𝐔𝐧𝐨 𝐜𝐨𝐧𝐭𝐫𝐨 𝐮𝐧𝐨

Ancora non ho trovato il coraggio di parlare a nessuno della situazione, mi chiedo se lo avrà fatto Clemente.

Dalla sua famiglia non ho ricevuto alcuna telefonata, ciò mi fa pensare che non sappiano ancora niente.

Sento le chiavi nella toppa, balzo.

Clemente entra in casa come se non fosse mai successo niente.

''Tu le chiavi non devi usarle, anzi, posale e bussa quando devi entrare.'' Gli vado contro senza nemmeno dargli il tempo di dire

una parola.

''Ancora ti devi calmare, piccerè?'' Tenta di accarezzarmi una guancia, mi scosto in malo modo.

''E nun me chiammà piccerè.'' Gli ordino in piena faccia.

Trattiene una risata, lo hanno sempre divertito i miei tentativi di parlare napoletano, si morde il labbro.

''Quant si bell quando parli napoletano.''

Faccio per tirargli uno schiaffo, ma mi tiene ferma per i polsi.

''Ti vuoi calmare?'' Urla. ''Ma quanto pepe tieni.'' Mi spinge all'indietro.

''E che cosa credevi, di aver trovato la solita bambolina che si cala le mutande solo perché fai musica figa? Me ne passa per il cazzo

di chi sei e cosa fai.'' Stringo i denti e lo spingo con forza. ''Che vuo? Che sei venuto a fare?'' Urlo trattenendo le lacrime.

''Voglio vedere mio figlio.'' Rilassa il volto e alza le mani in segno di resa.

''E tuo figlio lo vedi quando e come dico io, non puoi presentarti all'improvviso, hai fatto un buco nell'acqua perché Paolo non c'è.''

Faccio spallucce, spero che vada via, ma ciò non accade.

''E vorrà dire che mi accontento della mamma.'' Ride e parte a baciarmi il collo.

''Oh.'' Urlo e socchiudo gli occhi, le sue labbra sul mio corpo mi provocano un brivido. ''Ma quando te lo metti in testa che non sono

il tuo giocattolo?'' Cerco di scrollarmelo di dosso senza successo.

Cado a sedere sul divano alle mie spalle, così si poggia a me e incurante di tutto continua a baciarmi.

Si stacca improvvisamente e mi fissa, i suoi occhi puntano i miei.

''E tu quando lo capirai che ti amo davvero?'' Le sue labbra tremano.

Sospiro confusa, il mio corpo si rilassa quasi rassegnato.

''Che c'è Clemè? Ti ha già mollato? Non hai dove andare a scopare?''

Non urlo, non sbraito, le mie parole non contengono violenza ma soltanto una disgustosa rassegnazione.

Il suo viso si cruccia, smette di fare lo scemo e si fa serio.

''Ma tu veramente pensi che ci sia andato a letto? Veramente non ti sei mai fidata di me?'' Sbuffa e si mette a fissarmi. Calo il viso, una

parte di me vorrebbe credergli ma fa a cazzotti con un'altra che di quest'uomo non si è mai fidata.

Mi porta una mano al mento, mi alza la testa costringendomi a guardarlo.

''Guardami negli occhi, piccerè.''

Così i miei occhi affondano nei suoi, sono colmi di lacrime di delusione.

''Nz.'' Accenno appena con tutta la napoletanità che ho acquisito, un modo secco e freddo di dirgli ''no.'' Con un movimento brusco tiro

via il mio viso dalla sua presa. ''Non mi sono mai fidata di te.'' Glielo dico fissandolo negli occhi, glielo dico perché lo penso e forse ero

troppo presa a pensare solo a mio figlio per pormi il problema.

Si alza dal divano e tira per un braccio anche me, si sistema il giubbotto di pelle e il cappellino e mi afferra le spalle.

''E allora non ci possiamo sposare, è ufficiale.'' Lo dice con un distacco quasi glaciale.

''Ma chi ne aveva più intenzione.'' Gli dico con fare smorfioso, possibile che ancora non si è reso conto di ciò che ha fatto!?

Sbuffa e con uno scatto veloce fa per andare verso la porta, ma prima ancora scaraventa con violenza le chiavi sul tavolo.

''E va bene Crystal, tu l'intenzione probabilmente non l'hai mai avuta, è venuta la mammina da Milano a farti il lavaggio del cervello. E' un caso che lei sia qui e ci sia anche il tuo ex? E' tutto un fottuto caso?

No bella mia, quella ha fatto di tutto per metterti contro a me e ci è riuscita, e penso di capire pure quali saranno le prossime mosse. Vai piccerè, vai, tu meriti di sposare un avvocato, un medico, non un cafone colorato.'' Urla e raggiunge finalmente la porta, in questo

momento voglio solo vederlo andare via. ''Ci accorderemo per quando posso vedere mio figlio, questo almeno non puoi negarmelo,

né tu e né tua madre.'' Mi punta il dito, sbatte con forza la porta alle sue spalle.

Non gli vieterei comunque di vedere suo figlio, forse si è scordato che la matura tra i due sono sempre stata io, che chi nemmeno aveva intenzione di riconoscerlo era lui.

Devo dirlo, devo comunicare al mondo che continua a muoversi lì fuori che il mio mondo si è fermato.

Devo passare alla boutique a dire che possono pure smetterla di impacchettare e lustrare quel vestito, tanto non lo indosserà più nessuno. Devo trovare il coraggio di dire alle nostre famiglie che io e Clemente condivideremo solo un figlio e nulla più. Ma ancora non

ho trovato il coraggio di ammettere a me stessa tutto questo.

Devo trovarlo quella mattina non appena entro in casa di zia Giusy.

Mia madre siede compostamente a sorseggiare il caffè dalla tazzina, Tina chiacchiera con la sua solita aria bonaria e zia Giusy mette sul

tavolo biscotti e dolcini vari.

Deglutisco appena, mi stringo Paolo su un fianco, lo porgo poi a Tina che nel vederlo ha istintivamente aperto le braccia, così mi libero della borsa e cerco di non incontrare i loro occhi.

''Allora nenné, a che punto siete con i preparativi?'' Zia Giusy sta aspirando dalla sua sigaretta, si è posizionata accanto alla finestra

per non far respirare a Paolo il suo fumo.

Guardo la faccia entusiasta di Tina che si dondola il mio piccolo sulle gambe, quella totalmente distaccata di mia madre e infine

quella di zia Giusy.

''Wue, e ti sei incantata?'' Mi sprona nuovamente, per aspirare l'ultima volta e schiacciare poi la sigaretta sul fondo del posacenere.

''Non ci sposiamo più.'' Lo dico tutto d'un fiato, forse farà meno male.

''Che cosa?'' Mia zia e Tina urlano all'unisono, mia madre sembra soffocare una gioia che trovo inopportuna.

''Quello che ho detto.'' Asserisco e mi metto a sedere vicino a loro.

''Mi dispiace, per l'abito stupendo, per lo sbattimento, le bomboniere, il tempo dedicato ad ogni particolare negli ultimi mesi. Mi dispiace aver fatto fare a vuoto un viaggio ai miei genitori, e soprattutto mi dispiace di non poter dare a Paolo una famiglia unita, ma Clemente purtroppo non cambierà mai.'' Cerco di sembrare glaciale, quasi imito mia madre, ma la mia voce che trema fa trapelare i miei

sentimenti.

Spiego della serata, di Lorella, delle loro bocche. Più spiego l'accaduto e più mi convinco di aver preso la decisione giusta.

''Deve esserci una spiegazione.'' Tina asserisce.

''Lo so che è tuo figlio, ma ti ricordo come è fatto.''

''No Crystal, io so come è fatto, so che la testa non l'ha mai avuta su quelle cazzo di spalle, che ha fatto cazzate ma so anche che ti ama.

Sono sua madre, non l'ho mai visto così felice e sereno prima d'ora.''

Si massaggia le tempie, forse nemmeno lei riesce a spiegarsi quanto successo.

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