Capitolo 3: The Coolest Guy in the Room
📻 No Diggity, Blackstreet
𝙲𝚊𝚙𝚒𝚝𝚘𝚕𝚘 𝟹:
𝚃𝚑𝚎 𝙲𝚘𝚘𝚕𝚎𝚜𝚝 𝙶𝚞𝚢 𝚒𝚗 𝚝𝚑𝚎 𝚁𝚘𝚘𝚖
Taehyung era stressato.
Era ufficialmente, irreparabilmente stressato, e questo era un dato di fatto che non poteva più ignorare. Non poteva più nascondere la testa sotto la sabbia come uno struzzo e fingere di non rischiare un crollo nervoso da un momento all'altro.
Uno struzzo è un paragone molto calzante, pensò.
Nell'ampio specchio del negozio di articoli sportivi e street wear in cui Nabi l'aveva trascinato gli sembrava di vedere esattamente quello: un grosso pennuto. Con i capelli sparati in aria e gli occhi un po' spiritati. Gli parve persino di notare un leggero tremolio della palpebra sinistra, una sorta di tic nervoso, ma preferì non approfondire la questione per preservare quel poco di sanità mentale che gli restava.
Mezz'ora. Mezz'ora rinchiuso in quel forno. C'era troppa gente che si muoveva frenetica tra le file di vestiti, la musica trap pompava a un volume assordante che gli rimbombava nel cranio e faceva un caldo desertico che gli appiccicava la camicia alla schiena.
Sei troppo vecchio per queste cose, gli sussurrò quella vocina infame della sua coscienza, ma lui si affrettò a scrollarsela di dosso con un movimento impercettibile del capo. Non era vecchio, assolutamente no, era solo un uomo elegante e posato, come si conveniva alla sua professione di avvocato. Il suo completo gessato, impeccabile e di ottima sartoria, stonava decisamente con quella robaccia plasticosa ed eccentrica che lo circondava.
Un dolore sordo iniziò a pulsargli dietro le tempie, un martellante preludio di emicrania, quando partì l'ennesima canzone, apparentemente identica alle precedenti. Lanciò un'occhiataccia carica di disapprovazione agli altoparlanti, come se potesse spegnerli con la sola forza del pensiero. Chi diavolo si infliggeva una tortura simile di propria spontanea volontà?
Nabi, invece, si muoveva con la disinvoltura di un pesce nell'acqua tra le pile di felpe e pantaloni oversize, con gli occhi che brillavano di eccitazione per ogni nuovo capo che scovava. Taehyung la seguiva a fatica, le spalle curve e il passo pesante di chi sognava solo il divano di casa e una tisana.
Sua madre, appoggiata con noncuranza al bancone, con un cappotto nero che le arrivava alle caviglie e gli occhiali da sole scuri che le davano un'aria da star hollywoodiana in incognito, osservava la scena con un sorriso divertito, quasi compiaciuto. Tra uno sbadiglio nascosto dietro una mano guantata e una battuta sarcastica, non sembrava minimamente preoccupata per l'espressione sconvolta del figlio.
Nabi, intanto, alzò la voce per sovrastare la musica di sottofondo. «Papà, guarda questa!»
Taehyung si voltò e la vide sventolare trionfante una t-shirt nera con una scritta in caratteri gotici bianchi: "Fuck Off".
Gli occhi di Taehyung si spalancarono e il viso gli si rabbuiò all'istante. «Nabi, assolutamente no.»
«Ma perché no?» protestò lei, stringendo la maglietta al petto come se fosse un cimelio prezioso.
«Perché no, punto e basta», rispose Taehyung con tono perentorio, senza lasciare spazio a repliche.
Nabi aggrottò le sopracciglia, ostinata come sempre. «Ma dimmi perché! Che problema c'è? È bellissima!»
Taehyung sospirò, cercando di mantenere una parvenza di calma. «È una parolaccia, Nabi. E io non voglio che tu vada in giro con qualcosa del genere addosso.»
Lei lo guardò perplessa, come se le avesse appena rivelato un segreto sconvolgente di portata mondiale. «Una parolaccia?» chiese, con un'espressione interrogativa dipinta sul volto.
«Sì, in inglese. Molto volgare.»
Nabi corrugò la fronte, fissando la scritta con aria concentrata per un lungo momento di contemplazione.
«Nabi, non ti azzardare a ripeterla—» la ammonì Taehyung, con un tono di avvertimento nella voce.
«Fuck off...» lesse lei meticolosamente, scandendo le parole con un accento incerto, gli occhi socchiusi come se stesse decifrando un messaggio in codice.
Taehyung sospirò profondamente e si passò una mano tra i capelli in un gesto esasperato, sentendo il mal di testa aumentare vertiginosamente.
A quel punto, sua madre, che fino ad allora aveva osservato la scena in silenzio con un'espressione divertita, decise di intervenire. Si sistemò gli occhiali da sole sul naso e alzò il mento con aria solenne. «Tesoro», mormorò rivolta a Nabi, «quella maglietta è orribile, volgare e per niente chic. Lasciala perdere. Vuoi imparare un modo efficace per rispondere alle persone fastidiose?»
Nabi annuì rapidamente, incuriosita, voltandosi verso la nonna con gli occhi che brillavano di interesse.
La nonna sorrise compiaciuta. «È semplicissimo. Se qualcuno ti infastidisce, tu gli dici con calma: 'Tesoro, io sono una Louboutin. Tu, un sandalo con il calzino bianco. Non parliamo la stessa lingua.'»
Nabi spalancò gli occhi, sorpresa e affascinata, con la bocca che formava una piccola 'o'. «Wow, nonna... sembri proprio Crudelia De Mon!»
Taehyung scoppiò a ridere fragorosamente, incapace di trattenersi. «Mai paragone fu più azzeccato!» commentò, con le lacrime agli occhi.
Sua madre lo ignorò, anche se il suo sorriso divenne un po' più tirato e il sopracciglio si sollevò e iniziò a tremare appena, come accadeva sempre quando era pericolosamente irritata. «No, tesoro», replicò lentamente, rivolta a Nabi. «So solo come mettere gli stron—»
Taehyung si schiarì la gola con un colpo di tosse, lanciandole un'occhiataccia fulminante.
«Volevo dire, le persone che se lo meritano... al loro posto. Cioè, ad almeno tre metri di distanza da me», concluse con voce melliflua e un sorriso tronfio.
Il divertimento si dissolse in un batter d'occhio quando Taehyung lanciò un'occhiata all'orologio. Sospirò nervosamente, massaggiandosi le tempie.
«Mezz'ora. Mezz'ora in questo manicomio e non abbiamo ancora concluso nulla. Nabi, ti prego», disse, indicando la maglietta con un cenno del capo. «Rimettila a posto.»
Con un'espressione drammatica, come se stesse rinunciando a qualcosa di vitale, Nabi riappoggiò la maglietta sullo scaffale.
La tregua, però, durò ben poco. Cinque minuti dopo, Nabi tornò con un'altra maglietta, che questa volta esibiva a caratteri cubitali la scritta dorata "Bad Bitch Energy".
«E questa?» chiese, con un sorriso speranzoso.
Sua madre scoppiò a ridere di gusto. «Oh, deliziosa! Se fosse della mia taglia, sarebbe già nel mio guardaroba», commentò, approvandola senza riserve.
«Mamma, non ci mettere anche tu...» sibilò Taehyung, fulminandola con lo sguardo.
«Ma cosa c'è? È ironica! E poi, Taehyung, rilassati. Sei un tale... avvocato», disse sua madre, enfatizzando la parola con un tono melodrammatico. «Dovresti prenderne una anche tu. Ti farebbe sembrare più... umano.» Poi si voltò verso una commessa poco distante da loro, chiedendo con nonchalance, come se fosse la cosa più naturale del mondo: «Non avete per caso una maglietta con su scritto "Hot DILF"?»
La commessa sgranò gli occhi, le sopracciglia si sollevarono fino all'attaccatura dei capelli, chiaramente colta alla sprovvista. Arrossì visibilmente e balbettò un no con un sorriso forzato, lanciando occhiate furtive a Taehyung
Taehyung si voltò di scatto, cercando goffamente di nascondere il proprio rossore. «Mamma, per l'amor del cielo! Che dici?!» sibilò a denti stretti, afferrando istintivamente il polso della madre come per impedirle di pronunciare altre amenità. Poi, con un'espressione severa e un tono di rimprovero nella voce, aggiunse: «E dove hai imparato quella... cosa?»
La madre sbuffò, liberandosi con un gesto stizzito dalla sua presa. «Tesoro, ho sessant'anni solo sulla carta d'identità. Ricordatelo.»
Nel frattempo, Nabi, completamente ignara del piccolo dramma che si era consumato tra sua nonna e suo padre, si era già distratta con qualcos'altro, vagando per le corsie del negozio come se volesse saccheggiarlo per intero.
Dopo altri dieci minuti di estenuanti trattative, durante le quali Taehyung aveva dovuto respingere con fermezza una serie di magliette decorate con teschi inquietanti, scritte incomprensibili e altre oscenità che non avrebbe mai voluto vedere addosso a sua figlia, finalmente trovarono un compromesso che accontentò (quasi) tutti: una t-shirt bianca piuttosto semplice, con la scritta "Girl Power" stampata in caratteri viola e lilla, con le lettere stilizzate a formare un cuore.
«Questa va bene?» chiese Nabi, indossandola sopra i vestiti che aveva già addosso. La maglietta le arrivava quasi alle ginocchia, diventando una sorta di miniabito improvvisato.
Per Taehyung, le stava decisamente troppo grande, ma era anche la prima cosa decente che aveva visto in quel negozio, quindi tirò un sospiro di sollievo e annuì, vedendo finalmente la luce in fondo al tunnel. «Perfetta. Prendiamola e andiamocene», rispose con un tono di voce che tradiva la sua impazienza di uscire da lì.
Nabi, però, non era ancora del tutto soddisfatta. Con la tenacia di una vera esploratrice, continuò a perlustrare il negozio finché non scovò un paio di pantaloni parachute neri decisamente troppo grandi per lei.
«Sono uguali a quelli del maestro Jeongguk!» esclamò, sollevandoli con orgoglio, come se avesse trovato un tesoro inestimabile.
Taehyung aggrottò la fronte, osservando i pantaloni con scetticismo. «Ti staranno enormi.»
Sua madre intervenne, osservando i pantaloni con occhio critico. «Hanno l'elastico in vita, no? Andranno benissimo. Lasciala vivere un po', Taehyung», lo rimbrottò.
«Ho solo detto che non sono della sua taglia—» fece per replicare Taehyung, sentendosi ingiustamente accusato, ma sua madre lo interruppe bruscamente con un gesto della mano e sorriso fastidioso che fece letteralmente saltare i nervi a suo figlio.
«Bene, allora siamo tutti d'accordo. Prendiamo anche i pantaloni», sentenziò sua madre, strappandogli i pantaloni di mano e dirigendosi a grandi falcate verso la cassa.
Taehyung si arrese definitivamente. Capì che era una battaglia persa in partenza. Con sua madre e Nabi coalizzate contro di lui, non aveva alcuna possibilità di vincere. Con un sospiro, tirò fuori il portafoglio dalla tasca interna della giacca e andò a pagare.
Quando finalmente uscirono dal negozio, Nabi era raggiante di felicità e stringeva tra le mani la busta con i suoi nuovi acquisti come se fosse un trofeo.
«Papà, quando arriviamo a casa ti faccio vedere il mio look completo! Sarò la più cool della classe, vedrai!» esclamò, saltellando felice e piena di energia.
Taehyung, nonostante il mal di testa pulsante che ancora lo tormentava e la sgradevole sensazione di essere stato appena investito da un trattore, non poté fare a meno di sorridere di fronte alla felicità contagiosa di sua figlia. «Non ne dubito minimamente», rispose dolcemente.
Sua madre camminava al suo fianco con la solita andatura elegante e teatrale. «Sai, Taehyung,» disse con un sorriso malizioso e uno sguardo divertito, «avresti dovuto comprare qualcosa anche per te. Magari un bel paio di sneakers. Magari con i lacci fluorescenti», aggiunse, prendendolo in giro con il suo solito cinismo.
«No, grazie. Sto bene così», replicò con un tono acido.
Nabi scoppiò a ridere, e la sua risata ariosa e cristallina trascinò con sé anche quelle di Taehyung e sua nonna.
Continuarono a camminare per le strade notturne di Seul, diretti il parcheggio dove avevano lasciato la macchina. Ormai era calata la sera e le insegne al neon illuminavano la strada con sfumature vivaci e colori sgargianti. Nel cielo blu chiaro brillava una mezza luna simile a uno spicchio di mandarino.
«Ho tanta fame», si lamentò Nabi con voce cantilenante, stringendo la mano di Taehyung.
Taehyung sospirò, cercando di non pensare alla montagna di cose che ancora lo aspettava a casa. Tra tutte, l'idea di dover preparare la cena lo faceva sentire esausto ancora prima di iniziare. Non vedeva l'ora di togliersi le scarpe, buttarsi sul divano e chiudere gli occhi anche solo per un istante...
Sua madre lo osservò di sottecchi. «Nabi, tesoro, che ne dici se resto a cena e preparo io qualcosa di buono?» propose dopo un breve silenzio
«Sììì!» esultò Nabi, aggrappandosi alla mano di Taehyung per fare un piccolo balzo.
Dal canto suo, Taehyung si voltò verso sua madre, un po' sorpreso da quella proposta inaspettata. La fissò per un attimo, come a cercare nel suo sguardo una traccia di sarcasmo o giudizio, ma vi trovò solo una sincera offerta di aiuto. Abbassò lo sguardo e mormorò con gratitudine: «Grazie, mamma.»
Lei lo guardò con un piccolo sorriso soddisfatto. «Non c'è di che, Taetae», rispose con il suo solito tono snob che contrastava con la premura del suo gesto.
Taehyung si morse l'interno della guancia, trattenendo una risata.
«Allora cosa ti piacerebbe mangiare, tesoro?» chiese poi sua madre, rivolgendosi a Nabi.
Nabi non ci pensò neppure per un secondo e rispose: «Omu-rice!»
🍂
Una brezza fresca accarezzava Taehyung e Nabi mentre si accingevano a varcare per la seconda volta la soglia della scuola di danza. L'aria era insolitamente mite per la stagione, un ultimo, testardo sussurro d'estate che si aggrappava alle prime avvisaglie autunnali. La camicia bianco avorio di Taehyung, morbida e leggermente sbottonata al colletto, ondeggiava al ritmo del vento, mentre un ciuffo ribelle di capelli scuri continuava a scivolargli sulla fronte, in barba ai suoi ripetuti tentativi di domarlo.
Il sole dorato del tardo pomeriggio inondava la moderna struttura della scuola, le cui ampie vetrate riflettevano un cielo terso che cominciava a tingersi di delicate sfumature rosate. Taehyung stringeva la mano di Nabi, che saltellava gioiosamente al suo fianco con un'espressione di pura eccitazione dipinta sul viso.
Il pomeriggio precedente, Taehyung aveva telefonato alla direttrice per comunicarle il desiderio di Nabi di cambiare corso e iscriversi a quello di hip-hop. Con tono gentile e comprensivo, la donna lo aveva rassicurato, spiegandogli che non era affatto inusuale che i bambini cambiassero disciplina di tanto in tanto. "I bambini sono in continua esplorazione," aveva detto con voce calma e rassicurante. "È del tutto naturale che vogliano sperimentare finché non trovano la loro vera passione."
Seguendo le precise indicazioni della direttrice, Taehyung aveva inviato i moduli d'iscrizione via email, completando la procedura burocratica senza intoppi. E così, con una semplicità sorprendente e meno complicazioni del previsto, Nabi si era ritrovata ufficialmente iscritta al corso di hip-hop. Ora, l'entusiasmo che le brillava negli occhi e l'impazienza che traspariva dai suoi movimenti rivelavano quanto fosse elettrizzata all'idea di iniziare la sua prima lezione.
«Papà, muoviti! E se iniziano senza di me?» esclamò Nabi con tono drammatico, strattonandogli la manica.
Taehyung sorrise divertito, lasciandosi docilmente trascinare dall'entusiasmo contagioso della figlia. «Nabi, stai calma. Siamo perfettamente in orario, ma se corri così rischio di cadere!»
Nabi ridacchiò, rallentando di qualche passo, ma senza rinunciare a dei piccoli saltelli felici.
Varcata la soglia dell'edificio, Taehyung e Nabi furono avvolti dal familiare profumo di parquet lucidato, mescolato a una nota dolce, probabilmente emanata dai diffusori per ambienti. Dalle diverse sale prove si diffondevano musiche diverse: il suono dolce di un pianoforte, vivaci canzoni pop e vibranti ritmi rap, che si intrecciavano al vociare allegro e alle risate degli allievi.
«Dove dobbiamo andare adesso?» chiese Taehyung, guardandosi intorno con una leggera incertezza.
Nabi, al contrario, non mostrò alcuna esitazione. Indicò con entusiasmo una porta aperta da cui proveniva una musica potente e dal ritmo irresistibilmente coinvolgente. «Lì! La sala del maestro Jeongguk è lì!» esclamò con voce squillante. Senza attendere suo padre, corse verso la porta, fermandosi appena prima di varcarla per dare una rapida sbirciatina all'interno.
Taehyung la seguì con un misto di rassegnazione e crescente curiosità. Giunto sulla soglia, il suo sguardo fu immediatamente catturato dall'interno della sala. Era un ambiente ampio e luminoso, con una parete interamente rivestita di specchi. In un angolo era posizionato un potente stereo con alte casse che diffondevano la musica a tutto volume. Lungo i bordi della sala erano ordinatamente disposti gli zaini e le borracce colorate dei bambini già presenti.
Al centro della stanza, un giovane uomo stava parlando con un gruppetto di bambini vestiti con tute larghe e dai colori vivaci. Indossava una t-shirt bianca oversize con stampe graffiti e pantaloni parachute verde militare. I suoi capelli scuri, leggermente mossi, erano raccolti in un mezzo codino disordinato che accentuava il suo stile casual e dinamico. Un braccio era interamente ricoperto da intricati tatuaggi colorati, che sembravano una naturale estensione della sua personalità. Nonostante la giovane età, emanava un'aura carismatica e sicura di sé, quasi magnetica.
«Papà, è lui!» sussurrò trafelata Nabi, tirandolo di nuovo per la manica.
Jeongguk, come se avesse percepito il loro sguardo, si voltò e li notò. Interruppe la conversazione con il gruppo di bambini e, con un sorriso ampio e accogliente, disse: «Ragazzi, datemi un secondo. Torno subito.» Il gruppetto si disperse in un angolo della sala, tra chiacchiere e risate, mentre Jeongguk si avvicinava a loro con passo sicuro.
«Ciao Nabi!» la salutò, abbassandosi per guardarla negli occhi. «Bentornata. Come stai oggi?» Con un gesto affettuoso e spontaneo, la fece roteare su se stessa. «Wow, che stile! Sei già entrata perfettamente nel mood!» commentò con un sorriso.
Nabi ridacchiò, visibilmente lusingata. «Grazie!» rispose con un sorriso radioso. Poi, con un gesto deciso, tirò la mano di Taehyung. «Papà, lui è il maestro Jeongguk!» esclamò con orgoglio.
«Per te, solo Guk», precisò Jeongguk, rivolgendole un sorriso complice. Poi si rialzò, porgendo la mano a Taehyung con un gesto cordiale. «Piacere di conoscerla. Sono Jeongguk.»
«Taehyung», rispose, stringendogli la mano. La sua stretta era ferma ma non eccessiva. Taehyung notò il piercing che Jeongguk portava al labbro inferiore, un dettaglio che non gli sfuggì. Con una certa sorpresa, pensò che gli donasse particolarmente.
Jeongguk si rivolse nuovamente a Nabi, con un'espressione divertita. «Allora, pronta per la tua prima lezione ufficiale?» le chiese con un tono incoraggiante.
«Sì!» esclamò Nabi, saltellando impaziente.
«Fantastico. Ma prima devo scambiare due parole con il tuo papà, okay? Vai dagli altri, arrivo subito.»
Nabi annuì con entusiasmo, troppo eccitata per protestare, e corse a raggiungere il gruppo di bambini che si erano radunati in un angolo della sala. Jeongguk fece cenno a Taehyung di seguirlo nel corridoio, in un'area più appartata dove poter parlare con maggiore tranquillità.
Una volta fuori, Jeongguk si appoggiò con disinvoltura al muro, incrociando le braccia al petto con un'aria rilassata ma al contempo professionale. «Spero di non rubarle troppo tempo. Ha fretta?» chiese con tono educato e un sorriso gentile che gli addolciva i lineamenti.
Taehyung scosse la testa, incrociando le braccia a sua volta, quasi in un gesto speculare. «No, non preoccuparti. E... dammi pure del tu», aggiunse con un tono leggermente impacciato, sentendosi improvvisamente fuori posto di fronte a quel ragazzo così giovane e sicuro di sé. L'ultima cosa che voleva era che gli desse del lei. O peggio, che lo chiamasse "signore" o roba simile.
Jeongguk inclinò leggermente la testa di lato, con un lampo di sorpresa e una lieve curiosità negli occhi.
«Posso chiederti quanti anni hai?» chiese improvvisamente, osservandolo con attenzione.
«Trentatré», rispose subito Taehyung, quasi senza pensarci. Il modo in cui quel ragazzo lo fissava lo metteva stranamente a disagio.
Jeongguk annuì lentamente, continuando a fissarlo. Non era uno sguardo invadente, né indiscreto, né tantomeno sfrontato, era solo... intenso.
La bocca di Taehyung si mosse di nuovo senza il suo consenso quando chiese: «E tu?»
«Venticinque.»
Taehyung abbozzò un sorriso educato. «Si vede che sei giovane», disse, senza sapere bene cos'altro aggiungere per riempire il silenzio che si era creato tra loro.
Jeongguk ricambiò il sorriso, mordicchiando leggermente il piercing all'angolo del labbro inferiore, un piccolo tic che rivelava una leggera fossetta sulla sua guancia. Si fissarono per un breve istante in silenzio, quasi assorti in una mutua osservazione, prima che Jeongguk distogliesse lo sguardo, staccandosi dal muro con un movimento fluido. «Comunque», riprese, mettendosi le mani nelle tasche dei pantaloni con un gesto naturale, «volevo spiegarti un po' come lavoro, dato che è la prima volta che Nabi frequenta le mie lezioni.»
«Ti ascolto», rispose Taehyung, cercando di assumere un'espressione più disinvolta.
Jeongguk si sporse leggermente in avanti, come per creare una connessione più intima senza però invadere lo spazio personale di Taehyung. «Per me l'hip-hop non è solo danza», iniziò con un tono di voce rilassato ma al contempo serio e professionale, che denotava la sua passione per la materia. «È un vero e proprio linguaggio, un mezzo potente per esprimere chi siamo veramente e cosa proviamo nel profondo. Certo, insegno la tecnica, le basi, le coreografie, l'equilibrio e il controllo del corpo, ma ciò che mi sta più a cuore è che i bambini imparino a sentirsi liberi di esprimersi. Voglio che capiscano che ballare non significa semplicemente eseguire dei movimenti prestabiliti, ma dare voce al proprio mondo interiore, alle proprie emozioni. A volte lavoriamo su coreografie precise, strutturate, altre volte preferisco concentrarmi sull'improvvisazione o su giochi che li aiutano a tirare fuori la loro personalità unica. È in questo modo che, secondo me, i bambini trovano la loro voce, la loro individualità, anche attraverso il movimento del corpo.»
Taehyung rimase in silenzio per qualche istante, colpito dalla passione sincera che traspariva dalle parole di Jeongguk. «È una filosofia molto bella e interessante», ammise infine, cercando di non sembrare eccessivamente impressionato, ma non riuscendo nascondere un certo apprezzamento. «Ma... non sono ancora un po' troppo piccoli per un approccio del genere?» chiese, esprimendo un dubbio che gli era sorto spontaneo.
Jeongguk rise piano, un suono caldo e limpido che si librò brevemente nell'aria del corridoio. «So che può sembrare difficile, ma in realtà è più semplice di quanto si pensi», spiegò con un sorriso rassicurante. «I bambini, a questa età, hanno una capacità innata di comprendere e interiorizzare i concetti, a volte persino meglio degli adulti. Non hanno ancora imparato a porsi limiti mentali o a dubitare delle proprie capacità. Per loro è molto più facile lasciarsi andare e scoprire chi sono veramente attraverso il movimento del corpo. Con Nabi, per esempio, si vede già che ha un'energia speciale. È spontanea, curiosa, determinata. È uno scrigno già pieno. Il mio compito è solo aiutarla ad aprire quello scrigno e a far emergere la sua voce.»
Taehyung inclinò leggermente la testa, completamente assorto e affascinato. Tutte le sue difese e i suoi pregiudizi si erano sgretolati come un castello di sabbia di fronte alla sincerità e alla competenza di quel ragazzo. «Capisco», rispose con un tono più aperto e disteso, abbassando lo sguardo per un istante. Poi, quasi senza volerlo, aggiunse con un tono di voce più basso: «Nabi non vedeva l'ora di venire a lezione. Da quando ti ha visto ballare, non fa che parlare di te.»
«Ah, davvero?», rispose Jeongguk, grattandosi la nuca con un gesto quasi imbarazzato, mentre un leggero rossore gli colorava le guance. «Non pensavo di aver fatto tutta questa impressione.»
Taehyung abbozzò un sorriso ironico, ripensando a qualche giorno prima, quando Nabi aveva trascorso un'intera serata a parlare a raffica solo di quel ragazzo. «Direi che hai fatto parecchia impressione», borbottò con un tono vagamente divertito.
Jeongguk rimase in silenzio per un momento, senza mai distogliere lo sguardo dal suo. «Spero di essere all'altezza delle sue aspettative», aggiunse infine, con un sorriso ampio e sincero che gli illuminava il volto. I suoi denti davanti erano leggermente sporgenti e lo facevano sembrare persino più giovane, quasi infantile, in netto contrasto con il suo aspetto. «E anche delle tue.»
Taehyung si irrigidì leggermente, colto alla sprovvista. «Le mie aspettative?» chiese incerto, cercando di mantenere un tono neutro.
«Beh, sì», rispose cautamente Jeongguk, inclinando la testa con aria impacciata, quasi di scuse. «So che avevi iscritto Nabi a un altro corso... non era mia intenzione—»
«Non importa», si affrettò a interromperlo Taehyung, anche se una leggera esitazione nella sua voce lo tradì. «Voglio solo che Nabi si diverta e che sia felice, tutto qui. Non importa quale corso scelga.»
Jeongguk annuì lentamente. «Capisco. Allora ti prometto che con me sarà in buone mani.» Accennò un altro sorriso, e Taehyung notò come la luce del corridoio enfatizzasse i suoi lineamenti, accentuando la linea netta della mascella.
«Grazie», disse Taehyung, sentendosi leggermente più a suo agio, ma percependo ancora una sorta di tensione sottile nell'aria. C'era qualcosa in Jeongguk – nel suo modo di parlare, nel suo modo di guardarlo – che continuava a metterlo in difficoltà, una sorta di magnetismo che lo attraeva e allo stesso tempo lo respingeva.
Rimasero in silenzio per un attimo, in uno spazio ristretto che sembrava improvvisamente troppo piccolo. Jeongguk sembrava perfettamente a suo agio in quella prossimità, mentre Taehyung si sentiva stranamente consapevole di ogni suo respiro, di ogni minimo movimento. E sentiva l'urgente bisogno di allontanarsi, di rompere quella vicinanza.
«Bene», disse infine Taehyung, rompendo il silenzio che si era fatto improvvisamente denso. «Non voglio trattenerti oltre.»
Jeongguk fece un cenno del capo, senza distogliere lo sguardo. «È stato un piacere conoscerti, Taehyung», mormorò, e per un attimo Taehyung pensò di aver percepito una nota diversa nella sua voce, più intima.
«Anche per me», rispose educatamente Taehyung, chinando appena il capo in segno di saluto. Poi si voltò per tornare nella sala d'attesa, ma sentiva ancora lo sguardo di Jeongguk fisso su di sé, come un fuoco che gli bruciava la schiena.
Tornato nella sala d'attesa, Taehyung si sedette su una delle panche imbottite, cercando di metabolizzare quello che era appena successo. Ripensò al carisma di Jeongguk, alla sicurezza che emanava, al modo in cui lo aveva guardato, e al contempo pensò anche alle parole che aveva pronunciato, alla profondità dei suoi pensieri e alla sua sincerità disarmante... era completamente diverso da come se lo era immaginato. In realtà non sapeva nemmeno lui cosa si aspettasse, forse un ragazzo più sfacciato e chiassoso, qualcuno che avrebbe potuto più facilmente liquidare con un giudizio superficiale. Invece, si era trovato di fronte un uomo profondo, gentile e con un'aura magnetica che lo aveva spiazzato. Il suo sguardo era intenso, ma mai invadente, e i suoi modi erano gentili, pur senza tradire alcuna debolezza. C'era una sorta di affascinante dicotomia in lui, una sicurezza che non aveva bisogno di essere ostentata per essere percepita.
Mentre aspettava che la lezione di Nabi finisse, Taehyung si ritrovò a pensare a quanto fosse stato stupido. Era arrivato lì con una leggera ansia e qualche pregiudizio di troppo, e invece ora si ritrovava pervaso da una sensazione di profonda confusione, mescolata a una nuova e inaspettata curiosità.
🍂
Quando la lezione terminò, un'ondata di energia vibrante e caotica si riversò fuori dalla sala prove. I bambini, con i volti arrossati e i vestiti leggermente sudati, si riversarono nel corridoio, parlando animatamente e mimando i passi appena imparati. Nabi, con le guance rosse come due mele mature e i capelli leggermente scompigliati, corse incontro a Taehyung a braccia aperte. «Papà, è stato fantastico!» esclamò con voce squillante, stringendolo forte in un abbraccio che quasi gli fece mancare il respiro.
Taehyung le sorrise, ricambiando l'abbraccio e accarezzandole i capelli con dolcezza. «Sono contento che ti sia divertita», rispose, il cuore che si scaldava alla vista di quella gioia contagiosa.
Jeongguk uscì dalla sala pochi istanti dopo, circondato da un piccolo nugolo di allievi che lo tempestavano di domande e commenti euforici sulla lezione appena conclusa. I suoi capelli, umidi di sudore, gli si erano appiccicati alla fronte in ciocche scure, incorniciandogli il viso dai lineamenti decisi. La t-shirt nera aderiva ora al suo petto, mettendo in risalto le spalle larghe e il fisico atletico. A prima vista poteva apparire imponente, quasi intimidatorio, eppure si muoveva con una grazia naturale, una fluidità che contrastava piacevolmente con la sua apparente solidità. Era evidente che fosse molto benvoluto e rispettato; i bambini lo seguivano ovunque andasse come un'ombra fedele, e i genitori lo guardavano con un misto di stima, ammirazione e, forse, una punta di invidia non malevola. Quel tipo di invidia che nasce dall'ammirazione, che ti fa pensare: "Vorrei essere come lui".
Mentre Taehyung lo osservava da lontano, cercando di non farsi notare troppo, Jeongguk si voltò improvvisamente, come se avesse percepito il suo sguardo. Il cuore di Taehyung perse un battito e distolse immediatamente lo sguardo, fingendo di essere impegnato ad aiutare Nabi a infilare il giubbotto. Con la coda dell'occhio, però, lo vide scusarsi con alcuni genitori e allontanarsi dal gruppo per dirigersi proprio verso di loro. Il suo incedere era sicuro, ma non arrogante, e Taehyung sentì un improvviso nodo allo stomaco.
Quando Jeongguk fu abbastanza vicino, il suo sorriso illuminò l'intera stanza. «È stata bravissima, davvero notevole per essere la sua prima volta», disse, rivolgendosi a entrambi con un tono di voce caldo e cordiale. I suoi occhi, però, indugiarono su Taehyung per un istante di troppo, e un lampo di qualcosa di indecifrabile gli attraversò lo sguardo. Taehyung si sforzò di mantenere un'espressione neutra, anche se si sentiva improvvisamente esposto. Osservato.
Taehyung si concentrò unicamente su Nabi, continuando a sistemarle il giubbotto, ma la presenza di Jeongguk continuava a incombere su di lui, rendendolo stranamente nervoso.
«Ci vediamo la prossima settimana, Nabi», disse Jeongguk, chinandosi leggermente per essere alla sua altezza e rivolgerle un sorriso dolce. Nabi annuì energicamente, con gli occhi che brillavano di eccitazione all'idea di tornare a ballare. Poi Jeongguk si raddrizzò e, prima di andarsene, rivolse un ultimo sguardo a Taehyung. Un sorriso appena accennato gli increspò le labbra, un sorriso quasi privato, come un segreto che condividevano soltanto loro due. «Arrivederci, Taehyung.»
«Arrivederci, Jeongguk», mormorò Taehyung, incrociando per un'ultima volta il suo sguardo. Poi Jeongguk si voltò e tornò a parlare con alcuni genitori, sparendo tra la folla.
Mentre usciva dalla scuola, tenendo per mano Nabi, che continuava a saltellare e a canticchiare, Taehyung non poté fare a meno di ripensare a quella giornata, a quell'incontro. Jeongguk non era un ragazzo qualunque; questo era ormai chiaro come il sole. C'era qualcosa di enigmatico in lui che suscitava curiosità e una sorta di involontaria fascinazione. E non era il solo a pensarla così, a giudicare da come la gente sembrava gravitare naturalmente intorno a lui.
Taehyung non riusciva a definire precisamente quella sensazione, ma era palpabile. Era come se Jeongguk emanasse un'energia particolare, un carisma innato che lo distingueva nettamente dalla massa. Non era solo la sua indiscutibile bravura nell'hip-hop a renderlo una presenza così notevole nella scuola; era qualcosa di più profondo. Qualcosa nel suo modo di muoversi, di parlare, di guardare. Jeongguk sembrava catalizzare l'attenzione di tutti, e Taehyung si chiese quale fosse il segreto dietro questa sua influenza.
Si ritrovò anche a chiedersi cosa si celasse dietro quel sorriso gentile e quegli occhi scuri. C'era una sicurezza in Jeongguk che non sfociava mai in arroganza, una sorta di placida consapevolezza del proprio valore che lo rendeva incredibilmente affascinante. Ma Taehyung aveva anche intravisto, per un fugace istante, una nota di vulnerabilità nel suo sguardo, qualcosa di nascosto che lo aveva incuriosito ancora di più.
Scosse leggermente la testa, cercando di allontanare quei pensieri. Era assurdo che si stesse ponendo tutte quelle domande sul maestro di danza di sua figlia. Forse era solo stanco dopo una lunga giornata, o forse era ancora influenzato dall'atmosfera vivace e caotica di poco prima. Ma la verità innegabile era che l'incontro con Jeongguk lo aveva colpito, in un modo che non riusciva a ignorare né a comprendere.
Nabi, intanto, continuava a chiacchierare entusiasta, raccontandogli i passi di danza che aveva imparato e mimando con buffi movimenti le coreografie di Jeongguk. Taehyung la ascoltava sorridendo, cercando di concentrarsi sulle sue parole e di condividere la sua gioia, ma l'immagine di Jeongguk continuava a tornare prepotentemente alla sua mente, come un'eco persistente.
Mentre si allontanavano dalla scuola, Taehyung osservò l'edificio che si faceva sempre più piccolo alle loro spalle, con l'assurda e irrazionale sensazione di volerci tornare al più presto. Era come se avesse dimenticato lì qualcosa di importante, qualcosa che doveva assolutamente recuperare. O forse... qualcuno.
a/n
hello hello è arrivata la befana🧙♀️
scusate se ci sono refusi, ma ho finito di scriverlo questo pomeriggio e ho ancora gli occhi appannati. ero tipo in ipnosi mentre scrivevo.
mi dispiaceva avervi lasciato l'ultima volta senza fare la conoscenza di jeongguk, quindi mi sono messa subito all'opera🫶🏻
ora però sono troppo curiosa di sapere cosa ne pensate 😏 vi aspetto nei commenti
bacini,
— M
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