XXIV. Mi scontro col re degli dei.
Kronos
Mio padre è appena uscito per accompagnare Adonis e Hydra al the Sinners Club.
È stato bello dormire accanto ad Adonis, ma non appena questo pensiero sfiora la mia mente, mi si accappona la pelle. Non dovrei pensare queste cose di un altro ragazzo. Non può piacermi stare con lui, in sua compagnia. Cosa c'è di così tanto sbagliato in me?
Dovrei punirmi per aver permesso a un pensiero del genere di accarezzarmi con dolcezza.
Mi tiro in piedi, allontanandomi dal letto. Non posso permettermi di avere dei punti deboli. Né tantomeno che uno di questi sia Adonis, un ragazzo. Non voglio essere un debole, ma la sua vicinanza mi rende vulnerabile. Sospiro piano.
Voglio distrarmi, chiudermi da qualche parte e concentrarmi sul torneo. Artemis è morta e, sebbene Adonis sia un mio alleato -almeno credo-, non voglio dover dipendere da qualcuno. Apprezzo l'aiuto che Hades e mio padre hanno intenzione di darmi, ma voglio poter vincere con le mie forze, da solo. Ne sono capace. Avere legami mi renderebbe debole, inutile.
Sbuffo e mi dirigo verso l'ufficio di mio padre. Mi chiudo la porta alle spalle. Spesso vengo qui, quando sto male. Mi sento al sicuro. Anche da bambino avevo bisogno di sentirmi protetto. E questo posto era l'unico che riusciva a calmarmi in alcuni momenti.
Rabbrividisco al solo pensiero che un giorno tutto ciò sarà mio. Inizio ad accomodarmi sulla poltrona girevole e osservo la scrivania.
Non sarò mai bravo quanto mio padre a gestire tutto questo.
Sono terrorizzato dal fallimento. Ho paura di non poter riuscire a tenere tutti in salvo, non come fa lui. Non sono alla sua altezza e, forse, prima o poi sarà il primo a rendersene conto.
Accarezzo i fogli con interesse. Trovo alcune lettere e la curiosità prende il sopravvento. Ne afferro una e inizio a leggerne il contenuto.
È una scrittura femminile, elegante.
E sono lettere d'amore.
Mi sta venendo il voltastomaco. Da quando mio padre è un essere emotivamente senziente dotato di capacità letterarie? Da quando si sente con una donna, scambiandosi messaggi anche un po' troppo stucchevoli per i miei gusti?
Sgrano gli occhi, quando riconosco la firma di Medea.
Ma che cazzo.
Mi porto le mani in volto. È un problema. Un grandissimo problema. Perché non ce ne ha mai parlato? Se Zeus lo sapesse, sarebbe la fine.
Individuo una lettera, dal simbolo diverso sul fronte, rispetto a quelle di Medea. Riconosco immediatamente l'emblema di Zeus.
Mio padre non l'ha ancora letta, così lo anticipo.
Apro la lettera e i miei occhi saettano su quella scrittura fredda che solo una macchina da scrivere trasmetterebbe.
Uranus,
Sono a conoscenza di molti dei tuoi stupidi giochetti.
Direi che è arrivato il momento di mettere termine al tuo governo, alle vostre stupide macchinazioni.
Artemis è caduta.
Presto toccherà a te e a quell'idiota di Hades.
So anche benissimo cosa tu e mia moglie state tramando alle nostre spalle.
Allora, se tieni a lei e ai tuoi mostruosi figli, ti lancio una sfida mortale nell'Arena.
Solo noi due.
Se non vuoi che torca un capello alla tua adorata Medea, così come la chiami nelle tue lettere, allora ti converrà presentarti questa notte alle dieci.
Sarà il nostro ultimo scontro.
Zeus
Mi tremano le mani.
Non lascerò che mio padre rischi la vita nell'Arena. Iapetus, Rhea e Hyperion hanno ancora bisogno di lui. Non hanno bisogno di me, invece.
Da quando sono qui, non ho fatto altro che procurare loro problemi. Ho l'occasione per riscattarmi, per mostrare che merito di essere uno di loro.
Uccidendo Zeus dimostrerò che posso essere anche d'aiuto, di non mettere solo tutti in pericolo.
Esco dall'ufficio. Hyperion mi viene incontro. Non posso permettermi che percepisca qualcosa. Non ho intenzione di farlo preoccupare ancora.
Lui mi guarda. Aggrotta la fronte e mi scruta con quella solita aria interrogativa. «Che hai?»
«Nulla. Mi sono solo appena ricordato di dover parlare ad Adonis di alcuni affari. È molto importante.» Mento. Ormai sono bravo con le menzogne.
Spesso dico di stare bene, ma in realtà non è mai così.
Mi stringo nelle spalle e lo supero, ma Hyperion mi prende per il polso. «Kronos, per piacere. È già un periodo di merda, non metterti nei guai. Non anche tu. Non potrei perdonarmi se ti accadesse qualcosa.»
Credevo di non poter provare senso di colpa, ma mio fratello riesce a toccare punti che pensavo di aver ben sepolto dentro di me. Arretro e scuoto il capo. Non farò altri danni, o per lo meno non più.
Se morissi, i loro problemi cesserebbero. E un po' ci spero, non ne posso più.
Anche se proprio in questo momento non posso concedermi il lusso di morire. Ho delle persone da uccidere. Solo allora potrò riposarmi.
Proprio per questo, adesso, non causerò io problemi, ma li risolverò. Ucciderò Zeus e resterò a guardare il suo impero crollare.
Mio padre ha bisogno di me. Annuisco. «Non preoccuparti, fratellone. Andrà tutto bene.» Mi allontano, lasciandolo alle mie spalle.
Sgattaiolo nella palestra con un borsone. Per affrontare Zeus non mi servirà solo la forza fisica o l'intelletto. Avrò bisogno di armi. Le pistole sono vietate, ma non mi fido. Prendo un'armatura anti proiettile che ho progettato e testato poco tempo fa.
Mi sfugge un sorriso, ripensando a quando l'ho indossata e ho chiesto a Iapetus di spararmi addosso. Mio fratello era diventato così pallido che per un attimo ho temuto che stesse per avere un infarto.
Poi mi sono ricordato che era troppo giovane per averne uno, statisticamente era impossibile.
Riempio lo zaino con diversi pugnali. Un tirapugni e una mazza reclinabile, ideata appositamente per poterla trasportare in una borsa. Indosso il giubbotto da me progettato e la felpa poi sopra. Mi sistemo e mi tiro in piedi. Mi sistemo lo zaino in spalla e mi guardo intorno. Nessuno è nei paraggi. O almeno così credevo.
«Che fai?» Iapetus spunta davanti al mio campo visivo.
Okay, forse io potrei avere un infarto a questo giro. Mi porto una mano in petto. «Ma sei idiota?!»
Mio fratello ghigna. È sempre particolarmente silenzioso e ultimamente devo concederglielo. Aggrotta la fronte in un'espressione preoccupata. «Che cosa volevi fare?»
«Niente.» Mi sistemo lo zaino.
«Dove vai? Hai uno scontro in Arena?»
È così impiccione che a volte lo prenderei volentieri a pugni. Mi volto a guardarlo di scatto e gli punto un indice contro. «No, vado da Adonis. Resterò lì, non voglio che stia solo e nel peggiore dei casi saprò come difendere entrambi.»
Mezza verità. Andrò davvero da lui, ma giusto il tempo di aspettare che si faccia l'orario per lo scontro in Arena.
Prima ancora che Iapetus possa replicare, esco all'aria aperta. Fa freddo e mi si stanno congelando le ossa. E forse anche le palle. Sbuffo infastidito, stringendomi nel cappotto. Ho indossato anche le scarpe adatte allo scontro. Un'altra mia piccola invenzione fa scattare un meccanismo dalla suola, estraendo una lama.
Alzo lo sguardo verso il cielo. Una coltre di nuvole grigie lo incupisce, quasi come una coperta asfissiante.
Il distretto Eros, quello gestito da Artemis e ora -a quanto pare- da Adonis, è sempre stato molto strano. Tra le strade c'è un'assurda miseria. Le persone scivolano tra le strade come fantasmi, raccattando soldi in ogni modo o drogandosi sui marciapiedi.
Il The Sinners Club è quasi come un faro nel mare. Una luce di strana allegria in un posto tanto dimenticato quanto squallido.
Mi muovo verso l'ingresso secondario sul retro e spingo in avanti la porta di ferro. Come un automa chiamo l'ascensore e raggiungo direttamente l'appartamento di Adonis. Mi guardo intorno.
«Come mai qui?» Hydra aggrotta la fronte e mi guarda curiosa.
«Volevo farvi compagnia per un po'... per sicurezza, sai.»
E anche per salutare Adonis per un'ultima volta, nel caso dovessi morire questa notte.
Hydra mi scruta da capo a piedi. Ha tredici anni, ma a volte mi sembra più adulta di Adonis stesso. Si allontana, dicendomi che andrà a chiamare Adonis.
Mi guardo intorno e mi lascio cadere sul divano, tamburellando le dita sul tavolo di fronte.
Sfilo la fiaschetta di whisky dalla mia giacca e inizio a berne una generosa quantità.
Sento le porte dell'ascensore aprirsi e Adonis mi raggiunge.
Mi manca quasi il fiato. Ha del sangue sulla camicia viola, a sporcargli i vestiti. Adonis mi ha colpito fin dall'inizio per non aver visto il mostro nel mio abisso. Mi ha salutato la prima volta senza neanche conoscermi e mi ha salvato da un attacco di panico, uno dei peggiori.
Ma è anche bellissimo e in questo momento ai miei occhi è come se stesse splendendo.
Dovrei darmi un contegno. «Cos'è successo?» Inclino il capo e mi avvicino poi a lui.
Adonis sorride sfrontato e mi posa un bacio leggero sulle labbra. Potrebbe anche chiedermi di inginocchiarmi davanti a lui e lo farei. «Ho ucciso il mio campione.»
«Cosa?! E perché?»
«Voleva che mi occupassi di farlo vincere al torneo, ora che Artemis non c'è.» Adonis non mi dà il tempo di replicare. «E devi vincere tu. E io sarò il campione del distretto Eros. Avrai di sicuro un alleato, così.»
Non so che altro pensare. Ho la mente offuscata. Lo afferro per la camicia e lo tiro a me, baciandolo con foga.
Lo sento sospirare appena sulle mie labbra. Mi accarezza i capelli e si avvinghia a me, saltandomi quasi in braccio. Lo sorreggo, tenendolo per le gambe, senza smettere di assaporarlo.
🫀🫀🫀
«Perché devi andartene?»
Mi metto a sedere. Adonis si rigira tra le lenzuola, incapace di starsene fermo per un istante. Osservarlo non mi aiuta a restare concentrato. A volte ho paura che Adonis possa essere frutto della mia mente malata; un sogno di fantasia a occhi aperti. Se mi accorgessi che non è reale, forse, preferirei non dovermi svegliare più.
«Perché ho un paio di cose da fare.» Mi sistemo i pantaloni e non riesco a smettere di contemplarlo, come se fosse il quadro più illuminato in una galleria d'arte. Ho il privilegio di poterlo ammirare da solo, perdendomi nei suoi colori vivaci.
Adonis aggrotta la fronte e mi tira per la cintura, costringendomi a sedere accanto a lui. So che rischio di infrangere la nostra promessa, ma non posso permettere che Zeus faccia ancora del male alla mia famiglia. Devo provarci. «Io questa sera voglio dormire di nuovo vicino a te, chiaro?»
Deglutisco.
Sono sempre stato un ottimo bugiardo. Mentire mi viene semplice. Lo faccio da una vita intera, ormai. So nascondere bene quello che provo e mi sono abituato a indossare la solita maschera di fredda indifferenza. Mi va bene essere un mostro, non sono del tutto contrario a questa definizione.
Mento da sempre, forse spesso anche a me stesso.
Posso farlo anche ora, con Adonis. Eppure, non so perché mi sento strano. Non so se questa sensazione è senso di colpa, ma mi dà fastidio.
Non voglio provare rimorso.
Non voglio un altro punto debole da dover nascondere per difenderlo da tutti.
«Va bene, anche se russi.» Mi tiro rapidamente in piedi, per non dargli l'opportunità di parlarmi ancora.
Adonis mi fissa con uno sguardo strano, pensieroso. Sono colpito all'idea che possa anche ragionare per più di qualche secondo. Prendo la mia borsa e me la sistemo in spalla.
Direzione Arena.
Mi volto un'altra volta a guardarlo. Voglio che sia il suo volto la mia ultima immagine, nel caso dovessi morire.
«Ci vediamo dopo?» Adonis cerca ancora delle rassicurazioni da me.
Annuisco con un gesto del capo, prima di abbandonare definitivamente il The Sinners Club.
🫀🫀🫀
Non ho paura di morire. Non credo di poterne provare, in verità. Ho sempre pensato alla Morte come un'amica, in un certo senso.
Mi è sempre stata accanto e ho dovuto rimandare il nostro appuntamento così tante volte da averne perso il conto. Chissà quante vite mi rimangono ancora. Suppongo che oggi lo scoprirò.
Ho ancora il profumo di Adonis appiccicato addosso. Ha un sapore zuccherato, fruttato, e forse è l'unica cosa dolce che la vita ha deciso di concedermi.
Raggiungo i corridoi dell'Arena, ma sento le voci degli spettatori. Mi paralizzo. Zeus ha invitato il pubblico ad assistere. Indosso velocemente la mia specie di maglia anti proiettile e la copro con un maglione. Prendo le armi e mi muovo in fretta verso l'ingresso.
«Dove vai? Fermati!» La voce di mio padre mi urla trafelata alle spalle.
Non posso permettergli di fermarmi. Inizio a correre e mi infilo nell'Arena. Richiudo la cancellata di ferro alle mie spalle. Mio padre si attacca alle grate. Ha lo sguardo terrorizzato. «Esci da lì, Kronos. Non se ne parla.»
Scuoto il capo. «Mi hai salvato già una volta, lascia che sia io a farlo, ora.»
Sento la risata di Zeus alle mie spalle. Ho sempre pensato fosse abbastanza grande per la sua stazza. Mi osserva con un ghigno cattivo stampato sul volto. Ha tirato i capelli all'indietro e tiene tra le mani un'ascia.
So che ha almeno un'altra arma nascosta da qualche parte. Lo studio. Mi guarda dall'alto come se fossi una formica da schiacciare. Lo osservo mentre stringe la presa sul manico dell'ascia. So che vuole vendicarsi di ogni problema, di ogni mio attacco alle sue stupide feste e del dito tranciato. «Forse preferisco dover affrontare te, piuttosto che tuo padre. Sarà divertente togliergli qualcosa.» Fa un passo verso di me. «Sei pronto a giocare, bastardo? Non posso prometterti che non farà male.»
Non ho bisogno che mi provochi. Fisicamente perdo in partenza. È un uomo molto più grande di me e la sua forza potrebbe schiacciarmi. Posso puntare sulla mia velocità o su qualche idea improvvisa. Al massimo potrei mettere alla prova la mia resistenza.
Quando il segnale del gong rimbomba per tutta l'Arena, mi isolo. Le urla degli spettatori diventano lontane, così come le loro parole ingiuriose. Ignoro gli sputi.
"Non farà tanto male. Sai chi ce lo diceva?"
Javier raschia contro le pareti della mia testa. Mi fa male.
Zeus alza l'ascia nella mia direzione. Scivolo di lato, ma mi agguanta per il maglione. Non mi aspettavo fosse anche così rapido. Mi lancia dall'altro lato dell'Arena. Sbatto col capo contro la ghiaia. Una fitta lancinante riverbera per tutto il cranio, facendomi rabbrividire. Mi porto una mano sulla ferita, sporcando le dita di sangue.
Uccidilo.
Uccidilo.
Alzati.
Mi tiro in piedi, ma Zeus mi colpisce con un calcio allo stomaco, facendomi ruzzolare di nuovo a terra. Tossisco e sputo sangue.
Lo sento ridere. Mi afferra per i capelli e mi costringe a guardarlo. «Sei solo uno scarto, Javier. Pensi che non sappia nulla della tua storia?» Mi fa un sorriso sinistro. «Sei solo un giocattolo rotto. E adesso direi che è anche arrivato il momento di toglierti da mezzo.»
Mi raggelo.
Sento di nuovo le loro voci addosso. Le loro mani che strisciano sotto il mio vecchio maglione bucherellato. Mi accarezzano la pelle, strappandomela via. Le mani si insinuano nei pantaloni e le lacrime riprendono a premere agli angoli degli occhi.
Dobbiamo scappare.
O ucciderlo.
Uccidilo, prima che uccida noi.
Zeus alza l'ascia. Sfilo il pugnale dal retro della cintura e gli infilzo il piede, incastrandolo al terreno.
Il suo urlo di dolore rimbomba nell'Arena. Scivolo lateralmente. La lama dell'ascia sibila al mio orecchio. Corro in direzione della mia borsa e recupero la mazza dentata. Me la faccio roteare tra le mani.
Zeus è impegnato a strappare il pugnale dai suoi piedi. Almeno sono riuscito a rallentarlo. Lo raggiungo e con la mazza lo investo con violenza al fianco. I denti di ferro appuntiti si macchiano del suo sangue. Mi godo quei rantoli dolorosi.
Do un calcio all'ascia, caduta a terra, e la spingo lontano da noi. Arretro per riprendere appena fiato. Mi fa ancora male lo stomaco.
Zeus si tira in piedi, mantenendosi la ferita. Avanza ancora verso di me. Stringo la presa sulla mazza e faccio per colpirlo di nuovo, ma mi afferra per il collo e mi alza.
Mi manca l'aria. Stringe le dita contro la mia pelle. Provo a liberarmi della sua presa, ma incontro solo i suoi occhi di ghiaccio che mi fissano con crudeltà.
«È solo un gran peccato che tu abbia un cervello simile, ragazzino. Uno spreco di intelletto.»
Le orecchie mi si ovattano. Non riesco a vedere bene, ho la vista offuscata. Mi guardo intorno, in alto, dove di solito mio padre siede. Incrocio il suo sguardo preoccupato. Accanto ci sono i miei fratelli... e Adonis.
Non voglio morire così.
Noi non possiamo morire.
Uccidilo.
Mi fa male la testa. Mi manca il fiato. Sono pochi istanti, ma Zeus continua a stringere la presa, cercando di soffocarmi. Provo a graffiargli le mani. Mi agito coi piedi, facendoli galleggiare in aria.
Le scarpe.
Faccio scattare la lama dalla punta delle scarpe e pugnalo Zeus alla gola. Quando abbassa appena il braccio, lo trafiggo allo stomaco. Non riesco a sentire le sue urla, ma lo faccio ripetutamente, così tante volte che il sangue schizza ovunque e sento le mani alleggerirsi attorno al mio collo.
Lui si inginocchia a terra e mi lascia cadere. Sgrano gli occhi, strisciando in direzione della mazza. Tossisco. Mi mancano l'aria e il fiato. Se non fosse anatomicamente impossibile, crederei di star per vomitare anche il cuore e i polmoni.
Afferro la mazza dentata e mi tiro in piedi, poggiandomi prima sulle ginocchia per prendere fiato. Zeus si mantiene la ferita alla gola con le mani. Ha il fiato corto.
Stringo la presa e alzo l'arma, «porgi i miei omaggi all'Inferno». Gli sfracasso il cranio e il sangue mi sporca il volto. Pezzi di cervello si mescolano alla ghiaia.
Cado a terra, esausto. Prima di perdere i sensi e svenire come un idiota, l'ultimo sguardo che incontro è quello di Athena. Mi fissa con indifferenza e abbandona l'Arena.
🫀🫀🫀
Angolino
Da questo momento Kronos è diventato il più temuto, si può dire/
La sua completa transizione a "villain" è sulla strada💀
Beh, grazie per leggermi ancora e scusate la poca attività tra i commenti, ma sappiate che li leggo sempre con tanto piacere.
Vi voglio bene ❤️🩹
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