trenta

The story never ends (Piano Version), Lauv

«Non credevo saresti venuta.» Callie lo dice con un sorriso e non come un rimprovero, come una mancanza di fiducia nei miei confronti. Sta semplicemente imparando a conoscermi.

«E invece...» le rispondo scrollando le spalle, ma lei si rende conto che c'è qualcosa di più.

Ho lasciato l'appartamento di Harry stamattina, mentre lui dormiva ancora, come qualcuno che ha commesso un errore irreparabile e che non voleva affrontare la realtà. Mi sono sentita egoista nel farlo, perché continuo a fuggire nonostante io lo abbia sempre ritrovato dall'altra parte del burrone. Mi chiedo se comportandomi in questo modo lo stia sfinendo portandolo a non aspettarmi più da quella parte. Sono consapevole di allontanarlo così facendo; è quello che faccio con tutti.

«Aspettiamo di avere lo stomaco pieno, che ne dici?» continua Callie, perché ormai sa. Tuttavia mi concede i miei tempi, non mi mette mai nessuna fretta né mi fa sentire sotto pressione, come se fossi sempre in corsa e a corto di fiato. Callie mi concede delle pause per respirare, per prendere una boccata d'aria e ricominciare a camminare prima di poter accelerare.

Annuisco, poi le sorrido consapevole e un po' più sicura, certa del fatto che in lei avrei trovato quella sicurezza e quella forza che al momento non sento di avere. Con lei è stato così sin dal primo momento, anche se non me ne sono resa conto subito. Forse lo sapevo, ma la paura di ritrovarmi di nuovo con un pezzo di cuore nelle mani di qualcuno che non lo meritava mi ha portata a mettere le mani avanti per permettermi di ripararmi se ne avessi avuto bisogno. Spero tanto di non averne con lei.

Il cappuccino che ho ordinato mi scivola davanti insieme al timido sorriso del cameriere che ci serve solo pochi minuti dopo le nostre ordinazioni. Callie invece gli va incontro non appena lo vede impacciato, allunga le mani e prende il suo tè dal vassoio. Lo ringrazia da parte di entrambe.

La schiuma del cappuccino mi bagna tiepidamente le labbra, ed è un leggero tintinnio quello che scaturisco poggiando la tazza sul piattino.

«Hai qualcosa negli occhi, Mia» inizia Callie osservandomi con un sorriso. Lei osserva sempre a fondo, non si ferma mai soltanto a guardare. Ha gli occhi talmente grandi che riuscirebbe a vedermi anche se fossi lontana anni luce da lei. «So che le cose non stanno andando bene, ma hai una luce che non passa inosservata. Brilla e desidera solo di essere alimentato alimentata.»

Io la guardo non potendo più nasconderlo, e non è neanche quello che avrei fatto. Dentro mi sento così, pero non ero sicura lo si notasse anche da fuori o che qualcuno a parte Eve potesse rendersene conto.

«Non lasciare che si spenga e non sforzarti affinché lo faccia solo per la paura» mi anticipa ancora, perché io non so bene cosa dirle, da dove cominciare. Non so se sono in grado di individuare il momento in cui tutto è cambiato e quello in cui il centro si è spostato.

«Non sono sicura di avere paura» rispondo con un filo di voce. Non sono capace di credere neanche io alle parole che ho appena pronunciato. Sono terrorizzata perché vorrei aggrapparmi a quella luce per sempre e lasciarmi guidare da lei, ma se mi lasciasse cadere?

«Ha un nome?»

Annuisco con la tazza tra le mani. Non riesco ad evitare di sorridere mentre lo dico. «Harry.»

È così che comincio, partendo e finendo con il suo nome. A Callie racconto tutto. Le dico di mio padre e di mia madre, delle parole di Evan, della lettera di Eve e di Nina, del modo in cui mi ha distrutta, frammento dopo frammento. Le parlo di Darlene, di Matt e delle mie abitudini, dell'università e del lavoro, fino ad arrivare a Harry e al modo che ha di capirmi e di trovarmi, di afferrarmi delicatamente ogni volta che mi sembra di stare per precipitare come la scorsa notte.

«Sono scappata via, Callie, perché è questo quello che sono abituata a fare. Fuggo senza mai guardarmi indietro per non rischiare di inciampare nei miei stessi passi.» Penso a tutto quello che ho perso e alle persone che mi sono lasciata alle spalle senza dire una parola.

«Cambia le tue abitudini, allora» interviene. «Se pensi che ne valga la pena — e a guardarti forse è così, fermati. Non fuggire più.»

Quando non rispondo Callie solleva una mano sul tavolo fino a coprire la mia. Mi guarda con i suoi occhi grandi e pieni di una bontà che forse non ho mai trovato in nessun altro.

«Nessuno riuscirebbe ad inseguire qualcuno per sempre, Mia.»

Scuoto piano la testa, consapevole, e le parole che pronuncio sono a malapena un sussurro. «Me ne sono andata troppe volte.»

Callie stringe la mia mano e mi sorride. «Allora tornane di più.»

Quando parlo con Callie tutto sembra possibile, come se lei riversasse talmente tante speranze nelle persone e in quello in cui crede da riuscire a farlo anche per le persone che le sono intorno. Come se ne avesse talmente tanta per poi poterla distribuire un po' nel mondo. Non so in che modo ci riesca, perché anche i suoi occhi sono segnati e sono pieni di qualcosa di più grande di lei, eppure eccola qui, a crederci ancora di più nonostante tutto.

Restiamo a parlare ancora un po'; io ho il cellulare sul tavolo, lo schermo rivolto verso il basso e la modalità silenziosa attiva, perché non ho il coraggio di voltarlo per vedere se mi sto perdendo le parole di Harry. Però Callie si accorge anche di questo, della mia sofferenza silenziosa come quella che potrei trovare se solo girassi il telefono.

«Credo che dovresti tornare» dice; allude a ciò di cui abbiamo parlato poco fa.

Annuisco, sfiorando la tazza ormai vuota con le dita. Lasciamo i soldi sul tavolino, ci alziamo nello stesso momento e salutiamo con la mano il cameriere che ci ha servite in prossimità uscendo.

Callie mi abbraccia e la sua stretta sa di casa, di qualcosa che mi mancava da tempo e in cui non riuscivo più a ritrovarmi. Ricambio con il cuore un po' più pieno e più sicura di quanto lo fossi quando sono letteralmente corsa impaurita da lei.

«Prenditi il bello che la vita ti sta dando, Mia» mi sussurra tra i capelli. «Afferralo e tienitelo stretto, anche se dovesse durare soltanto un giorno. Non farti scappare niente.»

Mi allontano da lei con ormai le lacrime agli occhi, perché Callie non mi ha mai soltanto compatita. Non mi ha mai soltanto detto qualcosa perché avevo bisogno di quelle parole; è sempre stata sincera e ha sempre trovato il modo giusto per prendermi e guidarmi. Mi prende le mani tra le sue e mi sorride ancora una volta.

«Meriti tutto l'amore che ti neghi.»

Salgo le scale che portano all'appartamento di Harry con le gambe che tremano insieme a tutto il resto del corpo; cuore compreso. Chiudo gli occhi e sospiro più volte; mi fermo sulle scale quando sto per arrivare, quando lo sento già troppo vicino.

Le parole di Callie vorticano nella mia mente con tutte quelle che non ho mai avuto il coraggio di pronunciare, che non ho mai creduto di poter meritare.

La porta dell'appartamento è davanti a me, e anche adesso non vorrei far altro che fuggire per non lasciarmi trovare da nessuno. So che non posso, che sarei una vigliacca. Non lo devo soltanto a Harry, ma anche a me stessa per tutto quello che mi sono sempre negata per la paura di rischiare.

Suono il campanello sul lato, incerta, poi sento i suoi passi dall'altro lato e il cuore sprofonda sempre di più finché la porta non si apre. Harry mi guarda rassegnato e stanco da dietro gli occhiali che indossa. Ha i capelli spettinati e riesco quasi a contare le volte in cui ci ha fatto scorrere le dita attraverso. La maglia bianca a mezze maniche lascia intravedere alcuni contorni dei tatuaggi che ha sul petto e sulle braccia. Mi guarda con le labbra serrate e so che non farà altro, perché non deve. Lui ha fatto tutto ciò che poteva fare, nonostante io non abbia fatto altro che spingerlo lontano da me.

«Mi dispiace» inizio, la voce bassa e quasi rauca, «Di aver iniziato a scappare da te, di aver continuato a correre anche quando avrei voluto soltanto farlo verso di te e non nella direzione opposta.»

Harry continua a guardarmi e ad aspettarmi. Glielo leggo negli occhi, nel modo in cui mi vede anche in questo momento, ma ha bisogno che io vada avanti. Ne abbiamo entrambi.

«Ho sempre corso per paura, perché ho perso talmente tanto nella vita che temo di non avere più la forza di ricompormi se perdessi altri pezzi. Mi sono raccolta, presa in braccio e portata in salvo inciampando più volte sui miei passi e in tutto quello che mi sono costretta a lasciarmi alle spalle.» Le cicatrici che ho sparse sul corpo bruciano, ma ho capito che non riuscirò a liberarmene, che senza di esse non sarei Mia.

«Ho avuto paura di lasciarmi andare, di arrivare ad amare incondizionatamente per la mancanza di coraggio, per non rischiare di perdere tutto quando sarebbe stato troppo tardi» ammetto, le spalle che si alzano e si abbassano in rassegnate. «Ho visto il matrimonio dei miei genitori frantumarsi negli anni; l'ho visto degenerare in qualcosa che non vorrei mai vivere, in cui non vorrei mai cadere. Ho visto il modo in cui l'amore può distruggerti fino a dilaniarti, quello in cui può cambiare e il modo in cui cambia te. Ho visto la sofferenza, il dolore, i cuori spezzati di chi era arrivato a dipendere da un'altra persona. E ho giurato a me stessa che da quel dolore sarei stata lontana, che non mi sarei permessa di farmi intaccare.»

Faccio una pausa; Harry continua a guardarmi dal fianco della porta d'ingresso. «È per questo che scappo, che sono in una fuga continua.»

«Perché così è più semplice quando decidono di andarsene» mi interrompe, ed è la prima cosa che dice da quando ho iniziato a parlare. Ripete le parole che gli ho rivelato quella sera.

Annuisco e sorrido debolmente. «Eppure sono sempre rimasta. Perché quello che provo spesso mi divora, è qualcosa di più grande che non riesco a controllare.»

«Tante volte ho mentito consapevolmente a me stessa convincendomi che mi bastassi, che quei vuoti sporadici che sentivo e che ho dentro in qualche modo li avrei colmati. Ma ho sempre saputo di avere qualcosa che mi che mancava: un pezzo, un vuoto che andava colmato solo con quel frammento. Mi sono illusa di sentirmi completa tante volte, di non averne bisogno e di bastarmi incondizionatamente, ma si trattava solo di illusioni.» È stato quando ho conosciuto lui che l'ho capito. Ho capito che quel pezzo può essere solo Harry.

«Tu mi hai permesso di comprenderlo. Mi sono privata di così tanto amore che sono arrivata al punto in di credere di non meritarlo. Neanche un briciolo, nemmeno un po'. Credevo di non avere gli spazi giusti per accoglierlo, che non ci fosse posto. Come se fossi fatta per non essere amata, per amare solo da lontano e silenziosamente qualcuno che nella propria vita non mi avrebbe mai realmente voluta, che guardava i miei spazi pieni e vuoti allo stesso tempo senza comprenderli davvero. Senza neanche saperlo, in silenzio e lentamente hai colmato un po' di quei vuoti.»

Percepisco le lacrime formarsi agli angoli dei miei occhi, ma sono stanca di piangere. Sono stanca anche del fatto che lui mi veda sempre in questo modo: vulnerabile e fragile, in bilico su quel limite oltrepasso troppe volte.

Sospiro. È adesso che rischio tutto. «Io sono rotta, Harry. Spezzata. Forse non sono neanche mai stata intatta, forse sono soltanto un insieme di pezzi completamente diversi e incompatibili che quando provano ad incontrarsi non fanno altro che distruggersi a vicenda, però ogni singolo frammento che mi compone è innamorato di te.»

Mi prendo solo pochi istanti, il tempo di vedere le labbra di Harry schiudersi.
«E voglio fermarmi, smettere di correre via da te. Voglio soltanto poter respirare, ed è quando sono con te che riesco a farlo da sola.»

Ho il cuore che implora di essere calmato, di essere compresso. Non mi sono mai sentita in questo modo. Il petto si muove insieme ai miei respiri frenetici i battiti aumentano ancora quando Harry si sposta fino a raggiungermi. Mi prende il volto con entrambe le mani e si prende il suo tempo per guardarmi e basta, senza dire niente o fare qualcosa. Vedo solo i suoi occhi verdi, quasi trasparenti; mi lasciano senza fiato.

Si avvicina ancora e appoggia le labbra sulle mie. Una mia mano è sul suo petto e l'altra intorno al suo collo; le sue racchiudono il mio volto. È un bacio che sa di tutto il tempo che ci siamo negati, di tutte le corse e le parole non dette, delle carezze non date. È un bacio che sa di me e di lui, della prima volta in cui ci siamo guardati e abbiamo imparato a vederci.

Ci allontaniamo piano, lui poi mi dà un ultimo bacio sulla fronte prima di lasciarmi andare.

«Non starò male per te» sussurro.

«Non permetterò che tu stia male per me» promette, e un brivido mi percorre la schiena.

«Non verserò una sola lacrima per te.»

«Vorrei poterti dare la certezza che non accadrà, ma se dovesse succedere sarò lì ad asciugarle se lo vorrai.»

Scuoto piano la testa. «Riesci ad immaginare un amore così?»

«Sì» risponde, e lo fa con una tale convinzione che mi spaventa. «Proverò a restituirti tutto quello che ti è stato tolto o che hai perso, Mia. Te lo giuro.»

Annuisco soltanto, non riesco a fare altro. Mi sento prosciugata e allo stesso modo piena, dopo avergli rivelato tutto ed essermi aperta le viscere da sola rischiando tutto quello che avevo provato a rimettere insieme per l'ennesima volta.

«Non posso assicurarti di come andrà, ma voglio smettere di programmare. Non posso prometterti che non scapperò ancora, ma posso prometterti che, prima o poi, tornerò a correre verso di te.»

Harry mi sfiora nuovamente il volto con le dita. «Mi basta. Mi basta tutto, mi basti tu. In ogni modo possibile.»

Le sue labbra si curvano verso l'alto prima di continuare, e lo fanno in un sorriso che è talmente dolce da abbattere ogni mia barriera. Le sue dita continuano ad accarezzarmi la pelle del volto e del collo.

«Sono incondizionatamente, miserabilmente innamorato di te, Mia Davies. E lo sono dalla prima volta che mi hai permesso di guardarti dentro.»

Io chiudo gli occhi e lui mi avvolge tra le braccia; gli appoggio la testa sul petto e Harry mi lascia un bacio fra i capelli. Si allontana piano, mi prende la mano e insieme entriamo nel suo appartamento fino a chiuderci la porta alle spalle.

Le dita di Harry sfiorano i miei fianchi delicatamente, e lo stesso quando le sue mani me li stringono piano. Le mie gli tracciano il petto coperto solamente dalla mia testa e dai miei capelli sparsi sulla sua pelle nuda. Seguo le linee dei tatuaggi sparsi sul torace e sui fianchi, ognuno diverso dall'altro.

Ha un braccio piegato dietro la testa sul cuscino, le dita di una mano intrecciate alle mie. L'altra si è spostata sulla mia schiena dopo che ho posato il momento sul suo petto. Lo guardo e vedo le sue ciglia scure curvate verso l'alto, la sfumatura dei suoi occhi e le labbra leggermente screpolate. Vedo tutto, e mi basta.

Abbiamo le gambe incrociate a quelle dell'altro e lui sta tracciando con le dita il tatuaggio che ho sul costato. La piccola rosa stilizzata con un petalo che sta precipitando.

«È bello» dice, continuando a sfiorarlo.

«Forse è quello a cui tengo di più» rispondo io pensando a quelli che ho sul braccio e sulla caviglia.

Harry non mi risponde, allora io lo guardo e sorrido. «Puoi chiedermelo. Ti risponderò.»

«Solo se sei tu a volermelo raccontare.»

«La rosa sono io» comincio rivolgendo lo sguardo altrove. «Ogni singolo petalo e spina racchiude quello che sono. È Mia.»

«Il petalo che ha perso è tutto quello che io ho perduto, che non sono riuscita a trattenere e che ho lasciato andare: tutte le occasioni, le persone che hanno deciso di non restare. È tutto quello che ho perso, compresa me stessa.»

Harry mi guarda intensamente; non avevo mai spiegato in questo modo a nessuno quello che significano i miei tatuaggi. Quando me lo chiedono gli altri vedo nei loro occhi che non gli interessa davvero, che è semplice curiosità, convenzione. Non lo condanno, ma è avere qualcuno al mio fianco come Harry che mi permette e che mi fa desiderare di lasciarmi andare.

Mi accarezza il volto con le dita; lo sguardo è serio e rilassato allo stesso tempo.

«Penso di amarti con tutto quello che ho» dice, gli occhi che fissano i miei. «Con le parole, con l'arte, con gli sguardi. Ti amo in ogni singolo modo, ogni istante più del precedente.»

Io gli rispondo raggiungendolo e posando le labbra sulle sue. Le sue mani si spostano sul mio collo e sul mio fianco ancora scoperto; le mie sono intorno alla sua e sul suo volto.

«Non ti merito» sussurro quando mi allontano. È qualcosa di talmente giusto che il terrore inizia ad attanagliarmi lo stomaco.

Harry scuote la testa. «È qui che ti sbagli. Sono io a non meritare te.»

Lo guardo confusa, ma non lo interrompo quando fa una pausa. «Non ti merito perché non sono stato in grado di evitarti tutto questo. Non sono stato in grado di proteggerti dalle tue stesse mura, di starti accanto quando avevi bisogno di me, anche se mi spingevi via. Anche se in qualche modo ero sempre con te, non ne sono stato in grado. E mi dispiace.»

«Invece ci sei sempre stato» rispondo. «In ogni pensiero, in ogni istante e in ogni conseguenza. So che non avrei dovuto, ma mi aggrappavo a te. Quando le cose andavano male, quando non riuscivo più a trovarmi, tu c'eri.»

Harry mi guarda un'ultima volta prima di passarmi una mano sulla nuca e sfiorarmi ripetutamente le tempie con le labbra. Si allontana e «Vado a fare un caffè» dice. Mi accarezza nuovamente e poi si alza.

Recupera i pantaloni della tuta e la maglia bianca che aveva addosso prima e li indossa. Esce dalla stanza e io lo guardo fino a quando non scompare nel corridoio. Affondo la testa sul cuscino e mi passo piano le mani sul volto; un sorriso sincero e calmo curva le mie labbra. Non mi sentivo così piena e leggera da talmente tanto che non sono neanche sicura di aver mai provato una sensazione del genere.

Mi siedo sul letto e prendo la maglia di Harry che indossavo stanotte. La infilo dalla testa sulla mia pelle nuda senza neanche preoccuparmi del reggiseno. I capelli mi ricadono sciolti sulle spalle e oltre la schiena. Sul mio viso non c'è neanche la più minima traccia di trucco, eppure non mi sono mai sentita più giusta.

Vado verso la scrivania: ci sono libri, fogli sparsi e il suo taccuino. Il taccuino che mi ha sempre attratta, quello che mi ha tenuta sveglia più volte a pensare a cosa potesse racchiudere al proprio interno. Lo sfioro con le dita fino a prenderlo tra le mani.

«Vuoi leggerlo?» chiede, e quando mi volto lui attraversa la stanza con due tazze tra le mani. Me ne porge una e l'afferro con la mano libera.

«Sì» dico, «e no

Harry ride e beve un sorso di caffè. «Argomenta le tue scelte.»

Scrollo le spalle. «Una parte di me lo ha sempre desiderato in un modo che non ti so neanche spiegare, ma vederti scrivere su quelle pagine mi ha distratta ogni volta, perché non facevo altro che immaginare cosa potesse catturare così tanto la tua attenzione mentre lo facevi. Come se tutto il resto si annullasse, come se non esistesse altro.»

«E l'altra?»

«Ne è spaventata. Perché non sono sicura di cosa comporterebbe.» Riappoggio il taccuino sulla scrivania e tengo la tazza con entrambe le mani. Provo ad aggrapparmi a qualche possibilità, ma non ci riesco.

Scuoto la testa e lui sorride. «Sei un'ingenua, Mia Davies, lasciatelo dire.»

«Ah beh, grazie tante.»

Harry adesso ride sommessamente, poi mi raggiunge e mi cinge i fianchi con le braccia. «Sei tu» dice. «Sei in ogni pagina di quel taccuino, anche se indirettamente. Ogni scrittore ha bisogno della sua musa, in un modo o nell'altro. Le mie fino a prima di conoscere te erano le persone, gli sconosciuti. Mi aggrappavo a quello che vedevo, ai dettagli. Poi sei arrivata tu.»

Sorrido timidamente, ma non rispondo alla sua ennesima dichiarazione per non rischiare di dire la cosa sbagliata. «Un giorno lo leggerò.»

«Basterà che tu me lo chieda.»

Gli bacio velocemente le labbra e poi con ancora un suo braccio intorno al fianco recupero la copia di Addio alle armi tra i vari libri sulla scrivania.

«È uno dei miei romanzi preferiti» mi rivela. Ho sempre pensato che chi ti chiede quale sia il tuo libro preferito dopo aver saputo la tua risposta abbia con sé un pezzo del tuo cuore, come se indirettamente glielo stessi donando insieme a un'intima parte di te.

«Io non l'ho mai finito» ammetto. «Non so dirti perché e non mi è mai piaciuto lasciare le cose a metà, ma non ci sono mai riuscita.»

«Hemingway ti avrebbe dedicato pagine e pagine» risponde, io mi porto una mano sul volto perché le sue parole hanno sempre un certo effetto su di me.

«Il taccuino che mi hai regalato l'ho tenuto stretto più volte, ho passato le dita tra le pagine, ma non ho mai scritto nulla. Arrivavo sempre allo stesso punto e finivo per non farcela.»

«Ce l'hai qui con te?» mi domanda evitando le mie parole.

Annuisco. «Prendilo» dice; io lo guardo inizialmente confusa, poi lui mi rassicura.

Mi sposto verso la borsa e lo prendo, glielo porgo ma lui scuote la testa. «Aprilo sulla seconda pagina.»

Faccio come dice e, quando il mio sguardo raggiunge il punto da lui indicato, mi accorgo delle parole incise sull'angolo della pagina.

Trova il coraggio di riempirle.

Alzo lo sguardo verso Harry con gli occhi pieni di lacrime. Come ho fatto tutte queste volte a non rendermene conto?

Mi accarezza il volto. «Ce l'hai già, Mia, e l'hai dimostrato tante volte. È dentro di te, devi solamente trovarlo.»

«Dove ti eri persa stavolta?» mi chiede Harry mentre finisco di bere il caffè. Mi sfioro il braccio scoperto.

«Sempre lì» rispondo indicando la stampa del dipinto di Van Gogh sulla parete.

«Voglio proporti una cosa» prorompe dopo qualche secondo di silenzio.

Mi volto verso di lui. «Suona come una promessa.»

«Forse. È un problema?»

«Le promesse si infrangono in niente, sono come granelli di sabbia sulla riva» mormoro. Non riesco a fare a meno di pensare a tutte quelle non mantenute anche se nel momento in cui venivano pronunciate sembravano poter durare oltre l'eterno. «Aspettano solo che il mare li porti via e decida per loro.»

«Questa è diversa» mi assicura Harry. «Fidati di me.»

Sorrido. «Mi fido di te.»

Tocca il display del cellulare prima di tornare a guardarmi. «Esattamente tra un anno, oggi, a quest'ora, indipendentemente da tutto, da come andranno le cose e dal resto, ci ritroveremo o saremo insieme a New York, al MoMA*, davanti alla Notte stellata

Inizialmente resto senza parole, ma i brividi mi ricoprono la pelle scoperta dopo aver ascoltato le sue e immaginandoci in un futuro che sembra così lontano.

«Dipenderà soltanto da noi» continua. «Potremmo non avere nessuna aspettativa per il futuro, ma in quel momento saremo entrambi là, in un modo o nell'altro.»

«Lasciati andare, Mia» mi incita con un sussurro. «Sarà solo nostro.»

«Va bene» acconsento, poi lo guardo e realizzandolo sorrido. Forte, sinceramente. Adesso ci credo. «Tra un anno vedremo la Notte stellata insieme a New York.»

«Direi che suona bene» risponde stringendomi tra le braccia, riassemblando ogni pezzo del mio cuore e curando ogni mia ferita.


*MoMA = Museum of Moder Art, NYC.

A/N

UTOPIA È GIUNTA AL TERMINE, MA VI ASPETTO PER L'EPILOGO CHE PROMETTO (SPERO) ARRIVERÀ PRESTO 🌹🌹

Non voglio dilungarmi troppo ma spero tanto che il capitolo vi sia piaciuto e che non vi abbia deluse!
Se vi va ditemi tutto quello che pensate a riguardo o anche cosa vi aspettate dall'epilogo.

Grazie,
Chiara.

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