Capitolo 7: Small Talk (and Not So Small Feelings)
📻 Sweet Disposition, The Temper Trap
𝙲𝚊𝚙𝚒𝚝𝚘𝚕𝚘 𝟽: 𝚂𝚖𝚊𝚕𝚕 𝚃𝚊𝚕𝚔 (𝚊𝚗𝚍 𝙽𝚘𝚝 𝚂𝚘 𝚂𝚖𝚊𝚕𝚕 𝙵𝚎𝚎𝚕𝚒𝚗𝚐𝚜)
Il salotto di Taehyung sembrava la pista di un club underground, ma con un DJ decisamente più giovane e con gusti molto specifici. Era sabato sera, e Nabi, col suo pigiama verde con i dinosauri, ballava a piedi nudi sul tappeto persiano, concentrata su una mossa che le aveva insegnato Jeongguk. La musica era così forte da far vibrare le pareti.
Taehyung, spalmato sul divano con una mano in fronte, fissava il soffitto, preoccupato. «Mi sa che tra un po' i vicini chiamano la polizia.»
«Dai, lascia fare», rispose Jimin, appollaiato sulla poltrona in braccio a Yoongi, che aveva un'espressione insofferente. «È sabato sera. I vicini sopravvivranno.»
«È domenica, tecnicamente», lo corresse Yoongi, lanciando un'occhiata scettica all'orologio che ormai segnava mezzanotte e un quarto. Poi, con un sospiro esasperato, guardò Nabi, che stava ripetendo per la decima volta lo stesso passo. «E qualcuno dovrebbe dire al maestro Jeongguk che insegnare coreografie a dei bambini non significa prepararli per il Super Bowl.»
Jimin rise, dandogli una gomitata. «Sei solo geloso del talento di Nabi. Ti piacerebbe ballare così, eh?»
Yoongi alzò un sopracciglio. «Sono geloso del silenzio che avrei avuto se fossimo rimasti a casa. E so ballare benissimo. Non tentarmi, che ti faccio il moonwalk proprio qui.» Gli morse l'orecchio, ricevendo in risposta una pacca sulla coscia da Jimin.
Taehyung sospirò, abituato ai loro soliti battibecchi. «I miei timpani hanno sentito abbastanza musica per oggi, mi serve un analgesico», bofonchiò senza energie, massaggiandosi le tempie.
Jimin scattò in avanti come un felino. «Non ti azzardare nemmeno ad accennare all'argomento. Sto aspettando da due ore, e non ci hai ancora raccontato niente», gli puntò un dito contro, assottigliando lo sguardo. «Continui a dire dopo, dopo, dopo», disse in tono accusatorio, gesticolando in modo teatrale. Poi la sua espressione mutò lentamente in una maschera di malizia e istigazione. Si portò una mano vicino alla bocca, come a confidare un segreto. «Com'è andata la lezione di stamattina con... JJK?» sussurrò, ponendo particolare enfasi sull'ultima parola.
Taehyung drizzò di scatto la schiena, ammonendolo con un'occhiataccia. «Jimin, ti ho detto—»
«Sì, raccontaci, Taehyung. È stato imbarazzante come immagino o anche peggio? Sei cascato col culo per terra?» incalzò Yoongi con un sorriso sornione.
«Shh!» Taehyung sgranò gli occhi e indicò con un frettoloso cenno della testa Nabi, che nel frattempo aveva deciso di provare a fare un giro su se stessa. «Non davanti a Nabi!» sibilò.
Per tutta risposta Nabi si voltò di scatto verso di loro, con un sorriso dispettoso stampato in faccia. «L'altro ieri è cascato col culo per terra!» strillò, ridendo. «Mentre toglieva i vestiti dalla lavatrice.»
Jimin si coprì la bocca con una mano per soffocare una risata, mentre Yoongi si morse il labbro con aria fintamente colpevole.
«Nabi, non ripetere quello che dice lo zio! Non si dice!» la rimproverò Taehyung. «Lo zio Yoongi... scherza», aggiunse poi a denti stretti, fulminando Yoongi con lo sguardo, il quale alzò subito le mani in segno di resa, trattenendo a stento una risata.
«Lo so che non si dice, però mi faceva ridere», rispose lei con un piccolo broncio, dondolandosi da un piede all'altro.
«Nabi», ripeté Taehyung in tono grave, lanciandole un'occhiata seria.
Nabi fece un profondo sospiro. «Scuuusa, non lo dico più», borbottò, correndo ad abbracciarlo.
Taehyung la prese tra le braccia, dandole un rapido bacio sulla fronte. «E comunque non sono caduto, ho solo perso l'equilibrio!» disse poi, con aria offesa.
«Bugia!» gridò Nabi vicino al suo orecchio, quasi perforandogli un timpano. Ma poi iniziò a ridacchiare in modo così adorabile che Taehyung non riuscì ad avercela con lei neppure un pochino.
Dopo qualche altro minuto di musica a tutto volume, mentre Jimin e Yoongi continuavano a porgli domande a trabocchetto che lui si sforzava di eludere, Nabi crollò sul tappeto, esausta come se avesse scalato l'Everest. «Papà, non ce la faccio più.»
«Oh, grazie al cielo», mormorò Taehyung, abbandonando la testa contro il divano. Poi si alzò con un verso stanco e la prese in braccio. «Va bene, campionessa, è ora di andare a dormire.»
«Papà», sussurrò Nabi con uno sbadiglio, aggrappandosi a lui come un koala, «ho ballato bene?»
«Sei stata bravissima, stellina», mormorò Taehyung, accarezzandole la schiena. Fece un rapido cenno a Jimin e Yoongi, che annuirono brevemente, e si diresse verso le scale.
«Voglio diventare brava come il maestro Guk», protestò debolmente Nabi, appoggiando la testa sulla sua spalla, mentre la portava di sopra.
Taehyung sorrise tra sé e sé. «Sono sicuro che lo diventerai.»
Nabi sbadigliò di nuovo, troppo stanca per controbattere. Taehyung la portò nella sua cameretta e la sistemò nel letto, rimboccandole le coperte con un sorriso affettuoso.
Nabi si addormentò in fretta, come capitava sempre quando si sfrenava in quel modo. Pochi minuti più tardi, già russava dolcemente, con le labbra dischiuse e un'espressione pacifica.
Taehyung le baciò delicatamente la fronte e uscì dalla stanza in punta di piedi, chiudendo la porta dietro di sé.
Non appena si girò per tornare di sotto, trovò Jimin e Yoongi appoggiati al muro, le braccia incrociate e gli sguardi pronti all'attacco, come due avvoltoi appollaiati su un albero.
«Parla», ordinò Jimin, perentorio. «Com'è andata stamattina?»
«Non c'è niente da dire», rispose Taehyung, provando a passare tra loro.
Yoongi lo bloccò con una mano sulla spalla. «Hai passato tutta la serata a sorridere come uno scemo. C'è sicuramente qualcosa da dire.»
Taehyung si arrese con un sospiro. «Parliamo di sotto, ok?» disse sottovoce, superandoli per scendere le scale.
Jimin e Yoongi lo seguirono a ruota, con l'andatura di due poliziotti.
«Ok», iniziò Taehyung, fermandosi di colpo e appoggiandosi di spalle al divano. «È stato... imbarazzante.»
«Ma va», commentò Yoongi, alzando gli occhi al cielo, e Jimin sghignazzò.
«Se ridete, vi ammazzo», sbottò Taehyung, puntando un dito verso di loro. Poi si schiarì la gola, distogliendo lo sguardo. «Allora... all'inizio è stato imbarazzante da morire. Mi sentivo completamente fuori luogo, mentre lui sembrava uscito da una specie di film americano», gesticolò nervosamente, passandosi una mano tra i capelli, «però, dopo un po' mi sono... rilassato. Ho iniziato a sentirmi più a mio agio. Abbiamo ballato molto, e... è stato divertente.» Si morse il labbro, perché sì, ovviamente c'era dell'altro, ma diamine, non sapeva come dirlo.
A un certo punto mi è quasi balzato il cuore fuori dal petto, perché si è messo dietro di me per guidarmi in un passo, e sembrava la scena di un dannatissimo film romantico— No. Decisamente non poteva dirlo. Quello poteva sicuramente tenerselo per sé. Altroché.
Jimin incrociò le braccia al petto, assottigliando lo sguardo. «Sì, ok, e poi?» disse in tono spazientito.
«E poi...» Taehyung abbassò lo sguardo, arrossendo leggermente. «Abbiamo parlato un po'... e mi ha detto che vuole conoscermi.»
L'espressione corrucciata di Jimin si trasformò lentamente in un sorriso diabolico. «Mm-mh. E poi?»
Taehyung inspirò profondamente, come a prendere coraggio. «E poi... gli ho chiesto di uscire», mugugnò, lasciando andare il fiato.
Ci fu un attimo di silenzio, interrotto solo dal verso animalesco che uscì dalla bocca di Jimin. Uno stridio così acuto che Yoongi al suo fianco si voltò a guardarlo preoccupato.
«Cos'è stato?!» chiese Yoongi, sconvolto.
Ma Jimin lo ignorò deliberatamente, iniziando a saltellare in giro. «Non ci posso credere!» gridò. «Hai avuto il coraggio di chiederglielo? Tu? Taehyung il surgelato?»
«Sta' zitto, cretino, Nabi sta dormendo», sibilò Taehyung, fulminandolo con lo sguardo.
Ma ormai Jimin era una furia inarrestabile. «Ma sei un eroe! Un esempio! Un'ispirazione per tutti noi!» Jimin si mise a girare per il salotto, gesticolando come un predicatore. «E poi? Lui cosa ha detto? Dimmi che ha detto sì.»
«Ha detto sì», ammise Taehyung, esasperato, coprendosi la faccia con le mani. «Ci vediamo domani sera.»
Jimin emise un urlo soffocato di gioia e afferrò Yoongi per le spalle, scuotendolo come un bambolotto e facendolo imprecare a denti stretti. «Hai sentito? Escono domani sera!»
Taehyung si chiese brevemente come fosse possibile che una persona potesse sussurrare e urlare al tempo stesso. Eppure, Jimin sembrava esserne capace.
Yoongi alzò gli occhi al cielo, liberandosi con una smorfia dalla presa ferrea del fidanzato. «Sì, ho sentito, grazie. Sono a un metro da te.»
«E tu!» Jimin si voltò di nuovo verso Taehyung, puntandogli contro un dito. «Devi raccontarmi tutto, ogni dettaglio. Come ti vesti? Dove andate? Hai bisogno di consigli? Vuoi che ti faccia una lista di argomenti di conversazione?»
Taehyung era rosso. Rosso di imbarazzo per la situazione, rosso di rabbia perché Jimin continuava a fare casino e di sopra c'era Nabi che dormiva, e anche fisiologicamente rosso... perché si stava sforzando così tanto di non urlare che aveva trattenuto il fiato, rischiando di morire soffocato.
«Jimin», intervenne Yoongi con la sua solita calma serafica. «Se continui così, imploderà.»
Jimin si fermò, sbattendo le palpebre. «Hai ragione, scusa. Ma Taehyung...», gli prese le mani con un gesto teatrale, «sono orgoglioso di te. Davvero. Sei stato così coraggioso», disse con tono fin troppo melodrammatico, ma per fortuna un po' più moderato.
Taehyung lasciò andare il fiato, facendo un suono simile a quello di una pentola a pressione. «Grazie, Jimin», borbottò, esausto, arrancando dall'altra parte del divano per sprofondarci dentro.
Per un attimo, per un breve, ingenuo attimo, pensò che fosse finita lì. Aveva fatto il suo dovere, i suoi amici ora sapevano la verità, erano al corrente di tutto, e non avrebbero potuto rinfacciargli niente—
«Adesso però», disse lentamente Jimin, irrompendo nel flusso pacifico dei suoi pensieri e afferrandogli il polso, «andiamo in camera tua a scegliere l'outfit», concluse con un sorrisetto compiaciuto.
Taehyung fece un lamento gutturale che doveva necessariamente provenire da qualche parte molto profonda dentro di lui. «Ecco, lo sapevo che era troppo bello per essere vero», piagnucolò, mentre Jimin e Yoongi lo tiravano per le braccia.
Ma io, nella mia vita, avrò mai un attimo di pace?
🍂
Taehyung parcheggiò davanti al condominio, controllando l'indirizzo un'ultima volta. Era un palazzo modesto, non di nuova fattura, ma piuttosto accogliente, circondato da alberi, piccoli parchi e giardini ben curati. Era situato in un quartiere tranquillo della città – per quanto Seul potesse definirsi tranquilla –, a circa dieci minuti di auto da casa sua. Jeongguk gli aveva inviato la posizione qualche ora prima, insieme a un "Ci vediamo più tardi 😊" che aveva fatto fare le capriole allo stomaco di Taehyung.
Il giovane maestro di hip hop, con la sua consueta sicurezza, in realtà si era anche offerto di andarlo a prendere, ma Taehyung aveva ovviamente declinato. Ricordava ancora vagamente le regole del corteggiamento, e aveva intenzione di seguirle alla lettera. E in ogni caso, prima di andare da lui, doveva accompagnare Nabi a casa di sua madre.
Prese un respiro profondo, spense il motore e si controllò nello specchietto retrovisore. Poi tirò fuori il cellulare dalla tasca e scrisse un messaggio veloce:
Sono arrivato. Ti aspetto giù.
Cliccò su "Invia" e fissò lo schermo. Forse così sembro troppo ingessato. Dovrei aggiungere una faccina anch'io? Ma quale? L'occhiolino? Il sorriso? Ma quale sorriso? Ce n'erano almeno di cinque tipi diversi. Taehyung fece un verso esasperato, abbandonando la testa contro il sedile. Kim Taehyung, sei completamente impazzito. Si passò una mano tra i capelli, cercando di darsi un contegno.
Quando Jeongguk uscì dal portone, gli sembrò illuminato da una luce propria. Irradiava freschezza, leggerezza e un'agilità che lo faceva quasi fluttuare a ogni passo. Indossava un giubbotto oversize grigio effetto slavato, jeans neri strappati e un paio di pesanti anfibi. I capelli sciolti sulle spalle, leggermente mossi, e la frangetta sulla fronte lo facevano sembrare ancora più giovane. Era incredibilmente dolce... e incredibilmente bello. Da togliere il fiato.
Senza neanche rendersene conto, Taehyung aveva trattenuto il respiro, mentre Jeongguk si avvicinava alla macchina con la sua solita andatura rilassata. Se ne accorse solo quando iniziò a sentire una vaga fitta al petto. Tossì, sbattendo le palpebre, e l'aria fresca che gli riempì i polmoni sembrò farlo tornare in sé. Concentrati, Taehyung. Respira.
Appena Jeongguk raggiunse il marciapiede, Taehyung si affrettò a scendere e ad aprirgli la portiera.
«Oh», fece Jeongguk, fermandosi di colpo, sorpreso dal gesto. «Ciao», mormorò con un piccolo sorriso.
«Ciao», rispose Taehyung, tenendo la portiera aperta e cercando di non sembrare troppo rigido.
Jeongguk si mordicchiò il piercing all'angolo della bocca, fissandolo con occhi curiosi e un sorriso timido che gli illuminava il volto. «Sei sempre così galante o solo quando vuoi fare colpo?» chiese con un tono malizioso che fece accelerare il battito cardiaco di Taehyung.
Taehyung ridacchiò, sentendo le guance scaldarsi. «Un po' e un po'», ammise con un sorriso impacciato. «Diciamo che i miei modi a volte sono un po'... démodé.»
«Io direi più eleganti, o al massimo elegantemente vintage», mormorò distrattamente Jeongguk, ma la sua attenzione ora sembrava focalizzata sui vestiti di Taehyung. «Sei anche vestito elegante...» osservò, scrutandolo da capo a piedi.
Taehyung sbatté le palpebre, sollevando le sopracciglia. «A dire il vero, pensavo di essere vestito casual», disse abbassando lo sguardo sul suo cappotto nero lungo. Ok, sotto indossava un maglioncino di cashmere e un paio di pantaloni con le pinces, e sì, aveva messo i mocassini, ma niente di così eccessivo.
Jeongguk si imbronciò appena. «Sono vestito troppo sportivo?» borbottò, abbassando lo sguardo su sé stesso.
Il suo piccolo broncio, con il labbro inferiore sporgente e gli occhi grandi da cerbiatto che tradivano una lieve insicurezza, lo ipnotizzò così tanto che il cervello di Taehyung andò in tilt per la seconda volta nel giro di cinque minuti.
«No, sei bellissimo», rispose Taehyung, prima di rendersi conto di cosa avesse detto. Si morse il labbro inferiore, maledicendosi.
Jeongguk lo guardò in silenzio per un attimo, le guance che si tingevano di rosa. «Grazie», mormorò con un sorriso timido.
E diamine, aveva fatto di nuovo quella voce dolce e lievemente roca che lo mandava letteralmente fuori di testa. Proprio in quel momento, come un fulmine a ciel sereno, gli balenò in mente la lezione di hip hop. O meglio, un momento preciso: quando Jeongguk si era messo dietro di lui per guidarlo, il suo respiro sul collo, il suo profumo ovunque, la sua mano sulla sua, e poi il suo corpo contro il suo petto, il suo calore—
Ok, basta così, campione. Torna in te, prima che tu prenda fuoco.
Si schiarì la gola, sentendosi improvvisamente accaldato, e si spostò per far sedere Jeongguk, che salì in macchina con un piccolo sorriso. Taehyung chiuse la portiera e si mise al volante, con più sicurezza di quanta ne provasse.
Durante il tragitto, mentre Jeongguk gli dava indicazioni per raggiungere il ristorante, Taehyung lo osservava di nascosto.
Ormai erano diversi minuti che cercava di rompere il ghiaccio, con scarsi risultati. Non gli veniva in mente un bel niente da dire, niente di davvero interessante. Solo domande scontate che non aveva neppure il coraggio di pronunciare davanti a una persona unica come Jeongguk. Le avrebbe trovate noiose, e tutto voleva fuorché sembrare noioso ai suoi occhi. Tuttavia, il suo cervello si rifiutava di collaborare ogni volta che c'era Jeongguk nei paraggi.
Taehyung gli lanciò un'occhiata furtiva e lo vide osservare curioso la sua macchina, senza la minima preoccupazione di sembrare invadente, il che per Taehyung era ancora più affascinante.
La sua era una bella macchina, ma niente di troppo pretenzioso. Un SUV formato famiglia – anche se la sua era composta solo da due persone, al massimo tre contando anche sua madre – con interni in pelle, tetto panoramico e quasi tutti gli optional. Non esattamente una macchina sportiva e giovanile, ma stranamente a Jeongguk sembrava piacere.
«Non sembra la macchina di un papà single. Dove sono i giocattoli, le briciole e i succhi di frutta vuoti?» chiese Jeongguk in tono scherzoso, mentre ispezionava la piccola collezione di dischi stipata nel cruscotto. La sua attenzione venne catturata da una custodia in particolare. «Bellissimo questo», mormorò tra sé e sé, rigirandosi tra le mani Ray Of Light di Madonna.
Taehyung rise, osservandolo armeggiare adorabilmente coi suoi dischi prima di riportare lo sguardo sulla strada. «Ho ripulito tutto oggi pomeriggio. Soprattutto i giocattoli. Sul sedile posteriore c'era un intero sito archeologico di dinosauri.»
Jeongguk ridacchiò, annuendo compiaciuto, mentre rimetteva a posto tutto quello che aveva tirato fuori. «Nabi ha ottimi gusti. Mi fido molto dei bambini che giocano con i dinosauri.»
Taehyung si ritrovò a sorridere da un orecchio all'altro. «E tu eri uno di loro, scommetto.»
Jeongguk fece spallucce. «Sì. Ma i miei giochi preferiti erano le action figure. Sai, i supereroi... Al prossimo semaforo, svolta a destra.»
Taehyung alzò gli occhi al cielo. «Sì, Jeongguk, conosco le action figure. Mi reputi così vecchio?» chiese con aria fintamente offesa, ma un sorriso gli increspava le labbra.
Jeongguk si sporse verso di lui, fissandolo con un sorriso sghembo che gli illuminava gli occhi. «Mi scusi, avvocato Kim, non volevo darle del vecchio, ma l'immagine di lei che gioca con le action figure mi diverte molto», mormorò vicino alla sua guancia. Fin troppo vicino.
Taehyung deglutì. «Ah, sì? Ti diverte?» chiese con un filo di voce, sentendo il suo tono diventare stranamente rauco.
«Mm-mh.» Jeongguk annuì lentamente, sorridendo.
Taehyung si voltò a guardarlo e lo trovò a un palmo dal suo viso. Il respiro di Jeongguk gli sfiorava la pelle, e Dio, aveva un profumo buonissimo. «Sei un moccioso dispettoso, lo sai?» disse, riportando lo sguardo sulla strada, con la voce che tremava appena e un tono involontariamente più profondo del solito. Sentiva il suo corpo reagire alla vicinanza di Jeongguk in un modo che non provava da molto tempo.
Il sorrisetto di Jeongguk si fece più ampio. «Non dire queste cose... Mi fai arrossire», disse con tono lamentoso, anche se i suoi occhi brillavano di divertimento. Si ritrasse lentamente, tornando a sprofondare nel sedile, ma il suo sguardo rimase fisso su Taehyung.
Taehyung fece una risata un po' roca, sentendo il proprio viso avvampare ancora di più. Questo ragazzo mi ucciderà prima o poi. «Sei veramente tremendo. Dov'è il Jeongguk serio e maturo con cui ho parlato alla scuola di danza?» chiese, cercando di alleggerire la tensione che si era creata tra loro.
Jeongguk incrociò le braccia al petto. «È in letargo. Ormai sto entrando in confidenza con te, quindi dovrai sopportarmi», disse, facendogli rapidamente segno di svoltare a sinistra. «E poi ho già fatto colpo, a quanto pare, dato che mi hai chiesto di uscire, sei venuto a prendermi, mi hai aperto la portiera e hai persino pulito la macchina.»
Taehyung trattenne un sorriso, mordendosi l'interno della guancia. «Touché.»
Jeongguk si voltò verso il finestrino, mentre le luci soffuse delle insegne al neon e dei fari posteriori delle auto si riflettevano sul suo viso come ombre colorate proiettate da un caleidoscopio. Taehyung non poté fare a meno di notare quanto fosse armonioso il suo profilo.
«Perché, preferivi quel Jeongguk?» chiese Jeongguk dopo un po', con un tono di voce più basso.
Credo che non esista una versione di te che non mi piaccia. Più ti conosco e più ci sono dentro fino al collo, pensò Taehyung, ma si morse la lingua per non dirlo ad alta voce.
«Forse», rispose in tono scherzoso, solo per prenderlo un po' in giro... e per liberare la propria mente dai pensieri fin troppo rumorosi che la affollavano.
Jeongguk si voltò verso di lui con un'espressione accigliata, evidentemente infastidito dalla risposta.
Taehyung gli lanciò un'occhiata veloce, mordendosi il labbro per non ridere. «Sto scherzando», si affrettò a dire, rivolgendogli un sorriso tenero. «Sono contento che tu sia te stesso con me...»
Jeongguk lo fissò per un attimo, in silenzio, mentre la sua espressione ritornava alla sua solita dolce curiosità. Sembrava che si stesse chiedendo se Taehyung fosse sincero. «E tu sei te stesso con me?» chiese, con un tono di voce che tradiva una leggera insicurezza.
Taehyung ci pensò su per un attimo. «Sorprendentemente, sì. Sempre», rispose alla fine. «Sono così me stesso che a volte quasi non mi riconosco...» mormorò, più a sé stesso che a lui, ripensando a quanto si fosse sentito a suo agio con Jeongguk fin dal primo momento. Era come se lo conoscesse da una vita.
Jeongguk sembrò illuminarsi. Quando sorrideva in quel modo, i suoi occhi diventavano due brillanti mezze lune. «Anche per me è lo stesso», mormorò. «Credo che tu mi faccia sentire a mio agio, Taehyung. Quando sono con te vengono fuori lati di me che di solito tendo a... nascondere.»
«Cioè?» chiese Taehyung, con curiosità.
«Cioè...» Jeongguk si fermò per un attimo, toccandosi distrattamente i capelli, come se stesse cercando le parole giuste. «Il mio lato un po' più... fragile, credo. Di solito mi sforzo di apparire sempre forte, sicuro di me, e di non lasciarmi scalfire da niente e nessuno. Ma con te...» Fece un vago gesto con la mano, quasi a indicare lo spazio tra di loro. «Mi sento come se mi fosse concesso di mostrarmi vulnerabile, perché so che tu... non mi giudicheresti mai. Con te mi sento al sicuro», mormorò, con la voce che si affievoliva sull'ultima frase.
Taehyung avrebbe voluto inchiodare all'istante e abbracciarlo, ma probabilmente avrebbe causato più danni di quelli che sarebbe riuscito a sanare. Quindi si limitò a spostare una mano dal volante per stringere quella di Jeongguk, poggiata sulle sue cosce. «Essere fragili significa essere vivi. Umani. Non devi mai vergognarti delle tue fragilità», disse con voce gentile, accarezzandogli il dorso della mano con il pollice.
Taehyung approfittò del semaforo rosso per voltarsi a guardarlo. Jeongguk lo fissava con un'intensità che gli fece tremare i polsi, mentre le luci della città danzavano nei suoi occhi come stelle.
Taehyung abbassò lo sguardo sulle loro mani, e Jeongguk intrecciò le dita alle sue.
«Sai, sia quando abbiamo parlato che durante la lezione, avevo notato questa tua... dicotomia», disse Taehyung con un sorriso, riportando lo sguardo su di lui.
Dentro di te c'è molto più di quanto lasci intravedere, e questo mi affascina e mi terrorizza allo stesso tempo... perché sento che potresti piacermi molto più di quanto avrei mai creduto possibile.
Jeongguk inclinò la testa di lato. «Dicotomia?» chiese, con un'espressione interrogativa.
Taehyung annuì, lanciando un'occhiata al semaforo, senza lasciar andare la sua mano. «Sì. Una scissione. Da un lato c'è il Jeongguk professionale e sicuro di sé, il ragazzo indipendente che prende sul serio il suo lavoro, che cerca di fare del suo meglio e guadagnarsi la stima di tutti. E poi c'è questo Jeongguk... quello spontaneo, vivace e con un'energia contagiosa. A volte buffo e sfrontato, a volte dolce e fragile. È... affascinante.»
Taehyung riportò lo sguardo su di lui, trovandosi immerso in un paio di occhi scuri che lo fissavano con un'intensità disarmante, e sentì il cuore mancare un battito.
Jeongguk dischiuse appena le labbra, e Taehyung provò per un attimo l'impulso irrefrenabile di baciarlo.
Proprio in quel momento, il suono impaziente di un clacson ruppe il silenzio. Il semaforo era di nuovo verde. Con riluttanza, Taehyung gli lasciò andare la mano per ingranare la marcia.
Jeongguk sbatté le palpebre, ridacchiando appena. Mentre Taehyung ripartiva, con la coda nell'occhio, lo vide abbassare lo sguardo, le guance colorate di un bellissimo rosa.«Non è che stai ancora cercando di fare colpo su di me? No, perché ci eri già riuscito al "ciao"–» scherzò Jeongguk, la voce che tremava leggermente.
«No, lo penso davvero», lo interruppe Taehyung, restando in silenzio per un attimo, ponderando le parole. «Se devo essere onesto, prima di conoscerti non mi facevi molta simpatia», aggiunse poi con una smorfia, ripensando a quanto fosse stato stupido e superficiale. «Probabilmente perché ero geloso di te e del rapporto che hai instaurato subito con Nabi. Sono un papà un po' ottuso a volte, e dovrei decisamente migliorare sotto questo aspetto. Ma quando ti ho parlato per la prima volta ho capito subito che mi sbagliavo. E ho capito anche perché a Nabi piacessi così tanto», disse, abbozzando un sorriso. «Per quanto possa suonare cliché, c'è qualcosa di speciale in te. C'è una leggerezza che non è mai invadente, eppure ti travolge comunque. Metti di buon umore, e credo che Nabi l'abbia percepito subito, proprio come l'ho percepito io.»
Jeongguk rimase in silenzio per qualche istante, assorbendo le parole di Taehyung. Poi, con un piccolo sospiro, rispose: «Grazie. Sei... gentile», abbassò lo sguardo, prima di riprendere a parlare con tono leggermente più basso. «Sai, anch'io non esco con qualcuno da un po', ma i ragazzi che ho avuto in passato a volte mi trovavano un po'... fastidioso. Mi dicevano che chiedevo troppe attenzioni, che ero infantile, appiccicoso.» Sembrava quasi che quelle parole gli fossero state ripetute così tante volte da aver iniziato a crederci per davvero. Poi, lanciando un'occhiata oltre il parabrezza, aggiunse: «Resta su questa strada per circa un chilometro, dovremmo trovarlo sulla destra.»
A quelle parole, qualcosa si mosse dentro Taehyung. Non era rabbia, non propriamente, ma un'ombra di fastidio, un'insofferenza che gli irrigidì la mascella. Non gli piaceva sentire Jeongguk parlare di sé in quel modo. Sentì l'impellente bisogno di rassicurarlo, di cancellare quel velo di tristezza che gli aveva visto negli occhi.
«Chi dice che è un difetto?» chiese con tono fermo ma gentile. «Lo è solo se tu decidi che lo sia. E poi non credo affatto che tu sia fastidioso, né infantile. Avere delle cose in comune con i bambini è un dono prezioso, significa che riesci ancora a vedere il mondo con occhi nuovi, con curiosità e meraviglia. E questo», sottolineò con un tono di sincera ammirazione, «è un pregio, non un difetto.»
Taehyung si interruppe un attimo, scrutando la strada alla ricerca del ristorante, prima di riprendere il filo del discorso con tono più morbido e confidenziale. «E se sei "appiccicoso" è semplicemente perché tieni a qualcuno e quello è il tuo modo di dimostrarlo. Non è una cosa brutta, Jeongguk, anzi. Almeno non per qualcuno che lo capisce e sa apprezzarlo.»
Jeongguk lo fissò con le labbra dischiuse. Sembrava quasi che stesse soppesando le parole di Taehyung, cercando di decifrarne il significato più profondo, di capire se fossero sincere o semplicemente un tentativo di confortarlo. Un'espressione di timida incredulità si dipinse sul suo volto, come se non fosse abituato a ricevere complimenti del genere. Poi si lasciò andare a una piccola risata incerta, quasi un soffio. «Non so se lo dici per farmi sentire meglio... o se lo pensi davvero», mormorò.
«Lo penso davvero», rispose Taehyung con decisione, lanciandogli un'occhiata. «Le persone che ti giudicano per il modo in cui ami non meritano il tuo amore.»
Un silenzio denso calò nell'abitacolo, interrotto solo dal leggero rombo del motore e dai rumori della città. Jeongguk rimase immobile per un istante, come se le parole di Taehyung avessero bisogno di tempo per sedimentare dentro di lui. I suoi occhi, prima fissi su quelli di Taehyung, si spostarono sul vuoto davanti a sé, persi in un pensiero che Taehyung non poteva decifrare.
«Grazie...» sussurrò Jeongguk, la voce appena percettibile. Poi, con un tono di voce leggermente più sicuro e un piccolo sorriso, aggiunse: «Credo che tu abbia ragione.»
In quel momento, qualcosa oltre il finestrino catturò la sua attenzione, e Jeongguk si raddrizzò sul sedile come un gatto, indicando un edificio alla loro destra. «Eccolo! È questo.»
Il repentino cambio d'umore, la rapidità con cui era passato da un'insicurezza quasi palpabile a un entusiasmo genuino, fece sorridere Taehyung.
Taehyung accostò, trovando un parcheggio poco distante dal locale. Una volta spento il motore, si chinò in avanti per dare un'occhiata al ristorante. Si voltò verso Jeongguk. «Sembra carino.» Il locale aveva un aspetto rustico e informale, con mattoni a vista. Dalle vetrate si intravedevano i tavoli con le griglie al centro, luci soffuse e un'atmosfera accogliente.
Jeongguk annuì. «Ci sono stato un paio di volte. È uno di quei posti che non sembrano niente di che da fuori, ma il cibo è incredibile. E poi l'atmosfera è accogliente. Non è troppo casual, vero?»
«No, Jeongguk», rispose con una risata tenera. «Non sono uno di quegli uomini che vanno solo nei ristoranti stellati, sai?» Poi scese dalla macchina e fece il giro per aprire la portiera a Jeongguk.
Jeongguk scese, incrociando lo sguardo di Taehyung. I suoi occhi brillavano di una scintilla giocosa. «Grazie, Avvocato Kim», mormorò con un sorrisetto che gli incurvava le labbra perfette.
«Un uomo deve pur giocarsi le sue carte», rispose Taehyung, facendogli l'occhiolino.
Quando raggiunsero l'ingresso del ristorante, fece un gesto galante davanti a sé. «Dopo di te.» E Jeongguk rise, scuotendo la testa.
Il discorso in auto aveva avuto un impatto deflagrante su di lui. Aveva frantumato ogni sua difesa, ogni barriera che lo conteneva, riportando alla luce l'uomo che si celava al di sotto. Era riemerso il Taehyung di un tempo, il ragazzo che era stato prima del lavoro, del matrimonio e della nascita di Nabi.
Non l'Avvocato Kim, il divorzista dalle vittorie inappellabili, non il padre di Nabi, sempre presente e premuroso. Solo Taehyung. Nient'altro che Taehyung.
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Taehyung si sforzava di ricordare l'ultima volta che si era sentito così nervoso. Era passato un tempo indefinito dal suo ultimo appuntamento, un'intera era geologica, e ora ogni dettaglio gli sembrava amplificato: la luce ambrata che avvolgeva il ristorante, l'eco persistente del profumo di Jeongguk, rimastogli addosso durante il breve tragitto in auto, persino il tintinnio delle posate sui tavoli circostanti.
Jeongguk, al contrario, sembrava perfettamente a suo agio. Si era tolto la giacca, rivelando una semplice maglietta a maniche lunghe che aveva arrotolato fino ai gomiti, mettendo in mostra i tatuaggi sul braccio destro. Taehyung si ritrovò a fissarli, attratto dai disegni intricati. Erano sorprendentemente belli, come piccole opere d'arte impresse sulla sua pelle, e si chiese quale storia celassero. Nel frattempo, Jeongguk sfogliava il menu con calma, concedendosi di tanto in tanto sguardi divertiti nella sua direzione, come se lo stesse studiando.
Taehyung cercò di concentrarsi sulle pietanze, ma i suoi occhi continuavano a vagare verso Jeongguk. Sembrava completamente a suo agio, seduto con una disinvoltura che quasi lo faceva sentire goffo e impacciato al confronto, una sensazione che aveva avvertito anche durante la lezione di hip hop.
«Sembri incredibilmente tranquillo», mormorò Taehyung, alzando lo sguardo verso di lui. Si ritrovò a osservare i suoi capelli. Aveva taglio particolare, che vedeva raramente in giro, ma che su di lui sembrava funzionare alla perfezione. I capelli scuri gli ricadevano morbidi sulle spalle, formando leggere onde che gli donavano un'aria naturale e vagamente disinvolta. La frangetta, appena scompigliata, sfiorava la linea delle sopracciglia, incorniciandogli il viso dai lineamenti delicati.
Come è possibile che qualcuno possa mostrare insicurezza con tanta grazia e, al tempo stesso, irradiare una personalità così forte, come se non gli importasse affatto del giudizio degli altri?
Jeongguk sorrise, appoggiando il mento sulla mano. «E tu sembri incredibilmente teso», rispose con una nota divertita nella voce.
Taehyung si lasciò sfuggire una risata nervosa. «Te l'ho detto, sono un po' fuori allenamento.»
Proprio in quel momento, una cameriera si avvicinò al loro tavolo, pronta a prendere le ordinazioni. Taehyung, colto alla sprovvista, abbassò rapidamente lo sguardo sul menu. Non aveva ancora avuto il tempo di scegliere nulla, troppo distratto dalla presenza di Jeongguk.
Finse un improvviso interesse per la carta dei vini, schiarendosi la gola. «Ti va un po' di vino?»
Jeongguk alzò lo sguardo con un sorrisetto appena accennato sulle labbra, ma ormai Taehyung lo conosceva abbastanza bene da capire che lo stava stuzzicando, come suo solito. «Te ne intendi di vini?»
Taehyung si umettò le labbra, trattenendo a stento un sorriso mentre sentiva il viso scaldarsi. Jeongguk flirtava con lui senza alcuna inibizione, come se la presenza della cameriera fosse totalmente irrilevante. «Un po'», rispose, cercando di sembrare disinvolto.
«Non avevo dubbi», ridacchiò Jeongguk, gli occhi che lo scrutavano con curiosità.
La cameriera, una ragazza giovane con i capelli castani raccolti in una coda di cavallo, li fissava con un'espressione paziente, lo sguardo che saettava tra i due come una pallina da ping-pong. Jeongguk, però, sembrava totalmente indifferente alla sua presenza, continuando a fissare Taehyung con la guancia poggiata su una mano. Questo ragazzo è davvero impossibile, pensò Taehyung, sentendo il cuore accelerare.
Dovette impiegare tutte le sue forze per distogliere lo sguardo e riportarlo sulla carta dei vini. «Portaci questo», disse dopo un po', rivolgendosi alla cameriera e indicando con un gesto rapido la bottiglia che aveva scelto. «Grazie», aggiunse poi, con un sorriso gentile.
La cameriera lo fissò per un attimo, sbattendo le palpebre. Poi arrossì vistosamente, balbettando un confuso "P-prego" mentre prendeva goffamente le loro ordinazioni.
In quel preciso istante, come se si fosse appena accorto della sua esistenza, Jeongguk spostò lo sguardo sulla ragazza. La osservò con un'espressione curiosa, un sorriso abbozzato e un leggero cipiglio sulla fronte. Taehyung notò anche un'ombra di qualcosa che somigliava vagamente alla gelosia – una leggera tensione nella mascella, un impercettibile cambiamento nella postura – ma durò solo un istante, svanendo non appena i suoi occhi tornarono a posarsi su di lui.
«Vo- volete ordinare altro?» farfugliò la cameriera, riportando lo sguardo su Taehyung.
Stavolta fu Jeongguk a rispondere, incrociando le braccia sul tavolo. «No, va bene così. Grazie», disse, con un breve sorriso.
Una volta che la cameriera si fu congedata, Jeongguk si sporse sul tavolo, scrutando la carta dei vini con occhi socchiusi. «Quale hai scelto?» La sua curiosità era così palese da sembrare bambinesca.
Taehyung sorrise teneramente e fece un gesto leggero con la mano, mentre la cameriera si allontanava, sparendo tra i tavoli. Pochi minuti dopo ritornò, stringendo tra le mani una bottiglia di Château Lagrange e due calici. Si avvicinò al tavolo con un sorriso un po' più sicuro, che però si spense quasi subito quando iniziò a trafficare con il cavatappi.
La ragazza, visibilmente imbarazzata dalla vicinanza di Taehyung, sembrava aver dimenticato ogni nozione base su come stappare una bottiglia di vino. Iniziò conficcandolo di lato, rischiando di spezzare il sughero. Poi, nel tentativo di rimediare, lo spinse troppo in profondità. Le sue guance si colorarono di un rosso acceso mentre una ciocca di capelli le sfuggiva dall'ordinata acconciatura, cadendole sugli occhi.
Taehyung osservava la scena con un sorriso divertito ma compassionevole. «Hai bisogno di una mano?» chiese gentilmente.
La cameriera annuì freneticamente, porgendogli la bottiglia come se fosse una patata bollente. «Mi scusi tanto... è che...» balbettò, senza riuscire a formulare una scusa plausibile.
Taehyung prese la bottiglia con grazia e, con un paio di giri precisi, il tappo venne via con un delicato pop.
La cameriera sorrise, rossa in viso, e si riprese la bottiglia, per versare loro il vino.
Jeongguk, che fino a quel momento aveva osservato la scena in silenzio, con un'espressione vagamente infastidita, si schiarì la voce. «Il vino lo verso io, grazie», disse alla cameriera, prendendo la bottiglia dalle sue mani con un gesto fluido. Le lanciò una rapida occhiata e un sorriso frettoloso, come a congedarla. Lei sbatté le palpebre per un attimo, confusa, ma poi colse l'antifona e si affrettò a fare un breve inchino, sfrecciando via tra i tavoli alla velocità della luce.
Una volta che si fu allontanata, Taehyung si voltò a guardarlo con un misto di sorpresa e divertimento. «Jeongguk?»
«Che c'è?» borbottò, imbronciato. «Almeno ora sa che non siamo due amici a cena.»
Taehyung scoppiò a ridere, reclinando leggermente la testa all'indietro. Dopo qualche secondo, Jeongguk iniziò a ridere con lui, anche se si sforzava ancora di tenere il broncio.
E Dio, era una vita che non rideva così. Taehyung si sentiva stranamente leggero, quasi ebbro, come se un peso invisibile si fosse dissolto all'improvviso, lasciandolo libero di respirare a pieni polmoni.
Brindarono, senza sapere bene a cosa, ancora con gli occhi lucidi dalle risate e un ampio sorriso sulle labbra, e continuarono a chiacchierare per un po' del più e del meno. Taehyung scoprì che Jeongguk era incredibilmente bravo a conversare: era loquace, ma non invadente, e al contempo sapeva ascoltare. Taehyung si sentiva a suo agio, come se lo conoscesse da molto più tempo, e quella sensazione lo sorprese e lo confortò al tempo stesso.
Quando la carne arrivò fumante a tavola, in due piatti trasportati dalla povera cameriera, Taehyung fece per aiutarla – soltanto per vedere Jeongguk imbronciarsi ancora, dato che era appena diventata la sua nuova cosa preferita –, ma Jeongguk gli mollò subito un calcio sotto il tavolo, facendogli mordere la lingua per il dolore improvviso e per non scoppiare a ridere di nuovo.
Stavolta, però, la cameriera sembrò non accorgersi di nulla. Si limitò a pronunciare un educato "buon appetito" e a congedarsi con un cenno del capo.
Non appena fu abbastanza lontana, Jeongguk gli lanciò un'occhiataccia. «La prossima volta miro più in alto», borbottò, e nonostante il tono burbero, non riuscì a nascondere un velo di divertimento.
«Sei davvero geloso della cameriera, Jeongguk?» chiese Taehyung, incuriosito, sentendosi anche vagamente lusingato.
«No, per niente», bofonchiò lui, iniziando a tagliare la carne con una foga improvvisa, evitando accuratamente il suo sguardo.
Taehyung non riuscì a trattenere un sorriso, osservandolo per un po', mentre una piacevole sensazione di calore e leggerezza gli si diffondeva nel petto.
Credo che tu non abbia proprio niente di cui essere geloso, pensò, ma si astenne dal dirlo ad alta voce.
Jeongguk tenne il broncio per poco, giusto il tempo di dare un paio di forchettate alla sua carne. La sua attenzione, come una farfalla che svolazza di fiore in fiore, trovò subito un nuovo appiglio, un altro argomento di conversazione, un'altra curiosità a cui dedicare tutta la sua concentrazione. Il suo sguardo si illuminò di nuovo, e l'espressione imbronciata svanì in un attimo, lasciando spazio a un'espressione di vivace interesse.
Parlarono molto, tra un boccone e un sorso di vino, ridacchiando per cose futili e scambiandosi opinioni sugli argomenti più disparati.
Scoprì che Jeongguk aveva gusti musicali peculiari per un ragazzo della sua età. Ovviamente, ascoltava anche la musica contemporanea, sopratutto il rap, l'R&B e le varie sfumature dell'hip hop, ma gli piaceva molto anche la musica un po' più datata, in particolare quella degli anni Novanta e Duemila, motivo per cui prima aveva ammirato la sua collezione di dischi. Taehyung, invece, ascoltava quasi esclusivamente quella musica, soprattutto il pop e l'indie rock, eccetto le volte in cui si concedeva qualche buon disco jazz.
«Posso farti una domanda?» chiese improvvisamente Jeongguk, quando ormai avevano quasi finito di mangiare.
Taehyung annuì, portando il calice alle labbra.
Jeongguk lo scrutò con attenzione. «Se non fossi diventato un avvocato, cosa avresti fatto?»
Taehyung rimase un attimo interdetto, colto alla sprovvista da quella domanda. Ci pensò su per un momento, mettendo giù il calice. «Non saprei. Ho praticamente dedicato tutta la mia vita alla legge», disse con un tono pensieroso. «Perché me lo chiedi?»
Jeongguk scrollò leggermente le spalle, con un gesto leggero che non nascondeva del tutto la sua curiosità. «Ero curioso di sapere quale fosse il tuo sogno da bambino...» lasciò la frase in sospeso, come se stesse soppesando le parole, quasi titubante.
Taehyung fece un sorriso un po' amaro. «Ho seguito le orme di mio padre, quindi non ho nessuna storia straordinaria da raccontare. Anche lui era un avvocato, un uomo brillante... ed era anche... il mio idolo, in pratica.» La voce gli si incrinò leggermente sull'ultima frase.
Le spalle di Jeongguk si incurvarono impercettibilmente, mentre la sua espressione curiosa si addolciva in qualcosa di più tenero e comprensivo. «Mi dispiace...», mormorò sottovoce, «l'hai perso da poco?»
Taehyung fece un sorriso tirato, scuotendo leggermente la testa. «No, sono già sei anni ormai.» Sospirò, abbassando lo sguardo sul calice davanti a sé. «Diciamo che al dolore ci si abitua, in qualche modo... ma alla mancanza, quella no, quella rimane sempre. Mia mamma soffre molto la sua assenza. Sai, sono figlio unico, quindi ora siamo solo noi due, e Nabi ovviamente.» Si fermò per un istante, pensando a sua madre e a tutta la sofferenza che ancora si portava dentro, malgrado cercasse di non mostrarla mai a nessuno. In quel momento, si ripromise mentalmente di essere più attento e premuroso con lei, di starle più vicino. «Credo si senta molto sola a volte, anche se non lo ammetterebbe mai. Ho preso da lei in questo», disse con una smorfia che cercava di stemperare la malinconia.
Jeongguk lo ascoltava assorto, con le braccia incrociate sul tavolo e lo sguardo fisso su di lui, attento a ogni sua parola, a ogni sfumatura del suo volto. «Avete un bel rapporto?» chiese poi, con voce gentile.
Taehyung sorrise, soprappensiero, ripensando alle loro continue schermaglie verbali. «Battibecchiamo molto. Lei è un concentrato di cinismo e frecciatine, ma è una brava mamma. Lo è sempre stata, sotto la corazza. Ci vogliamo bene a modo nostro...» annuì, stringendo leggermente le labbra, come a voler sottolineare la sincerità di quelle parole. Poi alzò lo sguardo, quando una domanda gli sorse spontanea. «E tu?» chiese, inclinando leggermente la testa. «Che rapporto hai con la tua famiglia?»
Jeongguk trasalì appena, sbattendo le palpebre, come se la domanda lo avesse colpito fisicamente. Esitò un attimo prima di rispondere. «Io... anch'io sono figlio unico. E adesso vivo con mia madre», mormorò, abbassando lo sguardo sul suo calice. Per un attimo sembrò voler aggiungere qualcos'altro, ma poi rimase in silenzio, stringendo le labbra in una linea sottile.
Taehyung aggrottò le sopracciglia. «Adesso?»
Jeongguk annuì lentamente. «Sì, uhm... dopo le scuole superiori ho vinto una borsa di studio negli Stati Uniti. Sono stato lì per sei anni.»
Taehyung spalancò gli occhi. «Negli Stati Uniti?» chiese, con un tono di genuina meraviglia.
Jeongguk gli rivolse un sorriso imbarazzato. «Sì, mi sono diplomato all'accademia e ho fatto parte di una crew. Ho lavorato lì per un paio di mesi, ma poi ho deciso di tornare.»
«Perché?» Taehyung non riuscì a frenare la propria curiosità, ma un attimo dopo si pentì di aver insistito, perché l'espressione di Jeongguk si fece improvvisamente triste. Di una tristezza così profonda che Taehyung sentì il cuore stringersi nel petto. Mentre stava per scusarsi con lui per averlo messo a disagio, Jeongguk parlò, la voce appena un sussurro.
«Mia mamma ha solo me», disse, abbassando lo sguardo sul tavolo. «E io ho solo lei. Non volevo lasciarla sola. È una donna incredibile. Mi ha cresciuto con le sue sole forze... come te con Nabi.» Abbozzò un sorriso, che però non raggiunse i suoi occhi.
Taehyung trattenne il fiato per un attimo, sgranando gli occhi, mentre il suo cervello iniziava a processare quell'informazione dapprima al rallentatore, e poi a una velocità tale da fargli venire un capogiro. Sbatté le palpebre, con forza, sforzandosi di ricomporsi.
Non riusciva a credere che la storia di quel ragazzo, che aveva appena iniziato a conoscere, fosse così simile a quella di sua figlia. Come Nabi, anche Jeongguk aveva conosciuto l'amore di un solo genitore, l'unico porto sicuro a cui fare affidamento, crescendo con il peso insormontabile di un'assenza sulle spalle.
Ma al contempo, anche se in modo diverso, aveva qualcosa in comune anche con Taehyung stesso, perché Jeongguk era il perno attorno a cui ruotava la vita di una persona che aveva sacrificato tutto per lui, e sapeva cosa significasse vivere in funzione di qualcun altro, fare scelte guidate dall'amore e dalla responsabilità.
Per anni aveva creduto che nessuno potesse davvero comprendere quel tipo di dedizione, quel tipo di amore sconfinato e abnegante. Eppure, ora, seduto di fronte a lui, c'era Jeongguk, e improvvisamente tutto sembrò acquistare un senso – la complicità, l'intesa, la sensibilità condivisa, la sensazione di conoscersi da sempre –, come se ogni tassello del puzzle fosse andato al suo posto.
Taehyung lo fissò, cercando di mascherare l'ondata di emozioni che gli stringeva il petto. «Jeongguk, mi dispiace... non devi parlarne se—» iniziò, con voce tremante.
«No, va bene», lo interruppe Jeongguk, facendo un cenno rassicurante con la mano, anche se il suo sguardo continuava a evitare il suo. «Non mi dà fastidio... o almeno, non più di tanto.» Poi alzò lo sguardo su Taehyung, e c'era una vulnerabilità disarmante nei suoi occhi scuri. «Uhm... non ho mai conosciuto mio padre, e mia madre non me ne ha mai parlato. Quando ero piccolo qualche volta le ho fatto delle domande su di lui, ma l'espressione che mi rivolgeva ogni volta, così triste e allo stesso tempo arrabbiata, con gli anni mi ha fatto desistere. Ho imparato a non chiedere. Ad oggi non mi importa chi sia, perché è chiaro che a lui non importa di me, e soprattutto non gli importa di mia madre, quindi... in un certo senso, sono felice che non faccia parte della mia vita.»
Taehyung lo guardò in silenzio per un attimo, annuendo lentamente. Poi prese un respiro profondo, cercando le parole. «Credo che certe persone non siano nate per fare i genitori. Anche la mia ex moglie... Miyoung, lei non— non ha mai avuto veramente a cuore la felicità di Nabi, nemmeno prima del divorzio. L'ho capito troppo tardi.» Taehyung sorrise amaramente. «Certo, ogni tanto chiama, finge di mantenere un contatto con lei, e io per legge non posso negarglielo, però... so che lo fa solo per ripulirsi la coscienza. E in fondo, a volte vorrei solo che smettesse di chiamarla del tutto, vorrei che Nabi la dimenticasse e che le rimanessero solo i ricordi felici che ha costruito con me... ma so che è un pensiero egoista, nonostante tutto.»
Jeongguk lo guardò con un'espressione comprensiva, ma anche un po' triste. «Non è egoismo... è protezione. Credo che mia mamma abbia avuto lo stesso istinto con me. Ecco perché non ha voluto parlarmi di mio padre, perché sapeva che ne sarei rimasto deluso, e ferito. A volte... è meglio non sapere la verità, se questa ci ferisce soltanto. Il dolore ha un senso solo se ci rende più forti.»
Taehyung annuì, guardandolo negli occhi. Si sentiva incredibilmente compreso, ed era una sensazione strana, nuova. Jeongguk sembrava capirlo al volo, sembrava leggergli dentro con una facilità disarmante, come se avesse davanti un libro aperto da sfogliare. E Taehyung scoprì che era una sensazione più intima e confortante di un abbraccio, ma al contempo terribilmente spaventosa.
Deglutì il nodo che aveva in gola, aggrottando le sopracciglia. «Di solito, io e Nabi ci diciamo tutto. Ho cercato di costruire con lei un rapporto di piena sincerità reciproca... ma non posso negare che su qualcosa ho dovuto mentirle. Fa parte dell'essere genitori, credo. Quindi sì, capisco molto bene tua madre...»
«Su cosa le hai mentito?» chiese dolcemente Jeongguk. E il suo sguardo era così rassicurante che Taehyung non esitò neppure un attimo a rispondere.
«Sul tradimento di Miyoung e sulla sua nuova relazione», ammise Taehyung, abbassando lo sguardo, un velo di vergogna che gli arrossava leggermente le guance. «Le ho detto solo che è andata a lavorare all'estero, il che è vero, e che non sarebbe tornata per un po'. Era troppo... piccola. Non ho avuto il coraggio di dirle tutta la verità. Ovviamente sa che non stiamo più insieme. Non c'è stato neppure bisogno di dirglielo, l'ha capito da sola... è così sveglia. Questo l'ha preso di sicuro da mia madre», aggiunse poi con un piccolo sorriso malinconico.
Jeongguk gli rivolse un sorriso dolce. «Sai, Taehyung... mi sono affezionato subito a Nabi, perché mi sono rivisto in lei. Abbiamo una storia molto simile, ma abbiamo anche qualcos'altro in comune: la fortuna di avere un genitore che vale per due.»
Taehyung abbozzò un sorriso, sentendo però un nodo alla gola che si faceva sempre più stretto. «Grazie, Jeongguk», disse con sincera gratitudine, con la voce che tremava appena.
Jeongguk sembrò percepire quel piccolo cambiamento, perché improvvisamente il suo viso si illuminò in un'espressione più leggera e giocosa. «La tua ex moglie ha fatto un grosso errore a lasciarti», commentò con un sorrisetto furbo, appoggiandosi con nonchalance allo schienale della sedia. Poi, con un occhiolino, aggiunse: «Ma chi sono io per lamentarmi?»
Taehyung lo fissò per un attimo, disorientato. «Sei tremendo, lo sai?» disse dopo un po', con un sorriso sornione.
Jeongguk fece spallucce con aria innocente. «L'hai già detto.»
«Ribadisco, con enfasi», ridacchiò Taehyung, bevendo un sorso di vino. Jeongguk era riuscito a cancellare la sua malinconia in un attimo. «E tu invece? Cosa avresti fatto?» chiese dopo un po', cercando anche lui di riportare il discorso su temi più leggeri.
Jeongguk sbatté le palpebre, visibilmente confuso.
«Se non fossi diventato un ballerino, intendo», spiegò Taehyung con un sorriso.
Jeongguk sollevò le sopracciglia, sorpreso. Sembrò pensarci su per un attimo, mentre giocherellava con il suo calice. «Non lo so. Forse... il gamer professionista?» disse con un sorriso vagamente imbarazzato. «Mi piace molto giocare ai videogiochi nel tempo libero.»
Ovviamente, cazzo. Diventa sempre più carino.
Taehyung annuì, abbozzando un sorriso. «E sei bravo? Qualcosa mi dice di sì.»
«Me la cavo», ridacchiò Jeongguk, compiaciuto. «Sono anche molto competitivo.»
«Non ne dubito», commentò Taehyung. «Sembri uno di quegli assi che vincono sempre.»
Jeongguk scoppiò a ridere, una risata dolce e leggera che riempì per un attimo tutto lo spazio intorno a loro. Poi scrollò le spalle, ma non negò la sua supposizione. «Diciamo che non mi piace perdere.»
Taehyung sorrise. «Io non gioco più tanto spesso, a dire la verità», disse poi, con un'espressione un po' nostalgica. «Ma al college io e Jimin, il mio migliore amico, giocavamo spesso a Silent Hill e facevamo a gara a chi se la faceva sotto per primo. Non so quante volte siamo stati richiamati dalla vigilanza del dormitorio. Urlavamo come dei bambini.»
Jeongguk scoppiò di nuovo a ridere, portandosi una mano alla bocca. «Non sembri un tipo da Silent Hill», commentò tra le risate, gli occhi che si socchiudevano divertiti.
«Che vuoi dire? Sono molto coraggioso!» disse con aria offesa, ma trattenendo a stento un sorriso. La risata di Jeongguk era contagiosa.
«Devo dissentire. Ho fatto io la prima mossa con te.»
Taehyung sgranò gli occhi. «Ma se ti ho chiesto io di uscire!»
«Io ti ho aggiunto su Instagram, Taehyung», replicò Jeongguk con un sorrisetto, scuotendo la testa. «Più palese di così...»
«A proposito», lo interruppe Taehyung, abbassando lo sguardo con un'espressione leggermente imbarazzata, «ma alla fine l'avevi visto il like?»
«Ovviamente sì. Ma il tuo account l'avevo già trovato comunque, grazie alle mie finissime abilità investigative...» Gli fece l'occhiolino. «L'avevi messo per sbaglio?»
«No, l'aveva messo Jimin», disse con una smorfia, ripensando a quel momento. «Diciamo che mi ha incoraggiato molto con te.»
Jeongguk sollevò un sopracciglio, sorpreso ma anche vagamente divertito. «Mmh... quindi non l'hai messo tu, devo ringraziare questo Jimin...»
«Ma volevo farlo», si affrettò a dire Taehyung, prima di correggersi rapidamente. «Cioè, volevo dire, ero sul tuo profilo da un po', e mi piacevi già, e—»
Taehyung si pietrificò, fermandosi di colpo. Sgranò gli occhi.
Che cazzo ho appena detto?
Vide un fugace lampo di sorpresa negli occhi di Jeongguk, che però venne subito sostituto da uno sguardo malizioso e da un sorrisetto furbo. «Ti piaccio, Taehyung?» mormorò, appoggiando il mento sulle mani.
Taehyung sentì la propria faccia prendere fuoco. Sbatté le palpebre, distogliendo in fretta lo sguardo. «Uhm.. Sì? Credo di sì», mugugnò con una risatina forzata.
Jeongguk sollevò un sopracciglio, inclinando la testa per incontrare di nuovo i suoi occhi. «Credi?»
«No», Taehyung si morse il labbro, maledicendosi di nuovo. Poi sospirò, chiudendo gli occhi.
Hai trentatré anni suonati. Non fare il cagasotto.
Quando li riaprì, disse con voce leggermente più ferma: «No, sono sicuro.»
Jeongguk gli sorrise, ancora con quell'aria divertita, ma le sue guance si colorarono di un tenue rosa, mentre si mordicchiava il piercing al lato della bocca. Poi si ritrasse, appoggiandosi di nuovo allo schienale e incrociando le braccia al petto. «Mi aspettavo una confessione più romantica da un gentiluomo come te...» disse con un sospiro quasi malinconico.
Taehyung sentì il cuore perdere un battito e le spalle afflosciarsi. Si passò nervosamente una mano tra i capelli, spostando lo sguardo sul muro alle spalle di Jeongguk, come se le parole giuste fossero impresse lì da qualche parte. Poi, lo riportò su di lui, esitando per un istante.
Parla. Diglielo, coglione.
«Non esco con qualcuno da quattro anni. Anzi, in tutto questo tempo non ho mai neppure guardato qualcuno in quel senso.» Taehyung fece una breve pausa, deglutendo a fatica. Le mani gli tremavano, e le strinse a pugno sotto il tavolo per farsi coraggio. «Non avrei mosso neppure un passo verso di te, se non mi facessi perdere completamente la testa ogni volta che ti vedo», mormorò con voce bassa e roca, guardando Jeongguk negli occhi. «Mi hai stregato.»
Non gli importava nemmeno di sembrare un dannato uomo dell'Ottocento trapiantato nell'epoca moderna, perché era la pura e semplice verità. In quel momento, l'unica cosa che contava era che Jeongguk capisse. Che capisse quanto lo avesse travolto, quanto lo avesse incantato.
Jeongguk trattenne il fiato, fissandolo con occhi sgranati, mentre il tenue rosa sulle sue guance diventava un rosso più acceso. Espirò lentamente, sbattendo le palpebre. «Cazzo, Taehyung... scherzavo sulla confessione romantica», mormorò, coprendosi la faccia con le mani.
Taehyung avrebbe tanto voluto scavarsi una fossa e buttarcisi dentro. Ma erano ancora al ristorante, quindi avrebbe dovuto accontentarsi di sprofondare nella sedia. E grazie a Dio, era seduto, altrimenti le sue ginocchia avrebbero già ceduto da un pezzo. «Ho– ho esagerato?» balbettò, portandosi una mano sulla nuca.
Jeongguk scostò immediatamente le mani dal viso, ancora paonazzo, e le agitò freneticamente davanti a sé. «No! No, non intendevo–» Si interruppe, prendendo un profondo respiro. «Mi piaci anche tu», mormorò alla fine con un sorriso timido. «Tantissimo. Soprattutto quando dici cose... come questa.» Jeongguk abbassò lo sguardo, mordendosi il labbro. Per un attimo, sembrò che tutta la sicurezza che mostrava di solito si fosse sgretolata sotto l'intensità dello sguardo di Taehyung.
E in quel momento, probabilmente, lo sguardo di Taehyung era dannatamente intenso, perché tutto ciò che desiderava era sbatterlo al muro e baciarlo. Ma dovette ricordare di nuovo a sé stesso che erano ancora al ristorante, e che c'era un sacco di gente, e che era una cosa assolutamente indecorosa da fare.
Quindi si schiarì la gola, cercando di spazzar via quei pensieri osceni, e allungò una mano sul tavolo per prendere quella di Jeongguk, intrecciando le loro dita, perché era l'unica opzione possibile, perché aveva bisogno di toccarlo, di stringerlo, di—
Ma no, non poteva, perché Jeongguk era seduto dall'altra parte del tavolo, troppo lontano da lui, e lo fissava con una dolcezza tale da farlo tremare. Occhi grandi, labbra piene, guance rosse. Bello e adorabile da non sembrare reale.
Taehyung gli sorrise, felice come non si sentiva da anni, con il cuore che batteva all'impazzata nel petto, ed era un sorriso che voleva dire tante cose: mi piaci, ti voglio, dove cazzo sei stato per tutto questo tempo... ma alla fine ne pronunciò solo una: «Allora dovremmo continuare a ballare, no?»
🍂
Mentre uscivano nel freddo della sera, Taehyung si tolse la sciarpa e la avvolse con naturalezza attorno al collo di Jeongguk.
«Taehyung, non serve, davvero–» protestò Jeongguk.
«Non discutere», lo interruppe Taehyung, con un tono fermo ma gentile, annodandogliela davanti alla bocca. «Fa freddo stasera, e la tua giacca è leggera.»
Jeongguk rimase in silenzio per un attimo, gli occhi che sembravano ancora più grandi e lucenti sotto la luce del lampione. Il bianco gli stava decisamente bene, metteva in risalto i suoi capelli corvini e il lieve rossore che gli colorava gli zigomi e la punta del naso.
«Sai che a volte sembri il protagonista di un vecchio film?» disse all'improvviso Jeongguk.
Taehyung inclinò la testa. «Ed è una cosa buona?»
Jeongguk sorrise. «Sì. È una cosa molto buona.»
Mentre iniziavano a camminare fianco a fianco per raggiungere l'auto, Taehyung prese di nuovo la mano di Jeongguk, un gesto che ormai gli sembrava così naturale da sembrare inevitabile. Jeongguk intrecciò le dita alle sue, stringendo leggermente la presa.
Camminarono a passo lento, senza fretta, come se il mondo intorno a loro fosse solo un riflesso sfocato e lontano. La macchina era poco distante, parcheggiata lungo il marciapiede.
Taehyung gli aprì di nuovo la portiera e lo fece salire in macchina, con gesti eleganti e volutamente teatrali, facendo ridacchiare Jeongguk.
Durante il tragitto, l'atmosfera fu più tranquilla e silenziosa rispetto al resto della serata, ma al contempo piena di sguardi e sorrisi complici. Taehyung continuò a tenere la mano di Jeongguk anche mentre guidava, con un solo braccio appoggiato al volante che di tanto in tanto spostava per scalare le marce. Era come se tutto il resto del mondo fosse stato messo in pausa, e tutto ciò che rimaneva erano loro due, in quel momento di intimità condivisa.
Jeongguk guardava fuori dal finestrino, leggermente abbassato, e il vento gli scompigliava dolcemente i capelli. Aveva ancora le guance rosate e un piccolo sorriso sulle labbra. Sotto la luce della luna, sembrava non appartenere al mondo delle cose terrene, e per Taehyung era una fatica immane mantenere l'attenzione sulla strada.
Dopo un po' Jeongguk mise uno dei suoi dischi nell'impianto stereo, dopo aver trafficato un po' nel cruscotto per trovarlo. Quando la melodia di Sweet Disposition iniziò a suonare nell'abitacolo, si ritrovarono a canticchiarla distrattamente all'unisono.
«Hai davvero una bella voce», mormorò sorpreso Taehyung, voltandosi a guardarlo. Era dolce, quasi angelica, e sembrava raggiungere le note alte senza sforzo. Aveva una tonalità calda, fluida e incredibilmente vellutata, come il miele.
«Anche tu sei intonato», rispose Jeongguk lanciandogli un'occhiata, «ma il tuo inglese è terribile.» Scoppiò a ridere, gettando intero la testa contro il sedile.
«Hey, non vale! Tu hai vissuto in America!» si lamentò Taehyung, fingendosi offeso, ma il sorriso gigantesco stampato sulla sua faccia raccontava una storia diversa.
«Touché», disse Jeongguk, imitando in modo buffo la sua voce profonda e facendolo ridere di gusto.
Una volta arrivati davanti al condominio di Jeongguk e scesi dall'auto, rimasero per un po' sul vialetto, guardandosi in silenzio per un attimo che sembrò fermare il tempo, con le mani nelle tasche per contrastare il freddo della sera e la tensione che vibrava tra loro.
Poi Jeongguk fece un passo verso di lui. «Grazie per la serata. Sono stato davvero bene», disse sottovoce, come se non volesse spezzare la magia che li circondava.
Taehyung sorrise. «Anch'io», sussurrò.
Improvvisamente, tutta la sua audacia sembrava essersi dissolta, mentre si perdeva negli occhi profondi di Jeongguk che lo fissavano, sprofondando sempre di più in un sentimento che diventava più ingombrante minuto dopo minuto. Non riusciva a trovare dentro di sé un briciolo di coraggio per tirarlo a sé e baciarlo.
Fu Jeongguk a muoversi per primo, mettendo le mani sulla sua vita e stringendolo in un abbraccio, prima di posargli un leggero, caldo bacio sulla guancia.
«Ci vediamo», sussurrò Jeongguk, un po' timidamente, mentre si allontanava verso il portone del condominio.
Ma poi, a metà strada, qualcosa lo fece fermare. Si voltò, gli occhi che brillavano più del cielo, e con passo deciso tornò da Taehyung. Senza dire nulla, si tolse la sciarpa dal collo e la avvolse attorno a quello di Taehyung, con un sorriso che gli illuminava il volto.
«Quasi dimenticavo», mormorò. Poi, senza dare il tempo a Taehyung di reagire, lo tirò a sé per le estremità della sciarpa e lo baciò.
La prima cosa che Taehyung avvertì fu la consistenza delle sue labbra. Erano morbide, leggermente screpolate dal freddo e incredibilmente calde. La seconda cosa fu il suo profumo, dolce e ipnotico, che lo avvolse completamente e lo disorientò al tempo stesso. La terza cosa fu la sensazione fredda e metallica del piercing al lato della sua bocca. E poi non notò più nulla.
Perché il suo cervello andò in cortocircuito.
Afferrò Jeongguk per la vita e lo strinse forte a sé, quasi volesse annullare lo spazio tra loro.
Jeongguk trasalì per un attimo, sorpreso, ma subito dopo si abbandonò tra le sue braccia, sospirando piano sulle sue labbra. Le mani di Jeongguk scivolarono su, sul suo petto, per poi infilarsi tra i suoi capelli, accarezzandogli con delicatezza la nuca.
Taehyung gli schiuse dolcemente le labbra, invitandolo ad approfondire il bacio, e quando le loro lingue si incontrarono e si intrecciarono, sentì Jeongguk tremare contro il suo corpo.
O forse a tremare era lui stesso, mentre stringeva Jeongguk a sé e lo baciava con una passione che lo consumava, come desiderava fare da ore, da giorni, forse da quando l'aveva visto per la prima volta.
Per alcuni secondi, il mondo intorno a lui si ridusse alle labbra soffici di Jeongguk sulle sue, al sapore dolce della sua lingua, al battito accelerato del suo cuore che gli rimbombava nelle orecchie.
Un gemito sommesso sfuggì alle labbra di Jeongguk, un suono che fece impazzire ancora di più Taehyung, spingendolo a spostare le mani sulla sua schiena, per attirarlo di più a sé, come se volesse fondersi con lui.
Si baciarono a lungo, finché non furono costretti a separarsi, a malincuore, per prendere fiato.
Taehyung appoggiò la fronte contro quella di Jeongguk, mentre i loro respiri affannati si mescolavano nello spazio ristretto che li separava. Si fissarono in silenzio, con sguardi carichi di desiderio e di una nuova, inebriante consapevolezza.
«Buonanotte», sussurrò Jeongguk con un sorriso, posandogli un tenero bacio sulle labbra.
«Buonanotte», rispose Taehyung, nascondendo il viso nell'incavo del suo collo e inspirando un'ultima volta il suo profumo, prima di lasciarlo andare con riluttanza.
Jeongguk si voltò e si incamminò verso il portone del condominio, ma prima di scomparire dietro la porta, si voltò un'ultima volta per salutarlo con la mano, rivolgendogli un ampio sorriso.
Poi, la porta si richiuse alle sue spalle, lasciando Taehyung solo nel buio della notte, con il cuore che batteva all'impazzata, il respiro ancora spezzato e un turbinio di emozioni nello stomaco, mentre il dolce sapore di Jeongguk indugiava ancora sulle sue labbra.
a/n
secondo i miei piani, il bacio doveva essere un peck kiss, perché io vado PAZZA per lo slow burn 🤭 ma è anche vero che i miei personaggi hanno vita propria nella mia testa, e taehyung alla fine mi ha proprio detto: peck kiss un emerito cazzo, sorella🤠 fammi mangiare
e quindi niente, ha fatto tutto lui. io ho solo scritto🫡 sono la sua umile serva
E ALLORA COSA NE PENSIAMO DI BRAT JEONGGUK X DADDY TAEHYUNG 🤪🤪🤪 FATEMI SAPERE
non so se sono stata abbastanza brava nelle descrizioni da farvelo capire, ma le reference per questo capitolo sono nientepopodimeno (lo sapevate che questa parola è stata approvata dall'accademia della crusca? io sconvolta lmao adoro) che LORO:
ho detto tutto.
la cassetta postale degli scleri è ufficialmente aperta📭
kisses,
— M
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