10 - Not enough

"Il primo giorno che ti ho vista qualcosa in me si è spaccato. Dicono che accada quando due anime sono predestinate"

- Donne, Charles Bukowski.

𝐒 𝐇 𝐀 𝐍 𝐄

L'aria che si respira a Central Park è tutt'altra cosa. È un pezzo di New York - peraltro il centro di Manhattan -, ma è incredibile il fatto che appare come un mondo totalmente a parte.

Sono le nove del mattino e non c'è ancora troppa gente. Il freddo pungente di ottobre comincia a farsi sentire, soprattutto quando si scontra con la pelle sudata delle mie braccia.

Sono qui a correre già da mezz'ora e non vedo l'ora di tornare nel mio appartamento per farmi una lunga doccia calda.

Devo smettere di pensare.
Di pensare a lei. A quello sguardo, dolce e sexy allo stesso tempo. E a quelle labbra, dalle quali mi ritrovo sempre ad un soffio di distanza e che fanno vacillare il mio autocontrollo.

Serro la mascella e accelero il passo. Mi chiedo perché cazzo è un chiodo fisso nella mia testa.

Dio, è da quando la conosco che l'unica cosa che facciamo è battibeccare. Lei è quel tipo di persona che non posso far a meno di punzecchiare, perché so che avrebbe da controbattere e mi piace da matti vedere fin dove riesco a spingere la sua pazienza. Sin dal primo momento, tra noi è sempre stato così.

Mi spunta un sorriso quando affiora il ricordo.

Il White Firs Summer Camp è in pieno fermento siccome è il giorno degli arrivi e c'è un sacco di gente.

Io sono qui già da un paio d'ore e ho già disfatto le valigie. Non avendo nulla di meglio da fare, opto per andare a farmi un giro. Trovo posto sul ramo di un albero dal tronco basso e ammazzo il tempo osservando la gente che va e viene. A dire il vero, sono in attesa dell'arrivo di una persona: Sarah Hastings, colei che ho baciato l'estate scorsa nonché ragazza per cui ho una piccola cotta. Mentre sono alla ricerca della sua chioma bionda, un suono particolare attira la mia attenzione. Si tratta di un miagolio.

Abbasso lo sguardo e noto questa palla di pelo che gira intorno all'albero. "Un gatto?", penso subito. Siamo circondati da una foresta di abeti bianchi, com'è possibile che ci sia un gatto nei paraggi?

Con un balzo atterro giù e mi chino alla sua altezza. È un micetto, ancora piccolo, dal pelo grigio e gli occhioni di un verde scintillante. Allungo una mano per accarezzarlo in mezzo alla testolina.

«E tu che ci fai qui?», gli domando retoricamente. Ovviamente so che non può rispondermi. La cosa migliore da fare sarebbe portarlo a Josie, il capo dello staff, perché di certo non posso tenerlo io e ha bisogno di attenzioni.

Continua a miagolare e si alza su due zampe, poggiando le altre due sulle mie ginocchia. «Cos'è? Vuoi salire in braccio?», ipotizzo, divertito.

Drizzo le orecchie quando mi arriva forte e chiara una voce in lontananza. «Felix! Dove sei finito?»

Guardo il micetto che si è accoccolato fra le mie braccia. "Felix?", mi dico. Che sia quello il suo nome?

Mi tiro in piedi e, nel voltarmi, mi ritrovo faccia a faccia con una ragazzina che non ho mai visto prima d'ora. Ha lunghi capelli castani e scuri, una manciata di lentiggini sul naso e un paio di occhi che sono un perfetto mix di verde e nocciola. È una decina di centimetri più bassa di me, ma immagino che abbia più o meno la mia età.

Il suo sguardo si deposita sul gatto e la sua espressione muta in due secondi, da preoccupata a sollevata. «Oh, eccoti!», esclama. Si avvicina a me con le braccia protese in avanti, pronta a strapparmelo via.

Con un movimento repentino glielo impedisco e lei pare essersi accorta della mia presenza. «Ehm... scusa, potrei riavere il mio gatto?», chiede.

Alzo un sopracciglio. «Chi mi può confermare che è tuo?», la prendo in giro. «Insomma, sembra preferire me. Guardalo»

Non mi sfugge di certo il suo sospiro scocciato. «Sì, sì, sei bellissimo, perfetto e il mondo è un posto migliore grazie a te», ribatte frettolosamente. «Ora che il tuo ego è a posto, posso riavere il mio gatto, per favore?»

E no cara, non te la do vinta così.

«No», dico solamente.

Sgrana gli occhi, allibita. «Come, scusami? Scherzi?! È il mio gatto»

Accenno appena un piccolo sorriso. Far scaldare le persone è davvero divertente. Lascio delle piccole carezze sulla schiena del gattino. «Facciamo così: se rispondi correttamente al mio indovinello, ti ridarò il gatto», le propongo.

La sconosciuta incrocia le braccia al petto e tira su il mento in segno di sfida. «E se non indovino? Che fai? Lo rapisci e lo tieni con te?»

«Nah, paghi un piccolo pegno», le rispondo. «Ci stai?»

Dalle sue labbra esce una risatina amara. «Sentiamo un po' quest'indovinello allora»

«Ascolta bene», dico, schiarendomi la voce. « Non ho forma, ma posso portare un messaggio. Volo via leggiadro, ma non ho ali. Parlo senza parlare, e a volte posso essere confuso con un sussurro. Cosa sono?»

La ragazza aggrotta la fronte, concentrata a riflettere.
«Il vento?» ipotizza alla fine, incerta.

Scuoto la testa. «Sbagliato»

Lei sbuffa. «E qual è la risposta allora, genio?»

«L' eco», le svelo, come se fosse ovvio.

«Oh, ma dai! Era difficile distinguerli!» esclama, frustrata.

«Uh, qualcuno qui non sa perdere», la punzecchio, irritandola ulteriormente. «Ora, però, tocca al pegno.»

«E cosa dovrei fare? Scalare l'Everest? Far arrivare qui Jennifer Lopez?»

Fingo di pensare a qualcosa, anche se già so cosa chiederle. «Devi...», inizio, mantenendo un'espressione seria per creare un po' di suspense. «Dirmi il tuo nome.»

La sconosciuta sembra sorpresa. «Tutto qui? Devo solo dirti come mi chiamo?»

Annuisco. Non sono così cattivo da non restituirle il gatto. «Esatto. Almeno questa è facile, no?»

Tentenna per qualche secondo, spostando lo sguardo dal micetto a me finché non si decide. «Mi chiamo Caitlyn, ma per tutti sono Cat»

Cat? Come "gatto"? Sul serio? Tento di trattenere una risata.

Punta le mani sui fianchi, impaziente. «Dai, adesso mi ridai Felix?»

Ridacchiando, mi chino a terra e rilascio la palla di pelo, che, come un fulmine, si fionda dalla sua padroncina. Infilo le mani nelle tasche dei pantaloncini.

«Devono piacerti molto i gatti, o sbaglio?», le domando.

Coccola Felix con l'amore che si riserva a qualcosa a cui si tiene molto. Ora sorride pure. «Sì, ci sono praticamente cresciuta in mezzo. Mia madre ha una fattoria e lì ne ospita altri quindici», mi confessa. «Felix è uno degli ultimi arrivati, ma vive in città con me e papà»

Oh, lei ha i genitori separati quindi. Be', almeno non deve sorbirsi tutte le cose sdolcinate che fanno i miei a prima mattina.

«Non ti ho mai vista qui», le dico. E, tradotto, significa "sei nuova?".

Si sistema una ciocca di capelli bloccandola dietro l'orecchio. «Ehm, questa è la prima volta che vengo. Me ne ha parlato una mia amica, l'ho conosciuta quest'anno. Si chiama Amy»

Oh, la piccola Amy Reed. Chi non la conosce, qui?
«Siamo amici dal primo anno», le confermo.

«Buono a sapersi», dice, scrollando le spalle. «E' il caso che torni da lei ora, l'avviso che ho ritrovato il gatto»

Gongolo sui talloni. «Teoricamente è vietato tenere animali nelle cabine», la informo.

«Mh, be', in questo caso rimarrà un segreto». Marca bene l'ultima parola, sottintendendo che non devo aprire bocca.

Le faccio un occhiolino e mi porto la mano sul cuore con fare teatrale. «Sarò muto come una tomba, lo giuro»

Mi guarda divertita, e mi sorpassa per andar via. «Sarà meglio per te». Lascia una buona scia di profumo dietro di se che mi penetra le narici.

«Parola mia, Kitty Cat. Shane Foster mantiene sempre le promesse»

Da quel giorno ho smesso di pensare a Sarah Hastings, che non era più tornata al White Firs per l'estate e di cui non avevo nemmeno sentito una così grande mancanza.

Tanto, a rendere più entusiasmanti le mie giornate c'era Cat, e con lei era tutto una sfida. È ancora una sfida.

In un certo senso siamo parecchio simili: determinati, furbi, vogliamo avere sempre l'ultima parola. Non avevo mai pensato a lei se non sotto il punto di vista dell'attrazione fisica, ma quel bacio...

Non so come spiegarlo, ma ho sentito una scarica che mi ha attraversato tutto il corpo, e tante volte, quando poggio la testa sul cuscino, mi domando come sarebbe stato se fossimo andati oltre, se non ci fossimo fermati, sotto quell'albero, e l'avessi trascinata nella mia cabina.

C'è qualcosa, dentro di me, che mi spinge verso quella ragazza. È una forza invisibile, un richiamo che non riesco a ignorare.

A riportarmi alla vita reale è l'impatto improvviso contro qualcuno. Alzo lo sguardo e sento le parole bloccarsi in gola non appena riconosco chi ho davanti: Waylon.

Indossa una tuta da corsa simile alla mia, e dall'occhiata che mi lancia capisco che anche lui mi ha riconosciuto. Ha il respiro affannato, si asciuga il sudore dalla fronte con un rapido gesto del braccio, poi si toglie un auricolare dall'orecchio e, con un mezzo sorriso, dice: «Ehi, ci si rivede.»

Purtroppo, aggiungo mentalmente. Mi sforzo di mantenere un'espressione neutra, nascondendo quanto poco mi stia simpatico questo tipo. «Già, New York è proprio una piccola città», rispondo, cercando di sembrare disinvolto.

Si passa una mano tra i capelli castani per controllare che la piega sia a posto, un gesto che sembra studiato, quasi vanitoso. «Shane, ricordo bene?» domanda, inclinando leggermente la testa. Annuisco senza aggiungere altro, già stanco di questa conversazione che non ho nessuna voglia di prolungare. «Anche tu qui per schiarirti i pensieri?»

Ma che vuole esattamente?, penso. Non ci conosciamo nemmeno abbastanza per giustificare tanta curiosità.

Lancio un'occhiata all'ambiente circostante, nella speranza che sbuchi un ufo e mi porti via. «Diciamo di sì», rispondo vago.

Annuisce e fa un finto sorriso di circostanza. Il silenzio che segue è imbarazzante e rende evidente quanto questa conversazione sia forzata.

«Sei amico di Amy e Cat, no?» mi chiede all'improvviso, con quel tono tipico di chi cerca di rompere il ghiaccio in modo superficiale ma punta a qualcosa di più.

Mi inumidisco le labbra secche, sentendo che la situazione sta prendendo un'altra direzione. «Ci conosciamo da anni. Perché?»

Lui scrolla le spalle, cercando di minimizzare, ma il suo sguardo tradisce l'intento. «Nulla, così», dice. Poi, quasi come se fosse un pensiero casuale, aggiunge: «Alla festa ho notato un certo... interesse verso Cat.»

Be', almeno non gli servono gli occhiali.

Assottiglio lo sguardo, capendo dove vuole andare a parare. «Ti piace lei?». La domanda mi scappa di bocca, e non posso trattenere un tono leggermente infastidito.

Storce le labbra e finge di riflettere. «Passiamo molto tempo insieme e siamo usciti già molte volte, ma non in via ufficiale», mi confessa. Perché stia condividendo questo con me, non lo so, ma sarebbe il momento giusto per tappargli la bocca con del nastro adesivo.

Un groppo di irritazione mi si forma nello stomaco. «Mi fa piacere per voi», mento spudoratamente. Stringo i pugni e scrocchio le nocche. «Noi due siamo solo vecchi amici, nulla di più», aggiungo, tentando di convincere più me stesso che lui.

Sfoggia il sorriso di chi si è tolto un peso da dosso, un'espressione di sollievo che mi fa quasi venire voglia di sbattere la testa contro il muro. «Oh, a posto allora»

Sì, a posto il cazzo, dico tra me e me.

Si rimette l'auricolare e riprende la sua corsa. Nel passarmi accanto mi lascia una pacca sulla spalla. «Grazie tante, amico. Ci si vede!»

Mi lascia così, con l'amaro in bocca. Tant'è vero che spero di essere chiamato da Dimitri al più presto perché ho proprio bisogno di sfogarmi.

Non lasciare che le emozioni prendano il sopravvento.

Le parole di mia sorella risuonano nella mia testa. Abbasso le palpebre e conto fino a dieci. Espiro e inspiro fino a schiudere i palmi contratti. La voglia di prendere a pugni qualcosa c'è, ma perlomeno ha superato quella di prendere a pugni qualcuno.

Emily è a lezione adesso, quindi non posso disturbarla. Magari lei non è disponibile, ma ho anche un fratello a cui poter rompere la scatole.

༄.☆*

Parcheggio a pochi metri da casa di Brett e mi avvio verso il suo palazzo. Tengo il portone per una signora con un bambino in braccio, lasciando che passi per prima. Mi sorride, grata, e io mi infilo subito dopo, dirigendomi velocemente verso l'ascensore. Sulle porte è appiccicato un foglio scritto a mano: "Guasto. Usare le scale" a caratteri cubitali.

Sospiro, stanco al solo pensiero di dover fare cinque piani a piedi.

Non poteva scegliere un appartamento al piano terra?, mi chiedo, ma poi mi rispondo subito: certo che no, perché dal terzultimo piano la vista è migliore. Bellezza e comodità non dovrebbero andare di pari passo?

Un minuto dopo sono davanti alla sua porta. Suono il campanello e aspetto che apra, ma passano diversi secondi e non succede nulla.

Inarco un sopracciglio. Brett mi aveva detto che oggi non aveva lezioni e che sarebbe rimasto a casa a lavorare su un progetto da consegnare la settimana prossima. Ha l'abitudine di studiare con le cuffie nelle orecchie, quindi è probabile che non mi abbia sentito.

Suono di nuovo, un po' più a lungo. Questa volta la porta si apre, ma a comparire è la fidanzata del mio migliore amico. «Ehi!», mi saluta con un tono strano, vagamente forzato.

Alzo un sopracciglio e la osservo attentamente, dall'alto in basso. Indossa una felpa enormemente troppo grande per lei, e sul collo spicca un livido violaceo impossibile da ignorare.

«Disturbo?», chiedo con un sorriso malizioso, anche se la risposta sembra piuttosto ovvia.

Le sue guance si colorano appena di rosa, segno che ha capito che non mi sfugge nulla. Dopotutto, non sono così ingenuo. Si sposta di lato e mi lascia entrare senza dire altro. I toni chiari dei muri e dei mobili, insieme all'uso del legno, contribuiscono a rendere l'ambiente più luminoso. La luce naturale filtra attraverso l'ampia finestra che occupa gran parte della parete.

Mi dirigo deciso verso il frigorifero, apro lo sportello e tiro fuori una bottiglia d'acqua.

La verso in un bicchiere e prendo un lungo sorso, sentendo l'acqua fredda scivolare giù per la gola, rifrescandomi. Amy mi raggiunge e prende posto su uno sgabello, dall'altro lato del bancone, e vi punta i gomiti sopra, posando il mento fra i palmi delle mani.

«Tu come mai sei qui?», le chiedo, divertito.

Mi fa la linguaccia come i bambini. «La domanda dovrebbe essere rivolta a te, visto che piombi qui alle dieci e mezza del mattino»

Mi appoggio con la schiena al frigorifero e incrocio le braccia al petto, guardandola con un'espressione appena scocciata. «Ho incontrato Waylon a Central Park mentre correvo», le riferisco, lasciando trasparire un filo di irritazione.

Amy solleva un sopracciglio, incuriosita, e attende che io prosegua.

«Mi ha chiesto se c'è qualcosa fra me e Cat, perché, a detta sua, "passano molto tempo insieme e sono usciti già molte volte, ma non in via ufficiale"», le racconto, mimando le virgolette.

Amy alza gli occhi castani al cielo, e dalle sue labbra sfugge un piccolo verso di disapprovazione. «Questo nella sua testa però, perché Cat non lo vede che come un semplice amico»

Davvero? Abbasso la testa e le maschero il sorriso che mi si forma sulle labbra, anche se è inutile.

«Sei contento di saperlo, vero?», chiede in tono piatto, come se lo desse per scontato.

Scrollo le spalle, fingendo indifferenza. «Mi interessa relativamente»

«Certo, e io sono Babbo Natale», interviene una terza voce. Brett appare sulla soglia della porta che collega il salotto open space al resto della casa. Indossa solo un paio di pantaloni della tuta e ha un asciugamano attorno al collo. I suoi capelli castani sono ancora umidi, segno che è appena uscito dalla doccia. Attorno al collo è avvolta la fasciatura che tiene fermo il suo braccio.

«Buongiorno, Babbo Natale», rispondo con un sorriso sarcastico, godendomi la sua entrata in scena.

Brett si avvicina, con un'espressione divertita, e si siede a fianco ad Amy. Non mi sfugge l'occhiatina di sottecchi che dedica al suo fidanzato.

«Ti interessa relativamente?», ripete, alzando un sopracciglio, scettico.

«Non ci crede nemmeno lui», mi sbeffeggia Amy.

Schiocco la lingua contro il palato e poggio i palmi sulla superficie legnosa del bancone. «Sentite, non posso negare di non essere attratto da lei, d'accordo? Ma oltre quello... non andrei bene per lei», sentenzio, cercando di mantenere un tono deciso.

La verità è che lo ha detto pure lei. "Non mi sognerei mai di innamorarmi di un cretino patentato come te". Le sue parole rimbombano nella mia mente, e un nodo di frustrazione mi si forma nello stomaco, perché ha ragione.

Scuoto il capo, assecondato dalle mie riflessioni. «Siamo tanto simili quanto diversi e, il novanta percento delle volte, vorrebbe assestarmi uno schiaffo in faccia», ammetto, lasciando trasparire un sorriso ironico.

Amy si lascia scappare una mezza risata. «Okay, se allora non ti interessa, come mai sei venuto qui per parlare di Wren? Perché, alla festa, l'hai lasciata vincere alla partita di scacchi se ti bastava una mossa per fare scacco matto? Perché le hai regalato il portachiavi?», spara a raffica, con uno sguardo inquisitorio che non lascia spazio a scappatoie.

Sospiro, sapendo che in fondo dico solo un mucchio di stronzate.
Caitlyn Thomas mi piace più del dovuto.

Ma lei è intelligente, forte, e ha una carriera brillante che l'aspetta. Io non sono minimamente alla sua altezza, non sono mai stato all'altezza di nessuno. Né di Emily, di Brett o di Amy.

Sono un disastro in confronto a loro. Io faccio tanti sbagli, troppi, e ogni volta che cerco di rimettere insieme i pezzi, c'è sempre qualcosa che va storto. Sento il peso dei miei errori addosso, come se non riuscissi mai a liberarmi di questa sensazione di fallimento costante.

Mi passo una mano tra i ricci, sopraffatto dai miei pensieri. Ho davvero bisogno di quella doccia calda adesso.

«Tengo a lei come tengo a te, d'accordo? Volevo solo renderla felice», rispondo, ma la mia voce suona stanca, quasi rassegnata. Non riesco a nascondere il nodo di frustrazione che mi attanaglia. Aggiro il bancone senza guardare nessuno, con il solo desiderio di andarmene. «Scusate per il disturbo. Ora levo le tende», aggiungo, cercando di sembrare indifferente.

Amy fa per dire qualcosa, ma la sua frase viene troncata dal suono secco della porta che si chiude alle mie spalle.

༄.✩*

Spazio Autrice ☆

Hello!
Come va la vita? Quella di ragazza del quinto superiore è da matti, perché studiare è impegnativo. In un modo o nell'altro, per fortuna, riesco a trovare dei buchi per scrivere.

Shane lo conoscete solo in superficie, ma prossimamente scoprirete tanti lati di lui ❤️‍🩹.

Avete qualche previsione per il futuro?

IG: rose.miller___

Un bacio e alla prossima <3.

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