Capitolo 1: Crisp Mornings, Falling Leaves
📻 This Charming Man, The Smiths
𝙲𝚊𝚙𝚒𝚝𝚘𝚕𝚘 𝟷:
𝙲𝚛𝚒𝚜𝚙 𝙼𝚘𝚛𝚗𝚒𝚗𝚐𝚜, 𝙵𝚊𝚕𝚕𝚒𝚗𝚐 𝙻𝚎𝚊𝚟𝚎𝚜
La sveglia suonò alle 6:00, puntuale come sempre. Il suono esplose nella stanza come un allarme antincendio. Taehyung si mosse a stento, un braccio che spuntava da sotto il piumone, cercando alla cieca il pulsante per spegnerla. Dopo un paio di tentativi falliti, finalmente colpì il bersaglio. Silenzio. Durò solo qualche secondo, però, prima che la sveglia ricominciasse a squillare imperterrita.
«Ok, ok, ho capito», mugugnò, con la voce impastata dal sonno. Si mise a sedere sul letto, con gli occhi ancora chiusi e i capelli neri spettinati che gli ricadevano sulla fronte, prendendosi un momento per trovare il coraggio di alzarsi. La tenue luce dell'alba filtrava dalla finestra, illuminando il caos della sua stanza: una cravatta abbandonata sulla sedia, una pila di documenti sul comodino e la giacca appesa alla maniglia della porta.
Diamo il benvenuto a un'altra giornata.
Taehyung trascinò i piedi verso il bagno, aprendo l'acqua della doccia. La sensazione dell'acqua calda lo aiutò a svegliarsi del tutto, anche se una parte di lui desiderava rimanere lì sotto per il resto della giornata. O per il resto della vita. Ma sapeva che non poteva. Non quando c'era Nabi che lo aspettava nell'altra stanza.
Dopo essersi asciugato alla svelta e aver indossato l'accappatoio, si avviò in cucina. Aprì il frigorifero e diede un'occhiata veloce all'interno. Latte, uova, kimchi, qualche verdura, e... il riso della sera prima. Si mise subito all'opera. Decise di preparare i toast per colazione. Mentre erano nel tostapane, iniziò a lavorare al dosirak di Nabi. Era diventato un esperto nel preparare pranzi al sacco: riso, uova strapazzate, verdure saltate in padella e un po' di pollo al sesamo. Ogni componente trovava il suo posto nel contenitore come una sorta di puzzle.
«Perfetto», mormorò tra sé e sé, chiudendo il coperchio e posando il tegamino accanto allo zaino di Nabi. Poi si voltò verso la macchinetta del caffè e se ne versò una tazza abbondante. Il caffè: il suo attimo di quiete prima della tempesta.
Dopo appena un paio di sorsi diede una rapida occhiata al cellulare, su cui si era accesa la notifica di un messaggio. Sgranò gli occhi e per poco non sputò tutto il caffè. Il suo primo appuntamento della mattinata – quello col maledettissimo procuratore che decideva sempre di slittare all'ultimo minuto – era stato anticipato di mezz'ora.
Merda.
Doveva darsi una mossa. Lasciò la tazza ancora mezza piena sul bancone per correre in bagno a finire di prepararsi. Il suo attimo di quiete talvolta durava meno di un minuto, proprio come quel giorno.
Armato di asciugacapelli, spazzola e pazienza, domò i suoi capelli ribelli finché non furono in ordine. Non poteva permettersi di arrivare in tribunale con un aspetto trasandato. Una volta soddisfatto del risultato, aprì l'armadio e scelse l'abito del giorno: completo grigio, camicia bianca, cravatta paisley blu scuro e il suo orologio Cartier preferito. Un paio di scarpe nere classiche completarono il look. Si guardò allo specchio a tutta altezza dietro l'anta dell'armadio, sistemandosi il nodo della cravatta.
Ok, Taehyung. Un bel respiro.
Inspirò a fondo e poi lasciò andare il fiato con estrema lentezza. Forse sua madre non aveva tutti i torti quando gli aveva detto che gli stava venendo un esaurimento nervoso. Forse avrebbe dovuto chiederle una mano, almeno per badare a Nabi di tanto in tanto—
No. Sei perfettamente in grado di farcela da solo. Sei un bravo avvocato e un bravo papà. Non hai bisogno dell'aiuto di nessuno.
Taehyung fissò il proprio riflesso con un'espressione risoluta.
Sei in perfetto orario. Sei preparato e in ordine. Sei pronto per affrontare qualunque cosa questa giornata ti riservi.
Be', quasi. Perché ora doveva affrontare Nabi.
Avanzò a grandi falcate fino alla cameretta di sua figlia. «Nabi!» chiamò dalla porta della sua stanza. Nessuna risposta. Classico. Taehyung aprì la porta, trovando sua figlia ancora rannicchiata sotto il piumone, una montagna di coperte che si muoveva a malapena.
«Nabi, alzati. È tardi.»
Un piccolo lamento uscì dalla montagna. «Altri cinque minuti...»
«Nabi, non farmelo ripetere», disse, cercando di sembrare severo, ma con un sorriso divertito che lo tradiva. «Se non ti alzi subito, mangio anche i tuoi toast.»
La testa di Nabi spuntò improvvisamente dalle coperte, con il caschetto castano tutto arruffato e un'espressione accigliata. «Non lo faresti mai.»
«Non tentarmi», rispose Taehyung, alzando un sopracciglio. Nabi lo fissò con un sorrisetto furbo che cominciava a fare capolino sul suo volto, riempiendole le guance come due piccole tortine di riso.
Alla fine, dopo una lunga contrattazione, Nabi si trascinò in cucina. Si sedette al tavolo, ancora mezza addormentata, e afferrò il suo toast. Taehyung si accomodò di fronte a lei, cercando di controllare il cellulare senza sembrare troppo frettoloso. Era una di quelle mattine in cui il tempo sembrava scivolargli tra le dita, mentre pensava a tutte le cose che doveva fare: rispondere alle email, parlare col procuratore, prepararsi per l'udienza, chiamare il cliente e, naturalmente, cercare di non fare troppi danni come padre.
Nabi masticava lentamente, quasi con troppa calma, quando a un tratto alzò lo sguardo e disse con nonchalance: «Oggi pomeriggio ci sono i colloqui con le maestre.»
«Ah, sì? Che bello», mugugnò Taehyung, mentre mangiava distrattamente a grandi bocconi il suo toast, con lo sguardo fisso sul telefono.
«Papààà», esclamò Nabi, con quel suo solito tono cantilenante che preannunciava solo guai.
Taehyung si pietrificò, sbattendo le palpebre. Il suo sguardo si sollevò lentamente dallo schermo del cellulare per concentrarsi su di lei. «Eh?»
«I colloqui genitori-insegnanti», ripeté Nabi, scandendo le sillabe con un tono esasperato e una calma anomala per la sua età. In quei momenti, sembrava davvero lei l'adulta tra i due. «Oggi pomeriggio. Alle tre.»
Un lampo di panico attraversò il volto di Taehyung. Deglutì a fatica il boccone che aveva in bocca, tossendo e sputacchiando, e si affrettò a bere un lungo sorso di caffè per non affogarsi. «E me lo dici adesso?» bofonchiò.
«Te l'ho detto ieri, mentre eri al telefono con quei clienti antipatici», rispose Nabi con aria innocente, alzando gli occhi al cielo, come se fosse la cosa più ovvia del mondo.
Merda.
«Alle tre? Nabi, alle tre ho una riunione con un cliente, e poi un'udienza! Non posso—» Taehyung si infilò le mani tra i capelli in un gesto esasperato. Ecco, ora avrebbe dovuto pettinarseli di nuovo.
«Papà», lo interruppe Nabi con fermezza, «le maestre hanno detto che devono venire tutti i genitori.» Iniziò a sgambettare sotto il tavolo, un gesto che tradiva la sua tenera età, in netto contrasto con il tono autorevole con cui stava rimproverando suo padre.
Taehyung la fissò con rassegnazione, avvertendo una lieve stretta al petto che riconobbe come senso di colpa. Nabi aveva ragione, come al solito. Dopotutto, era lui l'adulto. Dannazione, avrebbe dovuto ricordarsene.
Ecco il problema di essere un genitore single. Non c'era una seconda persona a cui delegare, non c'era nessuno che potesse dirgli: "Non ti preoccupare, ci penso io." Era tutto sulle sue spalle.
In un attimo, il suo cervello iniziò a fare centinaia di calcoli, a giocare a Tetris con i suoi appuntamenti, per cercare disperatamente di riorganizzare l'agenda.
Alla fine, Taehyung si ritrovò a sospirare con aria sconfitta, appoggiando di nuovo il telefono sul tavolo quando si rese conto di avere le mani legate. Avrebbe dovuto posticipare tutto il pomeriggio a pie' pari e portarsi il lavoro a casa. «Va bene. Ci sarò. Ma tu, signorina, mi devi un favore», disse, puntando un dito contro Nabi con fare scherzoso.
«Un favore?» chiese Nabi, sollevando un sopracciglio con aria curiosa.
«Prima di tutto», rispose lui, lanciandole un'occhiataccia, «sistema quella baraonda che è diventata la tua camera. E comincia a mettere in ordine i tuoi vestiti. Ieri ho trovato un tuo calzino... nella credenza.»
Nabi gli fece l'occhiolino, rivolgendogli un sorrisetto furbo. «Va bene, ma tu prometti di non fare brutte figure con la maestra Park.»
«Brutte figure?» replicò Taehyung, fingendosi indignato. «Io non faccio mai brutte figure.»
«Ah, no?» rispose lei con un sorrisetto. «E che mi dici di quella volta che hai dimenticato di darmi il pranzo al sacco e sei venuto a portarmelo a scuola, ancora con la toga addosso e i capelli sparati in aria tipo Goku Super Saiyan?»
Taehyung scoppiò a ridere, scuotendo la testa mentre quella scena comica gli tornava in mente. «Touché», ammise, sorridendo imbarazzato. «Mi sa che saresti più brava di me come avvocato.»
Nabi fece un'espressione soddisfatta, addentando un altro morso del suo toast con tutta la calma del mondo.
Taehyung, invece, era in ritardo. Ormai controllava il suo orologio ogni minuto, quasi ossessivamente. Però non avrebbe mai potuto mettere fretta a sua figlia mentre faceva colazione, guardando distrattamente i cartoni animati alla TV. Sapeva che quello era il suo momento preferito della giornata e non glielo avrebbe sottratto per nulla al mondo. Il procuratore poteva aspettare.
La mattina proseguì nel solito turbinio di impegni e imprevisti. Taehyung si preparò ad affrontare una giornata che già si preannunciava complicata. Tra i colloqui con le maestre, l'appuntamento col Procuratore e quello con il cliente, sarebbe stata un'altra giornata frenetica. Una di quelle in cui il mondo sembrava chiedergli ben più di quanto potesse dare. Come sempre, però, sapeva che in qualche modo se la sarebbe cavata. Anche se ogni giorno si sentiva un po' più stanco del precedente.
🍂
Taehyung uscì dal tribunale con passo deciso, stringendosi nel cappotto per proteggersi dal vento freddo che sferzava la strada e faceva volteggiare le foglie secche sui marciapiedi in una specie di danza cerimoniale. L'autunno era finalmente arrivato e ormai le temperature iniziavano ad abbassarsi, sostituendosi all'appiccicosa calura estiva. Accanto a lui, il suo collega e migliore amico Jimin camminava svelto con la sua solita energia inesauribile, i capelli biondi che gli incorniciavano il volto illuminato da un entusiasmo contagioso, mentre parlava a raffica di un caso che gli stava dando del filo da torcere.
«Allora», fece a un tratto Jimin, interrompendo il proprio monologo, «ristorante carino? Sai, uno di quelli con il kimchi fatto in casa e i tavoli in legno rustico? È da stamattina che ho voglia di qualcosa di caldo e decente.»
Taehyung scosse la testa, infilando le mani nelle tasche del cappotto. «No, oggi panino al volo. Devo scappare tra un po'.»
Jimin si fermò di colpo, piazzandosi davanti a lui con un'espressione esasperata. «Tae, ma sei serio? Vivi di panini e caffè da mesi. Ti ricordi che esiste anche il cibo vero?»
Taehyung rise, aggirandolo. «Non ho tempo, lo sai. Tra il tribunale, i clienti e Nabi, a malapena ho un attimo di respiro.»
Jimin sbuffò ma lo seguì, lasciandosi trascinare verso una paninoteca poco distante dal tribunale.
«Sei proprio irrecuperabile», mormorò, mentre entravano nel piccolo locale, accolti dal profumo invitante di pane tostato e carne grigliata. Si misero in fila al bancone, osservando distrattamente il menu.
«Che prendi?» chiese Taehyung, indicando il tabellone con un cenno del capo.
«Non importa cosa prendo io», rispose Jimin, incrociando le braccia al petto. «Dobbiamo parlare di te, non del mio pranzo.»
Taehyung lo fissò con una smorfia. «Non cominciare.»
Ma Jimin lo ignorò, inclinando la testa con un sorriso furbo. «Hai trentatré anni, Taehyung, non sessantasette. Sai cosa ti ci vorrebbe?»
«Un caffè doppio?» rispose lui con sarcasmo, mentre ordinava per entrambi.
«No», continuò Jimin, con un tono da grande rivelazione. «Ti ci vorrebbe una bella scopata.»
Taehyung si voltò di scatto, fissandolo con occhi spalancati. «Ma sei impazzito? Siamo in pubblico, Jimin!» sibilò tra i denti, guardandosi nervosamente intorno.
Jimin scrollò le spalle con nonchalance, senza abbassare la voce neppure di un'ottava. «Oh, andiamo! Lo sai anche tu che ho ragione. Vedrai che dopo ti rilassi e tutto ti sembrerà più semplice.»
«Jimin», lo interruppe Taehyung, stringendosi il ponte del naso tra le dita, «io dico che dovresti farti gli affari tuoi e chiudere quella boccaccia.»
«Gesù, parli davvero come un sessantenne», replicò Jimin, ridendo.
Si sedettero a un tavolo vicino alla vetrina, ognuno con il proprio panino. Taehyung cercò subito di cambiare argomento, spostando l'attenzione su Jimin, per sfuggire a una discussione un po' troppo scomoda per lui. Meno parlava di relazioni e meglio era. Come avvocato divorzista, era abituato ad assistere a storie d'amore fallite ogni giorno e, per giunta, ne era stato protagonista in prima persona.
Taehyung si strinse nelle spalle, i pensieri che si ingarbugliavano nella testa come una matassa. Il suo matrimonio era naufragato ormai anni prima, un amore a cui si era donato completamente e che si era sbriciolato come un castello di sabbia. Miyoung, la sua ex moglie, lo aveva lasciato per un altro uomo, un uomo che, a suo dire, "sapeva davvero come trattare le donne". Lo aveva sostituito senza pensarci due volte, come una vecchia scarpa consumata, e si era trasferita all'estero con il suo nuovo compagno. Da allora erano passati quattro anni, e Taehyung non l'aveva più vista. Miyoung si limitava a telefonare nei giorni di festa, promettendo a Nabi montagne di regali e visite imminenti, ma Taehyung sapeva bene che quelle erano solo parole vuote per placare la coscienza. Per fortuna, Nabi era ancora molto piccola quando avevano divorziato, e i suoi ricordi di Miyoung e di quel brutto periodo erano pian piano sbiaditi. Forse, proprio per questo motivo, l'assenza di sua madre era stata meno traumatica per lei, anche se certamente non l'aveva lasciata indenne.
Taehyung si scrollò quei pensieri di dosso, sbattendo le palpebre più volte. Era ancora così facile per lui rimuginare sul passato e perdere contatto con il presente. Malgrado le sue ferite si fossero ormai rimarginate, le cicatrici non avevano mai smesso di bruciare. Non gli sembrava giusto sentirsi solo, non quando aveva sua figlia a riempire le sue giornate e il suo cuore, eppure a volte avrebbe davvero desiderato un abbraccio e quel calore umano che da tempo non riceveva più.
Taehyung si sporse leggermente in avanti, celando la tristezza che ogni tanto si impossessava di lui dietro a un sorriso squadrato, e cambiò discorso. «E tu? Come vanno i preparativi per il matrimonio?» disse, guardando Jimin con curiosità.
Jimin arrossì appena, cercando di nascondere un sorriso dietro al bicchiere d'acqua. «Bene, più o meno. Yoongi se la prende comoda, come sempre. Continua a ripetermi che andrà tutto bene, che c'è ancora tempo a sufficienza, ma intanto sono io che corro dietro a tutto.»
«Non mi sorprende», rispose Taehyung con un sorriso divertito, scuotendo la testa. «Yoongi è la calma fatta persona. E tu, invece, sei un tornado. Mi chiedo come facciate a non litigare ogni giorno.»
Jimin ridacchiò, accennando un sorriso complice. «Oh, litighiamo, eccome. Ma poi ci bastano cinque minuti di coccole per fare pace, e tutto torna a posto. Funziona così tra noi, sai? Lui mi tiene con i piedi per terra, e io sono la forza che lo muove.» Arrossì, ma poi tornò subito all'argomento precedente (ultimamente, il suo preferito) con un guizzo di entusiasmo. «Tipo per scegliere i colori delle decorazioni. Lo sai che voleva fare tutto nero? Tutto nero, Tae! A un matrimonio!»
«Non è poi così male, se lo abbini bene», commentò Taehyung, mordendo il suo panino.
«Sì, per un funerale o una festa di Halloween!» sbottò Jimin, scuotendo la testa. «Per fortuna, alla fine, l'ho convinto a scegliere bianco, grigio antracite e verde foresta.»
Taehyung scoppiò a ridere, quasi strozzandosi col panino. «Convinto, certo. Scommetto che gliel'hai praticamente imposto.» Bevve un sorso d'acqua, mentre Jimin gli lanciava un'occhiataccia.
«Hey! Gli sono venuto incontro col grigio antracite!» rispose Jimin, con un'espressione offesa.
«Ah, sì, certo come no. Scusa.» Taehyung sorrise, divertito.
Jimin scrollò le spalle, sollevando il mento con aria solenne. «L'importante è che sarà tutto perfetto.» Poi si raddrizzò sulla sedia di scatto, puntando un dito minaccioso contro Taehyung. «Ah, e a proposito, inizia a preparare già da ora un bel discorso per quel giorno. Non accetto che te ne esca con quattro parole buttate lì.»
«Un discorso?» Taehyung alzò un sopracciglio, resistendo all'impulso di alzare gli occhi al cielo. Anche se era un avvocato, fuori dal contesto lavorativo detestava stare al centro dell'attenzione. In un gruppo di amici, era sempre quello calmo e silenzioso, con mille pensieri per la testa. Non timido, solo... riservato.
«Ovvio!» rispose Jimin con un sorriso furbo. «Sei uno dei miei migliori amici, mica puoi cavartela con due frasi di circostanza.»
Taehyung lo fissò con un'espressione rassegnata, il tono della voce che tradiva una certa ironia. «Vedrò cosa riesco a fare. Ma non aspettarti niente di memorabile.»
«Non voglio mica un poema», rispose Jimin, con un gesto plateale. «Solo che non sembri il solito avvocato. È il mio giorno speciale, dopotutto», aggiunse, faticando a trattenere una risatina gioiosa e carica di entusiasmo.
Taehyung sorrise teneramente, sentendo il cuore scaldarsi. La felicità di Jimin era contagiosa.
Si chiese, per un istante, cosa si provasse ad essere amati incondizionatamente, ad avere qualcuno al proprio fianco che ti guardava con quegli occhi pieni di affetto e di fiducia, come Yoongi guardava Jimin.
Taehyung sperava che ormai il discorso di prima fosse chiuso, ma a quanto pare Jimin non aveva finito. Diamine, era così difficile distrarre quel biondino. Forse gli aveva letto nel pensiero, o forse era la sua solitudine ingombrante a trasparire un po' troppo dal suo sguardo.
«Comunque sul serio, Tae», iniziò, con un tono di voce più dolce. «Perché non esci con qualcuno? Senti, so che dopo che lei se n'è andata hai chiuso con le relazioni. E lo capisco, davvero. Non è stato facile per te, lo so bene. Ma... sono passati quattro anni ormai. Non pensi che sia arrivato il momento di andare avanti?»
Taehyung abbassò lo sguardo sul proprio panino, stringendo la carta che lo avvolgeva. «Non è così semplice.»
«Lo so», disse Jimin, appoggiandosi allo schienale della sedia con un sospiro. «Ma sei un uomo incredibile, Taehyung. Sei un bravo avvocato, un padre fantastico, e hai un cuore gigantesco. Non meriti di stare da solo.» Jimin lo guardò con tristezza per un momento, e poi aprì la bocca come a voler aggiungere qualcos'altro, ma poi la richiuse di scatto.
Taehyung si prese un momento prima di rispondere, mordendosi il labbro inferiore. «Non penso più a lei, se è questo che intendi. Credo di averla finalmente superata. Ma... non avrei comunque tempo per vedere qualcuno. E poi c'è Nabi. È complicato.»
Jimin annuì, sorseggiando il suo bicchiere d'acqua. «Lo capisco. Ma non mettere troppo da parte te stesso, Tae. Non parlo solo di una relazione, ma di tutta la tua vita. Ogni tanto devi fare qualcosa anche per te. Non fai un torto a Nabi se pensi anche alla tua felicità.»
Taehyung alzò lo sguardo, colpito dalle sue parole, ma il suono di una notifica sul telefono lo riportò immediatamente alla realtà. Controllò l'orologio e si alzò in fretta. «Devo scappare. Ho i colloqui con le maestre di Nabi tra poco.»
Jimin annuì. «Pensaci, ok?» aggiunse poi, con un tono a metà tra il triste e il rassegnato.
Taehyung non rispose, si limitò a fare un cenno di assenso, prima di sfrecciare fuori dalla paninoteca per tornare alla sua vita frenetica. Le parole di Jimin, però, continuarono a rimbombargli a lungo nel cervello, per tutto il tragitto in auto verso scuola.
🍂
Taehyung si fermò davanti al portone della scuola, indugiando un po' prima di entrare. Respirò profondamente per cercare di rilassarsi e, quasi senza pensarci, si sistemò la cravatta e si passò una mano tra i capelli, giusto per assicurarsi che fossero in ordine. Non che fosse abituato a preoccuparsi maniacalmente del proprio aspetto, ma almeno stavolta voleva fare una buona impressione.
I corridoi della scuola erano un mosaico di suoni e gesti: voci basse, passi frettolosi, genitori accalcati contro le pareti o seduti su sedie troppo piccole per loro. Taehyung si fece strada tra la folla, con un certo disagio, mentre cercava la classe di Nabi. Quando finalmente la trovò, un senso di sollievo lo attraversò alla vista della maestra Park, seduta con compostezza dietro la cattedra. Gli rivolse un sorriso caloroso che lo rassicurò quasi all'istante.
Ecco perché a Nabi piaceva così tanto.
«Signor Kim, salve. Si accomodi pure», disse la maestra, con un sorriso gentile, indicando la sedia davanti a sé con un gesto discreto della mano.
«Grazie», rispose Taehyung, chinando leggermente il capo mentre si sedeva. Cercò di rilassarsi, ma non riusciva a scrollarsi di dosso quella sensazione di essere sotto esame, come quando, molti anni prima, era ancora uno studente.
«Parliamo di Nabi», iniziò la maestra Park con un tono sereno che subito attenuò un po' della sua tensione. «È una bambina meravigliosa. Intelligente, curiosa e molto responsabile per la sua età. Si vede che ha un ottimo esempio a casa.»
Taehyung si grattò la nuca, il viso che si colorava di un lieve imbarazzo. Non era mai stato bravo a rispondere ai complimenti. «Grazie... Cerco di fare del mio meglio.»
Proprio in quel momento, il cellulare nella tasca di Taehyung cominciò a vibrare. Cercò di ignorarlo, ma il suono si ripeté, insistente. Con un'espressione di scuse e un lieve sorriso impacciato, estrasse il telefono e lanciò un'occhiata alla maestra, come a chiedere permesso.
«Se è urgente, non si preoccupi. Risponda pure», disse lei con un tono garbato, senza alcuna traccia di disappunto.
Taehyung annuì, visibilmente sollevato dalla sua comprensione. Con un cenno di gratitudine, portò il telefono all'orecchio. «Pronto?»
Dall'altra parte, la voce della sua ultima cliente, la signora Choi, esplose come un tuono: «Avvocato! Quel bastardo non solo mi tradisce, ma lo fa con la domestica! Voglio il divorzio immediatamente! Ora! Non domani, non tra un'ora. Subito!»
Taehyung si passò una mano sul viso, cercando di mantenere la calma. «Signora Choi, mi ascolti... Capisco il suo stato d'animo, ma non posso—»
Un rumore di carta stropicciata e un tonfo metallico lo interruppero, seguiti dalla voce concitata di Soobin, il suo giovane segretario: «Avvocato, deve tornare subito! La signora sta dando di matto. Ha appena tirato una spillatrice contro il muro... e ci sono il giudice e il procuratore nell'altra stanza. È un disastro!» disse in fretta e in preda al panico.
Chiudendo gli occhi, Taehyung si pizzicò il ponte del naso tanto forte da farsi male. Quella giornata non faceva che peggiorare.
«Avvocato? È ancora in linea?»
«Sì, Soobin, ma purtroppo non posso tornare allo studio oggi. Di' alla signora Choi di stare tranquilla e che inizierò a lavorare già a partire da questa sera. Ci vediamo domani.»
«No! Avvocato Kim, aspetti—»
Taehyung riattaccò con un gesto deciso e infilò il telefono in tasca. Poi fece un lungo sospiro, chiudendo gli occhi. Aveva questa strana capacità di attirare solo i clienti peggiori, quelli che gli facevano venire voglia di licenziarsi un giorno sì e l'altro pure. «Merda...» sussurrò tra i denti, mentre si massaggiava la nuca.
Quando riaprì gli occhi, si ritrovò a fissare la maestra Park che lo osservava con un sopracciglio sollevato, tra il divertito e il perplesso.
«Come, scusi?»
«Ah... merenda!» balbettò goffamente lui, cercando di salvarsi in calcio d'angolo. «Volevo dire merenda. Come si comporta Nabi durante la merenda? Sa, a casa è un po' pasticciona...» aggiunse con una risatina forzata.
La maestra annuì con discrezione, ma non poté fare a meno di trattenere un sorriso divertito. «Devo dire che, invece, a scuola è impeccabile.»
«Ottimo, ottimo...» mormorò Taehyung, schiarendosi la gola con un finto colpo di tosse.
Con suo enorme sollievo, la maestra riprese subito la conversazione con grande tatto e professionalità: «Come le dicevo, Nabi è una bambina molto speciale. Tuttavia, ho notato che a volte sembra voler fare più di quanto le si richieda. È come se sentisse il bisogno di proteggere chi le sta intorno o di dimostrare qualcosa.»
Quelle parole lo colpirono. Non era la prima volta che qualcuno gli faceva notare questo lato di Nabi, e ogni volta si chiedeva se fosse lui a proiettare su di lei aspettative troppo grandi o se fosse l'assenza di sua madre a gravare troppo sulle sue spalle di bambina.
«Capisco», rispose, abbassando lo sguardo per un momento, quasi come se volesse nascondere i pensieri che gli occupavano la mente. «L'ho notato anch'io. A volte mi chiedo se sia colpa mia. Cerco di non metterle pressioni, di lasciarla libera di fare le sue scelte e di organizzare il suo tempo, ma... forse le trasmetto comunque l'idea che deve essere forte, perché io per primo non faccio che darmi forza ogni giorno per affrontare tutto. Non è facile per lei, lo so bene. Sono un padre single e non sempre riesco a darle tutto ciò di cui ha bisogno. Forse cerca di compensare alle mie mancanze, di dimostrarmi che ce la fa anche da sola, che posso contare su di lei come lei può contare su di me. Ma è ancora così piccola... non dovrebbe pensare a nient'altro che a studiare e giocare e fare le cose che fanno tutti i bambini», disse tutto d'un fiato.
Si fermò un istante, passandosi una mano sulla nuca. Poi, con un filo di esitazione nella voce, aggiunse: «Non voglio che si senta in dovere di proteggermi o di dimostrarmi qualcosa. Vorrei solo che vivesse la sua età con leggerezza. Ma... a volte temo che l'assenza di sua madre l'abbia ferita più di quanto io riesca ad ammettere a me stesso.»
La maestra Park annuì lentamente, con uno sguardo carico di comprensione. Lasciò scorrere qualche secondo di silenzio, come a voler rispettare la nuda sincerità di quella confidenza, prima di rispondere.
«Capisco cosa intende, signor Kim. È naturale avere queste preoccupazioni, soprattutto quando si cresce un figlio da soli. Ma, se posso permettermi, da quello che vedo, lei sta facendo un lavoro straordinario. Nabi è una bambina serena, brillante, e sì, a volte sembra più seria e responsabile dei suoi coetanei... Ma non è detto che questo suo lato derivi dal voler sopperire a una mancanza. Al contrario, penso che Nabi faccia tutto questo per rendere orgogliosa la persona che ama di più: lei.»
Taehyung rimase immobile, colto alla sprovvista. Le sue dita giocherellavano con l'orlo della manica della giacca, mentre assimilava quelle parole. «A volte mi sembra di avanzare alla cieca, mentre cerco con tutte le mie forze di colmare vuoti che da solo non riesco a riempire... e credo che Nabi lo percepisca, mostrandosi più forte e indipendente di quello che è», mormorò a voce bassa, poco più che un sussurro, come se avesse paura di ammettere quel pensiero ad alta voce.
La maestra gli sorrise con dolcezza. «Credo che ogni bambino abbia i propri modi di affrontare il mondo, e Nabi, con la sua sensibilità, ha scelto di affrontarlo dimostrando a se stessa e a chi la circonda quanto vale. Forse non è tanto il peso di ciò che le manca a stimolarla, ma l'amore profondo per ciò che ha. E mi permetta di dirlo, lei è una presenza fondamentale per lei. Anche i bambini più indipendenti trovano un'enorme sicurezza nel sapere che qualcuno li guarda con orgoglio e affetto. E questo Nabi lo percepisce, ne sono certa.»
Taehyung abbassò lo sguardo, lasciandosi sfuggire un lieve sorriso. Era raro per lui sentirsi riconosciuto nel suo ruolo di genitore, specialmente come padre single di una bambina, per cui quelle parole lo colpirono profondamente.
La maestra si fermò un attimo, scrutandolo con attenzione, poi continuò con un tono più delicato. «E comunque, come accennava prima lei, per quanto Nabi sia straordinaria, è pur sempre una bambina. Ha bisogno di momenti di leggerezza, di spazi in cui muoversi libera e di momenti di puro svago. Magari un'attività come la danza, che le permetta di esprimersi e di divertirsi in un contesto ludico, potrebbe aiutarla molto. Sa, ho notato che ballare le piace molto. Lo fa spesso durante le ore di educazione fisica.»
Taehyung annuì lentamente, riflettendo sulle sue parole. «Non ci avevo mai pensato... alla danza, intendo. È un'idea interessante. Ne parlerò con lei.»
La maestra Park sorrise, ma la sua espressione si velò di qualcosa di più profondo, come se stesse cercando di essere discreta, pur mantenendo la sua usuale sincerità. «E, se posso permettermi, potrebbe anche regalare a lei qualche momento di tranquillità per sé stesso. Un paio d'ore alla settimana in cui Nabi è impegnata in un'attività che la entusiasma potrebbero diventare un'opportunità per lei di prendersi una pausa. Un po' di spazio per sé, per pensare, rilassarsi o fare qualcosa che le piace. Non è facile essere genitori... ogni tanto fa bene prendersi un po' di tempo per sé stessi.»
Taehyung la guardò, sorpreso. Aveva sentito parole simili solo qualche ora prima da Jimin. A quanto pare, non era bravo come pensava a nascondere i suoi stati d'animo. Abbassò lo sguardo e annuì, sforzandosi di sorridere. «Non l'avevo mai vista in questa luce. La ringrazio... davvero.»
La maestra annuì con entusiasmo, mentre Taehyung si alzava lentamente, pronto a concludere l'incontro. Il suo cuore era al tempo stesso più leggero e più pesante, come se un peso gli fosse stato sollevato dal petto, venendo subito sostituito da un altro. La testa gli si riempì di nuove risposte e altrettante domande, lasciandolo più pensieroso che mai.
Quando uscì dalla classe, vide Nabi giocare nei corridoi con alcune compagne di classe. Appena lo vide, salutò le bambine con entusiasmo e gli corse incontro, il volto illuminato da un sorriso.
«Come è andata?» chiese, saltellando per l'eccitazione, con i due piccoli chignon ai lati della nuca che rimbalzavano con lei.
«Benissimo», rispose lui, con un sorriso tenero e gli occhi pieni di orgoglio. «La maestra ha detto che sei una bambina molto matura e responsabile.»
Nabi si illuminò in un sorriso gigantesco, i suoi occhi brillavano come stelle appena nate, e dondolò felice sui talloni.
«Papà è molto fiero di te, lo sai?» mormorò, accarezzandole i capelli.
Lei annuì felice e alzò le braccia, come faceva da piccola quando voleva essere presa in braccio. Taehyung la sollevò senza esitazione, baciandole una guancia con il cuore traboccante d'amore fino a scoppiare.
Mentre uscivano dalla scuola, il cielo si stava già tingendo di arancione, confondendosi col colore delle foglie autunnali. Con la piccola mano di Nabi stretta nella sua, non pensò neppure per un attimo agli appuntamenti annullati di quel giorno, né al lavoro che lo avrebbe tenuto sveglio fino a notte inoltrata. In quel momento, c'erano solo lui e sua figlia, nella cornice di una Seul colorata di arancione che profumava di muschio e brezza autunnale.
a/n
buondì con il primo capitolo di WTHB ❤️
sono davvero molto emozionata, perché è da tanto che non scrivo con questa assiduità e quasi pensavo di non esserne più capace, onestamente🥲
si nota che ho già nostalgia dell'autunno? in generale ho cercato di rendere questa storia il più cozy possibile, come una calda coperta di lana o cappuccino caldo quando fa freddo☕️🍂
ecco, queste sono le vibes che vorrei trasmettervi
le canzoni che ho scelto sono tutte canzoni indie pop/rock un po' vintage, ma che amo moltissimo e che si sposano bene con l'atmosfera di WTHB. la playlist è disponibile su spotify @/manamidesu 🎧
detto ciò, fatemi sapere cosa ne pensate per ora. leggo tutti i vostri commenti e mi rendono sempre tanto felice🥹
un abbraccio,
M
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