8. Matt's Pov


Mi allontano da lei, issando la mia solita barriera difensiva. Se era questo ciò che voleva, non dovrà attendere oltre: avrà la mia indifferenza, la parte peggiore di me, e tutto ciò che ne conseguirà, servito su un piatto d'argento.
Eppure, mentre mi distacco, non posso fare a meno di notare quanto sia cambiata, pur restando incredibilmente la stessa. Non è più una bambina; ora è una donna. Ogni cosa in Sophia è rimasta intatta, persino quel modo di guardarmi con quegli occhi – occhi per cui avrei ucciso, se solo fosse stato necessario.

È terribilmente difficile accettare che lei non è più quella bimba indifesa che cercava sempre le mie braccia, come se il tocco delle mie carezze tra i suoi capelli fossero ossigeno puro.

Torno a sedermi con il gruppo, cercando di ricompormi, ma non passa molto prima che Sophia ci raggiunga. Si sistema accanto a Dylan, che non perde l’occasione per cingerle la vita con un braccio, quasi fosse un gesto naturale, suo di diritto. Più li vedo avvicinarsi, più il mio nervosismo cresce, come un veleno che si diffonde rapido.
È passata l’una quando Alex, che fino a quel momento si era limitato a qualche battuta di circostanza, decide di rompere il silenzio per chiudere la serata.
«Ragazzi, io vi saluto. Sono distrutto stasera. » annuncia, attirando subito l’approvazione generale, mentre cerca lo sguardo di Abby e in meno di dieci minuti siamo tutti fuori, a scambiarci saluti e organizzare il rientro.

Mentre Raylee e mia sorella si punzecchiano come al loro solito, io non riesco a trattenere lo sguardo: cerco Sophia.
È una necessità, un riflesso involontario che non so controllare.
Ma quando finalmente la trovo, mi pento immediatamente. Le sue labbra sono incollate a quelle di Dylan, e il resto del mondo sembra svanire intorno a loro.

«Dov’è finito quel buono a nulla di mio cugino?» sbotta la mia ragazza, con un tono che tradisce impazienza. Dylan, con un’aria fin troppo soddisfatta si piazza di fronte a lei, radioso come chi ha appena vinto la partita del secolo.
La voce nella mia testa vorrebbe dirgli ogni genere di cattiveria. Potrei distruggerlo in due parole, se solo mi lasciassi andare.
«Non agitarti tanto, cuginetta,» la stuzzica, ridendo di gusto. «O rischi di farla a piedi stanotte.»

Dylan continua a provocarla, visibilmente divertito, mentre io resto a osservare, combattuto tra l'istinto di reagire tirandogli un pugno sui denti e quello di voltarmi e andarmene a casa.
Quando finalmente decidono mi rendo conto che non stavo neanche ascoltando, ma fortunatamente mia sorella arriva in mio soccorso.
« Loro due tornano insieme, io e Alex anche… perciò…» inidica prima Raylee e Dylan, poi Alex e infine abbassa le mani, abbozzando un - finto - sorriso dispiaciuto.
« Sei crudele » bisbiglio, visibilmente infastidito, prima di posare nuovamente lo sguardo su Sophia.

È distratta, o forse non vuole guardarmi in faccia, ma va bene così. In qualche modo a casa dovrà pur tornare. Mentre gli altri vanno via, appoggio la schiena sulla macchina, continuando a guardarla per studiare la sua prossima mossa. Nel frattempo accendo un'altra sigaretta.
« Quindi siamo rimasti noi due alla fine » si avvicina, poggiandosi accanto a me.
« Così pare » aspiro un'altro tiro, continuo a dirmi che devo smetterla con le sigarette ma non riesco mai.
D'altronde se una cosa ti fa stare bene è difficile farne a meno anche se ti fa soffrire, stesso vale per le persone.
Sophia resta in silenzio per un attimo, lo sguardo rivolto verso la strada deserta, illuminata solo dai lampioni tremolanti. Il vento le sposta i capelli davanti al viso, e lei li scosta con un gesto rapido. Mi accorgo che le mani le tremano appena, ma non so se sia per il freddo o per l’eco del bacio di Dylan che ancora le brucia addosso.

«Perché mi guardi così?» chiede, spezzando il silenzio, senza voltarsi verso di me. La sua voce è morbida, ma c’è un filo di tensione, come se non volesse dire la cosa sbagliata.
«Così come?» rispondo, un sorrisetto divertito si fa largo lungo il viso, pur cercando di mantenere il tono distaccato. Vorrei dirle tutto quello che mi sta divorando dentro ma darle questo peso non sarebbe giusto..
« Non lo so. Come se avessi fatto qualcosa di cui pentirmi » Finalmente si gira verso di me, gli occhi brillano di una luce incerta. « Non ho deciso io di baciarlo »
« Però lo hai lasciato fare » Scuoto la cenere della sigaretta a terra, cercando di non incrociare il suo sguardo, ghigno di nuovo.

Avevamo ricominciato di nuovo a giocare, questa volta senza pietà.
E ad iniziare ero stato proprio io.
Sophia stringe le labbra e distoglie lo sguardo.
« Non l’ho fatto per te, se è quello che pensi. Lui era lì, e… »
si interrompe, come se non trovasse le parole giuste, o forse come se non volesse ammettere qualcosa.

« “E”? Pensi veramente che io sia geloso di quel ragazzino da quattro soldi? »
Lancio una risata di scherno, entrare in competizione con Dylan non ne vale la pena.
« A quanto pare sì. Altrimenti, come la spieghi quella?» Indica con gli occhi la mia mascella contratta che rilasso l'attimo dopo. La sua voce è un sussurro, ma il tono è una sfida aperta. Torna a guardarmi, e stavolta sono io a distogliere lo sguardo.
Il silenzio tra di noi diventa insopportabile. Faccio un altro tiro di sigaretta, ma non serve a calmarmi. La butto via, schiacciandola sotto la suola.

« Sali » dico infine, con voce bassa, aprendo la portiera.
« Ti porto a casa. »

« Vado a piedi » La sua risposta arriva rapida, mirata a farmi perdere la pazienza
Mi guarda, e nei suoi occhi c’è qualcosa che questa volta non riesco a decifrare.
Non sono mai stato in grado di comprendere tutto quello che le passasse per la testa.

Mi bastava rimanere accanto a lei, essere il suo punto fermo in mezzo al caos.

« Ti ho detto di salire » Il mio tono è un avvertimento, ma lei non sembra ascoltarmi.
Si avvicina ancora, così tanto che posso sentire il calore del suo respiro contro il mio viso.

« Dimmi che non te ne importa » sussurra, la sua voce così bassa è quasi impercettibile
« Dimmi che posso baciare chi voglio, che per te non fa alcuna differenza e salirò in macchina. »
Le parole si fermano in gola. Non ho alcun motivo per mentirle, ma in questo momento darle ragione manderebbe a puttane il mio orgoglio.
Lei aspetta giusto qualche secondo, ma il mio silenzio parla per me.
Fa un passo indietro, e scuotendo lentamente la testa accenna un sorrisetto anche lei.
« È esattamente quello che pensavo ».

Senza dire altro, si gira e inizia ad allontanarsi verso la strada.
E per un attimo, penso davvero di lasciarla andare. Ma poi mi muovo, senza neanche pensarci.
« Dove stai andando? » La mia voce la ferma.
Lei si volta, sorpresa. Non so cosa sto per fare, ma ormai è troppo tardi per fermarmi.

Le raggiungo in pochi passi, e prima che possa dire qualcosa, la prendo dal mento e la bacio, mentre lascio che la mia mano scenda lungo il suo collo.

È un bacio improvvisato, lento, colmo di rabbia e desiderio, che racchiude tutto ciò che non saremo mai in grado di dirci.
E lei non si tira indietro.
Risponde con la stessa intensità, le sue mani si aggrappano alla mia giacca come se avesse paura che potessi scappare.

Quando ci separiamo sento che mi manca l'ossigeno, entrambi respiriamo a fatica. La guardo negli occhi, e per la prima volta non c’è più nulla da nascondere.

« Dovresti saperlo » dico con la voce ancora roca.

« Nulla è indifferente se si parla di te, Stellina. »

Sophia sorride appena, con gli occhi pieni di emozione.
Sento il cuore in gola, come fosse la prima volta che sento il sapore delle sue labbra.
Sembra tutto così terribilmente sbagliato e giusto allo stesso tempo.
Anche se il pensiero di rovinare tutto non mi disturba così tanto.

« Ahia! Smettila! » urlava, mentre un bambino poco più alto di lei le stava tirando i capelli, canzonandola. Sentii il bisogno di intromettermi, un po' perché era la sorella del mio migliore amico, un po' perché avevo promesso che mi sarei occupato di lei in sua assenza.

« Ti ha detto di lasciarla stare, cosa non hai capito? » bloccai  con fermezza il braccio di quel ragazzino, che stupito e irritato si rivolse verso di me.
« E tu che vuoi? » Lo fulminai con lo sguardo, aspettavo soltanto una sua mossa sbagliata per prenderlo a pugni sul serio.
« Ci sono tante cose che vorrei… tipo prenderti a sberle, ma fortunatamente per te non faccio ste cose davanti alle ragazze. »
Lanciai uno sguardo a Sophia, che ricambiò, regalandomi un sorriso divertito e senza pensarci mi avvicinai a lei e le afferrai la mano per portarla via.

Ci fermiamo solo quando arriviamo sul lungomare, « Stai bene? Cos'è successo? »
« Perché ti preoccupi per me? » sorride, quasi cercando di rincuorarmi.
Già, perché mi preoccupavo così per lei? Non lo so.
Ma sentivo che dovevo proteggerla, sapevo che era luce pura in mezzo a questo buio.
In qualche modo sapevo già che lei sarebbe entrata a far parte della mia vita, volevo che fosse così.

« Non lo so, è sbagliato per caso? » Lei mi sorrise di nuovo e io ricambiai, in qualche modo era riuscita ad attirare la mia attenzione.
« Credo di no »
Entrambi restammo immobili, a farci cullare dal suono delle onde che si infrangevano sulla spiaggia. E prima che potessi parlare di nuovo, prese parola.
« Grazie per prima, ma ora devo scappare ».

« torniamo a casa insieme? » non esitai a chiedere, sperando disperatamente in un sì.
E così fu, mosse la testa facendomi segno di seguirla e insieme tornammo a casa per la prima volta, uno accanto all'altro.
Quella fu la prima di una lunga serie in cui feci la strada con lei, solo per vederla.
Eravamo ancora piccoli, a undici anni mica le capivi certe cose, il dolore, la cattiveria e la rabbia erano sentimenti quasi astratti per i nostri coetanei.

Ma noi eravamo diversi.
Due pezzi dello stesso puzzle che si completavano.

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