Capitolo 5: The Melting Point
📻 Crush, Jennifer Paige
𝙲𝚊𝚙𝚒𝚝𝚘𝚕𝚘 𝟻: 𝚃𝚑𝚎 𝙼𝚎𝚕𝚝𝚒𝚗𝚐 𝙿𝚘𝚒𝚗𝚝
Il ristorante, un piccolo rifugio incastonato tra i vicoli della città, era una vera e propria tregua dal caos dell'ufficio. Un'oasi di tranquillità con pareti di legno chiaro, luci soffuse e quadri minimalisti dai colori tenui, che creavano un'atmosfera calda e accogliente. L'aria profumava di brodo caldo, spezie e aromi avvolgenti.
Taehyung sedeva rigido, il gomito appoggiato al tavolo di legno scuro e lo sguardo perso nel vuoto. Le dita tamburellavano nervosamente contro il bicchiere d'acqua, seguendo il ritmo dei suoi pensieri. Il bibimbap nel piatto era quasi intatto.
«Hai intenzione di fissarlo finché non diventa una poltiglia fredda?» chiese Jimin, lanciandogli un'occhiata mentre masticava con gusto un pezzo di carne marinata.
Taehyung distolse lo sguardo dalla finestra, dove il traffico dell'ora di pranzo scorreva incessante come un ipnotico fiume di luci rosse e bianche. «Sto mangiando», rispose con un tono piatto, quasi meccanico.
Jimin sollevò un sopracciglio, con un sorriso a metà tra l'incredulità e il divertimento. «Taehyung, sembri Bella Swan quando Edward la molla e lei si mette a fissare fuori dalla finestra per mesi, con quella canzone in sottofondo che fa: there's a possibilityyy...» Iniziò a canticchiare stonando di proposito.
Taehyung non riuscì a trattenersi e scoppiò a ridere. «Che scemo che sei», disse scuotendo la testa.
«Ma almeno ti faccio ridere e ti tiro fuori da questo stato catatonico», rispose Jimin, puntando le bacchette contro di lui con un gesto teatrale. «Ora, seriamente: che ti succede? Sembri aver visto un fantasma.»
Taehyung sospirò, appoggiando le bacchette sul piatto. «Non è niente, sono solo stanco», minimizzò, ma senza molta convinzione.
Jimin lo guardò scettico, inclinando la testa. «Ah, sì? E allora perché hai quella faccia da cane bastonato? Dai, sputa il rospo. Sai benissimo che non mollo l'osso finché non mi racconti tutto.»
Taehyung si passò una mano tra i capelli, in un gesto nervoso. «È solo... Jeongguk», confessò a bassa voce.
Jimin si bloccò a metà sorso di tè caldo, aggrottando le sopracciglia. «Chi?»
Taehyung sospirò di nuovo. «Il maestro di hip hop di Nabi.»
«Ah, JJK!» esclamò Jimin, illuminandosi con un sorriso malizioso. «Che è successo?»
Taehyung distolse lo sguardo, esitando. «L'altro giorno sono arrivato prima alla scuola di danza e ci siamo fermati a parlare un po'», raccontò, grattandosi la nuca con imbarazzo.
«E?» incalzò Jimin, tutt'orecchi.
«E niente. Abbiamo parlato di Nabi, del mio lavoro, del suo... insomma, una conversazione normale. Però...» Taehyung si interruppe, cercando le parole giuste. Ma, diamine, non c'erano parole giuste per descrivere qualcosa che nemmeno lui aveva ben compreso.
«Però?» lo incitò Jimin, impaziente.
Taehyung lo guardò. «Però sembrava che ci stessimo dicendo tutt'altro... capisci cosa intendo? Io... non lo so, Jimin, forse mi sto facendo dei film e ho frainteso tutto. Però mi sembrava quasi che lui... volesse conoscermi meglio, a livello personale. Non so spiegarlo. Forse sto delirando», concluse con tono incerto.
«Cosa te lo ha fatto pensare?» indagò Jimin, assottigliando lo sguardo. «Qualche frase, un gesto?»
Taehyung ci pensò un attimo, giocherellando con le dita. «Il modo in cui mi guardava, forse... e alcune cose che diceva. Sembrava sincero, come se fosse davvero interessato a me, alla mia vita, non solo a Nabi. E poi... mi ha proposto di fare delle lezioni private di hip hop. Sai, per staccare dalla routine, dedicare un po' di tempo a me stesso, fare qualcosa di diverso e bla bla bla. Ormai è quello che mi dicono tutti: la maestra Park, tu, mia madre...» spiegò, gesticolando nervosamente.
«Aspetta, aspetta, frena. Hai detto che lui ti ha proposto cosa esattamente?» lo interruppe Jimin, sgranando gli occhi con un'espressione quasi comica di incredulità.
«Mi ha chiesto se voglio fare delle lezioni private di hip hop con lui, nel weekend», ripeté Taehyung, quasi sussurrando.
A quelle parole, il cucchiaio che Jimin teneva in mano tintinnò sul piatto, schizzando la zuppa sulla tovaglia. I suoi occhi si spalancarono ancora di più, come se avesse appena sentito il pettegolezzo del secolo. «Ti ha chiesto di fare lezioni private? Di hip hop? Con lui?» ripeté Jimin, scandendo ogni parola e ponendo particolare enfasi sull'ultima domanda.
«Sì, esatto», confermò Taehyung, torturandosi le dita sotto la tovaglia. «E ieri sera mi ha anche aggiunto su Instagram...», borbottò accigliandosi, «...dopo che tu, brutto disgraziato, hai messo quel maledetto like.» Puntò un dito accusatorio contro di lui.
Jimin si mosse al rallentatore: si appoggiò allo schienale della sedia con un sorriso enorme che si allargava sempre di più ed emise un verso di esultanza così forte da attirare gli sguardi di diverse persone intorno a loro. «Dio, grazie! Le mie preghiere sono state ascoltate!» esclamò, giungendo le mani davanti alla bocca e alzando lo sguardo al cielo.
Taehyung gli lanciò un'occhiataccia. «Urla un po' di più, magari ti sentono anche in cucina», mormorò acido.
Jimin lo ignorò deliberatamente, con un sorriso entusiasta stampato in faccia. «E tu hai ricambiato il follow?»
Taehyung alzò gli occhi al cielo. «Sì...» mugugnò, rosso in viso.
«Bravo il mio Tae!» squittì Jimin, battendo le mani. «E per le lezioni, invece? Cosa gli hai risposto?» ripartì subito all'attacco.
Taehyung sospirò, passandosi una mano sulla faccia. «Niente di preciso, in realtà. Non ho ancora deciso.» Fece spallucce, sforzandosi di sembrare disinteressato.
Jimin lo osservò con uno sguardo complice e un sorriso furbo, scuotendo la testa. «Fammi indovinare: stai analizzando ogni possibile scenario o complicazione. Tipo il fatto che lui è il maestro di danza di tua figlia, che è troppo più giovane di te, che non sai ballare, o che accettando potresti sembrare troppo... interessato?»
Taehyung lo fissò interdetto per un attimo, sollevando un sopracciglio. «Ma mi leggi nel pensiero?»
«No. Ti conosco, genio. Siamo amici da una vita», rispose Jimin, scrollando le spalle e riprendendo a mangiare. «Sei sempre stato così, Taehyung. Trovi una scusa per ogni cosa, per evitare di buttarti e di rischiare. Ma ascoltami bene: questa è un'occasione che non puoi lasciarti scappare. E non intendo solo per imparare qualche passo di danza... se capisci cosa intendo.» Gli lanciò un'occhiata eloquentemente maliziosa.
Taehyung sbuffò, avvampando. «Non cominciare con questa storia, Jimin. Non è come pensi tu.» Fece una smorfia di disapprovazione.
Jimin lo fissò con un sorriso beffardo, incrociando le braccia. «Ah, no? Allora spiegami perché sembri un adolescente alla sua prima cotta ogni volta che parli di questo Jeongguk. E non provare nemmeno a dire che non ti interessa, perché sei un pessimo bugiardo, Taehyung. Ti brillano gli occhi.»
Taehyung incrociò le braccia di riflesso, in un gesto quasi di difesa, distogliendo lo sguardo. «È solo che non voglio complicazioni. Ho già abbastanza da gestire con Nabi, il lavoro... non ho tempo per...» si interruppe, cercando la parola giusta.
«Per vivere?» lo interruppe Jimin, con un tono più serio e uno sguardo complice. «Tae, sei divorziato da quattro anni. Quattro! Non hai mai nemmeno guardato un'altra persona in tutto questo tempo. Ti sei chiuso in te stesso, ti sei dedicato solo a Nabi e al lavoro, come se il resto del mondo non esistesse. Ora arriva Jeongguk, un ragazzo che sembra sinceramente interessato a te, e improvvisamente sei troppo impegnato per... cosa? Per provare qualcosa di nuovo? Per essere felice?»
Taehyung restò in silenzio, mordendosi l'interno della guancia e fissando il suo bicchiere d'acqua come se contenesse tutte le risposte alle sue domande e ai suoi dubbi.
Jimin si addolcì, vedendo la lotta interiore dipinta sul volto dell'amico. «Ascolta, Tae», disse con un tono di voce più calmo e rassicurante, «non c'è niente di male nell'essere cauto, nell'andarci con i piedi di piombo. Lo capisco benissimo. Ma non lasciare che la paura di soffrire di nuovo ti blocchi. Non permettere alla paura di decidere per te. Se Jeongguk ti ha proposto quelle lezioni, se ti ha cercato, se ha mostrato interesse per te, potrebbe essere un'opportunità per conoscervi meglio, per vedere cosa succede. E onestamente, chi potrebbe biasimarlo? Sei un uomo fantastico, Taehyung. E anche un gran figo.» Jimin gli diede un leggero calcio affettuoso sotto il tavolo, cercando di alleggerire la tensione.
Taehyung alzò gli occhi al cielo, ma un piccolo sorriso si formò sulle sue labbra, per poi svanire quasi subito. «Non so nemmeno se... se gli piacciono gli uomini», mormorò.
«Oh, per favore! Ti ha aggiunto su Instagram, ti ha proposto lezioni private... sta flirtando con te, idiota! È palese.»
Taehyung sospirò di nuovo, sprofondando nella sedia, con le spalle ricurve. «Non so nemmeno da dove cominciare. Mi sembra tutto così complicato, così... rischioso.»
Jimin lo guardò serio ma con un'espressione incoraggiante. «Certo che lo sai. Inizia dicendo di sì alle lezioni. Accetta la sua proposta. Esci dalla tua comfort zone. Il resto verrà da sé. Devi solo fare il primo passo.»
Taehyung rimase in silenzio per qualche istante, riflettendo sulle parole dell'amico. Poi, con un sospiro, prese le bacchette e iniziò a mangiare il suo bibimbap. «Sei insopportabile, lo sai?» disse a Jimin, con un mezzo sorriso.
Jimin ridacchiò soddisfatto. «Lo so. E ora mangia, che tra mezz'ora torniamo all'inferno», disse con una smorfia scocciata, riferendosi al caotico studio legale dove lavoravano.
Taehyung rise, riprendendo a mangiare, ma la sua mente era altrove. Forse, pensò, Jimin aveva ragione. Forse doveva lasciarsi andare un po'. Forse era giunto il momento di rischiare.
🍂
Taehyung fissava il monitor, la fronte aggrottata in una smorfia di concentrazione. Davanti a lui si stendeva un vero e proprio campo minato di documenti legali: atti di matrimonio, accordi di separazione, prematrimoniali, postmatrimoniali, dichiarazioni dei redditi e altre diavolerie burocratiche che sembravano cospirare per farlo impazzire. Ma la sua attenzione era irrimediabilmente catturata da un oggetto molto più piccolo e interessante: il suo cellulare, abbandonato con finta noncuranza accanto alla tastiera. Da quando aveva accettato la richiesta di follow di Jeongguk la sera prima, il suo indice era diventato un pendolo impazzito che oscillava ripetutamente tra la fredda plastica della tastiera e il display del telefono.
Non era mai stato un tipo da Instagram, almeno non per quanto riguardava la sua vita privata. Il suo profilo era una sorta di santuario dedicato a Nabi, la sua piccola principessa: una galleria di sorrisi spontanei, smorfie irresistibili e pose buffe, rubate con amore in occasioni speciali. Di sé stesso, invece, c'era ben poco, quasi tutto frutto dell'insistenza – a volte quasi molesta – di Jimin.
Proprio mentre guardava il telefono di traverso, imponendosi di non controllare Instagram per l'ennesima volta, lo schermo si illuminò con una nuova notifica. E Taehyung, ovviamente, lo afferrò in un battibaleno.
abcdefghi_jjk ha messo "Mi piace" alla tua foto.
Il cuore di Taehyung sobbalzò. Gli sembrò che si fermasse per un istante, per poi riprendere a battere a un ritmo ben più accelerato del normale.
Gesù, Kim Taehyung, hai trentatré anni suonati. È solo un like! Datti una calmata! si rimproverò mentalmente.
Ma no, non era "solo un like". Scorrendo il feed, Taehyung scoprì che non si trattava di un singolo like distratto. No, il giovane maestro di hip hop aveva messo "Mi piace" a ben tre delle sue foto.
La prima ritraeva Nabi al parco, i capelli raccolti in due codini che le incorniciavano il viso mentre si dondolava sull'altalena con un'espressione di pura, incontenibile gioia. Era una delle sue foto preferite, risalente a un anno prima.
La seconda foto era più recente: uno scatto di lui e Nabi che ridevano insieme, seduti su una tovaglia a quadretti bianchi e rossi. Erano a uno dei picnic organizzati da sua madre nel giardino di casa, in uno di quei momenti in cui i k-drama romantici che guardava la influenzavano un po' troppo e la spingevano a dedicarsi a quelle che lei definiva "attività mondane". Taehyung ricordava ancora il profumo di torta di mele appena sfornata e le risate di Nabi che echeggiavano nell'aria. Era un ricordo dolce, un momento di pura felicità familiare.
Ma fu la terza foto a farlo sobbalzare sulla sedia.
Era una delle rarissime occasioni in cui era ritratto da solo, uno scatto rubato – a sua insaputa, ovviamente – mesi prima a casa di Jimin, durante una delle sue leggendarie feste di compleanno. Taehyung non si era nemmeno accorto di essere stato immortalato fino al giorno dopo, quando il suo amico gli aveva inviato la foto con un messaggio a metà tra la presa in giro e il complimento sincero: "Guardati, sembri appena uscito da una rivista!"
Nella foto, Taehyung era seduto sul divano di Jimin, apparentemente assorto in una conversazione con qualcuno fuori dall'inquadratura. Il gomito destro era appoggiato sulla coscia, la mano a sorreggere il mento in un gesto che, stranamente, lo faceva sembrare incredibilmente a suo agio. Indossava un gilet di un caldo color marrone sopra una camicia bianca con le maniche arrotolate fino al gomito, rivelando i suoi avambracci. La luce soffusa della stanza creava un'atmosfera intima e lo illuminava in modo particolarmente favorevole. E... beh, doveva ammetterlo, era decisamente bello. Non nel senso pomposo e costruito delle copertine patinate, ma in un modo naturale, autentico. Sì, proprio carino, pensò, con un'inaspettata punta di auto-compiacimento.
Era raro che si piacesse in una foto. Di solito trovava sempre qualcosa da criticare: un'espressione strana, un'angolazione sbagliata, un'ombra fuori posto. Ma in quella foto c'era qualcosa di diverso. C'era una serenità che non si vedeva spesso nei suoi autoscatti, un'aria rilassata che lo rendeva quasi irriconoscibile ai suoi stessi occhi. Aveva esitato a pubblicarla, soppesando i pro e i contro per un tempo che gli era sembrato infinito. Alla fine, però, per una volta aveva deciso di mettere da parte le sue insicurezze, di ignorare quella vocina critica che gli sussurrava sempre nel cervello, e aveva premuto il tasto "Condividi".
Ora, vedere quel "Mi piace" di Jeongguk proprio su quella foto, lo fece sentire... strano. Un'ondata di calore gli salì improvvisamente alle guance, tingendole di un leggero rossore. Lusingato? Certo, ma era un eufemismo. Era una sensazione nuova, un cocktail esplosivo di piacevole stupore, panico da prestazione e una punta di euforia che lo faceva sentire stranamente... giovane.
Un piccolo sorriso involontario gli comparve sulle labbra, per poi svanire quasi subito, lasciando spazio a un'espressione di improvviso disagio. Arrossendo ancora di più, quasi come un adolescente sorpreso a fantasticare sulla sua cotta, posò il telefono a faccia in giù sulla scrivania, come se ciò bastasse a fargli ritrovare magicamente la concentrazione e tornare alla realtà del lavoro. Ma, ovviamente, non funzionò. Il pensiero di Jeongguk che aveva visto quella foto – e che gli fosse piaciuta – continuava a tormentarlo.
Proprio in quel momento, la porta del suo ufficio si aprì e Soobin, il suo giovane segretario, fece capolino con un'espressione confusa.
«Signor Kim?» chiese Soobin, stringendo tra le mani una cartellina che sembrava sul punto di esplodere. «Ho... ho un problema con il caso Choi contro Choi.»
Taehyung sospirò, sforzandosi di tornare al mondo reale. «Quale problema, Soobin?»
Soobin si avvicinò alla scrivania, inciampando quasi sul tappeto. «Beh, vede... il signor Choi sostiene che la signora Choi abbia nascosto dei beni durante il matrimonio.»
«E questo è normale in una causa di divorzio, Soobin. Qual è il vero problema?»
Soobin si grattò la testa, arrossendo leggermente. «Il problema è... dove li ha nascosti.»
Taehyung lo guardò incuriosito. «Dove?»
Soobin si sporse verso di lui, abbassando la voce come se stesse per rivelare un segreto di stato. «Nel suo... nel suo...» balbettò Soobin, incapace di pronunciare la parola.
«Nel suo... cosa, Soobin?» lo incitò Taehyung, cercando di non perdere la pazienza.
Soobin prese un respiro profondo e finalmente sputò fuori la risposta: «Nel suo... reggiseno.»
Taehyung lo guardò interdetto per un secondo, poi scoppiò a ridere. «Nel reggiseno? Dici sul serio?»
Soobin annuì con aria seria. «A quanto pare, aveva cucito delle tasche segrete all'interno. Il signor Choi ha trovato un vecchio scontrino di una gioielleria nascosto lì dentro.»
Taehyung scosse la testa, ancora ridendo. «Questo è... assurdo. E cosa vuole fare il signor Choi?»
«Vuole che il giudice ordini alla signora Choi di... di...» Soobin si interruppe di nuovo, arrossendo ancora di più.
«Di cosa, Soobin?»
«Di... di portare il reggiseno in tribunale.»
Taehyung si portò una mano alla fronte, cercando di contenere le risate. «Oh, mio Dio. Non ci posso credere.»
«Già», concordò Soobin, con un piccolo sorriso imbarazzato. «Non so come scriverlo negli atti.»
Taehyung lo guardò con un'espressione a metà tra il comprensivo e l'esasperato. «Capisco. Scrivi semplicemente che sono stati trovati beni non dichiarati in un indumento intimo. Non devi essere troppo specifico.»
Soobin annuì vigorosamente, sollevato. «Grazie, signor Kim. Mi ha salvato.» Poi fece un ampio inchino e si congedò.
Mentre Soobin usciva, Taehyung scosse di nuovo la testa, ancora divertito. Questo lavoro mi farà impazzire prima o poi, pensò.
Tornò a lavorare per un'altra mezz'ora, lanciando occhiate all'orologio di tanto in tanto, impaziente di uscire da quel manicomio. Tuttavia, la follia del mondo legale non lo distrasse a lungo: la sua mente tornò presto a un altro pensiero insistente.
Pochi minuti dopo, come attratto da una forza magnetica, Taehyung si ritrovò di nuovo con il telefono in mano e la pagina di Instagram aperta. Era una lotta impari tra la razionalità – che gli suggeriva di ignorare tutto e tornare alle scartoffie – e una vocina interiore, curiosa e forse un po' vanitosa, che lo spingeva a compiere un gesto quasi rivoluzionario per il suo abituale riserbo: pubblicare una storia.
Con un sospiro di resa, prese il telefono e si sistemò velocemente i capelli con un gesto quasi automatico, studiandosi nello schermo come se fosse uno sconosciuto che cercava di capire se il suo aspetto fosse sufficientemente presentabile. Alle sue spalle si intravedeva un angolo del suo ufficio, con le sue immancabili pile di fascicoli che sembravano osservarlo con aria di tacita accusa, illuminate dalla luce dorata del tardo pomeriggio che filtrava delicatamente attraverso la finestra. Cercò l'angolazione giusta, una che non lo facesse sembrare troppo impostato, e scattò un selfie.
La foto lo mostrava seduto alla scrivania, la cravatta leggermente allentata – un dettaglio studiato, ma che voleva sembrare casuale –, l'espressione neutra, ma con un accenno di sorriso appena accennato che gli increspava gli angoli della bocca. Non era uno scatto da copertina di Vogue, tutt'altro, ma per una volta poteva andare. Era una foto semplice, abbastanza professionale, ma con quel tocco di informalità che sperava lo rendesse più accessibile. Aggiunse una didascalia concisa: Altro pomeriggio in ufficio, sperando, in un angolo recondito della sua mente, di non sembrare troppo "boomer" agli occhi di Jeongguk.
Pubblicò la storia e appoggiò subito il telefono sulla scrivania, come se scottasse, quasi che la distanza fisica potesse cancellare l'ondata di imbarazzo e il timore del giudizio che lo avevano improvvisamente investito.
Pochi minuti dopo, il telefono vibrò di nuovo, interrompendo il silenzio ovattato dell'ufficio.
Un'altra notifica.
abcdefghi_jjk ha messo "Mi piace" alla tua storia.
Taehyung sussultò. Il suo respiro si fece leggermente più corto e il cuore accelerò di nuovo, mentre un misto di compiacimento e nervosismo gli attanagliavano lo stomaco. Gli venne quasi da esultare, e per poco non lo fece davvero, prima di ricomporsi con un cipiglio severo, quasi a rimproverare sé stesso.
Ci manca solo che ti metti a saltellare, Kim Taehyung, e poi possiamo ufficialmente depennarti dall'albo degli avvocati seri e compassati per iscriverti a quello dei trentenni in piena crisi ormonale, pensò, auto-maledicendosi mentalmente.
Si sforzò di assumere un'espressione neutra e professionale, come se nulla fosse successo, ma un sorrisetto involontario continuava a increspargli le labbra.
Taehyung sospirò, sprofondando nella poltrona girevole in pelle nera del suo ufficio e chiudendo gli occhi per un istante. Questa situazione è persino più stressante del lavoro, pensò distrattamente con un mezzo sorriso ironico.
Poi, quasi come una sorta di presagio, come se i suoi pensieri avessero magicamente evocato l'evento, il telefono vibrò di nuovo, con la notifica di un messaggio diretto da parte di Jeongguk, che aveva risposto alla sua storia. Taehyung trattenne il fiato.
abcdefghi_jjk: giornata pesante?
Taehyung fissò il messaggio, rileggendolo più volte, come se cercasse di decifrare un codice segreto. Ma quale codice segreto, cretino? si rimproverò. Era una semplice domanda, un gesto di cortesia, un modo educato per iniziare una conversazione. Niente di più. O forse no? Una vocina maliziosa, stranamente simile a quella di Jimin, gli sussurrò che forse... forse c'era qualcosa di più.
Taehyung fissò lo schermo bianco, il cursore che lampeggiava, sentendosi improvvisamente insicuro. Cosa doveva rispondere? Come doveva porsi? Voleva sembrare cordiale, ma senza esagerare, senza apparire troppo entusiasta o, peggio ancora, bisognoso di attenzioni. Voleva mostrarsi disinvolto, ma senza sembrare disinteressato, freddo o scortese.
Allora è vero che non sei disinteressato, lo punzecchiò la vocina nella sua testa. Taehyung strinse le labbra, cercando di ignorarla, ma la terribile verità era che quella vocina aveva ragione. Non era disinteressato, affatto.
Dopo un attimo di esitazione, iniziò a digitare.
bear.bwi: Decisamente. Montagne di scartoffie che mi fissano minacciose.
abcdefghi_jjk: immagino... spero che tu riesca a liberartene presto. però devo dire che l'aria da avvocato ti dona.
bear.bwi: Le occhiaie un po' meno.
abcdefghi_jjk: fanno parte del pacchetto avvocato di successo 😉
bear.bwi: No, quelle sono più da papà sull'orlo di una crisi di nervi.
abcdefghi_jjk: nabi è impegnativa? a lezione è sempre così diligente
bear.bwi: Adorabilmente impegnativa, ma non mi lamento. Ti ha preso in simpatia, sei ufficialmente il suo guru.
abcdefghi_jjk: 🥹 ne sono lusingato
bear.bwi: Però il suo eroe resta sempre il suo papà.
abcdefghi_jjk: ricevuto, signor avvocato 🫡
bear.bwi: Hahaha. Stavo scherzando. L'hai conquistata. Sei davvero bravo con i bambini.
abcdefghi_jjk: grazie... faccio del mio meglio. non so se posso dire lo stesso degli adulti, però 😩 devo decisamente affinare i miei assi nella manica. quanto devo impegnarmi per conquistare anche te?
Il cuore di Taehyung perse un battito. Quella domanda era diretta, inaspettata, e lo colse completamente alla sprovvista. Sentì le guance avvampare. Cercò di sviare la conversazione con una battuta, con le dita che tremavano un po'.
bear.bwi: Hahaha. Ti riferisci alle mie lezioni di ballo?
abcdefghi_jjk: già ☹️ non mi hai ancora fatto sapere
bear.bwi: Scusa, sono stato sommerso dal lavoro in questi giorni.
abcdefghi_jjk: scherzo, Taehyung. prenditi tutto il tempo che ti serve.
bear.bwi: Grazie, Jeongguk.
abcdefghi_jjk: 😊
Un sorriso involontario gli comparve sul volto. Lasciò cadere il telefono sul grembo, rilassandosi contro lo schienale. Un leggero fremito gli percorse le braccia, una sottile scarica elettrica che lo faceva sentire stranamente vivo. E c'era anche una sorta di stupore, di incredulità di fronte alla possibilità di essere visto, di essere notato da qualcuno in quel modo.
Era una sensazione nuova, non solo eccitante e spaventosa, ma anche profondamente disorientante. Era come se una parte di lui, rimasta in letargo per anni, si stesse finalmente risvegliando, aprendo timidamente gli occhi. Non sapeva cosa aspettarsi da tutta questa situazione, ma per la prima volta dopo tanto tempo, si sentiva disposto a scoprirlo.
🍂
La casa di Taehyung era immersa nella tranquilla atmosfera di una serata familiare. Ok, tranquilla forse era un eufemismo per qualcuno che conduceva la sua vita, ma almeno non rischiava un aneurisma imminente.
Nabi, seduta sul tappeto persiano del salotto, trafficava rumorosamente con il suo orsetto di peluche, orchestrando un acceso dialogo tra il suo amico di stoffa e un dinosauro di gomma in una lingua incomprensibile ai più.
Sul divano, sua madre sorseggiava la sua solita tisana detox serale con postura impeccabile, avvolta in un cardigan di cashmere nero che sembrava appena uscito da una boutique di lusso.
Taehyung, invece, camminava avanti e indietro, dalla libreria al divano, con l'andatura nervosa di un leone in gabbia, cercando di trovare il coraggio per affrontare l'argomento che gli turbinava in testa.
«Vuoi smetterla di fare avanti e indietro come un criceto? Mi stai facendo venire il torcicollo», lo interruppe sua madre, posando la tazza sul tavolino di cristallo con un gesto che tradiva una leggera impazienza.
Taehyung si fermò di scatto, con un'espressione colpevole. «Mamma, avrei bisogno di un piccolo favore.»
Lei alzò un sopracciglio, come faceva ogni volta che fiutava qualcosa di sospetto. «Un favore? Da me? Oh, deve essere una situazione disperata. Di solito preferisci risolvere tutto da solo, per evitare le mie... preziose e illuminanti osservazioni.»
Lui sospirò, passandosi una mano tra i capelli. «Sabato... potresti stare con Nabi per un paio d'ore?»
Sua madre lo scrutò a lungo, con uno sguardo penetrante che sembrava volerlo trapassare come una sciabola, poi si voltò lentamente verso Nabi, con un sorriso complice. «Nabi cara, il tuo papà sta tramando qualcosa di losco, lo sai?»
«Non è vero!» esclamò Taehyung, arrossendo leggermente.
Nabi, senza alzare lo sguardo dai suoi giocattoli, chiese con tono imbronciato: «Papà, cos'è losco?»
«Niente, tesoro», rispose lui rapidamente, lanciando un'occhiataccia alla madre.
Sua madre lo ignorò, rivolgendosi ancora a Nabi. «Oh, tesoro, losco è quando qualcuno cerca di nasconderti qualcosa... ahimè, in questo caso, con scarsi risultati. Altrimenti perché mai mi chiederebbe un favore? Non lo fa quasi mai, a meno che non sia sull'orlo di una crisi di nervi.» Tornò a fissare Taehyung con gli occhi socchiusi, un'espressione che non prometteva nulla di buono. «Allora, Taehyung, che succede?»
«Niente! Devo solo sbrigare... una commissione», balbettò, sentendosi accerchiato.
«Una commissione? Proprio di sabato? Mmmh...» Si appoggiò allo schienale del divano, incrociando le braccia con un sorriso furbo. «Hai un appuntamento, non è vero?»
«No!» rispose lui di scatto, arrossendo vistosamente.
Sua madre si sporse in avanti, gli occhi che brillavano di malizia, come quelli di un falco che ha avvistato la preda. «Oh, ma certo che ce l'hai. Guarda come ti sei fatto rosso. Su, dimmi, è qualcuno che vale la pena conoscere? O è un'altra delle tue scelte... diciamo... discutibili?»
«Mamma, smettila. C'è Nabi», sibilò a denti stretti.
Lei scrollò le spalle con noncuranza, imperturbabile come sempre. «Mi preoccupo solo per te, Taetae. Non vorrei che tu sprecassi il tuo tempo prezioso con un'altra... persona incompatibile, ecco.» Fece una smorfia, probabilmente pensando all'ex moglie di Taehyung, che non aveva mai approvato.
«Non è un appuntamento! È solo una cosa che devo fare, e basta!» protestò Taehyung, alzando leggermente la voce.
Sua madre lo fissò con uno sguardo penetrante per qualche secondo. Poi, con un sorriso malizioso, si voltò di nuovo verso Nabi. «Nabi cara, secondo te il tuo papà sta dicendo la verità?»
Nabi alzò le spalle distrattamente. «A volte dice che non mangia i biscotti, ma poi trovo le briciole sulla sua scrivania.»
«Nabi!» Taehyung si voltò verso di lei con uno sguardo che era un misto tra lo scandalizzato e il divertito, mentre sua madre scoppiava a ridere.
«Adoro questa bambina», disse lei, posando affettuosamente una mano sulla testa di Nabi. «Non ti preoccupare, tesoro, sabato staremo benissimo insieme. Magari prepariamo anche dei biscotti, così potrai controllare che il tuo papà non se li mangi tutti di nascosto.»
Nabi annuì entusiasta, gli occhi che brillavano. «Possiamo fare quelli rotondi con le gocce di cioccolato?»
«Certo che sì, tesoro», rispose sua nonna sorridendole, poi tornò a guardare Taehyung con un'espressione che non ammetteva repliche. «D'accordo, te lo concedo, caro. Terrò d'occhio Nabi. Ma poi voglio un resoconto dettagliato su dove andrai e con chi, chiaro?»
Taehyung sospirò, sentendosi sollevato ed esasperato allo stesso tempo. «Grazie, mamma.»
Lei sollevò la tazza in un piccolo gesto di trionfo. «Figurati, caro. Sono una donna magnanima, lo sai.»
Più tardi quella sera, dopo aver rimboccato le coperte a Nabi, Taehyung si sedette sul bordo del suo letto. Il piumone la avvolgeva come un morbido bozzolo. Come di routine, Nabi stringeva il suo fidato orsacchiotto, guardandolo con i suoi grandi occhi scuri velati dal sonno.
Un senso di colpa, sommesso ma persistente, gli attanagliava il petto al pensiero di lasciarla con sua madre, anche se solo per qualche ora. Sapeva che Nabi adorava stare con la nonna, ma il pensiero di non essere lì con lei, di perdersi anche solo un piccolo pezzo di una giornata che di solito trascorrevano interamente insieme, gli stringeva un po' il cuore.
«Nabi, allora sabato starai con la nonna per un po'... Ti dispiace?» le chiese sottovoce Taehyung, accarezzandole dolcemente i capelli.
«No», rispose subito lei. «La nonna è divertente. Anche se a volte dice delle cose un po'... strane.»
Taehyung ridacchiò. «Sì, tesoro, la nonna è... particolare, diciamo. Ma ci vuole bene, lo sai.»
Lei annuì, poi inclinò la testa di lato, osservandolo con i suoi occhi vispi. «Ma perché non posso venire con te, papà? È un posto brutto?»
Lui scosse la testa, sorridendole. «No, tesoro, non è brutto. È... una cosa che per adesso devo fare da solo.»
Odiava doverle mentire, o quantomeno ometterle la verità, perché era una cosa che non faceva mai. Era sempre stato sincero con sua figlia, era un principio cardine della loro relazione, e crescendo le aveva insegnato, più di ogni altra cosa, il valore della sincerità. Però, Nabi era già così affezionata a Jeongguk, al maestro di danza che vedeva quasi come una specie di supereroe, che se avesse saputo tutto quello che stava succedendo tra loro negli ultimi giorni si sarebbe creata aspettative troppo grandi su qualcosa di ancora troppo fragile. Qualcosa che ancora non esisteva neppure. Qualcosa che era solo un'ipotesi remota, che lui aveva deciso di tentare di inseguire, ma che poteva rivelarsi un fuoco fatuo destinato a estinguersi presto.
Nabi lo fissò un momento con aria confusa, cercando di comprendere le sue parole. Poi, con quella maturità che lo stupiva ogni volta, gli rivolse un sorriso tenero. «Va bene, papà. Non ti preoccupare. Io e la nonna ci divertiremo un mondo.»
Taehyung la guardò, con un misto di orgoglio e malinconia. Ogni giorno che passava, si rendeva conto sempre di più di quanto in fretta stesse crescendo. «Sei proprio la mia bimba grande, lo sai?» le disse dolcemente.
Lei rise piano, stringendo più forte il suo orsacchiotto. Poi si accigliò, mettendo un piccolo broncio. «Ma sarò sempre la tua piccola Nabi, vero papà?» borbottò.
Taehyung le diede un bacio sulla fronte, stringendola in un abbraccio. «Sempre.»
🍂
Dopo aver messo a letto Nabi, Taehyung uscì in punta di piedi dalla sua stanza, chiudendo silenziosamente la porta e dirigendosi verso il suo studio. Una volta dentro, chiuse la porta alle sue spalle, cercando un po' di privacy. Prese il telefono dalla tasca e lo fissò per qualche secondo – il display nero che rifletteva la sua espressione incerta –, poi inspirò profondamente, cercando di ricomporsi.
Ok, Taehyung, comportati da persona matura. È solo una telefonata.
Scorse la lista dei contatti fino a trovare il nome di Jeongguk. Il dito gli tremava leggermente mentre premeva il tasto per la chiamata. Il telefono squillò un paio di volte, un suono che gli parve amplificato nel silenzio del suo studio, e poi sentì la voce calda e morbida di Jeongguk rispondere.
«Pronto?»
Taehyung deglutì, cercando di mantenere un tono rilassato. «Ciao, sono Taehyung, il papà di Nabi.»
Ci fu un breve silenzio, durante il quale Taehyung si chiese se la linea fosse caduta. Stava quasi per controllare, quando Jeongguk rispose con una lieve risata. «Lo so. Ho il tuo numero salvato.»
Taehyung si sentì improvvisamente stupido, le guance che iniziavano a scaldarsi. «Ah, sì... scusami se ti chiamo a quest'ora.» Ma se non lo faccio subito, cambierò idea, pensò. Deglutì a vuoto, sentendo la gola secca. «Ti disturbo?»
«No, per niente», mormorò Jeongguk con un tono rassicurante. E diamine, aveva una voce così calda, così dolce, che Taehyung si sentì sciogliere. Chiuse gli occhi per un istante, cercando di concentrarsi.
Si schiarì la gola, cercando le parole giuste. «Volevo chiederti... se sabato sei libero.» Poi, come realizzando improvvisamente cosa avesse detto, si affrettò a spiegare, arrossendo. «Cioè, per le lezioni private di hip hop, intendo.»
Kim Taehyung, imprecò contro sé stesso, smettila di balbettare.
Jeongguk rimase un momento in silenzio. Poi il suo tono si fece più disteso, quasi sollevato. «Sì, certo. Facciamo sabato mattina alle dieci?»
«Ok», mormorò Taehyung. Queste nel mio stomaco non possono essere farfalle. Sono come minimo pterodattili.
Rimasero in silenzio per un po', un silenzio non imbarazzante, ma carico di una tensione sottile, come quella che provava ogni volta che parlavano.
«Sono contento che tu abbia accettato», disse Jeongguk, rompendo il silenzio, e aggiunse con una lieve risata roca: «Ci divertiremo, vedrai.»
Taehyung si sforzò di ridere – perché era solo una battuta, no? Non lasciava intendere altro, giusto? Era solo il suo cervello a giocargli brutti scherzi –, ma gli uscì un suono un po' strozzato.
«Dovrai avere pazienza con me, ti avviso», riuscì infine a dire, cercando di mascherare il nervosismo con un tono scherzoso.
«Non ti preoccupare, sono molto paziente», rispose Jeongguk, con un sorriso chiaramente percepibile nella voce. «Allora ci vediamo sabato. Buonanotte, Taehyung», concluse, con un tono più morbido, quasi intimo, che fece rabbrividire Taehyung.
«Buonanotte, Jeongguk», rispose, con la voce quasi un sussurro, mentre il cuore continuava a battere all'impazzata.
Chiuse la chiamata, appoggiando lentamente il telefono sulla scrivania. Il silenzio dello studio gli sembrò improvvisamente insopportabile. Inspirò profondamente, cercando di calmare il battito accelerato.
Ecco, l'aveva fatto. Aveva accettato. Era deciso. Sabato mattina, alle dieci, avrebbe avuto la sua prima lezione di hip hop con Jeongguk. E, per quanto cercasse di non pensarci, una piccola voce insistente nella sua testa gli sussurrava che forse era giusto concedersi un po' di tempo per sé stesso. Forse poteva persino concedersi la possibilità di conoscere qualcuno dopo tanto tempo. Qualcuno come Jeongguk, qualcuno che lo faceva sentire come non si sentiva da anni. Qualcuno che forse, forse, poteva davvero rompere quel muro impenetrabile dentro cui si era rinchiuso.
Magari sarebbe andato tutto storto, magari non sarebbe nato nulla di più di una semplice amicizia, magari non avrebbe funzionato affatto. Eppure, con un brivido di paura che si mescolava a una curiosità quasi inebriante, si rese conto che non gli importava. Per la prima volta dopo molto tempo, era disposto a correre il rischio.
a/n
hello hello! buon venerdì 🥰
questo sarà l'unico aggiornamento per questo weekend, because I need time per scrivere il prossimo 🥴 per ovvie ragioni 🫠 sarà una bella sfida
spero che il capitolo vi sia piaciuto! ci tenevo a ringraziare tuttx coloro che lasciano una stellina e commentano ogni capitolo! adoro leggervi, siete la mia motivazione quotidiana per scrivere. grazie♥️
bacini,
— M
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