XXXIV. Andiamo a caccia

Kronos

Adonis sta frequentando un po' i suoi nuovi alleati in questi giorni di pausa fino alla prossima prova. Poi la notte si intrufola nella mia stanza e mi racconta tutto quello che ha scoperto.

Me ne sto disteso sul letto. Mi annoio. Ripenso alla prova che mio padre ha preparato. E non posso far a meno di nascondere un piccolo ghigno. Ho un'idea in mente. Spero che Adonis mi supporti in questo giochino che sicuramente potrebbe essere divertente per entrambi.

Adonis entra -come sempre- dalla finestra. Si lancia poi a capofitto sul materasso, rischiando di schiacciarmi sotto il suo peso. Lo sposto con uno strattone, ma non riesco a nascondere l'ombra di un sorriso. «Com'è andata, piccola spia?»

Adonis si avvicina a me e si fionda sulle mie labbra, famelico. Gli accarezzo i capelli, affondando le dita tra le ciocche e mi avvinghio a lui. Non mi sembra di averne mai abbastanza. Non ho un posto nel mondo, né vorrei averlo. Non voglio essere debole, ma ogni tanto ho dei dubbi.

Sarebbe così sbagliato appartenere a qualcuno? Sarebbe così deplorevole provare qualcosa per Adonis?

Sarebbe così mostruoso pensare di volere restare al fianco di un ragazzo?

Mi separo a malincuore dalle sue labbra e poso una mano sul suo petto, allontanandolo appena. «Cos'hai scoperto?»

Adonis corruga la fronte un po' contrariato. Poi si abbandona al mio fianco. Mi accarezza col pollice il labbro inferiore. «Ho scoperto, anche sbirciando durante la prima prova, tutti i loro peccati.» Sfrega il naso contro il mio.

«Sai che potrei ucciderli anche senza una valida ragione, vero?»

Lui sorride sfrontato e mi sento naufragare nei suoi occhi blu, profondi come gli abissi più spaventosi.

«Lo so, tesoro. È uno dei motivi per cui mi piaci.» Mi dà un buffetto sul naso. Ha appena detto che gli piaccio? «Ma avere una motivazione rende la caccia interessante.»

Prendo un sorso dalla mia fiaschetta e gli do una serie di baci sul collo, poi sul petto. Mi limito a fissarlo con devozione, perché non conosco altro modo per guardarlo e ammirarlo. Poi, torturandolo ancora un po', mi metto di nuovo seduto accanto a lui. «Va bene. E cos'hai scoperto?» Non so se posso ancora fidarmi di lui. A volte mi sembra di sentire ancora le conversazioni con gli altri campioni, mentre congiura alle mie spalle.

Ma è Adonis. Mi sto abituando all'idea che non mi farebbe del male, che non mi tradirebbe mai.

Lui si puntella sui gomiti e mi osserva. «Demeter gestiva un bordello, ragazze e ragazzi, anche minorenni, si prostituivano. Prometteva loro soldi, approfittando della loro povertà.» Abbassa lo sguardo. «E della loro bellezza.» Rabbrividisce.

Catturo il suo mento tra pollice e indice, costringendolo a guardarmi dritto negli occhi. «Adonis. Ti ha mai sfiorato in questi giorni? Senza che tu lo volessi?» La sola idea che possa anche aver provato una sensazione quanto più simile alla mia mi uccide. Io posso sopportarlo, ma lui no. Adonis non è marcio come me e non lo sarà mai. «Guardami.»

Lui scuote il capo e inchioda i suoi occhi blu ai miei. «Ci ha solo provato, ma l'ho liquidata con la scusa della stanchezza un paio di volte... non so per quanto continuerà a starsene ferma ad aspettarmi.»

La ucciderò.

È il primo pensiero che mi sfiora. Mi acquatto vicino a lui e gli accarezzo appena un po' le ciocche bionde. Preferisco cambiare argomento e concentrarmi sui nostri altri avversari. «Cos'altro hai scoperto?»

Adonis poggia il capo contro il mio petto, socchiudendo le palpebre di tanto in tanto, cullato dal lento movimento delle mie mani. «Dedalus, l'uomo di Zeus e Athena, era un artista nella Grande Città.»

«E perché è qui?»

«È stato condannato e arrestato per i suoi quadri e le sue opere. Alcune erano viste come trasgressive e inneggianti al rovescio del potere.»

Tipico della Grande Città, comunque. Non ho mai detestato, o almeno non del tutto, i cittadini del distretto Vita di Zeus. Alla fine, erano solo dei ribelli. Persone che volevano far sentire la loro voce nonostante un governo che li sopprimesse. Un governo che voleva facili burattini di cui tirare i fili, piccoli corpi senzienti ma obbedienti, senza poi tanto interesse per il mondo.

Eppure, alcuni di loro, nonostante fossero ribelli, continuavano a perseguire un percorso mostruoso.

Zeus voleva ricercare l'individuo perfetto, intelligente, brillante e senza cuore. Progetto chiaramente contrastante con l'ideologia della Grande Città, che vuole cittadini vuoti da ogni minimo pensiero diverso dal proprio. Cittadini ignoranti.

Aggrotto la fronte. «Non mi sembra un tipo così buono. O si è incattivito qui, o c'è un ma.» Guardo Adonis che fa un piccolo sorrisetto, «c'è un "ma", quindi.»

«Già. Nella pratica è questa la sua accusa, ma nella realtà conosceva già Demeter. Lei gli prestava le modelle. Gli forniva soggetti da rappresentare e con cui, eventualmente, divertirsi.»

Dedalus mi ispirava antipatia già a naso, senza che mi venisse fornita una vera motivazione. Ma adesso, mi stuzzica il pensiero di doverlo uccidere. Quante altre persone hanno dovuto vivere come me? Hanno sopportato il mio stesso dolore?

Un conato di vomito mi risale lungo la gola.

Le loro voci rimbombano nella mia testa. Strisciano nei pensieri, nascondendosi negli anfratti dimenticati, pronte a prendere il sopravvento su di me. Di colpo, il corpo mi sembra bruciare, andare a fuoco. Mi manca l'aria e le pareti della stanza mi stanno schiacciando.

Mi allontano di scatto, come ustionato, da Adonis. Lui mi guarda perplesso, ma lo ignoro. Mi avvicino alla finestra e la spalanco, alla ricerca di aria. Vorrei che mio padre fosse qui, adesso. Vorrei che mi abbracciasse e mi ricordasse che sono al sicuro, che nessuno mi farà di nuovo del male, non in quel modo.

Ma sono di nuovo solo, non ho più nessuno che possa difendermi.

Devo pensarci io.

Socchiudo gli occhi e prendo un paio di grossi respiri. Adonis mi osserva di sbieco, sembra titubante. Non gli do il tempo di farmi domande, che sono il primo a incalzarlo. «E Teseus? Cos'abbiamo su di lui?»

Di colpo il volto di Adonis si incupisce. Una coltre di nuvole cala nel suo sguardo e dei suoi occhi blu e allegri non c'è neanche più l'ombra. Lo vedo stringere i pugni e serrare la mascella. «Era un insegnante. E beh, non particolarmente buono e gentile con gli alunni. Ma è stato inviato qui per le sue problematiche. Essere insegnanti severi è concesso, a quanto pare.»

Non voglio fargli domande, né sul perché sembri così arrabbiato né perché il suo tono di voce sia talmente intriso d'odio. Mi distendo al suo fianco, di nuovo, e sospiro. «La prossima prova potrebbe tornarci utile.»

«Nessuna piccola anteprima per me, tesoro?» Mi sussurra all'orecchio e una serie di brividi mi percorrono la spina dorsale.

Gli spalmo la mano sul volto, spingendolo contro il cuscino. «Dormi, idiota.»

🫀🫀🫀

Al nostro risveglio, sento le trombe della prossima prova. Una strana eccitazione mi invade. Non vedo l'ora di poter attuare il mio piccolo piano.

Io e Adonis raggiungiamo il centro della foresta. Gli altri campioni lo guardano con interesse, felici di avere una talpa come alleato.

Non hanno idea che non mi farò scrupoli ad ammazzare chiunque, pur di vincere.

Forse non Adonis. Mi limiterei a stordirlo in modo non mortale, ecco.

Mia sorella Rhea ci raggiunge per presentare la prova. Vorrei correrle incontro e abbracciarla, ma i muscoli mi inchiodano al terreno. Lei mi guarda con quel solito sguardo gentile, come se volesse comunicarmi silenziosamente che sta bene e che non devo preoccuparmi. Non vorrei le succeda nulla, ma so bene che Hyperion non la lascerebbe mai venire qui da sola. E poi potrà contare sempre sulla mia protezione. Nessuno sarà mai un minimo alla sua altezza, ne sono convinto.

«Buongiorno campioni. Io sono Rhea Hell e sono qui per illustrarvi la prova.» Rhea guarda tutti noi con indifferenza, come se appartenesse a un altro mondo e mi scappa un sorriso. «La prova consiste nella divisione di due squadre, anche se una avrà un elemento in meno. Partirà da questa notte. Si concluderà solo quando almeno un elemento di una delle due squadre sarà morto. I giocatori della squadra che sarà riuscita a vincere, senza perdite, guadagneranno il massimo dei punti.»

Tutti si guardano tra loro. Dedalus fa per parlare e le si avvicina. In un lampo lo raggiungo e lo spingo lontano. «Toccala e ti spezzo le ossa del corpo una ad una.»

Rhea sorride e ci saluta. Adonis mi si affianca e mi tira via. «Noi saremo in squadra insieme.» Mi stringe il polso, forse per calmarmi.

Vedo Demeter sorridere compiaciuta. So che credono di avere un infiltrato nella loro squadra. Pensano davvero sia così stupido da lasciarmi uccidere da Adonis.

Teseus fa un ghigno cattivo. «Sta' attento alle spalle, Kronos. Non credo uscirai vivo da questa prova.»

Ricambio il suo sorriso. «Tranquillo. Vedremo come andrà a finire.» Aspettiamo che tutti e tre se ne vadano.

Adonis li saluta raggiante e poi si avvicina a me.

«Dimmi che hai in mente qualcosa.»

«Li uccideremo. Tutti.»

Adonis avrebbe dovuto scappare in quel momento. Invece mi sorride, semplicemente. Come se gli avessi sussurrato dolci parole all'orecchio.

E in questo momento ho capito che parte della mia anima gli appartiene, che verserei il sangue del mondo intero per lui. Abbiamo un patto. Moriremo insieme. E uccideremo insieme.

Renderemo questo posto il nostro campo di battaglia.

Mi sfiora le labbra con le sue, posandosi delicatamente, mormorando sulla mia pelle. «E ucciderai anche me, poi?» Mi guarda con quegli occhi che riescono a farmi dimenticare anche del mio stesso nome.

«Non potrei mai, Adonis.» Sfilo il pugnale dalla giacca e gli accarezzo il collo. Lui ghigna e mi dà un bacio. «Li uccideremo tutti e ce la giocheremo tra noi. Almeno l'ultima prova.»

«Sarà divertente.» Adonis mi supera e mi ruba il pugnale. Mi passa poi il mio zaino, che ha portato con sé non appena ha sentito gli spari per la nuova prova. «Prendo in prestito il tuo pugnale, tesoro.»

Puoi rubarmi tutto quello che ti pare. Hai già tra le mani quel che resta di questa anima rotta.

«Sai che dovrai restituirmelo?» Sfilo la mazza chiodata dalla mia borsa e lo seguo attraverso la foresta.

Adonis scaccia le parole con un gesto frettoloso della mano, come se fossero insettini particolarmente fastidiosi. «Hai un piano?»

«Aspetteremo che cali la notte per sorprenderli.» Mi affianco a lui, mentre ci incamminiamo di nuovo verso la cittadella. Mi perdo a fissarne le mura e la maestosità.

Hades ha fatto un ottimo lavoro.

Hades.

Artemis.

Mio padre.

Sono tutti morti a causa loro. Stringo i pugni e poso una mano sulla spalla di Adonis. «Distruggeremo questo posto. Lo faremo saltare in aria.»

Non sono nulla senza di lui. È la mia miccia.

Adonis sorride. Non sono sicuro su come debba farmi sentire davvero tutto questo. C'è qualcosa nel modo in cui si muove, in cui mi guarda. Qualcosa nel suo sguardo, nel suo sorriso, che mi fa sentire a casa.

Qualcosa che mi fa sentire che senza di lui non riuscirei ad andare avanti.

Forse è sbagliato, ma anche nell'ombra in cui cerco di nascondermi c'è davvero qualcosa di vero. Io lo sento.

Adonis posa le mani sui fianchi e fissa la struttura davanti a noi. «Ma sì, sarà divertente. Finalmente un po' di allegria in questo torneo.»

Quando cala la notte, ho la sensazione di farne parte da sempre. Il mio corpo, la mia mente e il mio essere appartengono alle tenebre, ne sono sempre più convinto.

Sarò anche ricordato come un mostro, un bastardo spietato senza scrupoli, ma perché dovrebbe importarmi cosa pensano di me quelle persone che mi hanno strappato via tutto?

Ucciderò tutti. Uno alla volta tutti gli uomini che Paul ed Erik mi manderanno contro nella Grande Città. Arriverò a loro e ho voglia che mi temano, che siano terrorizzati da me.

E ucciderò Teseus, Demeter e Dedalus, che hanno cercato di ammazzarmi dal primo istante.

Distruggerò Athena come lei ha fatto con me, gliela farò pagare per mio padre. Per Artemis. Per Hades.

Mi tiro in piedi dal letto e mi rigiro la mazza chiodata tra le mani. Lancio un'occhiata ad Adonis, che si sta sistemando la camicia viola davanti ai vetri della finestra, sfruttandola come specchio.

«Sei pronto?»

Lui si gira verso di me e ammicca, rischiando di farmi sciogliere sotto il mio stesso peso. «Certo, tesoro. Andiamo a uccidere quei bastardi.» Una volta sull'uscio della porta, mi preme l'indice sulle labbra. «Teseus devi lasciarlo a me.»

«E a me Dedalus.» Lo scanso e lo supero. Lui mi lancia un'occhiata, ma non commenta.

Ci muoviamo silenziosi tra le strade della cittadella. Ogni tanto uno scricchiolio di qualche ramo calpestato rompe il silenzio infernale, rendendolo anche più meravigliosamente spettrale, a mio parere.

Seguo Adonis fino alla stanza che Teseus ha occupato. Mi guardo intorno. Dovrebbero esserci anche gli altri due deficienti qui.

Adonis dà un calcio rumoroso alla porta della camera dell'uomo.

Lo vedo sussultare dal proprio letto e mi scappa un ghigno.

Che gran peccato, non ha neanche il tempo per scappare, perché Adonis gli si avventa addosso.

Lui prova a dimenarsi come un pesce fuor d'acqua, ma Adonis tenta di fermarlo.

Lui scappa verso l'uscita, ma gli assesto un pugno allo stomaco, facendolo ruzzolare a terra. Inclino il capo verso Adonis. «Sicuro di non volere una mano, tesoro?» Lo canzono.

Adonis mi fissa confuso per un istante. Ha uno strano luccichio eccitato nello sguardo. Poi scuote la testa e afferra Teseus, che piagnucola appena, implorando pietà.

Faccio un sorriso sinistro.

Pietà.

Decisamente non mi appartiene, non più almeno.

Adonis gli dà una ginocchiata alla schiena, facendolo cadere sulle gambe a terra. Poi con un gesto secco lo pugnala alla carotide.

E il sangue schizza ovunque.

Un urlo straziato rimbomba tra i corridoi.

Sento alcuni passi in lontananza. Mi sono distratto a osservare Adonis per poter concentrarmi sulla mia caccia. Mi affaccio lungo il corridoio.

Demeter e Dedalus stanno scappando.

Provo a rincorrerli, ma ormai sono già usciti. Vedo le loro figure allontanarsi dalla cittadella. Si muovono come puntini lontani verso la Foresta.

Dannazione.

Scaglio un pugno contro il muro, ignorando le fitte che riverberano per tutto il braccio. Dovrò dare loro la caccia.

Mi massaggio il polso.

Va bene.

Vogliono giocare un po' di più.

Darò loro un po' di vantaggio e poi li squarterò come due bestie da macello.

«Sono scappati?» Adonis mi raggiunge. Ha il volto completamente sporco di sangue. E adesso mi risulta difficile concentrarmi. Lui si ripulisce appena un po' e storce il naso. «Li troveremo, tesoro. Te lo prometto.»

Sfilo la fiaschetta di whisky e prendo un paio di sorsi. Ho nascosto -prima del torneo- nella nostra stanza una bottiglia per poter riempire la mia fiaschetta ogni volta che finisse.

Lo afferro per il colletto della camicia, spingendolo contro una parete. In questo preciso istante devo sentirlo mio. Inizio a baciarlo con foga. Lui sussulta appena, ma lo sento sorridere sotto la mia pelle.

Poi si allontana da me e giocherella con la punta della cravatta, stringendola dopo. «Sai, tesoro, dovremmo contenderci una preda. Sarà divertente fare una gara tra noi.»

Aggrotto la fronte. In che senso?

Sono confuso. In questo momento Adonis mi rende instabile. Gli bacio il collo, gustandomi il suo sapore. Ne ho un disperato bisogno. «Che vuoi dire?»

Il suo respiro si fa pesante e si lascia sfuggire un piccolo mugolio. Mi bacia e poi si stacca, guardandomi malizioso. «Tu vuoi Dedalus e va bene. Ma anche io voglio uccidere Demeter. Ci toccherà vedere chi è più bravo tra noi.»

Faccio un sorrisetto divertito. Mi piacciono le sfide. Mi piace Adonis.

E mi piace l'idea di una sfida con lui. Gli alzo il mento, costringendolo a fissarmi. «Vedremo se riuscirai a battermi.»

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