12 - Your Sweet Torment

"Io avevo solo la spietata e dolce voglia di rivedere quegli occhi e tenerli ancora un po' con me"

- Charles Bukowski

𝐒 𝐇 𝐀 𝐍 𝐄

Certe volte mi domando: ma chi cazzo me l'ha fatto fare? E no, non sto parlando di Dimitri e del mio debito, ma del progetto a cui sto lavorando da un po' di tempo.

Ovviamente, cosa sarebbe un hotel prossimo all'apertura senza alcun intoppo da dover risolvere? Jason, il supervisore dei lavori, mi sta tenendo al telefono da esattamente un'ora e quarantasette minuti e mi ha fatto venire l'emicrania.

Me ne sto spalmato sul divano, con un braccio dietro la testa e il cellulare poggiato all'orecchio, mentre la voce di Jason non fa altro che lamentarsi.

«Non so se riusciremo ad aprire per la data prevista, Shane», mi dice.

Inumidisco le labbra secche. «Ci riusciremo», rispondo con convinzione. Il giorno di apertura deve essere quello, anche se dovessi mettermi a lavorare io di notte.

«Shane, rifletti, manca poco più di un mese e mezzo e dobbiamo ancora sistemare tante cose», prova a convincermi.

Scuoto la testa, anche se so che non può vedermi. «Jason, abbi fede. Ti dico che ce la faremo, okay?»

Lo sento sbuffare all'altro capo del telefono. Sì, questo è l'effetto che faccio. «D'accordo. Ma se non sarà così, io sarò pronto a dirti: "te l'avevo detto!"», ribatte, drammatico.

Alzo gli occhi al cielo. «Fidati, non succederà. Adesso ti lascio, ho da fare. Ciao, Jason», saluto e riattacco.

Lancio il cellulare all'altro capo del divano e, stiracchiandomi, mi passo le mani sul viso. Basta, non voglio più vedere quell'aggeggio per il resto della giornata.

Mi domando quand'è stato che la mia vita ha subito questa svolta, passando dal puro divertimento allo stress e al mal di testa. Non dovrebbe essere la fase che segue la nascita del primo figlio?

Mentalmente, traccio una mappa di quella che è la mia vita:

1)Ho un conto in sospeso con Dimitri Romanov, capo di un clan russo;

2)L'hotel che dovrei aprire a breve potrebbe non aprire a breve;

3)Desidero una ragazza che non mi considera;

4)Ho bisogno di scopare.

Mi lascio andare ad un sospiro frustrato. Che razza di casino, penso. E il peggio è che risolvere questi problemi non spetta me. Devo solo aspettare.

Aspettare che Dimitri mi chiami.

Aspettare che le persone competenti svolgano il loro lavoro.

Aspettare che lei se ne vada dalla mia testa, ed è la stessa fottuta cosa per l'ultimo punto. Perché ci ho provato - Dio, se ci ho provato - ma quella ragazza è peggio di una droga.

Quindi sì, non posso fare nulla se non rigirarmi i pollici.
Che. Cazzo.

Il mio stomaco brontola, segno che è ora di fare uno spuntino. Mi alzo e recupero dai mobili e dal frigo gli ingredienti per farmi un sandwich.

Fisso a lungo la parete bianca che ho di fronte e noto che lo spazio tra la porta e il balcone è troppo spoglia. Mi appunto di cercare qualche quadro con cui riempirla.

La dannata suoneria del cellulare riempie il silenzio in cui versa il mio loft.

Vaffanculo, squilla quanto ti pare, mi dico, ignorandolo. Apro una lattina di gassosa e la trangugio quasi per metà in un solo sorso.

Finalmente il telefono smette di suonare, ma non ho il tempo di godermi la pace perché riprende nuovamente. Una seconda, una terza e una quarta volta, finché non abbandono il mio panino e decido di rispondere.

«Tu non dovresti essere a seguire le lezioni sulle cellule, su come dissezionare organi o cose così?», domando io.

«Infatti sono in pausa bagno», m'informa Amy. «Perché mi stai ignorando dall'altro giorno?», vuole sapere.

Gli risponderei anche se non sembrassi poi uno stupido, anche se lei è fin troppo perspicace e ci arriva da sola al motivo. «Se si tratta della faccenda di Cat, io non volevo mettere il dito nella piaga, scusami. Non volevo assolutamente darti fastidio. Credevo solo-»

Una mezza risata mi esce dalle labbra. «Ehi, rallenta», la blocco. «Quello che dovrebbe chiedere scusa sono io. Prima sono piombato da te e Brett senza preavviso e poi vi ho sbattuto la porta in faccia»

Già, proprio una bella persona.

La sua voce torna a essere calma. «Non volevo insistere»

Scrollo le spalle, anche se non mi può vedere. «Fa nulla»

«Lo sai che, se serve, io ci sono?»

Alzo l'angolo delle labbra. «Certo»

Brett ed Emily sono stati sempre i miei pilastri portanti ed è grazie a loro se sono migliore di quanto mai potrò essere sotto certi punti di vista. Amy, invece, è una boccata d'aria fresca. Lei non è la ragione, ma le emozioni. Non giudica ciò che fai e non pretende nulla da nessuno, ma cerca di vedere il buono ovunque. Anche nel marcio.

«Ehi, quanto può durare la tua pausa bagno?», le domando.

«Almeno un'oretta. Mi sono anticipata già buona parte di ciò che il professore spiegherà oggi», mi spiega. «Come mai? Vuoi dirmi qualcosa per caso?»

Mi appoggio con la spalla al muro, rivolto verso la finestra, con Manhattan che brulica di vita sotto i miei occhi. Mordicchio l'interno guancia, incoraggiando me stesso a parlarle. «Descrivimi con tre aggettivi positivi»
Ogni tanto serve a tutti una botta di autostima.

«Emh, okay...?», mormora, confusa. «Be', direi... divertente, determinato ed empatico»

«Mhmh, non male», commento. Sono sicuro che Cat avrebbe detto l'esatto opposto. Sento la sua voce da so-tutto-io nelle orecchie che elenca tutti i sinonimi esistenti di "inaffidabile" e "coglione".

«Dai, ti libero, non voglio farti perdere altro tempo»

Dall'altro capo del telefono mi arriva un pesante sbuffo. «E tornare in classe a sorbirmi Wren che parlerà per la prossima mezz'ora della sua accurata ricerca sulle cellule staminali? Anche no, grazie!», esclama, in tono piatto. «Stamattina, poi, è venuto anche a sbattermi in faccia il fatto che uscirà con Cat. Io ti giuro, non riesco proprio a sopportarlo!»

«Uscirà con Cat?». Vorrei mordermi la lingua, ma le parole non vengono filtrate prima dal cervello.

«Sì», risponde secca. E anche irritata, aggiungerei. «Fra otto miliardi di persone, ha preso quel gambero»

Contraggo la mascella e tento di scacciare il mostriciattolo che mi si agita nello stomaco. Quindi, alla fine, Waylon l'ha fatto sul serio: l'ha invitata ad uscire.

Fortunato stronzo.

«Pensa: la porterà in un ristorante a cinque stelle. Mi pare si chiami River Cafè, dovrebbe trovarsi sotto il ponte di Brooklyn», mi informa.

Non dovrebbe proprio dirmele queste cose, perché la tentazione è forte.

Dovrei resistere e non intromettermi, ma la immagino lì, con quel sorriso che mi fa perdere ogni briciolo di buon senso, mentre lui le versa il vino come se fosse il protagonista di una pubblicità da due soldi. Magari le racconterà qualche aneddoto brillante, qualcosa che la farà ridere.

Cazzo, no.

«Shane? Ci sei?» La voce di Amy mi riporta alla realtà, anche se è una realtà che non voglio affrontare.

«Sì, scusa», rispondo, cercando di mascherare il fastidio che mi brucia nel petto. Quando penso che al peggio non c'è mai fine, ecco che cosa succede. Non è nemmeno mezzogiorno e la giornata ha già preso la piega sbagliata. Mi domando se l'universo ce l'abbia con me per qualche ragione.

O magari è solo una punizione divina per tutte le mie scelte di merda. In ogni caso, vorrei tanto che qualcuno mi desse una botta in testa, giusto abbastanza forte da farmi finire in coma per un paio di settimane.

«Ehm, Amy, ho un'altra chiamata in arrivo», mento. Non vorrei, ma ora sono di malumore.

«Oh, va bene», risponde. «Allora ci sentiamo»

«Sì. Ciao»
Il bip che mi attraversa i timpani indica che la chiamata è conclusa, per cui lancio nuovamente il cellulare sul divano.

Mi sento estremamente ridicolo. Che diritto ho io di essere geloso?

La voglio? Eccome. Ma non basta questo. La mia vita è un casino, io sono un casino. Cosa potrei mai darle di buono?

Maledico Amy, perché ora non farò altro che pensarci tutto il giorno e, come un coglione, me ne starò a ripiegare tutta la mia frustrazione contro un sacco da boxe.

Mordicchio l'interno guancia mentre un'idea mi balena nella testa.

Forse dovrei uscire anche io con una ragazza. Insomma, tentar non nuoce, no? E ho anche in mente la persona giusta a cui chiederlo.

༄.☆*

Sono tante cose io. Carismatico, attraente, divertente, competitivo, socievole... Potrei stare qui a tessere le mie lodi all'infinito, ma sarebbe ingiusto non ammettere che, come tutti, ho anche i miei difetti. I più evidenti? Una rabbia costante verso il mondo e una scarsa resistenza alle tentazioni.

Anch'io ho un appuntamento stasera e sono in anticipo di circa mezz'ora. La mia dama mi ha detto che, siccome lavorava in zona, non c'era bisogno che l'andassi a prendere e che quindi ci saremmo visti direttamente al locale.

Devo ammetterlo, questo posto è davvero perfetto. Elegante, sembra uscito da un film, magari Titanic, con la sua atmosfera da "cena a lume di candela". Fuori è buio, ma oltre le ampie vetrate il panorama è nitido e mozzafiato. Il locale si affaccia sull'East River, e dall'altra parte si staglia l'iconico skyline di New York. Il cielo, di un blu intenso, fa da sfondo a una danza di palazzi dalle forme e altezze diverse, le cui finestre brillano come stelle.

Una risata familiare, cristallina, mi arriva alle orecchie e attira tutta la mia attenzione. Mi volto verso la direzione da cui proviene e, qualche secondo dopo, una ragazza e un ragazzo mettono piede nella stanza. I miei occhi, però, sono focalizzati interamente su di lei. La maglietta nera, del medesimo colore della gonna, le lascia una porzione di pancia scoperta e la scollatura fine mette in risalto le curve con naturalezza. Il trench si confonde con i capelli, della stessa tonalità di castano, e sul viso appena truccato spiccano un paio di labbra rosate e due occhi verde scuro, incorniciati dall'eyeliner.

Deglutisco a vuoto come un'idiota, come se non avessi mai visto una donna in vita mia.

Di certo non così bella, sostiene la vocina nella mia testa. Vorrei darle torto, maledirla, ma in questo momento sono troppo concentrato a guardarla anche solo per rifilare una stupida bugia a me stesso.

Stringo i pugni nel notare la mano di Waylon posata alla base della sua schiena, troppo in basso per i miei gusti.

Quando lo sguardo di Caitlyn si posa sulla mia figura, si ammutolisce e si pietrifica sul posto. Waylon anche se ne accorge e nei loro volti leggo una confusione che mi conferma quanto inaspettata sia la mia presenza.

Fingendo che sia un puro caso, mi avvicino a loro con nonchalance. «Ma com'è piccolo il mondo!», esclamo, sogghignando.

Oh sì, e com'è larga la bocca di Amy, aggiungerei.

«Ehi, amico...», borbotta Wren, ancora sotto shock.

Caitlyn, invece, mi analizza dalla testa ai piedi con uno sguardo incredulo, come se volesse assicurarsi che non sia un'allucinazione. «E tu che cosa ci fai qui?» mi chiede, con evidente irritazione.

Infilo le mani nelle tasche dei jeans e scrollo le spalle con indifferenza. «Devo vedermi con una ragazza», rispondo con semplicità.

Il suo sguardo si affila. «Una ragazza?» ripete, scettica.

Arcuo un sopracciglio, lasciandomi andare alla mia solita ironia. «Vuoi il disegnino?» ribatto, consapevole di starla innervosendo ancora di più. Ma è più forte di me, non riesco a trattenermi.

Un cameriere arriva ad accogliere i nuovi clienti, ma Caitlyn si volta verso Waylon e gli dice di avviarsi, promettendogli che lo raggiungerà a breve.

Alzo gli occhi al cielo. Vomitevole.

Il damerino in Ralph Lauren si allontana verso il tavolo e lascia me e Cat da soli all'ingresso.

Lei mi fulmina con un'occhiata torva. «Lo hai fatto a posta, vero?» mi attacca immediatamente, senza nemmeno lasciarmi il beneficio del dubbio.

Sorrido, sollevando appena un angolo della bocca. «Ritira gli artigli, gattina» ribatto con tono disinvolto, fingendo che non abbia colto nel segno.
Ma lei questo non lo sa, quindi...
«Internet ce l'abbiamo tutti, e questo è uno dei posti migliori per portare a cena qualcuno,» mi difendo.

«Ah sì?» incalza, incrociando le braccia al petto, sotto al seno, risaltando particolarmente il décolleté. «E questa fantomatica ragazza dov'è esattamente? Sta indossando il mantello dell'invisibilità, per caso?».

Schiocco la lingua contro il palato. «Gelosa, Thomas?»

Le sue sopracciglia si alzano di scatto, come se avessi appena pronunciato un'assurdità. Si indica con un dito, con uno sguardo di finta incredulità. «Gelosa io? Di te e della tua ragazza magica?», si beffa lei. «Vivi nel mondo delle fate, Foster, lasciatelo dire»

E anche se lo dice senza problemi, come se fosse la sua più solida convinzione, io ci spero almeno un pochino.

«Shane!». Una terza voce, vellutata e gentile, segna la fine della conversazione tra me e Cat. Entrambi puntiamo gli occhi sulla figura che ha appena varcato la soglia del River Cafè e che si accinge a venire verso di noi. O, meglio, verso di me.

Pelle dorata, capelli lunghi e lisci color nocciola, gambe avvolte da un paio di jeans larghi, sotto i quali s'intravedono le punte dei tacchi. Sorride, mettendo in risalto gli zigomi e la dentatura perfetta.

«Sono riuscita a liberarmi prima!», mi informa, affiancandomi. «Oh, ho interrotto qualcosa?».

Cat non perde tempo e lancia alla nuova arrivata un'occhiata rapida e la sua espressione cambia visibilmente sotto il mio sguardo compiaciuto. La sua mascella si tende e perde un po' della spavalderia che ostentava fina a due minuti fa.

Mi schiarisco la gola e appoggio una mano sulla spalla della mia accompagnatrice. «No, no, nulla di importante. Ines, questa è Caitlyn, una mia... amica», la presento. «Cat, lei è Ines».

Ines, impeccabile come sempre, le tende la mano con un sorriso educato. «Piacere di conoscerti, Caitlyn.»

Cat, nonostante un attimo di esitazione, risponde al gesto. La sua stretta è rapida, quasi meccanica, e il suo sorriso è tirato. Ha l'aria di una che preferirebbe fare qualsiasi altra cosa, tipo lavare i pavimenti di un autogrill.

«Be', credo che sia il caso di prendere posto, no?», chiedo, rivolto a Ines.

«Oh, sì, ti scongiuro. È da pranzo che non metto nulla nello stomaco».

Faccio un cenno al cameriere, che si avvicina prontamente per scortarci al nostro tavolo. Ines mi segue con passo leggero, il tacco dei suoi stivali che risuona appena sul pavimento lucido, e attira la maggior parte degli sguardi dei clienti su di sé.

Io, però, presto più attenzione alla mora che ci cammina davanti e che si accomoda proprio davanti a Waylon. Lui le sorride radioso mentre le porge il menù, tutto gentilezza e buone maniere.

Io e Ines prendiamo posto a un tavolo di distanza dal loro. Abbastanza vicini da non perdermi nulla, ma abbastanza lontani da non rendere la cosa troppo ovvia.

Ines è dallo stesso lato di Cat, io da quello di Wren, motivo per cui i suoi occhi verdi incontrano i miei in un duello dei nostri.

"Insopportabile", mi comunica con lo sguardo. In tutta risposta, le rifilo un occhiolino tattico.

«È stata una giornata infernale», mormora Ines, lasciandosi andare contro lo schienale della sedia, esausta. «Cosa prendi?» mi chiede, mentre sfoglia il menù con aria distratta.

«Mmh, sto pensando a una bistecca. Piuttosto, cosa ti è successo oggi?», domando, sinceramente interessato.

Il pensiero mi riporta al palazzo fatiscente in cui vive e alla sera che ha dovuto trascorrere al casinò, seduta in braccio a quel disgustoso vecchio con il triplo dei suoi anni. L'idea di tutto ciò mi irrita ancora.

Ines si mordicchia il labbro inferiore, poi si lascia andare a un sospiro. «Al lavoro sono mancate due colleghe, entrambe in turno con me. Risultato? Sono rimasta sola a gestire tutto il negozio. Sai cosa significa correre avanti e indietro tra la vetrina, la cassa e i camerini?»

Scuoto la testa mentre bevo un sorso d'acqua.

Lei alza gli occhi al cielo, esasperata. «Significa che dopo due ore di 'Signorina!' da un lato e 'Signorina!' dall'altro, ho iniziato a sperare di scivolare sul pavimento per finire in pronto soccorso. Almeno lì mi avrebbero lasciato in pace.»

Un sorriso mi sfugge. «Ci sono passato anch'io,» dico. Quando lo stress raggiunge certi livelli, sogni solo che la tortura finisca in fretta, non importa come.

A questo proposito, mi balena in mente una proposta che potrei farle, ma non è il momento di discuterne. Decido che ne parlerò dopo, in macchina, quando l'accompagnerò a casa.

Mi concedo un secondo, uno solo, per sbirciare oltre il tavolo vacante che mi separa da una ragazza in particolare.

La scena che mi si para davanti ha un che di irritante. Lei e Waylon sembrano in perfetta sintonia, ridono e si scambiano battute con una naturalezza che mi manda in tilt il cervello. D'un tratto si fa largo dentro di me il bisogno di sapere di cosa stiano parlando.

'Fanculo.

Afferro il bicchiere di vetro, stringendolo con più forza del dovuto, e trangugio l'acqua che resta al suo interno, sperando che possa spegnere il qualsiasi cosa mi stia incendiando lo stomaco.

Il cameriere arriva al nostro tavolo con il suo bloc-notes, pronto a prendere le ordinazioni. Mentre Ines gli rivolge una domanda su un piatto, le mie orecchie colgono frammenti di conversazione provenienti dalla bocca di Cat.

«Perché l'indiano è venuto in completo elegante se doveva farsi una visita cardiologica da tuo padre?», la sento chiedere, curiosa.

Waylon scrolla le spalle. «Boh, forse voleva fare il fico d'India»

Eh? Ho sentito bene? Doveva essere una battuta quella? No, perché nel caso sia così, be', il ragazzo ha fatto un grosso buco nell'acqua. Perfino Cat è rimasta a corto di parole, ma abbozza ugualmente un piccolo sorriso e finge di essere divertita.

Il cameriere si allontana, e io mi piego leggermente verso Ines per raccontarle quello che ho appena sentito. Lei, però, non può trattenere una risatina. Non tanto per la battuta - che francamente fa pena - ma per il coraggio che ha avuto qualcuno nel pronunciarla.

«Ma dove le trovate queste battute da quattro soldi?», domanda lei.

«Ehi, io non sono così», mi difendo, facendo finta di offendermi. «Sono mille volte più simpatico». E bello, se proprio vogliamo dirlo. I suoi capelli sono così pieni di gel che somiglia a Draco Malfoy nei suoi anni da bulletto del secondo anno.

Ines punta i gomiti sul tavolo e posa il mento sulle mani intrecciate, fissandomi con un'aria di curiosità disarmante. «Allora, è lei quella che ti piace?», mi chiede d'improvviso, senza preamboli, facendo la domanda con una tale naturalezza che mi lascia spiazzato.

Boccheggio, non sapendo cosa dirle. Il primo istinto è quello di negare, ma qualcosa dentro di me lo impedisce. «Io e lei siamo solo...»

«Amici?», tenta, anche se quella non le sembra la parola corretta. Poi sorride, complice. «Guarda che me lo puoi dire, eh. Tanto a me piacciono le ragazze», aggiunge con un'aria del tutto disinvolta, come se stesse parlando di una cosa qualunque.

Mi lascia a bocca aperta per la seconda volta nell'arco di un minuto. «Ti piacciono... ma mi hai anche baciato», le ricordo, leggermente confuso.

Si stringe nelle spalle. «Era per ringraziarti dell'aiuto. Infatti, quando mi hai chiamata stamattina, ero un po' riluttante e non volevo farti montare castelli per aria, ma non mi piaceva l'idea di dovertelo dire così, per telefono», mi racconta. «Ma a quanto pare nemmeno io ti piaccio, quindi è tutto a posto»

«Non volevo usarti per farla ingelosire», dichiaro a bassa voce, per non lasciare che queste parole arrivino giungano all'orecchio della diretta interessata. «Lo giuro, non sono così stronzo. Volevo solo...»

Mi interrompo e rifletto. Già, che voglio? Perché sono qui? Perché sono un'egoista e speravo che vedendomi avrebbe preferito me al posto del dottore, forse. Ma chi lo sa cosa mi è passato per l'anticamera del cervello quando ho ben pensato di piombare qui.

Mi passo una mano tra i riccioli distrattamente, intrappolato in un groviglio di emozioni che non capisco più.

Una mano si posa delicatamente sulla mia e due occhi castani mi scrutano comprensivi. «Shane, va bene così», mi dice. «Spiegare ciò che provi è ciò che di più arduo l'uomo riesca a fare. Credimi, ne so qualcosa»

Percepisco una nota amara nel modo in cui pronuncia quelle parole e mi viene spontaneo chiederle: «Anche per te ci sono conflitti di cuore?»

Si limita ad annuire, ma c'è un'ombra negli occhi che tradisce più di quanto le sue parole stiano dicendo. «La mia situazione è un po' più complicata della tua, però», mi confessa, senza entrare nei dettagli.

Prende la bottiglia di vino dal secchiello del ghiaccio e ne versa un po' in entrambi i calici. Poi solleva il bicchiere, come a voler fare un brindisi e alza l'angolo delle labbra, ma è un sorriso d'incoraggiamento, quello che mi rivolge. «Ai nostri amori difficili», sentenzia con la sua voce morbida. Mi scocca un occhiolino. «Che un giorno riusciremo a conquistare»

La sua calma è contagiosa, e in qualche modo mi ritrovo a distendere le labbra in un piccolo sorriso e faccio tintinnare il mio bicchiere con il suo.

༄.☆*

«È impossibile», dichiaro, colpito da ciò che Ines mi ha appena raccontato. «Tu eri la classica ragazza acqua e sapone con gli occhiali e l'apparecchio alle superiori? Ma ti sei guardata?»

Lei, appena un po' brilla e con le gote accese dal vino, ride sommessamente. «Grazie del complimento, ma sì, ero proprio io», ammette, scrollando le spalle con un sorriso che cerca di celare un'ombra di tristezza. «Mio padre riusciva a malapena a guadagnare il necessario per il cibo e le bollette. E non doveva pensare solo a me, ma anche ai miei fratelli.»

La malinconia sembra posarsi per un istante su di lei, ma poi, come per scacciare qualsiasi pensiero grigio, scola le ultime gocce di vino dal bicchiere. La bottiglia è vuota, i piatti ripuliti. Il cameriere si avvicina per raccoglierli e lasciare il conto. Gli porgo la carta di credito senza pensarci troppo, mentre con la coda dell'occhio colgo ogni minimo gesto della mora seduta a un tavolo poco distante dal mio. Scompare dietro l'angolo del corridoio che porta alla toilette.

Mi schiarisco la voce e mi alzo. «Ehi», dico rivolgendomi a Ines. «Torno subito, vado al bagno.»

Lei aggrotta un sopracciglio e passa lo sguardo da me alla sedia vuota che ha lasciato Cat. «Giusto per ricordartelo», ribatte con un sorriso malizioso. «Entrare nel bagno delle donne è una violazione della privacy.»

«Non ti preoccupare; James Bond è il mio nome in codice», scherzo, fingendo di sistemare i polsini della camicia aperta.

Ines scuote la testa ridendo. La sorpasso e mi allontano, attraversando la sala con apparente nonchalance, ma ogni passo è carico di un sottile nervosismo.

Che diavolo stia facendo, be', non mi è dato saperlo.

Il corridoio che conduce ai bagni è avvolto da un silenzio ovattato, distante dal brusio delle conversazioni e dal tintinnio dei bicchieri nella sala principale. Mi fermo per un istante davanti alle porte leggermente socchiuse.

Alla mia destra, la toilette femminile. Attraverso l'apertura intravedo Cat, concentrata mentre si sciacqua le mani sotto il getto d'acqua del lavandino.

Tentenno solo per un breve istante, dopodiché la mia impulsività prende il sopravvento. M'infilo nel bagno e mi appoggio alla porta, ruotando poi la chiave nella toppa.

Cat scatta indietro. Quando si accorge che sono io, indurisce i tratti del viso e mi lancia un'occhiata confusa. «Scherzi? Perfino in bagno?», s'interroga. Percepisco una nota di fastidio nel tono che ha appena usato.

«Sono un dolce tormento, Kitty Cat», ribatto, sogghignando.

«Il mio tormento personale, a quanto pare», dice. Sbuffa e punta le mani sui fianchi. «Questa tua intrusione nel bagno delle donne ha un motivo?», la butta lì, inclinando appena il capo. «Come mai non sei con la tua top model? Ha capito lei che sei troppo idiota o sei tu che hai perso i modi di approcciare? Mi stupisce che non abbiate interrotto la cena a metà per andarvene a scopare»

Il suo sarcasmo è tagliente, eppure non riesco a smettere di guardarla. Mi stacco dalla porta con calma, avanzando verso di lei con un passo lento, misurato.

Scocco la lingua contro il palato. «Informazione di servizio, tesoro: si può scopare a ogni ora del giorno». Infilo le mani nelle tasche. «Chi ti dice che noi non lo abbiamo fatto prima di venire qui?»

«Sei uno sbruffone del cazzo», spara lei, inacidita.

Mi poso una mano sul petto con fare teatrale. «Meglio di essere dei fichi d'India», ribatto, prendendola in giro.

Per un attimo rimane interdetta, le labbra appena dischiuse. «Origliavi la nostra conversazione?», domanda con fervore. Tra poco le esce il fumo dalle orecchie, come le locomotive a vapore.

«A meno che tu non te ne sia accorta, siamo a un tavolo di distanza e, purtroppo, non ho potuto far a meno di sentire la sua battuta squallida», metto le mani avanti.

Certo, non avrò ascoltato per intero ciò che si sono detti, ma non ho perso di vista nemmeno un singolo movimento che ha fatto lei. Il modo in cui ha arricciato la bocca e il naso, i sorrisi che ha sfoderato, i denti che, di tanto in tanto, mordicchiavano il labbro...

I miei occhi scivolano inevitabilmente lì, e poi si spostano, quasi senza volerlo, lungo la linea del suo collo, seguendo il profilo delicato che si perde nel punto dove il petto inizia a sollevarsi al ritmo del suo respiro. Con tutta la forza di volontà che possiedo, mi costringo a fermarmi. Ma quando riporto l'attenzione sul suo viso, noto che anche lei esita, alternando lo sguardo tra i miei occhi e la mia bocca.

Un'ondata di calore improvvisa mi investe, propagandosi lungo ogni fibra del mio corpo. La gola si secca, e per un istante mi sembra che l'aria intorno a noi sia diventata più densa, quasi irrespirabile.

Le mie mani, come magneti, desiderano solo una cosa. Attratte da una forza maggiore, oscillano verso le sue, ma le sfiorano appena, perché la suoneria del mio cellulare spezza l'atmosfera che si era creata.

Come se fosse rinsavita, Cat indietreggia di un passo e mette distanza fra noi. Io, invece, digrigno i denti mentre maledico il fottuto aggeggio che sta vibrando nella mia tasca. Con un gesto brusco, lo sfilo e abbasso lo sguardo sul display.

«Dimmi», rispondo, senza preoccuparmi dei convenevoli.

All'altro capo del telefono, una voce dura e perentoria inizia a parlare. Le parole si susseguono e, serrando la mascella, impreco tra me e me.

Porca puttana.

Spazio Autrice

Salve gente!
Scusate la lunga attesa, ma l'importante è finire. Vi auguro un buon ultimo mese di questo 2024 e vi ringrazio come sempre di leggere le mie storie❤️

Spero che vi sia piaciuto il capitolo e giuro che il seguito sarà moooolto appagante💃

Un bacio e alla prossima!

IG: rose.miller___

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top