Viaggio.
Il mio viaggio è appena terminato, scendo dal treno e mi sgranchisco le ossa. Le sento quasi atrofizzate per tutto il tempo che sono rimasta seduta nel treno.
Mi guardo attorno stordita, tiro fuori il cellulare e seguo le indicazioni che vi ho annotato sopra. Appena fuori dalla stazione sembro quasi accecata dal sole, come se non lo avessi mai visto prima d'ora. Ma forse devo dar ragione a quanti dicono che il sole che c'è a Napoli, non c'è in nessun altro posto.
Mi libero dal cappottino, quasi sento la pelle che mi pizzica.
Sono arrivata a Napoli da Milano, città nella quale sono nata e cresciuta. L'ho sempre adorata, ma dovevo cambiare aria.
Starò da mia zia, la sorella di mio padre, e lavorerò nella sua scuola di danza. Mi sono appena diplomata come insegnante di ballo e mia zia mi ha proposto di cominciare la mia gavetta con lei a Napoli, chilometri lontana da casa mia.
Non c'era davvero più niente che mi trattenesse a Milano, niente per cui valesse la pena rinunciare alla sua offerta.
Cammino come in un sogno, continuo a guardarmi in giro, è così diversa dalla città in cui ho vissuto fino ad ora.
C'è un gran casino: le motociclette sfrecciano veloci, la gente parla, parla tanto e a voce alta. Ma la cosa non mi disturba affatto, sembra quasi farmi compagnia.
Nessuno qua sembra salutarsi e basta, si baciano tutti le guance e si fermano a parlare. E poi, c'è odore di cibo in ogni strada.
E infine, un altro odore. È buono, ma quasi non me lo so spiegare.
Lo squillo del mio cellulare mi distrae dai pensieri.
«Crystal, sei arrivata?» Mia cugina Elena pronuncia il mio nome con il suo solito accento marcatissimo, quasi mi fa ridere e vorrei correggerla.
«Ele sono a Napoli, sto seguendo le istruzioni che mi hai dato, spero di non sbagliare.» Sbuffo.
«Dove ti trovi, sai spiegarmelo?» Chiede impaziente.
«Sono in un posto affollato, c'è tanta gente rumorosa, e c'è profumo di cibo.» Parto a spiegare.
«Poi c'è un odore buono ma che fatico a identificare.» Insisto, quell'odore deve essermi entrato in testa.
Un clacson cattura la mia attenzione, riconosco Elena al volante.
«Questo profumo è il mare.» Ride, quasi a prendermi in giro.
Corro in macchina.
«Ma possibile che con tutto quello che poteva capitarmi, proprio una cugina polentona dovevo avere?» Mi punzecchia.
«Terrona, impara a pronunciare il mio nome.» La prendo in giro anche io.
Tra me e mia cugina passano appena 3 anni, io ne ho 24, lei 27. Tra noi passano anche molti chilometri, ma posso affermare con certezza che è la mia migliore amica, è una gioia vederla ogni volta.
Mio padre ha deciso di andare via da Napoli giovanissimo, aveva appena 19 anni. Ha trovato lavoro a Milano, ha sposato una milanese e lo è diventato lui a tutti gli effetti.
Arriviamo a casa, corro ad abbracciare mia zia, una donna di 55 anni, ma che ne dimostra molti di meno. Somiglia molto a mia cugina.
È prestante nel fisico, grazie al suo lavoro, ha gli occhi castani e i capelli di un biondo spento. L'aria bonaria, ma dispettosa al tempo stesso.
«Piccerè, comm si crisciut.»* Mi dice in un dialetto che fatico a capire, strizzo gli occhi come a volerla seguire, comprende la mia difficoltà.
«Ma possibile che tuo padre nemmeno una parola di napoletano ti ha insegnato?» Sembra rimproverarlo per questo, mi stringe a se.
Mi mostrano la casa, nel frattempo mettono su un caffè. Il profumo raggiunge presto tutte le stanze, è una bella sensazione.
Qui il caffè sembra essere un rito, così in mezzo pomeriggio me ne fanno prendere 4 o 5.
E il caffè qui si fa a tutti quelli che vengono in casa. E quelli che vengono in casa ne sono tanti. Qui non hanno bisogno di un motivo per venire in casa tua, o di un invito, bussano alla porta e gli offri un caffè. Questa cosa mi mette molta allegria.
Qui abbondano con tutto: con le parole, ne hanno sempre una in più, così sembra che i discorsi non abbiano mai una fine e si ha sempre qualcosa di cui parlare. Abbondano con i caffè, con i sorrisi, con il tono della voce che è quasi sempre alto. Abbondano con i profumi, e infine, con il cibo. Ho mangiato quasi fino a scoppiare.
Dopo la cena raggiungo la camera con mia cugina Elena, l'indomani ho la mia prima lezione nella scuola di ballo di mia zia.
«Con Edo è finita per sempre?» Chiede quasi bisbigliando mentre siamo a letto.
«Sì Ele.» Sbuffo e mi metto a guardare il soffitto.
Con Edoardo ci stavo da 4 anni e improvvisamente, in un mattino come tanti, invece del solito 'buongiorno' per messaggio, ho letto un 'ti lascio'.
«Ti ha lasciata con un messaggio, nessun altra spiegazione?» Chiede senza capire.
«Con un messaggio, sì. Diceva che dopo 4 anni non era più la stessa cosa, che voleva divertirsi.» Sbuffo.
«Basta, no ne parliamo più.» Cambia tono. «Ora sei a Napoli, bella mia, e i maschi napoletani sono una cosa eccezionale.» Ride maliziosa.
«Elena, non sono qui per i maschi napoletani.» Cerco di imitare il suo accento, le tiro un cuscino.
ശSPAZIO AUTRICEശ
Visto che troverete qualche parolina o frase in dialetto napoletano, saranno sempre seguite da un asterisco, che riprenderò nelle note, così da tradurne o spiegarne un significato. *«Piccolina, come sei cresciuta.»
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top