ventisei

Sign of the times, Harry Styles

Tengo entrambe le mani affondate nelle tasche del giubbotto di pelle che indosso e che oggi riesce a tenermi abbastanza al caldo, date le temperature di Bath. La tracolla della borsa preme leggermente contro il torace e una parte della schiena, prima di terminare lungo i fianchi.

Le strade sono poco trafficate, ma riesco a sentire i pochi suoni che le animano anche attraverso gli auricolari e la musica che normalmente riesce a farmi estraniare, a farmi dimenticare qualsiasi altra cosa, a rendermi un involucro e nient'altro. Non so esattamente dove sono diretta, cammino e basta, ma non sembra mai abbastanza. Non sembro mai troppo lontana, al sicuro, in grado di respirare da sola.

Senza rendermene conto fino al momento in cui lo sento, i miei piedi sfiorano la sabbia e gli stivaletti vi affondano dentro. Sollevo lo sguardo e osservo l'immensa distesa che si estende davanti ai miei occhi, perdendomi per un istante e lasciando che il vento mi attraversi i capelli e mi sferzi la pelle. Poi chiudo gli occhi, inspiro ed espiro. Respiro.

Li riapro e cammino ancora, fino ad essere quasi in prossimità della riva. Mi abbasso fino a sedermi, sfilandomi lentamente gli stivaletti e lasciandoli al mio fianco; sento il contatto della sabbia fredda con i miei piedi nudi, e un leggero brivido mi attraversa la schiena. Tengo le gambe piegate leggermente contro il petto, sfilo gli auricolari e li avvolgo intorno al cellulare, che faccio scivolare all'interno della borsa.

Sfioro la sabbia con le dita e ne lascio scivolare un po' tra di esse, alternando gli sguardi tra le mie mani e il cielo e il mare che si fondono tra loro formando un'unica cosa. La mia mente corre veloce a tutte le volte in cui sono venuta su questa spiaggia, che non sono neanche così tante, e ognuna di esse la ricordo come se tutti i momenti li avessi vissuti soltanto ieri. Vedo me da bambina, innocente e convinta di poter conquistare il mondo, correre sulla riva con un sorriso spontaneo e la vita che mi riempie in ogni singolo pezzo. Poi mi vedo a dodici anni, a quindici, con Nina; mi vedo piangere, iniziare ad allontanarmi sempre di più dall'acqua. Mi vedo mentre mi rifiuto di sfiorarla, mentre a diciassette anni corro via con la voglia di lasciarmi ancora una volta tutto alle spalle. Alla fine vedo Harry, e sorrido piano, debolmente, però sorrido. Vedo i cartoni vuoti e sporchi delle pizze sulle nostre gambe, i capelli che mi ricadono davanti al viso, i suoi occhi su di me per guardarmi in un modo in cui nessuno mai mi aveva vista. Mi vedo sfuggirgli, l'istinto di allontanarlo, di non incrociare il suo sguardo neanche per sfuggita. Lo vedo parlarmi, ascoltarmi, guardarmi senza che io me ne renda conto. Harry mi manca. Mentirei a me stessa se sostenessi il contrario, se negassi che non ha la minima influenza nella mia vita e che perderlo non mi spaventa.

Mi guardo intorno e mi rendo conto di essere completamente sola, ma siamo a marzo e questo non dovrebbe sorprendermi; eppure ne avevo bisogno. Di stare da sola, di respirare da sola, di contemplare quello che ho davanti assaporando ogni singolo dettaglio solo per me stessa.

Il sole sta tramontando; il cielo si colora di ogni sfumatura e si riflette sull'acqua, che oggi si sposta lentamente, calma, prima di infrangersi a riva. L'aria comincia a diventare più fredda, però continuo a stare bene avvolta nella maglia a collo alto le cui maniche arrivano ben oltre l'orlo del giubbotto. Le tiro piano con le dita stringendole tra di esse; faccio passare le braccia sotto le gambe e incrocio le mani, poi appoggio la testa sulle ginocchia. Mi sento in pace, quasi libera, ed era da tanto che non mi sentivo in questo modo. Probabilmente resterei qui per sempre, distante da tutto il resto, se dipendesse da me.

Mi rendo conto che non è possibile quando il mio cellulare inizia a vibrare e a squillare incessantemente e leggo il nome di Francis sullo schermo. Lo prendo ed esito prima di rispondere, ed è solo nel momento in cui sento la sua voce che capisco il motivo che si nasconde dietro il vuoto improvviso e il senso di impotenza che mi ha risucchiata.

«Francis» dico, la voce più ferma di quanto credessi.

«Mia, Chris...» risponde lui, e non c'è bisogno che aggiunga altro. «Non ce l'ha fatta.»

Per un solo istante fa male, così male che lo sento anche fisicamente, e ovunque. Poi non so come, ma in qualche modo ce la faccio. Sto ancora respirando.

«Quando è successo?»

«Meno di un'ora fa.» Chiudo gli occhi, mi passo una mano sul volto e poi torno a guardare il cielo.

«E Eve?»

Lo sento sospirare, e lo immagino chiudere gli occhi per un istante prima di rispondere. «Non lo so, Mia. Credo sia sotto shock.»

«Vuoi che venga lì?» gli domando, con il cuore che sembra tremare.

«Non sono sicuro di come la prenderebbe, anche se penso che vederti possa soltanto farle bene.»

Rispondo a Francis che sarò lì presto, poi prendo gli stivaletti e li infilo velocemente. Mi alzo e scrollo la sabbia dai pantaloni, sistemo la tracolla della borsa e prima di andare via guardo un'ultima volta il mare; il tramonto sta consumando i suoi ultimi istanti, l'acqua l'ha quasi divorato del tutto. Sono scossa da un brivido che mi porta ad incrociare le braccia a causa di una folata di vento che mi attraversa i capelli fino a scostarmeli quasi completamente dal volto. Chiudo gli occhi.

«Te lo prometto, Chris» sussurro tornando a guardare davanti a me, prima di voltarmi e andare via, prima di iniziare a mantenere quella promessa.

«Pensavo che saresti venuta con Harry.»

Io scrollo le spalle, cercando di risultare disinteressata anche se al solo suono del suo nome vorrei soltanto crollare sulle ginocchia e lasciarmi andare. «No, solo io.»

Francis tiene gli occhi su di me per un po' e si accorge del fatto che faccio di tutto per non incrociarli, ma non mi fa domande. Mi conosce abbastanza bene da rendersene conto, solo che adesso la priorità non sono io.

Mentre venivo e prima di entrare in casa ho cercato il taccuino nella borsa e l'ho sfiorato più volte, sentendomi patetica come — forse — mai prima d'ora mentre lo facevo. Però mi è servito; in qualche modo ne è stato capace, ho chiuso gli occhi e ho immaginato le sue dita percorrere le pagine.

Leyla è in cucina, seduta al tavolo quando entro e la vedo. Lei si volta e in un primo momento forse non mi riconosce, ma poi si alza e mi viene incontro. Senza dire una parola mi abbraccia, e io non riesco a non fare lo stesso con lei, a non ricambiare quella stretta che sembra necessitare in questo momento.

«Mi dispiace tanto» sussurro con voce quasi spezzata, e la sento annuire sulla mia spalla.

Si allontana poco da me e mi prende il viso tra le mani. «Ti conosceva poco, ma ti voleva bene.»

Mi sorride mentre me lo dice, con qualche ciocca di capelli che le ricade davanti al viso stanco. «Chris ne voleva a tutti, ed era difficile non volergliene, ma tu gli sei entrata nel cuore dalla prima volta che Eve gli ha parlato di te.»

Sorrido anche io, con il cuore pesante e leggero allo stesso tempo. Poi Leyla mi fa sedere al tavolo mentre mi versa del tè, mi porge la tazza fumante e io la ringrazio a voce bassa. Si siede anche lei accanto a me con la stessa tazza racchiusa tra le dita.

«E Ginny, come sta?» le domando, non avendola vista ancora da quando sono entrata. Eve sta dormendo, e ho detto a Francis di non svegliarla.

«È con mia sorella, non riuscirebbe a sostenere la vista di suo padre in questo stato.» Annuisco soltanto alle sue parole, perché non riesco a fare altro.

Il corpo di Chris è già a casa, disteso sul letto con delle leggere lenzuola di lino che lo ricoprono fino alla vita. Alcune candele sono accese nella stanza e credo in tutta la casa, perché un leggero profumo di vaniglia aleggia tra le pareti.

Chris ha entrambe le mani incrociate sul petto fermo, immobile, l'una sopra l'altra. A vederlo così, in questo modo e adesso, sembra stare bene. Gli occhi sono chiusi e le labbra sono leggermente curvate verso il basso, dischiuse.

I pochi momenti che ho trascorso insieme a quest'uomo si ripercorrono tutti nella mia mente, veloci e senza darmi neanche un istante per rendermene conto. Vorrei piangere, urlare, crollare, ma non faccio niente di tutto ciò.

Mi avvicino al letto, sono sola nella stanza e un brivido mi attraversa la schiena. Provo l'istinto di toccarlo, ma uno strano timore, una paura che non sono sicura da cosa sia generata mi fa esitare. Ha un colorito ancora più chiaro di quando per l'ultima volta l'ho visto in ospedale, e i capelli scuri contrastano intensamente con il chiarore del volto. Vorrei sentire se la sua pelle è ancora intatta, se il corpo è già così freddo come dicono.

È nel momento in cui le parole che mi ha detto quella notte si ripetono nella mia mente che Eve entra nella stanza, facendomi voltare. I capelli sono sciolti sulle spalle, e il maglioncino sottile e i pantaloni troppo larghi di tuta sembrano inghiottirla. Il viso è pallido, esausto. Ha le braccia incrociate e strette al petto come a sorreggere se stessa, e quando i nostri sguardi si incrociano accenna un debole sorriso. Io sospiro e vado verso di lei, prima di racchiuderla tra le mie braccia; lei in un primo momento esita, poi si lascia stringere e alla fine ricambia, aggrappandosi a me e lasciandosi andare. Sento le sue lacrime bagnarmi la maglia quando si appoggia con la testa alla mia spalla, ma non fa rumore. Piange silenziosamente e quel dolore che vorrei riuscire a fare mio per poter alleviarlo anche soltanto un po'.

«Se n'è andato, Mia» dice piano e lentamente, e la sua voce spezzata mi fa male al cuore. «Se n'è andato per sempre.»

Io la stringo di più perché non so che altro fare, perché non c'è niente che qualcuno possa fare. Lei si lascia tenere anche se la sua stretta inizia ad allentarsi; riesco a sentire i suoi muscoli tremare e le gambe quasi cederle mentre siamo ancora in piedi. Mi allontano per prima tenendola ancora tra le braccia, le passo le dita sul volto per asciugare un po' delle sue lacrime e le sorrido debolmente, poi la prendo per mano.

«Andiamo» sussurro, perché forse uscendo da questa stanza quello che sente sarà meno amplificato, se non ha davanti agli occhi la fonte del suo dolore. Non sono sicura che sia possibile, perché dentro di lei c'è uno squarcio che probabilmente resterà vuoto per sempre, ma posso solo tentare.

Eve stringe debolmente la mia mano e si lascia guidare da me, che attraverso il corridoio insieme a lei incrociando Francis, che annuisce quando ci vede, e lascia un leggero bacio tra i capelli di Eve prima di lasciarci passare. Lei non si scosta e non si ritrae al suo tocco, ma resta piuttosto impassibile.

Raggiungiamo la sua camera, e Eve non mi lascia mai la mano quando mi fermo per chiudere la porta alle nostre spalle. È tutto in ordine, niente è fuori posto e anche qui c'è una candela alla vaniglia, solo che è spenta. La indico e poi guardo Eve, che muove piano la testa annuendo, così mi lascia andare e io vado verso la scrivania, recuperando l'accendino dalla tasca dei pantaloni e mettendo una mano intorno alla candela, prima di riaccenderla. Lascio che sia soltanto quella, insieme alla luce della piccola lampada sulla scrivania ad illuminare la stanza.

Mi volto e Eve è seduta sul bordo del letto con le mani poggiate ai lati delle gambe sulle lenzuola, e guarda un punto indefinito davanti a lei. La raggiungo e mi siedo accanto a lei.

«Scusa se non ti ho avvisata io» dice poi, con una fermezza nella voce che mi destabilizza. Non so perché si preoccupi di questo.

«Non devi scusarti» la riprendo io, guardandola in volto; il suo sguardo è ancora fisso davanti a sé.

Poi però mi guarda e sorride impercettibilmente. «Come sta Harry?»

Sentire pronunciare il suo nome a una distanza di tempo ravvicinata mi divide esattamente a metà tra la voglia di ridere perché Eve tra tutto questo ha avuto il coraggio di chiedermi di lui, e di urlare perché non ne posso più. Solo che è sempre di Eve che si tratta, e anche se so che probabilmente non mi crederà, non posso e non voglio caricarla di un peso che in questo momento deve essere solo mio; dei miei errori, dei miei sbagli, delle mie indecisioni.

Sorrido piano, cercando di nascondere la fitta al cuore mentre le rispondo. «Sta bene.»

Eve annuisce e sorride ancora un po', mentre io più la guardo più sento il cuore riempirsi di dolore, di qualcosa che non ho ancora capito come gestire. Restiamo per qualche minuto in silenzio, poi Eve tira le gambe verso il petto finché la sua schiena non aderisce alla testata del letto. Allunga una mano nella mia direzione; non c'è bisogno di nessun'altra parola.

In pochi istanti sono ancora accanto a lei, con la sua testa tra la mia spalla e il petto, ad accarezzarle i capelli e la schiena con le dita. Non piange, non più.

«Non potrà mai vedere crescere Ginny, non mi vedrà laurearmi e non mi accompagnerà all'altare.» Il petto a ogni parole si stringe, le lacrime premono ai lati degli occhi per bagnarmi il volto. «Noi non potremo più guardarlo leggere, non potremo sentirlo suonare. Io non potrò più prenderlo in giro durante una partita a scacchi, anche se lui mi lasciava sempre vincere. Io lo sapevo.»

Muove lenta le dita sulla mia pancia mentre parla, disegna piccoli cerchi sul tessuto della maglia che indosso. Poi però alza lo sguardo, e io so che qualunque sia la prossima cosa che dirà, farà più male della precedente.

«Dimmelo, Mia: si può sopravvivere a questa consapevolezza?»

Esito prima di risponderle, perché so che Eve mi ha fatto quella domanda non per essere compatita, ma per avere una risposta che conosce già. Mi sta semplicemente chiedendo di pronunciare quelle parole al suo posto, perché lei adesso non ne ha ancora il coraggio.

«No, non credo» sussurro guardandola e continuando ad accarezzarle i capelli; la sua testa è ancora sul mio petto. Poi sospiro, perché so che ha bisogno anche di altro, e anche lei lo sa. È per questo che me lo ha chiesto, perché ha bisogno anche che di quel coraggio, adesso, io ne abbia per entrambe. «Ma in qualche modo ce la faremo, te lo prometto. Noi ce la facciamo sempre.»

A/N

Purtroppo la morte di Chris non era poi così scontata, ma vi assicuro che avrà una grande valenza per Utopia e questi ultimi capitoli che ci separano dalla fine.

Cosa ne pensate del comportamento di Mia in generale nel capitolo, e del capitolo?

Mi farebbe davvero piacere sapere cosa vi aspettate dalla fine!!

Vi abbraccio,
Chiara 🌹

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