daidara.
Sรฌ, ora le ingoio.
Fece per mandarle giรน tutte in un colpo. E proprio mentre lo stava facendo, proprio mentre si stava uccidendo, quel secondo si dilatรฒ nel tempo come fosse un elastico.
Il cuore di Daidara sobbalzรฒ, perse un battito. Aprรฌ gli occhi violentemente, e guardรฒ sotto di sรฉ.
Rimpianse di aver inghiottito le pastiglie.
Non si mosse da lรฌ
Urlรฒ a pieni polmoni due comandi.

"Lavanda gastrica".
"Un dottore".

In uno spasmo improvviso, seguito da altri piรน brevi, Kibล gli aveva stretto la mano.

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