XXIII. Ho un piano in mente
Adonis
È una settimana che sto convivendo un po' nella villa di Uranus. È strano. Hanno inserito un altro letto nella stessa camera di Kronos, Iapetus e Hyperion. Hydra è con Rhea.
È una situazione abbastanza confusa. Non so come aiutare Hydra, che è quasi sempre triste. Mi sorride a stento, devo forzare in ogni modo le battute. Devo essere forte per lei, ma di notte, quando sono solo a rigirarmi nelle coperte, la tristezza mi assale e le lacrime iniziano a scorrere senza freno sul mio viso.
Avrei dovuto esserci io al suo posto.
Non riesco a smettere di pensarci, neanche questa notte. Ho prima caldo e mi libero delle coperte. Poi ho freddo. Non ho idea di che ore siano, ma Hyperion e Iapetus dormono profondamente, russando anche di tanto in tanto.
Sono piuttosto rumorosi.
Mi muovo ancora una volta e riprendo le coperte, tirandomele su, fino a coprirmi pure la testa. Non ne posso più. Non so cosa fare, cosa pensare.
È colpa mia.
Se non mi fossi lasciato prendere dalla rabbia per la morte di Sybilla, forse Artemis sarebbe ancora viva. È davvero frustrante ammettere che mio padre ha sempre avuto ragione.
«Sei inutile, Charles.»
La sua voce mi rimbomba ancora nella testa, insieme al rumore delle bacchettate, ogni volta che sbagliavo a leggere una frase o a fare un calcolo matematico.
«Cos'ho fatto di male per meritarmi un figlio così stupido?! Smettila di piangere e frignare. Sei inutile.»
Il respiro mi si mozza in gola. È colpa mia se Artemis è morta. Non è giusto, dovrei essere al suo posto. Come potrei mai portare avanti un locale e prendermi cura di Hydra? Non ne sono capace.
Non sono capace di far nulla perché sono troppo stupido. Sono inutile e, in fondo, l'ho sempre saputo.
Ho paura. Tanta.
Non ricordo nemmeno qual è stata l'ultima cosa che ho detto ad Artemis. Sapeva che le volessi bene? Forse non le ho mai parlato abbastanza di quanto fossi grato di averla incontrata e di essere diventato parte della sua famiglia.
Uno strano bruciore mi infiamma la gola. Cerco a stento di trattenere i singhiozzi, mentre ripenso ai suoi sguardi, alle sue carezze e ai suoi sorrisi.
Adoro il suono della sua risata.
Anzi, adoravo.
Il panico mi assale, di nuovo. Non potrò più rivederla o ascoltarla.
E se un giorno dimenticassi il suono della sua voce? Come potrei fare? Sarei un mostro.
Non voglio che Artemis diventi un ricordo lontano, non è giusto.
Non sono pronto a lasciarla andare via.
Non mi rendo conto di star annegando nelle mie lacrime, fino a quando struscio la guancia sul cuscino, che, a contatto con la pelle, risulta bagnato. A quel punto mi sento ridicolo, perché è come se avessi aperto i rubinetti delle mie emozioni e le lacrime non smettono di annebbiarmi lo sguardo.
So che non dovrei piangere. Sono adulto. Gli uomini non piangono, mio padre lo diceva sempre e mi ritrovo a dovergli dare ancora ascolto, perché alla fine ha sempre avuto ragione.
Mi scappa un singhiozzo rumoroso e mi porto una mano davanti alla bocca. Per fortuna, a giudicare dal solito ronfo, Hyperion e Iapetus devono star dormendo ancora.
Sento la coperta alzarsi appena e una folata di vento mi raggela per un istante. Qualcuno si è steso accanto a me. Mi giro di scatto.
Kronos mi guarda in silenzio e tira le coperte fino a coprire entrambi, fino alla testa. Accende prima il piccolo lume sul comodino al mio fianco.
Mi schizza il cuore in gola. Non so cosa dire. Non so che altro fare. D'altronde non ho nulla da offrirgli al momento. Sono solo un povero idiota in un bell'involucro. Anche se al momento sono così stanco e senza forze da credere di non avere neanche un briciolo della mia solita bellezza. Non ho nulla da dargli. «Ti ho svegliato?» Mormoro a bassa voce. Non riesco a sostenere i suoi occhi neri, magnetici ed enigmatici come corvi in volo. In quell'abisso nero mi ci perderei per ore, a volte mi sembra di vederci delle stelle risplendere.
Kronos scuote il capo. «Non riesco a dormire... oggi.»
Alzo lo sguardo su di lui e mi rendo conto che sta chiaramente mentendo. Sono sicuro dorma poco in generale, a giudicare dalle occhiaie violacee che gli contornano quello sguardo infinitamente malinconico, finestra di un'anima segreta.
Probabilmente le mie lagne lo tengono sveglio tutto il tempo, anche. «Mi dispiace tenerti sveglio-»
«Non sei tu che mi tieni sveglio.» Kronos prova ad accarezzarmi i capelli, affondando con le dita nei miei ricci. È impacciato e abbastanza goffo, ma mi strappa un sorriso. «Ti ho sentito piangere e ho pensato volessi compagnia. Non lo so.»
Mi mordicchio il labbro, in tensione, fino a sentire il sapore metallico del sangue riverberarmi nella bocca, mescolandosi alla saliva. Ho bisogno di pensare ad altro. Non voglio lambiccarmi la testa ulteriormente. «E cosa ti tiene sveglio?»
Kronos sospira piano. «La preoccupazione.»
Mi sento in colpa e mi torturo le mani. Sono un problema per chiunque. Strizzo gli occhi, ma le lacrime non hanno intenzione di abbandonarmi, anzi. Socchiudo di tanto in tanto le palpebre, quando le sue carezze mi distraggono dal senso di colpa.
Affondo le unghie nella carne, per sentire qualcosa di diverso, ma Kronos intreccia una mano alla mia, restandosene zitto.
È strano. «Sto bene, non dovresti preoccuparti.»
Kronos storce il naso e si sistema meglio sotto le coperte. Sento il suo profumo addosso e mi sento un po' a casa, almeno per un istante.
«Dormi male, me ne sono accorto... hai freddo? Posso prenderti altre coperte, tanto ne abbiamo.» continua ad accarezzarmi i capelli e vorrei sciogliermi sotto il suo tocco. Poggio il capo contro il suo petto e sospiro piano. Gli deposito un bacio sul collo e lo sento respirare a fatica. Lo vedo mentre socchiude gli occhi. Mi stringe la mano, incastrando le sue dita alle mie, impedendomi di affondare le unghie nei palmi. Non so se mi merito tutto questo, non è giusto. Sono inutile e continuo a chiedermi perché mai Kronos debba mostrarsi così con me, quando ho solo un corpo da offrirgli. Ma non riesco a staccarmi da lui, non ora. Né ho intenzione di farlo in futuro, se devo essere sincero.
Magari mi sto aggrappando a un'illusione, nella patetica speranza di poter essere importante per qualcuno. Ma non voglio parlarne, perché non so neanche se siamo amici.
Eppure mi perdo a fissarlo, mentre socchiude gli occhi e poggia il mento sul mio capo.
Mi perdo ad ascoltare il battito del suo cuore, tenendo premuto l'orecchio sul suo sterno.
Mi perdo nelle sue leggere carezze, nei movimenti ipnotici e impacciati.
E vorrei che durasse per sempre.
Artemis mi manca, mi manca da morire. Mi si mozza il fiato al solo pensiero che non la rivedrò più dietro il bancone. Era l'unica persona che non mi ha mai fatto sentire ridicolo. Ha sempre ascoltato le mie stupide proposte e la maggior parte delle volte mi ha accontentato. È stata forse la madre che avrei voluto, ma anche il padre.
Non mi ha mai lasciato solo.
Ho Hydra da proteggere e lo farò per lei, per noi, per la nostra piccola famiglia. Mi stringo a Kronos, lasciandomi cullare dal suo battito.
La sola idea di poter perdere anche lui in questo Torneo mi fa impazzire. Non posso permettergli di farsi del male, di lasciare che lo ammazzino.
Sono sicuro che cercheranno, adesso che siamo quasi in minoranza, di fargli del male. Il campione scelto da Artemis non mi darà ascolto e ne sono consapevole.
Mi ha dato l'assoluta certezza l'incontro che mi ha chiesto domani, per discutere dei nuovi piani.
Fisso Kronos per un'ultima volta. Osservo le sue labbra, il naso arricciato di tanto in tanto nel sonno e i suoi lineamenti duri. Ha una piccola ferita sul sopracciglio, ma si sta già rimarginando. Vorrei accarezzarlo, assaporarne ogni centimetro. Non gli succederà nulla, non adesso che sono con lui.
Per quanto possa sembrare forte, Kronos sarà solo nel Torneo. Non permetterò al campione scelto di Artemis di ribellarsi, adesso che si sente libero dal patto che aveva accettato.
Sarò io a partecipare con lui. Gli guarderò le spalle ogni istante. Non perderò ancora qualcuno. Non resterò di nuovo a guardare e ignorare i problemi.
Non posso farlo.
Ho già permesso ad Artemis di morire, di lasciarci soli. Ho già abbastanza colpe.
Non succederà nulla a Kronos. Poggio lievemente le labbra sulle sue, con delicatezza. Lui apre un po' gli occhi, arrossati dal sonno e sbuffa piano. Non so cosa sta pensando, è impossibile entrare nella sua mente. Ma è un labirinto che attraverserei con piacere. Mi sorride appena, gli angoli della bocca incurvati all'insù. «Dormi...» poi aggrotta la fronte, «o vuoi che mi sposti, così hai più spazio?»
Scuoto il capo e mi aggrappo a lui. Ho bisogno del suo calore e non sapevo di desiderarlo così tanto. Kronos socchiude di nuovo le palpebre. Aspetto che il suo respiro torni regolare, che dorma.
Lo prometto a noi. Ad entrambi. «Non permetterò che ti accada nulla.» Mormoro a bassissima voce.
🫀🫀🫀🫀
Il mattino seguente, al mio risveglio Kronos non è più nel mio letto. Non mi sorprende che sia un mattiniero, in verità. Il problema è che mi manca averlo accanto. Mi tiro a sedere e stropiccio gli occhi con le maniche della felpa con cui sto dormendo.
Rettifico, tutti gli Hell sono mattinieri, forse. Mi sorprende che Iapetus sia anche lui già giù dal letto. La porta della camera si spalanca e il mio migliore amico fa il suo ingresso, ammiccandomi. Tiene un asciugamano sulla spalla. «Ehi, sveglio? Se vuoi, la signora Manson ha preparato una bella colazione. Ti aspetta in cucina.» Si avvicina e si siede accanto a me. «Come ti senti?»
Malissimo.
Il senso di colpa mi ha fatto svegliare di colpo, come se mi avessero sparato in pieno petto.
Deglutisco. Non so cosa dire. Sto bene? E chi vorrei prendere in giro, è chiaro che non sia così. Mi sfugge uno sbuffo. «Vorrei stare meglio, ma mi manca...» Poggio il capo sulla spalla di Iapetus, che resta al mio fianco.
Ho sempre creduto che fosse diverso dai suoi fratelli. E decisamente non è uno di noi. Iapetus non è un reietto, è un'anima buona, che non ha nulla a che fare con noi.
Il torneo è importante per tutti. Permette ai vincitori - e a una persona a loro discrezione - di fuggire dalla città dei reietti e raggiungere la Grande Città, sperando di ricominciare una nuova vita, una vita normale.
Fosse per me, non tornerei mai indietro. Amo vivere qui, mi sento me stesso.
Forse, però, se vincessi ne approfitterei per uccidere mio padre. E, come vuole fare Kronos, porterei Iapetus con me. Merita di vivere lontano da qui.
L'idea di uccidere mio padre, però, inizia a strisciare nella mente come un serpente sinuoso.
Non sarebbe male riuscire a estirparlo da questo mondo. Con lui tutti i suoi collaboratori insegnanti, che mi hanno picchiato senza pietà a ogni minimo errore.
Così forse i loro ricordi smetteranno di tormentarmi. Così potrei chiedere a mio padre chi è quello inutile, adesso.
Una strana idea inizia ad accarezzarmi la mente, ma devo tenerla a bada. Mi sfugge un sorriso.
Iapetus mi punzecchia il fianco, distogliendomi dal piccolo piano che si sta sviluppando nella mia testa. «Dai, andiamo. Anche Kronos è in cucina.»
Mi tiro in piedi, ma mi blocco. «E quindi?»
Iapetus ghigna. «Guarda che l'ho visto stamattina mentre sgattaiolava fuori dal tuo letto...» Non mi dà tempo di replicare, «l'avete fatto come l'altra volta? Cos'è, volevate me e mio fratello come pubblico?»
Gli mollo un pugno sulla spalla. «Non abbiamo-, non abbiamo fatto nulla, è solo venuto a calmarmi.» Aggrotto la fronte. «Aspetta! Cosa vuoi dire con come l'altra volta?!»
Lo seguo fin fuori dalla camera. Scendiamo le scale insieme.
Allora ci ha spiati. E Kronos come l'ha presa? Mi sorprende che Iapetus sia ancora tutto intero. E Uranus lo sa? Hyperion? Rhea? Ho paura di Rhea, sembra sempre voglia ammazzarmi.
Quando arrivo nel salone, Kronos alza lo sguardo su di me. Indica con un cenno del capo la sedia accanto alla sua e annuisco, accomodandomi al suo fianco, di fronte a Hydra. «Buongiorno.» Mi gratto il naso e mi verso del caffè nella tazza. «Come ti senti?»
Hydra mi guarda lentamente. I suoi occhi verdi sono lucidi, ma scuote il capo. «Male. Ma passerà, no?»
Iapetus si siede accanto a lei, lasciandola al centro tra lui e Hyperion, che la osserva in silenzio. «Certo che passerà, diglielo anche tu.» Lancia un'occhiata al fratello maggiore, che sospira.
«Starai meglio. Ti mancherà sempre, ma ricorderai sempre i momenti migliori e ti ritroverai a sorridere. Non è detto che la malinconia sia sbagliata.» Hyperion azzarda. Prende una brioche.
Rhea, seduta vicino a Kronos, annuisce. Poi sorride divertita, forse tentando di alleggerire la tensione. «Oh, ma quindi sei intelligente in fondo! Iniziavamo a preoccuparci per la salute del tuo cervello. Siamo tutti profondamente commossi.»
Hyperion stringe la mandibola e la guarda male. «Senti, principessa, perché non vai a fare una selezione dei tuoi foulard? Immagino tu sia tremendamente impegnata con l'armadio.»
«Cretino. E non chiamarmi principessa.»
«Mai quanto te, principessa.»
«Rettifico. Sei stupido e basta.»
Sorrido e giro svogliatamente il cucchiaio nel mio bicchiere, per far sciogliere lo zucchero. La verità è che non ho molta fame. Lo stomaco mi si è contratto in una morsa e mi sento a pezzi. Non credo nemmeno di meritare di stare a questa tavola. Dovrei essere sotto terra.
Al funerale di Artemis mi sono sentito un mostro. Non riuscivo a piangere davanti a tutti. Volevo solo essere accanto ad Hydra e farle coraggio. Siamo rimasti fino a tardi vicino la sua lapide, accucciati a terra. L'ho tenuta abbracciata a me, contro il mio petto.
Uranus e Kronos erano lì con noi. Hanno aspettato fino a tarda sera, quando ci siamo decisi ad alzarci e a seguirli fino a casa.
Kronos mi tocca leggermente il gomito. Mi volto a guardarlo, mentre in sottofondo ci sono i bisticci di Hyperion e Rhea, ai quali anche Iapetus si è aggiunto. Almeno Hydra sta sorridendo divertita, guardandoli.
«Non hai mangiato nulla.»
«Oh, sì, invece.» Provo a ingannarlo. «Un biscotto.»
Kronos scuote il capo e mi porge un muffin. «Bugiardo. Mangia questo, non dovresti restare digiuno.» Poi beve il proprio caffè.
Lo osservo e annuisco, iniziando a piluccare il dolce con le gocce di cioccolato, sotto lo sguardo attento di Kronos.
«Devo chiederti un favore... tu hai contatti con gli scaricatori delle merci nella Grande Città, no?» Kronos non mi guarda.
Annuisco.
Sfila dei soldi -tantissimi soldi- dalla tasca dei pantaloni, e me li passa da sotto il tavolo. «Devi trovarmi qualcuno: Erik e Paul Walker.»
Ricordo i loro nomi. Paul era un amico di mio padre. Rideva sempre quando lui gli raccontava di quanto fossi stupido. Serro la mascella. So bene che Paul è il governatore della Grande Città. E suo figlio sarà il Giudice Supremo, veniva educato da tutta la vita per quello. Aggrotto la fronte e lo osservo. «Hai intenzione di fare un colpo di stato, quando vincerai?»
Kronos non mi guarda. Fissa un punto vuoto. «Una specie. Mi darai la loro posizione, allora? Abbiamo un accordo?»
Faccio un cenno di assenso con la testa. Forse Kronos e la sua vittoria possono essere la strada prioritaria per riuscire a sviluppare l'idea che mi tormenta da poche ore. Forse mi permetterà di uccidere mio padre, se gli dessi l'indirizzo e il luogo giusto.
🫀🫀🫀
Uranus ci ha appena accompagnati al The Sinners Club. Hydra corre dentro e so già che trascorrerà la maggior parte del tempo nella camera di Artemis, che le ho proposto di prendere come sua da oggi in poi. Lei ha pianto e mi ha abbracciato.
Ormai siamo solo noi due e sopravviveremo. Non permetterò a nessuno di farle del male.
Guardo Uranus un'ultima volta. Sta facendo tanto per noi in questi giorni, non so come ringraziarlo. Lui tiene gli occhi neri fissi sul locale, sembra avere uno sguardo malinconico.
«Grazie... di ogni cosa.» Abbozzo, dondolandomi a disagio sui piedi.
Uranus sussulta, come risvegliato da uno stato di trance.
«Non ho fatto nulla di speciale, Adonis.» Mi accarezza i capelli. «E grazie a te per prenderti cura di mio figlio, in verità.»
La cosa mi spiazza abbastanza. Non so cosa voglia dire, ma annuisco involontariamente. «Parteciperò io al Torneo, per stargli accanto.»
Uranus sgrana gli occhi. E aggrotta la fronte. «E del campione di Artemis cosa ne farai?»
Scrollo le spalle. «Lo ucciderò. Ho un incontro proprio con lui tra poco. Come ha saputo di Artemis, ha iniziato a pretendere che lo facessi vincere. E io resto vostro alleato.»
Uranus sorride appena e biascica un grazie. Mi accarezza i capelli un'ultima volta, prima di salutarmi.
Quando raggiungo l'ufficio che una volta era di Artemis, incrocio lo sguardo di Ulysse. Mi guarda in cagnesco e mi scruta come fossi spazzatura. So che non ha il minimo rispetto per me; mi vede come un ragazzino.
Mi avvicino a lui, facendogli segno di iniziare a parlare. Non che mi interessi ciò che ha da dirmi.
È un uomo di mezza età. Basso e magro. Ha i capelli chiari appiccicaticci sulla fronte e storco il naso. Ha davvero un taglio di merda e forse dovrebbe lavarseli.
«Sai già cosa voglio, brutta checca. Quindi non appoggerò quest'alleanza. Io voglio vincere quel cazzo di torn-»
Lo pugnalo allo stomaco prima che possa parlare ancora. Affondo la lama sempre più profondamente. Si aggrappa a me, mentre scivola a terra, ma mi scosto. È così sporco che mi ribalta lo stomaco la sua sola vista. Del liquido cremisi gli esce dalla bocca, mentre mi sembra quasi di sentire la sua anima abbandonarne il corpo.
Estraggo il pugnale e storco il naso. Inizio a pulirlo e mi sistemo alla scrivania, accavallando le gambe. Premo il pulsante del centralino di Artemis, richiamando un paio di guardie fedelissime a lei, e ora a me. D'altronde in questi sei anni sono riuscito a entrare anche nelle loro grazie. «Ragazzi? Se mi sentite, c'è un corpo da togliere qui, in ufficio. Gradirei faceste alla svelta perché puzzava già abbastanza da vivo.»
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