XXII. Consolo Adonis con una strage
Prima che leggiate, volevo ringraziarvi semplicemente per i messaggi e per esserci.
Vi voglio bene.
Kronos
Adonis se n'è andato già da un po'. Solo un idiota come lui non poteva accorgersi che qualcuno ci stesse spiando per un istante.
Ora non ci vuole un genio a capire che quel qualcuno fosse il mio fratellino ficcanaso.
Devo parlargli. Non riesco nemmeno a mantenere un briciolo di calma. Scendo le scale di casa con rabbia, battendo di proposito i piedi scalzi a terra. Il tonfo dei talloni sul pavimento rimbomba per tutta la Villa.
Iapetus se ne sta tranquillo sul divano a leggere un romanzo. Accanto a sé c'è un taccuino con una matita.
Lo guardo e intreccio le braccia al petto. Mi posiziono davanti a lui.
«Kronos, ti sposti? Sei davanti alla luce, non leggo nulla.» Non alza nemmeno lo sguardo dal libro.
Ora gli spacco la faccia. Gli strappo dalle mani il romanzo e lo getto dall'altro lato della stanza. «Ma che ti prend-» lo afferro per il colletto della maglia.
«Mi spieghi che cazzo ci facevi prima in camera mia?»
Iapetus sbatte le palpebre. Lo detesto, quando fa il finto tonto. «In verità, non c'ero io in camera con te. Hai battuto la testa, per caso?»
Ho voglia di urlare. Emetto un mugolio simile al fischio di una pentola sotto pressione e lo spingo di nuovo sul divano. «Non prendermi per il culo, ho sentito la porta cigolare, prima. Che cazzo fai, ora? Mi spii?»
Iapetus si sistema la maglia e sbuffa. «E tu da quando sei fidanzato?»
Di colpo tutto si ferma. Mi gira la testa. Ho bisogno di vomitare.
«Dai stai fermo, frocetto. Non ti facciamo nulla.»
Quando riuscii a scappare da quello scantinato, dopo aver ucciso uno dei miei tre aguzzini, la scuola divenne un Inferno.
Gli altri due iniziarono una causa contro di me e non avevo nessuno che potesse difendermi.
Chi avrebbe preso le parti di un ragazzino povero dopo un omicidio?
Nessuno credeva che fossi stato sequestrato, secondo loro li avevo seguiti di mia spontanea volontà.
Ed era vero.
Io però volevo solo della cioccolata e non volevo scambiarla con la mia pelle.
I ragazzi della mia scuola iniziarono a prendermi in giro. Mi tormentavano.
Frocio.
Succhiacazzi.
Me lo ricordo bene. Le loro parole bruciano.
Mi picchiavano. E io, per difendermi dai loro calci, li uccisi. Erano in tre, proprio come gli uomini che mi avevano rapito. Le loro risate rimbombano ancora nella mia testa, quando provo a dormire.
Loro sono lì.
Le loro parole mi bruciano la schiena.
Proprio come bruciavano i baci che mi lasciavano loro.
Scuoto il capo, indietreggio. Mi sento smarrito. All'improvviso sono di nuovo nel seminterrato, piangendo accucciato su me stesso. Cerco una via di uscita, grattando con le dita contro le assi di legno. Il sangue mi macchia i polpastrelli, ma non mi importa. Voglio solo uscire da lì.
Voglio uscire.
Voglio andarmene.
Qualcuno mi porti via.
Iapetus mi si avvicina. «Kronos? Sei pallido, che ti prende?»
«Non. Sono. Frocio.» Sibilo sprezzante.
Iapetus si paralizza. «Non-non volevo dire questo, anzi. Insomma lui è il mio migliore amico e tu sei mio fratello! Per me è una cosa bellis-»
«No, no, no.» Mi porto le mani ai capelli. Mi fa male in petto. Sento il cuore schizzare contro la cassa toracica, provando a scappare. Un groppone acido mi riverbera in bocca e mi porto le mani avanti, cercando di non vomitare.
Non sono frocio.
Non sono frocio.
Non sono frocio.
«Non siamo niente. Noi non siamo niente. Tu-tu non devi dirlo a nessuno-»
Lo sguardo di mio fratello si addolcisce di colpo. Prova ad abbracciarmi, ma lo fermo. «Kronos», mi chiama. Devo fare uno sforzo per alzare lo sguardo su di lui. Vorrei non piangere, non mostrarmi così debole a lui. Devo proteggerlo, non posso essere un moccioso frignone. Gli uomini non piangono, me lo ripetevano sempre, quando mi costringevano a inginocchiarmi. Iapetus mi afferra per il volto. «Nessuno pensa tu sia frocio. Non c'è niente di male... ma va bene non lo dirò a nessuno a casa. Vorrei solo che sapessi che tutti ti vorrebbero comunque bene, anzi.»
Non riesco a sentire bene le sue parole, ma annuisco confuso. Poggio il capo contro la sua spalla e prendo grossi respiri. «Non mi spiare più.»
Iapetus ridacchia, sento il suo petto alzarsi. «Non posso promettertelo, chi ti romperebbe i coglioni altrimenti?»
Mi scappa un sorriso e lo spingo bonariamente. Mi passo le mani sul volto. «Quindi resta tra noi? Mi dispiace, capirei se, insomma, tu-»
Iapetus mi fulmina con lo sguardo. Non ha tempo per parlarmi, che sentiamo bussare alla porta con veemenza. Mi guardo intorno, la signora Manson dovrebbe essere a fare alcune compere, quindi non credo sia lei. Inoltre ha le chiavi e non bussa mai come una pazza isterica in preda a una crisi. È così silenziosa.
Mi avvicino al portone, facendo segno a Iapetus di restare indietro. Quando apro, mi confonde trovare Adonis di nuovo lì, ma il suo sguardo smarrito attiva i miei sensi.
Mi porge un biglietto e aggrotto la fronte.
Ho capito che non sa leggere e, a giudicare dalle sue smanie, credo che abbia qualche disturbo dell'attenzione, ma non voglio chiederglielo, è una questione troppo personale. Inoltre non voglio metterlo in difficoltà, non sarebbe giusto. Alla fine lui, a modo suo, rispetta i miei spazi e non mi chiede mai perché debba stordirmi prima di qualsiasi rapporto, anche se non credo ci abbia fatto caso. Alla fine per Adonis sono solo un bel passatempo, come per tutti.
Sono l'elemento di passaggio. Ma a volte mi fa sentire umano. È uno dei pochi, oltre alla mia famiglia, che non vede in me un mostro e mi piace sentirmi normale qualche volta.
So che Adonis è bellissimo, forse anche un cieco se ne accorgerebbe, ma non è stata la prima cosa che mi ha colpito di lui. È il fatto che sia buono, che non veda quanto sono marcio.
Leggo il biglietto e scrollo le spalle. «Forse avevano una riunione-»
«Sul serio? Tuo padre non ti ha detto nulla?» Adonis ha il fiato corto. Penso che abbia corso per arrivare qui e sembra seriamente preoccupato.
Rileggo il biglietto. In effetti è abbastanza strano che Uranus, Hades e Artemis si riuniscano senza dirci nulla, cioè lo hanno fatto spesso, ma mio padre, alla fine, mi avvisava.
E per quanto ne so, doveva vedersi con Hades per discutere della cittadella.
Non ha menzionato Artemis.
Qualcosa non va. E lo sa anche Adonis. Mi muovo velocemente. Prendo le scarpe e le allaccio nervosamente. Afferro un altro pugnale e lo lancio ad Adonis. Preferisco non venga con me disarmato.
Iapetus ci osserva. «Che cazzo succede?»
«Artemis potrebbe essere in pericolo, nel bosco.» Poso le mani sulle spalle di mio fratello. «Vai da Hades. Lì dovrebbe esserci nostro padre e avvisali di raggiungerci nel bosco. Artemis ha bisogno di noi.»
Iapetus gonfia il petto. So che non ama essere messo in disparte, a volte subisce un po' il fatto che io e Hyperion siamo molto più simili a nostro padre, più violenti. Lui non ha nulla a che vedere col nostro marciume, è puro. E in fondo tutti vorremmo che restasse così, diverso e senza peccato. Corre via e mi volto a guardare Adonis. «Muoviamoci.»
🫀🫀🫀
Amo, di solito, il silenzio. Ma quello di Adonis è così assordante da farmi quasi male. Lo sbircio di traverso. Non sono abituato a vederlo così.
È pensieroso e sembra affranto.
«La troveremo.» Ho solo paura che sia morta, ma preferisco tenerlo per me.
Adonis storce il naso. Si stringe nelle spalle e si guarda intorno. «Sicuramente... il problema è che vorrei sia viva».
Ha ragione, ma non voglio infierire. Non sono bravo a farlo sorridere, ma non voglio che si spenga. Ho bisogno della sua luce. Forse sono un egoista, ma ne sono dipendente. «Se le fosse successo qualcosa, sappi che io e mio padre non ci fermeremo finché non scoveremo i colpevoli.»
«Voglio uccidere tutti quelli che l'hanno solo sfiorata.»
Lo guardo e mi paralizzo. Adonis mi supera e continua a incamminarsi verso la baita del cacciatore del nostro distretto. Non ci avviciniamo quasi più a quel posto, non dopo l'ultima bravata. Ma poco distante c'è un Lago e di solito è lì che mio padre si incontra con Hades e Artemis.
Ho il sentore che lei sia finita in un'imboscata e che ci stiamo facendo coinvolgere in un gioco più grande di noi.
Raggiungo Adonis e mi affianco di nuovo a lui. Lo scroscio dell'acqua della cascata, che si tuffa nel Lago, è sempre più vicino. Adonis inizia a tremare dal nervosismo. Gli afferro il polso e lo tiro all'indietro.
«Meglio che vada io avanti, okay?»
Lui annuisce flebilmente, con un cenno lento del capo, e allora avanzo. Una folata di vento mi raggela quasi, mentre gli unici rumori che ci circondano sono gli scricchiolii delle foglie secche.
La cascata è sempre bellissima e maestosa. Ma il mio sguardo cade subito su una figura ai piedi del Lago, in una pozza di sangue.
Mi si raggela il sangue nelle vene. Adonis mi supera con una spallata e si inginocchia ai piedi di Artemis. Le prende il capo, posandoselo sulle gambe. Prova a scuoterla.
«A-Artemis-» singhiozza. Non so spiegare cosa sento, ma mi si stringe lo stomaco. Mi avvicino piano a lui, non voglio forzarlo a fare qualcosa che non riuscirebbe neanche a pensare adesso. Si aggrappa a lei, abbracciandone il corpo senza vita.
Mi volto verso dei rumori alle nostre spalle. Rilasso i muscoli quando riconosco il passo deciso di mio padre.
Abbasso lo sguardo. Mio padre e Hades si avvicinano ad Artemis. Entrambi sono pallidi in volto. Mentre Hades si lascia sfuggire delle lacrime, che si appresta ad asciugare con velocità, mio padre resta imbambolato a guardare il corpo dell'amica. So che ha in mente qualcosa, qualcosa che ha il sapore della vendetta.
Non credo ci voglia un genio a capire di chi sia stata questa brillante idea. Stringo le mani. Non riesco a sopportare i singhiozzi di Adonis, sembra che qualcosa si stia rompendo anche dentro di me.
Mio padre posa le mani sulle spalle di Adonis e lo scuote. Lo prende per la camicia e lo tira a sé, abbracciandolo. Adonis affonda il capo contro il suo petto. La schiena gli si alza irregolarmente, ha i respiri strozzati dalle lacrime.
«Non è vero. Dimmi che non è vero. È colpa mia. Non dovevo andarmene. Non dovevo lasciarla sola- io-»
Hades lo strattona bonariamente. «Non è colpa tua, ragazzo. Non è di nessuno di noi.» Lancia un'occhiata eloquente a mio padre, che storce il naso. Non è d'accordo, ma preferisce non infierire. So bene che crede che avrebbe potuto cambiare le cose.
Non so consolare le persone. Non ho idea di come si faccia. Vorrei poter abbracciare Adonis, senza sentirmi un completo idiota. Vorrei poter avere le parole giuste, accarezzargli i capelli e restare accanto a lui finché non si addormenta. Ma non è nella mia natura.
La mia natura conosce un solo linguaggio. Ed è quello del sangue.
Mi guardo intorno, alla ricerca di indizi. C'è bisogno di un segnale. So bene che Zeus ha architettato tutto questo e non staremo a guardare. La famiglia non si tocca. E Artemis era una di noi. Non resterò a vedere le macerie. Non permetterò mai a nessuno di far del male alle persone a cui tengo.
E Adonis che soffre mi sta logorando quel che resta dell'anima rotta che mi ritrovo.
Mio padre asciuga le lacrime di Adonis. «Vai a riposare... io e Hades prenderemo Hydra e porteremo anche lei a casa nostra. Resterete da noi per qualche giorno.»
Adonis lo guarda confuso, con le lacrime ad annebbiargli gli occhi blu. «Adonis, Artemis aveva scelto te come console, dopo di lei. Sei un ragazzino e noi ti aiuteremo. Ma adesso voglio sapervi al sicuro. Tutti.» Lancia un'occhiata anche a me, che mi limito a scrollare le spalle.
«Andate a casa. Vi raggiungiamo con Hydra.» Hades ha la voce appena tremante.
Adonis si tira in piedi confuso e scuote il capo. D'istinto lo afferro per il polso e lo trascino lontano dal corpo di Artemis. Reagisce male. Fa per tornare indietro. Urla. Sbraita. Lo afferro per i fianchi, abbracciandolo e lo tiro via, costringendolo a seguirmi.
«Lasciami stare! Cazzo, togliti di mezzo.» Adonis mi spinge lontano, ma lo lascio fare. Se volessi, potrei stenderlo con un solo pugno.
Mi allontano appena e lo osservo. Affondo le mani nelle tasche dei pantaloni. «Come vuoi, ma dobbiamo andarcene.»
«Non resterò con le mani in mano. Hanno ucciso Artemis! Non starò fermo!» Adonis mi guarda incattivito. Ha le vene del collo ingrossate e prende grossi respiri, cercando di calmarsi inutilmente.
Inclino il capo. Faccio un sorrisetto sghembo e mi avvicino a lui. «E se ti dicessi che so dove Zeus fa riposare i suoi uomini? Ha un piccolo accampamento qui distante...»
Il suo volto si illumina di colpo. Non so aiutare Adonis. Probabilmente non saprei ascoltarlo e non potrei mai essere capace di stargli vicino. Ma posso aiutarlo a vendicarsi.
Gli omicidi mi scorrono nel sangue. E anche a lui.
Non lo ammetterò mai ad alta voce, ma con Adonis sarei disposto a dar fuoco a questo posto del cazzo.
«Hai delle armi da prestarmi?»
Gli faccio cenno di seguirmi. Ci muoviamo nel bosco, uno accanto all'altro. Per la prima volta Adonis è silenzioso, ma concentrato. Non si perde in chiacchiere inutili, anche se di solito non mi dispiacciono, anzi. Resterei ad ascoltarlo per ore. Mi fa dimenticare dei pensieri che mi graffiano le pareti della mente.
Sfilo una pistola e sorrido tranquillo. Probabilmente mio padre si arrabbierà molto nello scoprire che ho rubato la sua. Adonis è distratto. Prende a guardarsi intorno, non appena arriviamo in quel piccolo accampamento.
Tra le fronde si staglia una piccola casa su due piani. So che usano quel posto come camerate degli uomini di Zeus. All'interno dovrebbero esserci una palestra e una piscina. Sul retro un campo di allenamento all'aperto.
Ormai è quasi notte. Trovo sia poetico che la Luna e quelle poche stelle siano testimoni della nostra prima vera e propria strage insieme. Sono nervoso. So che si nascondono tutti nelle loro camere con le pance piene, soddisfatti di essere riusciti nella loro stupida impresa del cazzo. In tanti contro una sola donna. Rabbrividisco.
Adonis si ferma. Trova una mazza di ferro abbandonata sulle scale e la afferra. Se la rigira tra le mani e mi restituisce il pugnale. «Voglio essere brutale.»
Lo fisso e deglutisco. Devo concentrarmi al momento, anche se in questo istante lo trovo ancora più bello del solito.
Mi avvicino alla porta e silenziosamente scassino la serratura. Adonis la spinge in avanti, cigola appena un po' e ci introduciamo di soppiatto nel salone principale.
Due uomini sono seduti su un divano a ridere. L'aria è pregnante di alcol, sono ubriachi.
Si voltano verso di noi, ma non hanno tempo di parlare, perché Adonis sfracella il cranio del primo con la spranga. Il sangue schizza ovunque e macchia le pareti. Io mi occupo del compagno, pugnalandolo alla giugulare.
«Voglio i prossimi.» Adonis inizia a salire le scale, dirigendosi verso le camerate.
Lo seguo. È troppo arrabbiato per essere lucido e potrebbe distrarsi.
Adonis dà un calcio alla porta e colpisce nel sonno due uomini. Io mi dirigo nella stanza di fronte. Prendo la mira e sparo al volto di altri due. Le urla iniziano a riempire la villa.
Quando esco sul corridoio, Adonis sta picchiando a mani nude uno di loro, che implora pietà.
«E TU? NE HAI AVUTA PER ARTEMIS?» Gli urla contro, così forte che la sua voce riverbera per tutto il corridoio.
Alza il pugno per colpirlo ancora. Intravedo uno dei soldati di Zeus pronto a ucciderlo e mi lancio contro di lui. Lo pugnalo allo stomaco, tre volte. Lui si aggrappa a me, mentre scivola a terra e lo spingo lontano con un calcio.
Adonis mi sorride appena. Recupera la mazza e sfracassa l'ennesimo cranio. Ha il volto completamente sporco di sangue. Lo osservo per qualche istante e il mio cuore perde un paio di battiti, credo.
Ci avviciniamo alla balconata per osservare il salotto. I due corpi delle guardie che abbiamo ucciso per prime si riversano in una pozza di sangue. Sento dei passi alle nostre spalle. Mi volto di scatto e afferro uno dei soldati, l'ultimo, prima che possa colpirci alla schiena. Lo spingo contro la ringhiera del balcone, facendogli sanguinare la fronte. Lo tengo fermo e lo giro verso Adonis, che inizia a tempestarlo di pugni, come fosse un sacco da boxe. Ha il volto tumefatto. Sputa qualche richiesta, implorandoci di risparmiarlo. Storco il naso.
Adonis prende fiato e lascia cadere le braccia lungo i fianchi, le nocche grondanti di sangue. «Cosa ne facciamo?»
Scrollo le spalle e accarezzo la gola dell'idiota. «Secondo te da quest'altezza si schianta?»
Adonis ridacchia divertito e mi osserva incuriosito. «Fanne quel che vuoi, tesoro.»
Ghigno. «Beh, scopriamolo.» Spingo giù dalla balconata l'uomo. Entrambi ci affacciamo, beandoci dell'urlo e del tonfo del corpo che si stramazza al suolo. «A quanto pare sì.» Osservo il sangue che sporca il pavimento a scacchiera. Guardo in tralice Adonis che prende un grosso respiro.
«Stai bene?»
Lui ciondola il capo. «No. Ma è stato divertente. Dovremmo farlo più spesso.» Mi tira a sé, prendendomi per la cravatta e deglutisco. Gli bacio il mento.
«Andiamo a casa, ora.»
🫀🫀🫀
Angolino
Da questo momento in poi ci saranno un po' di morti e stragi. Finalmente direi💀
Alla prossima ✨
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