Capitolo 6: Five, Six, Seven, Eight.. and My Heart Goes Boom

📻 Be My Lover, La Bouche





𝙲𝚊𝚙𝚒𝚝𝚘𝚕𝚘 𝟼: 𝙵𝚒𝚟𝚎, 𝚂𝚒𝚡, 𝚂𝚎𝚟𝚎𝚗, 𝙴𝚒𝚐𝚑𝚝... 𝚊𝚗𝚍 𝙼𝚢 𝙷𝚎𝚊𝚛𝚝 𝙶𝚘𝚎𝚜 𝙱𝚘𝚘𝚖






Era arrivato alla scuola di danza con qualche minuto d'anticipo, un groviglio di dubbi che gli attanagliava lo stomaco e un'impellente voglia di darsela a gambe. Gli prudevano le dita per prendere il cellulare, scrivere un messaggio di scuse improvvisate e rifugiarsi tra le sicure e confortanti mura di casa sua.

Se qualcuno gli avesse detto che, a trentatré anni, con una figlia e un divorzio alle spalle, si sarebbe ritrovato a prendere lezioni di hip hop per sfuggire alla routine, scaricare lo stress e, soprattutto, tentare un approccio con il giovane e adorabile maestro di danza di sua figlia, probabilmente gli avrebbe riso in faccia. E poi, forse, gli avrebbe fatto causa per diffamazione.

Kim Taehyung, in che razza di guaio ti sei andato a cacciare? pensò maledicendosi. Accidenti a te.

Ma soprattutto, accidenti a Jimin, a sua madre, alla maestra Park e, ovviamente, a Jeongguk. Perché non fosse stato così carino, non si sarebbe trovato intrappolato in questa situazione assurda.

I corridoi della scuola erano deserti, inondati dalla luce mattutina e avvolti in un silenzio pacifico, interrotto solo dall'eco dei suoi passi. Taehyung avanzava con l'andatura incerta di un condannato a morte, diretto alla sala di Jeongguk. Si fermò a pochi passi dalla porta a vetri, lo sguardo fisso sulle punte delle scarpe, immobile e rigido come un lampione.

Indossava una delle poche tute da ginnastica che aveva nell'armadio, una che usava raramente per fare jogging. E ora, in quel contesto, gli sembrava una scelta terribile. Si sentiva come un allenatore di calcetto in pensione, fuori posto e vestito in modo inadeguato, un reperto archeologico catapultato in un'epoca che non gli apparteneva.

Ok, basta autocommiserazione, si disse. Ormai sei qui, è troppo tardi per tornare indietro. Doveva darsi una scossa. Doveva farsi coraggio e affrontare quella lezione, e con ogni probabilità, anche la figuraccia più colossale della sua vita.

Appena spinse la porta della sala, una coinvolgente melodia hip hop dei primi anni duemila lo invase, diffusa a volume moderato dagli altoparlanti dello stereo. Jeongguk era al centro della sala, la testa china sul cellulare. Indossava una semplice t-shirt nera con la scritta "RELOVEUTION", arrotolata sulle spalle ampie che lasciavano intravedere le braccia tatuate, pantaloni da tuta neri e scarpe da ginnastica bianche. Aveva di nuovo i capelli mossi raccolti in una mezza coda, con la frangia scura che gli ricadeva sugli occhi, come la prima volta che si erano incontrati.

Sentendo la porta aprirsi, Jeongguk alzò lo sguardo e un sorriso luminoso gli illuminò il viso. «Taehyung, sei arrivato! Stavo per scriverti», esclamò, con un tono che non lasciava spazio a nessun tipo di formalità.

«Ciao», rispose Taehyung, fermandosi a pochi passi di distanza. Il suo sguardo indugiò un istante di troppo sul corpo di Jeongguk, seguendo involontariamente la linea dei bicipiti e dei tatuaggi che gli avvolgevano il braccio, prima di tornare rapidamente al suo volto. Accidenti, è davvero carino, pensò. Si schiarì la voce, cercando di nascondere il nervosismo. «Scusa... ti ho fatto aspettare molto?»

«Un pochino, ma me lo aspettavo», rispose Jeongguk, sorridendo divertito mentre lo scrutava da capo a piedi. Si mordicchiò pensieroso il piercing al labbro. «Carina la tuta», commentò infine, con un'aria che sembrava soddisfatta, ma anche un po' sorpresa.

Taehyung abbozzò un sorriso nervoso, portandosi una mano alla nuca. «Sembro un nonnetto alla sua prima lezione di aerobica, vero?»

Jeongguk scoppiò a ridere, una risata leggera e contagiosa che riecheggiò nella sala. «Assolutamente no! Anzi, stai molto bene, davvero. Vestito così sembri più... umano, forse. Più reale. Di solito sembri uno di quegli attori dei drama.»

Taehyung per poco non si strozzò con la sua stessa saliva mentre cercava di trattenere una risata nervosa. «Ah– io? Davvero?» balbettò, cercando di minimizzare il complimento. «Anche tu stai... cioè, sei in forma», aggiunse poi, con un sorriso tirato e un cenno del mento verso i suoi bicipiti.

Sei in forma?! Ma che cavolo dici? si rimproverò mentalmente Taehyung. Dagli pure un pizzicotto sulla guancia e chiamalo "figliolo". Così da oggi in poi lui ti chiamerà "ajussi" e addio flirt.

Jeongguk rise di nuovo, ma questa volta con un velo di imbarazzo. «Allora, sei pronto?» chiese infine, con un sorriso più dolce.

«Non direi proprio pronto, ma ormai sono qui, quindi...», borbottò Taehyung, rassegnato.

Cercò di non pensare alla comicità della situazione: lui, un avvocato sulla trentina, impacciato come un elefante su una pista di pattinaggio, che cercava di imparare a ballare l'hip hop per avvicinarsi a un ragazzo molto più giovane di lui. Una follia. Eppure, eccolo lì.

Jeongguk, percependo la sua esitazione, gli rivolse un sorriso incoraggiante. «Non preoccuparti, non sarà difficile. Inizieremo con qualcosa di semplice, per scaldarci. Ti mostrerò alcuni passi base e poi proveremo a combinarli in una piccola coreografia. Te la caverai benissimo.» Gli diede una pacca sulla spalla, un tocco rapido e innocente che, internamente, fece sussultare Taehyung. «Iniziamo?»

Taehyung annuì, sforzandosi di mostrare un sorriso più sicuro. «Vai», rispose, passandosi di nuovo una mano tra i capelli, un tic che spuntava fuori solo quando era particolarmente nervoso.

Jeongguk si avvicinò allo stereo, alzando il volume con un gesto deciso. «Ok», disse, battendo le mani a tempo. «Per prima cosa, proviamo un po' di bounce. È un movimento semplice: piega leggermente le ginocchia e poi distendile a ritmo di musica. Come se stessi saltellando sul posto, ma in modo più controllato.»

Taehyung osservò attentamente Jeongguk mentre eseguiva il movimento, cercando di imitarlo al meglio delle sue possibilità. All'inizio era un po' goffo e scoordinato, ma dopo qualche tentativo iniziò a prendere confidenza con il ritmo.

Ok, questo è facile. pensò Taehyung, cercando di darsi un po' di fiducia. Niente che non abbia già fatto mentre cucino... solo che qui non c'è il rischio di bruciare qualcosa.

«Bravo, stai andando alla grande!», lo incoraggiò Jeongguk, con un sorriso radioso. «Ora aggiungiamo il side step. Fai un passo laterale con il destro, poi porta il sinistro a raggiungerlo. E poi ripeti dall'altro lato. Sempre a tempo.»

Taehyung seguì le istruzioni di Jeongguk, concentrandosi a coordinare le gambe alla musica. Sentiva i muscoli scaldarsi e un leggero sudore sulla fronte. Nonostante la fatica, doveva ammettere che si sentiva sorprendentemente bene, leggero e un po' euforico, come dopo un bicchiere di champagne, ma con una piacevole carica di adrenalina.

«Perfetto!», esclamò Jeongguk. «Ora uniamo bounce e side step. Piega le ginocchia, passo laterale, riporta l'altro piede, e ripeti dall'altro lato. A ritmo.»

Taehyung si concentrò, cercando di memorizzare la sequenza e di eseguirla a tempo. All'inizio fece un po' di confusione, ma Jeongguk fu molto paziente e lo corresse con gentilezza, mostrandogli di nuovo i movimenti e incoraggiandolo a riprovare.

Dopo qualche maldestro tentativo, Taehyung iniziò a coordinare i movimenti con più fluidità. Si sentiva sempre meno impacciato e più coinvolto dalla musica, e un sorriso gli comparve spontaneo sul viso.

«Visto? Te l'avevo detto che ce l'avresti fatta» disse Jeongguk, con un sorriso orgoglioso. «Sei bravo, Taehyung. Hai un buon senso del ritmo.»

Il complimento di Jeongguk fece arrossire leggermente Taehyung. «Grazie», borbottò. «Ma credo sia solo merito tuo. Sei un bravo insegnante.»

Jeongguk gli fece l'occhiolino. «Lo so», rispose, con un sorriso sornione. «Ok, adesso che ci siamo scaldati un po', possiamo passare a qualcosa di più interessante.» Si spostò al centro della sala, trafficando con il telecomando dello stereo. «Ora ti mostro la coreografia che faremo insieme oggi.»

Taehyung non riconobbe subito il titolo del brano, ma la voce gli suonava stranamente familiare. Si concentrò un istante, cercando di metterla a fuoco, e poi, all'improvviso, la lampadina si accese: era My Love di Justin Timberlake. Il suo cervello fece un balzo indietro di anni, a un periodo ben preciso della sua vita: gli anni del college, le serate trascorse con Jimin, le feste universitarie, i viaggi in macchina coi finestrini abbassati e la musica sparata a tutto volume. Anni in cui il tempo non gli sfuggiva come sabbia tra le dita.

If I wrote you a symphony, just to say how much you mean to me (what would you do?) Le prime note si diffusero nell'aria, e non appena il ritmo si fece più deciso, Jeongguk iniziò a muoversi, catturando immediatamente l'attenzione di Taehyung.

If I told you you were beautiful, would you date me on the regular? Jeongguk iniziò con un lento bounce, con isolamenti della testa, delle spalle, dei piedi e poi integrando il tutto con un passo incrociato. Non era un movimento rigido, ma organico, che partiva dal petto, come un respiro profondo che si espandeva in tutto il corpo. Le spalle si muovevano fluide, il corpo rilassato, i capelli scuri che ondeggiavano appena sulla nuca. Anche se i movimenti in sé non erano particolarmente complessi, era il modo in cui Jeongguk li eseguiva a catturare l'attenzione di Taehyung. C'era una sicurezza innata, una naturalezza che lo rendeva magnetico. Occupava lo spazio con una presenza che andava ben oltre la semplice esecuzione di una coreografia.

Poi il beat divenne più marcato, più incalzante, e Jeongguk iniziò a giocare con lo spazio, a esplorarlo con il suo corpo. I suoi movimenti ampi riempivano la sala, quasi sfidandone i confini, come se la musica lo spingesse a espandersi, a esprimersi in tutta la sua pienezza. See all I want you to do is be my love (so don't give away), my love (so don't give away)...

C'erano momenti in cui Jeongguk lasciava scivolare una mano lungo il proprio corpo, tracciando con grazia le linee delle spalle, del petto e dei fianchi, sfiorando appena la stoffa dei suoi vestiti e accennando alla muscolatura sottostante. Non c'era nulla di artefatto, nulla di calcolato; ogni movimento fluiva spontaneo, come se nascesse direttamente dalla musica, un'estensione naturale del suo essere. Ed era incredibilmente sensuale.

Poi, in un movimento fluido, per un attimo, i loro occhi si incrociarono nel riflesso dello specchio. Durò solo un attimo, troppo poco perché Taehyung avesse la certezza che fosse accaduto davvero, ma un'ondata di calore gli salì allo stomaco, mentre lo seguiva con lo sguardo come se fosse ipnotizzato.

Dopo il primo ritornello, Jeongguk spense la musica e si voltò verso Taehyung con un sorriso aperto, quasi bambinesco. «Allora? Che ne pensi?» chiese, col fiato leggermente corto.

Taehyung era ancora così preso dalla performance di Jeongguk che non poté fare a meno di notare tre dettagli specifici, presentatisi, per sua sfortuna, in un ordine che definire "compromettente" era un eufemismo.

Primo, la fossetta che faceva capolino quando sorrideva, un piccolo dettaglio adorabile che avrebbe potuto sciogliere un iceberg.
Secondo, il leggero rossore che gli colorava le guance, segno inequivocabile del leggero sforzo appena compiuto, e che lo rendeva stranamente... vulnerabile.

E poi, poi c'era il terzo dettaglio, quello che fece seriamente vacillare la sua integrità morale, spingendolo a interrogarsi sulla sua natura di uomo retto e composto: il suo petto, che si alzava e si abbassava sotto la t-shirt, seguendo il ritmo del suo respiro ancora affannoso. Quel semplice movimento innescò una reazione a catena nel suo cervello, mandando in tilt i suoi circuiti logici e aprendo le porte a pensieri impuri che lo fecero sentire improvvisamente un peccatore degno delle fiamme dell'inferno.

Cazzo.

Taehyung distolse lo sguardo, cercando di riordinare i pensieri. «È... bella. Molto energica. Mi piace», mormorò in fretta. E anche dannatamente sexy, pensò, ma si astenne dal dirlo ad alta voce.

«Sono contento che ti piaccia», rispose Jeongguk, scostandosi una ciocca di capelli dalla fronte e rivelando uno sguardo compiaciuto.

«Bene, allora iniziamo con i primi otto tempi. Sono la base di tutta la coreografia.» Jeongguk tornò al centro della sala, sotto la luce bianca dei faretti che lo avvolgeva in un alone quasi mistico. Le prime note della musica tornarono a riempire la sala. «Ok, guarda me.» Jeongguk iniziò a muoversi, riprendendo il bounce che avevano provato prima, ma questa volta con accenti più decisi. «Hai notato come la mia mano scivola lungo il fianco, poi sul petto, mentre faccio il passo laterale? Deve essere un movimento fluido, naturale, come se stessi... beh, come se lo facessi senza pensarci. Tipo, come se fossi sotto la doccia e stessi usando una spugna, solo un po' più... sexy.» Aggiunse con un mezzo sorriso, un lampo giocosamente malizioso negli occhi. «E poi, con le spalle, un piccolo movimento leggero, come se stessi scrollando via qualcosa, ma senza esagerare con l'energia. Questo serve a dare ritmo. Ora proviamo a mettere insieme i passi.»

Jeongguk eseguì i primi otto tempi, mostrando a Taehyung ogni singolo movimento con una precisione e una chiarezza impeccabili. «Fin qui ci sei?» chiese, lanciandogli un'occhiata interrogativa.

No, fin qui ho guardato solo te e non mi ricordo più niente.

Taehyung lo osservò, sbattendo le palpebre, mentre cercava disperatamente di riportare alla memoria ogni dettaglio. «Credo... di sì», rispose con tono incerto.

Jeongguk gli rivolse un sorriso rassicurante. «Bene. Allora proviamo insieme. Non pensarci troppo. Guarda me e lascia che il tuo corpo segua la musica.»

Taehyung provò a imitarlo, ma sembrava un manichino. Ogni suo movimento sembrava forzato, innaturale. E la sua immagine riflessa nello specchio non faceva che peggiorare le cose, mostrandogli impietosamente quanto fosse goffo e fuori luogo in quel contesto. Era come se il suo corpo si rifiutasse di collaborare, opponendo una resistenza passiva a ogni tentativo di seguire il ritmo.

E poi c'era Jeongguk. Jeongguk, con la sua dannata grazia felina, i suoi movimenti fluidi e precisi, il suo sorriso incoraggiante e la sua infinita pazienza. Jeongguk, che era dannatamente carino, e paziente, e gentile, e che lo distraeva con la sua semplice presenza. Taehyung non riusciva a concentrarsi sui passi, perché ogni volta che alzava lo sguardo lo vedeva lì, radioso sotto le luci, e si sentiva ancora più impacciato.

Dopo un paio di tentativi fallimentari, si fermò, passandosi una mano tra i capelli, già in disordine. «Non ci riesco», sbottò, con un misto di frustrazione e imbarazzo.

Jeongguk lo fissò per un attimo, poi spense la musica. Si avvicinò a Taehyung e si fermò proprio davanti a lui, invadendo il suo spazio personale con una facilità che lo fece sussultare. «Chiudi gli occhi.»

Taehyung lo guardò, confuso. «Cosa?»

«Chiudi gli occhi», ripeté Jeongguk con un sorriso paziente. «Fidati di me.»

Dopo un momento di esitazione, Taehyung obbedì. Sentì la musica ricominciare e il beat fondersi con il battito folle del suo cuore, che ormai sentiva pulsare nelle orecchie.

«Ora ascolta», disse Jeongguk, la voce più vicina di quanto Taehyung si aspettasse. «Non pensare ai passi. Non pensare a me. Solo alla musica.»

Il tempo sembrò rallentare. Taehyung iniziò a muoversi lentamente, un po' goffo all'inizio, ma con il passare dei secondi il suo corpo iniziò a seguire il ritmo, con movimenti meno rigidi.

«Vedi? Lo stai facendo», disse Jeongguk con gentilezza.

Taehyung aprì gli occhi e lo trovò a pochi centimetri da lui, con un sorriso incoraggiante sulle labbra e gli occhi grandi come due lune piene che lo fissavano.

«Bravo», disse Jeongguk. «Vedi? Va già meglio.» Gli diede un leggero colpetto sulla spalla, prima di fare un passo indietro e tornare a posizionarsi accanto a lui.

Era evidente che il contatto fisico non lo imbarazzasse, a giudicare dalla naturalezza con cui lo toccava. Probabilmente perché era un ballerino, o magari semplicemente perché era molto giovane, abituato ad atteggiamenti informali. Taehyung invece non ci era abituato per niente; il suo era un mondo fatto di rigide strette di mano e frasi di circostanza. Per cui ogni minimo contatto, ogni parola genuina che gli rivolgeva, lo spiazzava.

Passarono ai passi successivi: il groove e l'isolamento del corpo. Per Taehyung, che non aveva mai avuto una particolare predisposizione per il ballo, coordinare i movimenti e dissociare le diverse parti del corpo si rivelò un compito a dir poco arduo. Si sentiva goffo e impacciato, come una specie di automa malfunzionante. Ma ogni volta che la frustrazione minacciava di sopraffarlo e la tentazione di arrendersi si faceva più forte, Jeongguk era lì, pronto a sostenerlo con la sua infinita pazienza e quel sorriso contagioso che, puntualmente, gli mandava in tilt il cervello.

Mentre ripetevano la sequenza, Taehyung lanciò di nuovo un'occhiata allo specchio. Il suo corpo rigido e i suoi movimenti incerti contrastavano in modo stridente con la fluidità e l'eleganza naturale di Jeongguk. Un sospiro silenzioso gli sfuggì dalle labbra, mentre un fastidioso senso di inadeguatezza gli si annidava nello stomaco. Probabilmente mi trova meno sexy di un manico di scopa, pensò, con un pizzico di autoironia amara.

Jeongguk, accorgendosi che si era fermato, si voltò a guardarlo con un'espressione interrogativa. «Devi sentire il ritmo», gli disse, avvicinandosi con passo leggero e sicuro. Poi, con un gesto che a Taehyung parve al contempo casuale e incredibilmente intimo, le sue mani si posarono appena sui suoi fianchi, proprio nel punto in cui la curva dei fianchi incontrava il bacino. Un tocco leggero, quasi impalpabile, che avrebbe potuto essere interpretato come un semplice gesto di guida, un aiuto amichevole. Eppure, quel contatto, per quanto breve e appena accennato, fu sufficiente a mandargli un brivido lungo la schiena che risalì fino alla nuca, mentre un improvviso calore gli salì le guance.

«Così», mormorò Jeongguk, muovendo delicatamente i suoi fianchi in un ritmo sinuoso e ipnotico. «Rilassa la schiena. Lascia che il corpo si muova da solo.»

Taehyung, sentendosi osservato da quegli occhi scuri, si sentì ancora più impacciato. «Mi sento ridicolo», borbottò, distogliendo lo sguardo e sentendo il rossore sulle sue guance aumentare vergognosamente.

Jeongguk lo guardò con un'espressione dolce e comprensiva, quasi divertita. «Che ti ho detto l'altra volta?» gli chiese con voce ferma, ma rassicurante. «Questo è uno spazio sicuro e non giudicante. Qui dentro nessuno è ridicolo e io non riderei mai di te. Ok?»

Taehyung annuì, la gola improvvisamente secca. Con Jungkook così vicino, le parole sembravano intrappolate da qualche parte, in fondo alla sua gola.

Jeongguk, notando il suo silenzio – e forse anche la sua espressione un po' persa – spostò lentamente le mani dai suoi fianchi, come se si stesse staccando da una calamita. Lo osservò con un'espressione che, pur mantenendo la sua solita intensità, si addolcì in un sorriso incoraggiante. «Ora prova tu», lo incitò.

Taehyung cercò di imitare i movimenti di Jeongguk, sforzandosi di ricordare la sequenza e di replicare la fluidità che aveva visto poco prima.

«Rilassati, Taehyung», gli disse pazientemente Jeongguk, appoggiandogli le mani sulle spalle rigide. «Non irrigidirti.» Poi, con un movimento fluido e inaspettato che colse Taehyung di sorpresa, Jeongguk gli girò intorno, posizionandosi proprio dietro di lui, tanto vicino che Taehyung sentì il calore del suo corpo irradiarsi attraverso i vestiti. Quel movimento gli fece sentire distintamente il suo profumo, un misto di muschio e qualcosa di più dolce, forse ylang ylang. Un profumo particolare che non aveva mai sentito addosso a un uomo, ma che sembrava racchiudere perfettamente la natura ambivalente di quel ragazzo: sicurezza e dolcezza.

Jeongguk gli prese delicatamente una mano, mentre l'altra si appoggiava sul suo fianco con naturalezza. Iniziò a guidarlo nei passi, muovendosi insieme a lui, come se fossero un'unica entità, un solo corpo che si muoveva al ritmo della musica. «Segui me», mormorò vicino al suo orecchio, la voce calda e rassicurante.

Taehyung si ritrovò a pensare, con un'ondata di vergogna che gli colorò le guance di un rosso acceso, che si sentiva come un neonato che muove i primi passi, tenuto per mano da un'entità superiore – in questo caso, la mano fin troppo ferma di Jeongguk. L'immagine, già di per sé abbastanza raccapricciante, lo fece quasi rabbrividire. Lui, Kim Taehyung, lo stoico avvocato di successo che collezionava vittorie schiaccianti, ridotto a una gelatina tremante bisognosa di supporto per mettere insieme un paio di semplici passi. Era una situazione che aveva dell'assurdo.

Sentendo il respiro caldo di Jeongguk solleticargli il collo – un dettaglio che, in circostanze normali, avrebbe trovato piacevolmente... stimolante – e la sua voce così vicina, Taehyung trattenne il fiato per un istante, come se sperasse di poter resettare il sistema operativo del suo corpo con un semplice comando "ctrl+alt+canc". Il problema era che il suo cervello sembrava essersi preso una momentanea – o forse definitiva – pausa caffè, lasciando il resto del suo organismo in balia degli eventi.

«Tutto bene?» chiese Jeongguk, la voce dolce ma con una nota di divertimento che non sfuggì a Taehyung.

«Benissimo!» rispose lui, con un tono decisamente troppo squillante per la poca distanza che li separava.

Diamine, non si era mai sentito così esposto. Era come se Jeongguk lo avesse improvvisamente spogliato di ogni difesa, rivelando ogni minima vulnerabilità, ogni insicurezza celata dietro la maschera che indossava di solito. Eppure, paradossalmente, si sentiva incredibilmente vivo e presente, consapevole del proprio corpo, della propria fisicità.

Guardò il suo riflesso allo specchio e vide qualcuno che non riconosceva. O meglio, qualcuno che non vedeva da molto tempo, da anni, una versione di sé che aveva relegato in un angolo remoto della sua memoria. Con un misto di orrore e una strana, inaspettata sorpresa, si accorse quasi di... piacersi. Non che fosse uno di quei narcisi inconsapevoli che fingono di non riconoscere il proprio fascino. Sapeva di essere un bell'uomo, era un dato di fatto. Ma c'era un abisso tra il saperlo e il sentirlo veramente. Forse perché piacersi significava accettare di essere visto. E accettare di essere visto era pericoloso: esponeva, metteva a nudo.

Sotto la guida sicura e gentile di Jeongguk, Taehyung si rilassò, la tensione che lo aveva irrigidito svanì. La musica li avvolgeva, i corpi si fondevano in un unico movimento, e per un breve istante Taehyung provò una sensazione di libertà, di leggerezza, quasi di euforia.

Taehyung incrociò lo sguardo di Jeongguk nello specchio, e si chiese per un attimo cosa vedesse in lui, cosa pensasse mentre lo guardava in quel modo. Di solito, al lavoro, era lui a decidere quando e come uno sguardo doveva finire; bastava un cenno del mento, un'occhiata eloquente, e l'interlocutore abbassava gli occhi. Ma Jeongguk non cedeva. Mentre lo guidava, i suoi occhi non si staccarono mai dai suoi.

«Ecco, così, bravissimo», sussurrò, e il suo fiato caldo gli solleticò il collo.

Taehyung deglutì. Era sempre stato abituato a dare ordini, non a riceverli, soprattutto non in quel modo. Non con quella voce gentile e dolce, in netto contrasto con l'atteggiamento sicuro e disinvolto che aveva sempre mostrato, quasi sfrontato. Era come se due persone diverse coesistessero in Jeongguk, una che lo guidava con fermezza e l'altra che lo confortava con delicatezza, creando un cortocircuito nel cervello di Taehyung.

«Ora per questa parte dobbiamo simulare il battito del cuore, ma dobbiamo renderlo energico, deve centrare i beat della musica», disse improvvisamente Jeongguk. Con un movimento fluido, sollevò la mano che teneva la sua e le portò entrambe sul petto di Taehyung, guidandolo in un movimento lento e profondo del busto.

«Senti?» chiese Jeongguk. «Il ritmo è anche qui. Dentro di te. Lo devi solo ascoltare.» Il suo sguardo era fisso negli occhi di Taehyung, attraverso lo specchio.

Taehyung annuì, sentendo il calore della mano di Jeongguk penetrargli attraverso la felpa.

Poi, quasi come una carezza, Jeongguk gli mise una mano dietro la coscia, appena sopra il ginocchio, come a volerlo trattenere. Lo spinse delicatamente a piegare la gamba. «Piega un po' di più il ginocchio», disse.

Taehyung si appoggiò istintivamente a lui per non perdere l'equilibrio, e la sua schiena premette completamente contro il corpo di Jeongguk per una frazione di secondo. Poi, una sensazione improvvisa, quasi una scossa, lo spinse ad allontanarsi immediatamente.

Jeongguk percepì subito il suo corpo irrigidirsi, e senza dire niente, sciolse il contatto, allontanandosi di un passo per tornare al suo fianco. Il calore che fino a un istante prima li aveva uniti lasciò spazio a un piccolo, palpabile vuoto.

Jeongguk lo guardò con un sorriso incoraggiante. «Dai, riproviamo la prima sequenza.» Il suo tono era tornato leggero e professionale, come se nulla fosse accaduto.

La lezione continuò per un po'. Taehyung sentiva i muscoli bruciare per lo sforzo, ma c'era anche una strana adrenalina che lo pervadeva, un'energia nuova che lo spingeva a superare i propri limiti.

Si stava divertendo, ecco la verità. Ballare era davvero liberatorio, Jeongguk aveva ragione. Era come se si fosse tolto di dosso un gigantesco fardello di stress e tensione. Col passare dei minuti, si sentiva sempre più sicuro di sé, e i suoi movimenti diventavano via via più fluidi, meno incerti.

Ripeterono l'intera sequenza più volte. Jeongguk, con la sua consueta precisione, gli mostrava ogni singolo movimento, scomponendolo e poi ricomponendolo in un flusso armonioso. I suoi incoraggiamenti erano a volte dolci e capaci di far arrossire Taehyung, a volte così buffi da farlo scoppiare a ridere.

«Bravo, così! Divertiti. Se non ti ricordi i passi, non fa niente. Improvvisa! Voglio vedere il Taehyung ventenne scatenato e ubriaco nei club!»

«Oh, no che non vuoi vederlo, fidati.»

La risata. La risata di Jeongguk era un piccolo miracolo, un raggio di sole che squarciava un cielo grigio, illuminando ogni cosa. Contagiosa, cristallina, capace di far sorridere chiunque, a prescindere dalla battuta. Tra tutte le cose che apprezzava di quel ragazzo, Taehyung decise che la sua risata era, in assoluto, la sua preferita.

Mentre si concentravano sul ritornello, un passaggio particolarmente dinamico, il codino che raccoglieva i capelli di Jeongguk cedette, liberando alcuni ciuffi scuri che gli ricaddero sulla fronte e sulla nuca.

Quasi senza pensarci, in un gesto istintivo, Taehyung allungò una mano e sfilò delicatamente l'elastico. I capelli di Jeongguk si riversarono morbidi sul suo collo, incorniciandogli il viso in onde scure.

Taehyung rimase immobile, lo sguardo fisso su Jeongguk. I suoi occhi ne percorsero i lineamenti, ora più morbidi, addolciti dalla cornice dei capelli sciolti.

«Ti stanno bene i capelli lunghi», mormorò Taehyung, quasi esprimendo un pensiero ad alta voce, continuando a fissarlo, come ipnotizzato. «Sei carino», aggiunse poi, in un moto di sincerità senza filtri.

Un silenzio improvviso calò tra loro, interrotto solo dalla musica che continuava a suonare in sottofondo. Jeongguk rimase immobile per un istante, sorpreso dal gesto e dal complimento inaspettato. Le sue guance si colorarono di un leggero rossore, un contrasto delicato con la sua pelle chiara. Abbassò lo sguardo per un attimo, come se cercasse un appiglio su cui concentrarsi, prima di riportarlo su Taehyung.

Nei suoi occhi brillava una luce diversa, una timidezza quasi infantile che contrastava nettamente con la sicurezza e la sensualità che mostrava mentre ballava. Sembrava quasi indifeso, vulnerabile, e questo non fece altro che accentuare il suo fascino. Taehyung lo trovò incredibilmente dolce, di una bellezza quasi androgina.

«Grazie», mormorò Jeongguk, la voce appena percettibile, un sorriso timido che gli increspava le labbra. Portò una mano tra i capelli, sistemandoli goffamente con un gesto insicuro. Era un'immagine così diversa da quella del ballerino sicuro di sé che Taehyung aveva visto fino a quel momento da spiazzarlo completamente.

Il silenzio durò solo un breve istante, prima che Jeongguk si schiarisse la voce. «Uhm...» disse, cercando di ritrovare il suo solito tono rilassato. «Dove eravamo rimasti?»

La lezione riprese, l'atmosfera però era sottilmente cambiata. La tensione iniziale si era stemperata, lasciando spazio a una nuova dinamica, fatta di sguardi più intensi e di una consapevolezza reciproca che prima non c'era, come se si guardassero con occhi nuovi. Continuarono a provare la coreografia, mentre il tempo volava.

Taehyung, ovviamente, non si risparmiò qualche figuraccia: pestò un paio di volte i piedi a Jeongguk quando non riusciva a gestire bene lo spazio, e rischiò persino di colpirlo in faccia con un pugno, preso dall'entusiasmo della musica.

«Cazzo, scusa, ti ho fatto male?!»

«No, hai mancato il bersaglio! Non preoccuparti, ci sono abituato... Avvocato Kim, ha appena detto cazzo?»

«Chi, io? Assolutamente no.»

Ma tra un passo falso e l'altro, tra risate e incoraggiamenti, si insinuavano anche degli sguardi. Sguardi che si incrociavano per una frazione di secondo, sguardi che si cercavano nello specchio, sguardi carichi di una comunicazione non verbale che andava al di là delle parole.

Dopo circa un'ora e mezza di lezione, Jeongguk spense la musica. Il silenzio che seguì era rotto solo dai loro respiri affannosi e dallo stridio delle scarpe da ginnastica sul parquet. Erano entrambi sudati, ansimanti e sorridenti, come due ragazzini.

«Sei stato bravo», disse Jeongguk con un sorriso. «Per essere la prima volta, te la sei cavata alla grande.» Il suo sguardo indugiò un attimo sul corpo di Taehyung, e per un istante sembrò sul punto di accorciare la distanza che li separava, già minima. Poi, qualcosa lo trattenne.

«Grazie», rispose Taehyung, ancora col fiato corto, cercando – invano – di non fissare le labbra di Jeongguk. «Devo ammettere che mi sono divertito... molto. Bella coreografia», aggiunse, abbozzando un sorriso. «A proposito, è tua?»

Jeongguk annuì, infilando le mani nelle tasche. Un gesto timido che Taehyung trovò stranamente attraente e adorabile al tempo stesso. «In realtà è nuova. L'ho preparata apposta per oggi», disse con un tono un po' incerto. «Anche perché non potevo farti fare le coreografie per bambini, anche se mi sarebbe piaciuto vederti fare il Running Man», aggiunse con una risatina.

Il Running Man? Taehyung aggrottò le sopracciglia. «Non so nemmeno cosa sia, ma non mi ispira niente di buono», borbottò con finta aria burbera.

Jeongguk ridacchiò, dondolandosi leggermente sui talloni. Cazzo, smettila di essere così dannatamente carino. «Scherzi a parte, volevo qualcosa che ti facesse sentire libero... libero di esprimerti. Di sentirti a tuo agio con te stesso, con il tuo corpo.»

Il cuore di Taehyung perse un battito. Il fatto che Jeongguk avesse dedicato del tempo a pensare a una coreografia per lui, per farlo sentire a suo agio, gli suscitò una sensazione nuova, un nodo allo stomaco diverso dall'attrazione bruciante che ormai ammetteva di provare per quel ragazzo, eppure ancora più forte, più viscerale. Qualcosa che si avvicinava pericolosamente all'affetto.

«Onestamente non credevo di poter fare una cosa del genere. Mai nella vita», disse con una smorfia, riferendosi a molto più che alla lezione.

Jeongguk sorrise. «C'è sempre una prima volta, no?» Abbassò lo sguardo un istante, per poi incrociare di nuovo quello di Taehyung. «Quindi... presumo che vorrai continuare?» chiese sottovoce, giocherellando con le mani. Sembrava quasi preoccupato.

Taehyung non riuscì a trattenere un sorriso tenero. «Direi di... sì.»

Jeongguk si illuminò. «Ne sono felice.» Fece un passo avanti, facendosi ancora più vicino. Troppo vicino, pensò Taehyung. Ma allo stesso tempo, non voleva che si allontanasse.

«È stato bello oggi. Sai, ti parlavo di affinità l'altra volta, e l'ho sentita subito con te, anche solo chiacchierando, ma soprattutto oggi. Mi sono sentito a mio agio, cosa che non mi succedeva da tanto con le lezioni individuali...» Si toccò distrattamente i capelli, come a cercare conforto. «Io... non so mai quanto posso spingermi con te, Taehyung, con le parole e i gesti, ma volevo che sapessi che non mi comporto così con tutti.»

Taehyung lo fissò, leggendo il significato dietro le sue parole. Parlavano sempre così, loro due, con più sottintesi che frasi vere e proprie, un codice non scritto che si erano trovati a condividere quasi per caso, e che ora sembrava definire i confini della loro strana, intensa relazione. Era come se ogni frase fosse un tassello di un puzzle che solo loro due potevano vedere nella sua interezza.

Taehyung prese fiato, raccogliendo quel po' di coraggio che gli restava. «Anche per me è una cosa nuova, Jeongguk. Ti avevo detto che con me avresti dovuto avere un po' di pazienza... ed è ancora così. Però», deglutì, la voce che tremava appena, «nemmeno io sono così con chiunque. Anzi, sono molto chiuso e raramente lascio che le persone mi si avvicinino. Ma non... non ho avuto altro nella mia vita se non il lavoro e mia figlia per quattro anni.» Abbozzò una risata forzata, che si spense subito. «Capisci che non so nemmeno da dove iniziare e, per me, oggi è stato già un passo enorme, quindi...»

«Lo so», lo interruppe Jeongguk, sfiorandogli delicatamente un braccio. Le sue dita indugiarono sul polso e poi sul dorso della mano, per poi ritirarsi. «Non intendevo dire che dobbiamo affrettare le cose o fare più di quello che stiamo facendo. Io... volevo solo che tu sapessi come mi sento, che sono qui, che voglio conoscerti... E i tuoi tempi mi vanno benissimo», mormorò, arrossendo in maniera più evidente.

Voglio conoscerti. Era da tanto che non sentiva una cosa del genere, detta con tanta sincerità. E fu proprio quella sincerità che lo spinse ad agire, quasi d'istinto, mentre osservava gli occhi grandi e luminosi di Jeongguk che lo fissavano. Allungò un braccio e gli prese la mano, in un gesto deciso ma un po' tremante.

«È che non ci sono abituato. A... tutto questo», disse a fatica.

Jeongguk sussultò al contatto. «A cosa, esattamente?» sussurrò.

Taehyung deglutì a vuoto. A essere guardato come mi guardi tu. A essere desiderato. A sentirmi ancora un uomo capace di far arrossire qualcuno. Un uomo capace di desiderare qualcuno. «A... a lasciarmi andare. A essere... me stesso. Senza dovermi preoccupare di come andrà a finire, delle complicazioni.»

Jeongguk sorrise. «È un po' come ballare, no? Devi fidarti del tuo corpo, del ritmo, e lasciarti trasportare. Smettere di pensare e iniziare a sentire.» Lo guardò negli occhi, intrecciando le loro dita. «Cosa senti ora?»

Taehyung rimase un attimo in silenzio, il cuore che batteva forte. Poi, a bassa voce: «Mi sento... diverso.»

Jeongguk annuì, senza smettere di guardarlo. «Diverso come?»

Taehyung si morse il labbro, esitando. «Mi sento... vivo.» Un sorriso amaro gli increspò le labbra. «La mia vita, negli ultimi anni, è stata piuttosto... piatta. Monotona. Lavoro, Nabi, casa. Un loop senza fine. Come se stessi vivendo per inerzia.» Guardò Jeongguk negli occhi, con un velo di tristezza. «Qui, con te... è diverso. Mi sento... presente. Consapevole di essere qui, in questo momento. Di esistere. Di provare qualcosa.»

Ma mi sento anche vulnerabile. Esposto. E ho paura di farmi di nuovo male.

Jeongguk gli sorrise dolce, cercando di rassicurarlo. «Allora forse dovremmo continuare a ballare, no?» disse con voce calda e un sorriso giocoso, accarezzandogli il dorso della mano col pollice.

Taehyung abbozzò una risata impacciata, annuendo.

Si guardarono per qualche secondo, cercando di metabolizzare le parole che si erano appena scambiati.

Poi Jeongguk si allontanò di un passo, chinandosi per recuperare il telecomando dello stereo dal pavimento. «Allora... ti aspetto sabato prossimo?» chiese, con una nota di nervosismo che traspariva dalla voce apparentemente calma.

Sabato prossimo è troppo lontano. Un'ondata di audacia lo travolse. Quando era con Jeongguk, il suo cervello faticava a tenere il passo con la sua bocca, che a volte sembrava agire di propria iniziativa, quasi come se fosse brillo.

«Aspettami domani sera», disse, con voce sorprendentemente sicura, nonostante il groviglio di nervi dentro di sé. «Ti va di andare a mangiare qualcosa insieme?» Le parole gli erano uscite di bocca quasi senza che se ne rendesse conto. Ma subito dopo, come una secchiata d'acqua gelida, lo colpì la consapevolezza di ciò che aveva appena detto, e con essa un'ondata di panico.

Oh, cazzo, l'ho detto davvero.

Jeongguk lo guardò con un sorriso curioso. «Mi stai chiedendo di uscire, Taehyung?» chiese, con tono vagamente divertito.

«Potrei averlo fatto, sì», mugugnò Taehyung, sentendo le guance avvampare. Cercò di mantenere il contatto visivo come il vero uomo qual era – un vero uomo molto imbarazzato e in preda al panico –, ma sentiva il bisogno impellente di distogliere lo sguardo.

Jeongguk continuava a sorridere e a non dire niente, e Taehyung non riusciva a decifrare quel bellissimo sorriso che gli stava rivolgendo. Era divertito? Sorpreso? Incerto?

Di' qualcosa, ti prego.

«Capisco...» disse Jeongguk, prendendosi una pausa che sembrò infinita. Taehyung trattenne il respiro, con il cuore a mille. «Allora... la risposta è sì. Mi piacerebbe molto.»

Un'ondata di sollievo lo travolse, così intensa da fargli quasi girare la testa. Mi ha detto di sì. «Davvero?» sussurrò in un mezzo sospiro.

Jeongguk annuì, il sorriso che si allargava. «In realtà, aspettavo che me lo chiedessi da un po'», confessò, avvicinandosi ancora. Ormai erano così vicini che Taehyung riusciva a distinguere ogni dettaglio del suo viso: la sfumatura calda nei suoi occhi scuri, la piccola cicatrice quasi impercettibile sulla guancia, le labbra leggermente screpolate che sembravano invitarlo silenziosamente. «Quindi... domani sera. Dove ti piacerebbe andare?»

Taehyung cercò di concentrarsi, di non farsi distrarre dalla sua vicinanza e da quel profumo inebriante che gli faceva venire voglia di affondare la faccia nel suo collo.

Smettila di guardarlo imbambolato, di' qualcosa!

«Non lo so... » disse, schiarendosi la gola, «non vado a cena con qualcuno da un po'. A parte al McDonald's con Nabi», ammise infine, mordendosi il labbro subito dopo.

Oh, Gesù. Taci, Kim Taehyung. Tappati quella bocca.

Jeongguk rise. «Nessun problema. Conosco un posto carino non lontano da qui. Niente di pretenzioso, ma fanno un'ottima carne... Ti va?»

«Perfetto», rispose Taehyung, annuendo rigidamente. «A che ora?»

«Che ne dici delle otto?» propose Jeongguk.

«Perfetto.»

Stoccafisso che non sei altro, la smetti di ripetere perfetto come un robot?! disse la vocina nella sua testa, che stavolta assomigliava pericolosamente a quella di sua madre.

Jeongguk, notando il suo improvviso irrigidimento e il conflitto interiore che gli si leggeva in faccia, gli rivolse un sorriso curioso e malizioso, con un sorrisetto che gli increspava le labbra.

Seguì un breve silenzio, denso di sguardi. Ma non era un silenzio vuoto; sembrava che si stessero dicendo molto più di quanto avessero fatto a parole.

Poi Jeongguk gli sorrise di nuovo, ma stavolta era un sorriso diverso, dolce e tenero, che sembrò sciogliere in lui ogni traccia di insicurezza. «Allora... a domani, Taehyung.»

«A domani, Jeongguk.»

Jeongguk si voltò per andarsene, ma poi si fermò sui suoi passi. «Ah, quasi dimenticavo», disse con una scintilla maliziosa negli occhi. «Credo che dovrò preparare una coreografia diversa per la nostra prossima lezione, visto che ora usciamo insieme.»

Ora usciamo insieme. Quelle parole fecero avvampare Taehyung.

Taehyung lo guardò, sbattendo le palpebre, con il cuore che minacciava di esplodere. «Cosa?»

Jeongguk ridacchiò, in modo quasi infantile. «Niente, niente», disse sorridendo, prima di fargli un cenno con la testa e uscire dalla sala per entrare negli spogliatoi.

Taehyung rimase lì, immobile, con un sorriso ebete stampato in faccia. Cosa diavolo è appena successo? pensò, ancora incredulo ma con una felicità mista a euforia che gli riempiva il petto.

Due cose erano certe: la prima, che dopo quattro anni di autoimposto esilio sentimentale, si sarebbe ritrovato a un appuntamento; la seconda, che dall'altra parte del tavolo ci sarebbe stato il giovane e adorabile maestro di hip hop di sua figlia. E Taehyung non riusciva a capacitarsi di nessuna delle due.










a/n

I won't speak a single word🤐
sono morta e risorta almeno 4 volte durante questo capitolo ma AAAAAAAAH quanto mi piace scrivere questa storia 🤩🤩

vi aspetto come sempre nei commenti! 🫶🏻

bacini,
M

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