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Girl crush, Harry Styles (Cover)
Il modo in cui le mani, distratte e con movimenti automatici ripetono azioni già metabolizzate e ripetute più volte mi rapisce, ipnotizzandomi fino a rendermi impossibile distogliere lo sguardo. Ha le dita sottili e lunghe, degli anelli in argento gliele fasciano. I capelli sono legati in una coda bassa che sta iniziando a disfarsi e a lasciare qualche ciocca fuori dall'elastico. Lo sguardo è assente; lei è qui, ma non c'è davvero. Non so come spiegarlo.
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Lo vedo che è persa, che non riesce a trovarsi. Vedo anche che non vuole cercarsi, che preferisce lasciarsi andare alla deriva ed essere trascinata dalla corrente. Vedo che finge che non le importi, che invece non fa altro che pensarci, che è questo a distruggerla. Vedo un grido d'aiuto lanciato silenziosamente; l'attesa di qualcuno che le prenda semplicemente la mano e la tenga stretta e non che pretendi di salvarla. Vedo le cicatrici, quelle sulla pelle e quelle scolpite dentro, sul cuore e cucite su ogni tessuto. La vedo quando tiene lo sguardo fisso davanti a sé e quando lo tiene basso per evitare di incrociare quello sbagliato. Vedo la paura e il peso delle aspettative, il terrore di rompersi in mille pezzi e la stanchezza del non essere compresa. Vedo gli occhi grandi che quasi non lo sono abbastanza per quanto vorrebbero contenere nonostante quello che hanno già visto; vedo le speranze infrante, le promesse mancate e il bene che nega a se stessa. Vedo quello che vorrebbe dimenticare, quello che le pesa così tanto sulle spalle e su tutte le ossa e quello in cui, nonostante tutto, ancora crede. La vedo così tanto che mi chiedo come si possa non vederla neanche un po' per quella che è.
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Cercava di tenere i capelli lontani dal volto mentre allo stesso tempo tenta di trovare stabilità con il cartone della pizza sulle gambe. Ogni tanto mi guarda, me ne accorgo perché io faccio lo stesso; poi solleva un angolo delle labbra verso l'alto, ma mostrarmi un sorriso è troppo persino per lei. Sembra così pura che mi chiedo chi abbia avuto il coraggio di intaccarla, di spegnere il fuoco e la luce che si porta dentro in questo modo.
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Vorrei tenerla al sicuro, proteggerla dal male che si infligge con un solo sguardo quando vede il suo riflesso nello specchio. Crede di avere il buio dentro, eppure io riesco a vedere solamente la luce che porta. Vorrei proteggerla da tutti i ricordi, le parole e gli sguardi che l'hanno segnata, ma so che non posso farlo.
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Mi ha devastato. Ma é stato in quel momento che ho capito di essermi innamorato di lei, di non avere più scampo. Il corpo riverso sul pavimento, leggero e scarno; era quasi come se stessi tenendo tra le braccia soltanto l'involucro di qualcuno che prima era stata una persona. Ricordo poco, eppure allo stesso modo è tutto ancora talmente nitido nella mia mente che temo non riuscirò mai a dimenticarlo. Pensavo di averla persa prima ancora di aver provato a trattenerla, a farla restare. Avevo le mani che tremavano con le dita che, terrorizzate, sfioravano la sua pelle prima da lontano per la paura di distruggerla definitivamente, che fosse troppo debole persino per una carezza. L'ho afferrata e l'ho tenuta stretta tra le braccia, ma non mi sono fermato. Non ho fatto lo stesso errore che ho fatto con Avan; questa volta ho corso, perché sapevo che Mia si sarebbe salvata, che in qualche modo era ancora lì con me. Doveva essere così.
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Dopo essermi accertato che stesse bene sono andato via. Ho aspettato che si svegliasse contro le pareti fredde di quell'ospedale e con la testa tra le mani per tutto il tempo. Darlene ha provato a convincermi a restare, a vederla anche soltanto per un secondo prima di andare via, ma non ce l'ho fatta.
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In questi giorni ho scritto tanto; l'ho fatto per tenermi occupato, per fingere che così non pensi a Mia, però scrivo di lei. Dio, mi manca così tanto che mi sento sviscerato, ma sono terrorizzato. Sono terrorizzato dal modo in cui mi guarderà, dal fatto che io non riuscirò a sostenerlo. Sono terrorizzato dal doverla vedere in un posto in cui non merita di essere, in un posto in cui sono stati altri a mandarla. Prima sono stato al Midnight, ho chiesto a Darlene di vederci lì. Le ho dato il taccuino e la rosa blu che ho preso per Mia, perché io sono un codardo. Ha cercato più volte di convincermi ad andare da lei, ma non ce la faccio. Ho bisogno di tempo. Quasi ogni notte, dopo quel giorno, sogno di correre per le scale fino ad arrivare davanti alla sua porta, spalancata. Sogno di trovarla, incosciente e priva di vita, di prenderla tra le braccia e di non riuscire più a sentirla, di averla persa. Mi devasta ogni singola volta.
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Oggi vado da lei. Non riesco più ad aspettare, e la voglia che ho di vederla, di rendermi conto che sta bene anche solo da lontano è più forte della paura.
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Mia si prende ogni pezzo della mia anima.
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Vederla la sera di Natale e il fatto che lei mi abbia chiesto di passarla insieme mi ha sorpreso. Si sta prendendo il suo tempo, ma sta imparando a lasciarsi andare. Non respinge più i miei sguardi come all'inizio; sta imparando a restare. Non esita quando la sfioro, non scappa via da me.
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Mio padre continua a pretendere la ragione che non ha mai avuto. Dopo cinque anni continua a non rendersi conto di quello che ha perso, che non parlo solo di Avan. Nega, ancora non accetta. Non gliene faccio una colpa, perché lui ha perso un figlio e io ho perso mio fratello, probabilmente senza che nessuno potesse evitarlo. Però lo biasimo, per averci abbandonati, per il modo in cui ha sempre sostenuto di essere presente quando non lo abbiamo più visto per mesi. Forse un giorno riuscirò a perdonarlo, a comprendere meglio le sue ragioni, ma quel giorno non è oggi.
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Il modo in cui quel ragazzo guardava e parlava a Mia mi hanno reso qualcuno che non vorrei mai essere o diventare, ma la sua richiesta silenziosa di aiuto mi ha fatto precipitare verso di lei. Solo che l'ho fatto nel modo sbagliato. Ma Mia deve imparare a fidarsi di me, a capire che io non sarò la persona che uscirà dalla sua vita ogni volta che lei tenterà di allontanarmi. Se lei mi chiederà di farlo, resterò al suo fianco fino a che mi vorrà. Mi troverà sempre ad aspettarla dietro gni angolo.
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Erano le tre del mattino quando ho letto il nome di Mia sullo schermo del cellulare. Sentivo il respiro mancarmi mentre sbloccavo lo schermo con le dita per rispondere. Esitava dopo averle chiesto cosa fosse successo, ma lei continuava a ripetere il mio nome e ad esitare, a nascondersi. L'ho implorata di non farlo, di parlarmi, di permettermi che fossi io a salvarla, per una volta. I pensieri e le immagini peggiori di cosa potesse essere accaduto non hanno fatto altro che perseguitarmi fino al momento in cui non sono arrivata da lei e l'ho vista. L'ho stretta tra le braccia e mi sembrava talmente vulnerabile da avere paura che potessi spezzarla, romperla in mille pezzi. L'ho stretta più forte dopo le sue parole, piene di insicurezze e bisogno d'amore, quello che le hanno sempre negato.
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Ci siamo fatti una promessa. Tra un anno staremo guardando La notte stellata sulla parete del Museo dell'Arte Moderna a New York, e non su quella della mia stanza. Staremo insieme, non importa quello che avverrà domani o tra una settimana. Tra un anno, noi saremo di nuovo, e sempre, Harry e Mia.
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È il compleanno di Mia. So che non ama i compleanni, che sono giorni che preferisce quasi poter saltare, ma voglio che quest'anno sia diverso, nonostante si sia aperta con me sul motivo per cui li vive in questo modo. Quando era soltanto una bambina suo padre spesso se ne andava dopo una discussione, o si finiva per degenerare. A sedici anni, quando lei era già pronta e stava aspettando Nina e un'altra ragazza, le inviarono entrambe un messaggio per dirle che non sarebbero andate. Ci ha riprovato a diciotto, ma non è riuscita a non avere aspettative e ciò che le è rimasto è stata soltanto un'ennesima delusione. Ne ha passati così tanti da sola che ha perso anche la più minima voglia di celebrarli, di trascorrerli con qualcuno che fosse lì esclusivamente per lei; perché una persona così, a parte Nina, non l'ha mai avuta. Non si è mai sentita realmente voluta da nessuno, ma quest'anno voglio poterle restituire un po' della fiducia che ha perso.
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Domani se ne andrà. Avevamo detto di esserci già lasciati prima, ma non l'abbiamo mai fatto per davvero. Eppure domani sarà lei a farlo. È sdraiata sul letto al mio fianco, la spalla nuda è rivolta verso il volto; ha il braccio piegato con una mano tra il cuscino e il suo viso. I capelli scuri le ricadono sul cuscino e dietro al collo, le ciglia sfiorano gli zigomi e le labbra sono leggermente dischiuse. Dio, è meravigliosa. Non riesco a fermare l'istinto di prendere la polaroid e scattarle una foto. Vorrei poterla tenere con me, darle quello che cerca da sé stessa. Ricordo ancora le sue parole, «io ho ricominciato da te, ma adesso devo farlo per me.» Non la condanno per questo, perché so che mi ama nello stesso modo incondizionato in cui io amo lei, ma la sento già lontana anni luce, irraggiungibile. Sarà l'ultima pagina che scriverò su questo taccuino, perché voglio che lo abbia lei. C'è lei in ogni singola parola, e c'è da ancora prima che le parlassi per la prima volta. C'è sempre stata anche quando entrambi non lo sapevamo. Ti amo, Mia Davies, più di quanto un uomo possa quantificare.
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Oggi sono sei anni, lui ne avrebbe compiuti ventidue. La tentazione di chiamarla è forte e non so se riuscirò a controllarla ancora per molto. Mi guardo allo specchio e sfioro la A incisa sulla mia spalla sinistra, poco sopra il cuore: chiudo gli occhi e riesco quasi a sentire lei tracciarla delicatamente, proprio come quella notte. Non ha avuto bisogno di chiedere, perché lo sapeva già. È bellissima è stata l'unica cosa che ha detto, eppure lo ha fatto in quel modo intenso in cui lei vive ogni cosa da spossarmi il cuore. Due parole che sono valse più di quello che potrebbe mai immaginare. Vorrei che fosse ancora qui.
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Mi è arrivato un pacco dall'America qualche giorno fa. C'era un biglietto dentro: c'era scritto soltanto:
È il mio regalo per te, aprilo solo quel giorno. Ti conosco, Harry Styles, non barare.
Mi manchi.
Tua, Mia.
Ho barato, ma lei sapeva che l'avrei fatto. Era il suo taccuino.
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Le parole di Mia mi finiscono fin sotto la pelle. Mi squartano, cicatrizzano le ferite e poi diventano sale che le ricopre. è così infinitamente lei che è come se la sentissi mentre la penna le scivola sulle pagine. Ci sono disegni, citazioni, le nostre canzoni e le sue parole. Poi ci siamo noi: tra le polaroid, tra i testi delle nostre canzoni, tra quelli che eravamo attraverso i suoi occhi. Tra chi sono io, attraverso i suoi occhi. Mi manca come se se ne fosse andata da molto di più; come se mi avesse lasciato senza neanche dirmelo, come se fosse partita senza neanche salutarmi.
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Le auguro un amore che possa restituirle tutto quello che lei ha dato alle persone sbagliate. Le auguro un amore grande almeno un po' di quanto lo è stato — ed è — il mio per lei. Le auguro un amore che sappia darle gli spazi giusti, che resti nei contorni se lei ha bisogno di riempire tutto il resto. Le auguro un amore che riesca a guardarla anche da lontano e che si avvicini piano quando lei tenderà le dita con timore, perché è sempre stata abituata a non avere nessuno dall'altra parte.
A/N
Questo è un extra, un mio regalo per voi. Vi spettava sin dall'inizio, ed è solo una parte di tutto quello che Harry ha scritto per Mia o, comunque, dal momento in cui è iniziata Utopia a quello in cui è finita.
Lascio a voi immaginare il resto, il prima e il dopo.
Gli stralci sono più o meno in ordine cronologico, qualcuno in ordine casuale.
Vi aspetto per i ringraziamenti,
Chiara
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