XIX. Elimino una stronza


Kronos


Sto cercando in ogni modo di mantenere il controllo, ma se mi parla ancora un qualsiasi essere vivente, potrei strozzarlo solo perché ha respirato troppo per i miei gusti.

Mi dà fastidio qualsiasi cosa, ogni movimento. Javier raschia contro le pareti della mia mente, mi intima di uccidere tutti e restare a guardarne i corpi per un tempo indefinito, ballando sulla discarica delle loro carcasse.

Mi passo una mano in volto, esasperato. Ho ancora le nocche sbucciate e a volte bruciano appena un po'.

Al momento a torchiarmi ci sono Hyperion e Iapetus, mio padre ha evidentemente deciso di raddoppiare la sorveglianza. Che poi, li trovo ancora più idioti del solito. Non si impegnano nemmeno un po' a nascondere il motivo per cui sono con me in salotto, perché Hyperion è impegnato a lagnarsi di non aver nessun film da vedere, girando annoiato i canali della televisione. Iapetus ha miracolosamente deciso di leggere un romanzo e di norma ne sarei felice e anche sorpreso.

Se non fosse che ha il libro al contrario e sta chiaramente facendo o pensando ad altro.

Sbuffo annoiato. «Guardate che non ho bisogno delle balie.»

Hyperion non alza lo sguardo dal televisore, ma un ghigno gli increspa le labbra. «Io non sono poi così d'accordo. Quindi ora non ti lagnare...»

Iapetus sbatte il libro sul tavolo e scrolla le spalle. «Possiamo fargli da balia anche se andassimo al locale di Artemis... c'è una serata alcolici fruttati.»

Guardo mio fratello maggiore di sottecchi. So che non sa resistere al divertimento delle feste; infatti Hyperion tentenna. Mi sta studiando anche lui, forse valutando l'infinito scenario delle possibilità. A una festa, in effetti, avrei più occasioni per liberarmi di loro e parlare a quell'idiota di Adonis di Sybilla. Anche se la mia intenzione è sgozzarla, senza troppe spiegazioni.

«Se volete andare alla festa, non sarò io di certo a fermarvi...» Ghigno. «Posso aspettarvi qui.»

La parte divertente di essere quello con un briciolo di sale in zucca in famiglia è che, alla fine, tutti si ritrovano comunque ad assecondare i miei desideri, anche inconsciamente. So benissimo che Hyperion e Iapetus muoiono dalla voglia di divertirsi, ma allo stesso tempo non mi lascerebbero  da solo qui, di conseguenza l'unica soluzione che quella nocciolina sfinita, che sostuisce il loro cervello, riesce a partorire, è quella che dovrei accompagnarli alla festa con la promessa di stare nei loro stessi paraggi.

Poveri illusi.

«Col cazzo che ti lasciamo qui da solo, soprattutto ora che papà è da Hades. Verrai con noi.» Si tira in piedi e lo imito.

Faccio un leggero sbuffo. «Che palle.» Cerco di nascondere un ghigno e li seguo fin fuori casa.

Hyperion e Iapetus mi accerchiano, lasciandomi al centro tra loro e chiacchierando per tenermi distratto.

Ho un solo obiettivo al momento, ma devo lasciar credere loro che sono solo molto annoiato per l'ennesima festa di cui non mi importa nulla.

Ma è anche il posto migliore dove poter scomparire nella folla in pochi istanti, approfittando della loro distrazione.

Sento la musica del locale già in lontananza. Ormai il the Sinners Club si innalza come un faro di piacere in uno squallido mondo, abbandonato anche da Dio.

Quando entriamo, le luci stroboscopiche quasi mi accecano.

Guardo tutti gli ospiti divertirsi e ballare.

Mi fremono le mani dal nervoso. Vorrei portarmele alle orecchie e strapparmi il cervello. Guardo i loro sorrisi, i loro volti rilassati, mentre scuotono la testa al ritmo della musica, muovendosi sinuosi come serpenti.

C'è una parte di me, ben nascosta nel profondo, quasi asfissiata, che vorrebbe essere un po' come loro. Mi piacerebbe poter essere rilassato, fingere che i loro sguardi non mi interessino. Mi piacerebbe stare lì con loro e divertirmi per una volta, ma i piedi mi si inchiodano al pavimento e un brivido di freddo mi percorre la spina dorsale, facendomi accapponare la pelle.

Deglutisco, cercando di mandare giù la bile acida che mi raschia la gola, invitandomi a vomitare. Mi asciugo i palmi sudati delle mani sui pantaloni del completo e prendo un grosso respiro.

Iapetus saltella felice e arraffa un bicchiere di champagne da un piatto d'argento, trasportato da uno dei tanti camerieri.

Le ballerine si muovono leggiadre e ipnotiche sul palco. Delle maschere appariscenti coprono il loro volto, mentre parte del pubblico le osserva estasiato e un'altra si diverte a danzare e ad unirsi a loro.

Tutti quei rumori sovrastano le voci nella mia testa. I croupier fanno scivolare sinuosamente le carte tra le mani, distribuendole poi ai giocatori accaniti e attaccati, come un cane all'osso, ai tavoli da gioco.

Mi massaggio il petto, mentre Hyperion e Iapetus ridacchiano, chiacchierando tranquillamente. Sento la mano di mio fratello maggiore posarsi sulla mia spalla e sussulto appena. «Ti senti bene?»

Mi guardo intorno. «Sì, benissimo.»

Alzo lo sguardo verso le balconate del piano superiore. I miei occhi calamitano subito sulla figura di Adonis, che se ne sta al centro a guardare la sua festa. Tiene in mano un bicchiere di champagne. Indossa una camicia azzurra, che richiama il colore dei suoi occhi, e mi perdo a fissare ogni dettaglio.

Se potessi farlo sul serio, imprimerei ogni suo particolare nella mia mente, lo marcherei col fuoco. Ogni istante con lui sembra migliore. Ogni momento insieme è meno pesante.

Allora moriremo insieme.

Mi sembra che abbiamo bevuto dallo stesso calice maledetto, nascondendo i nostri peccati dalla luce del sole, relegandoli nel buio delle nostre anime.

Incrocio il suo sguardo e di colpo il mondo smette di girare. Non sento più nulla. Non c'è musica che regga, non c'è rumore che arrivi alle mie orecchie.

Tutto attorno a me perde colore, diventa annebbiato solo perché c'è lui.

E resterei per ore a guardarlo ancora.

Non so neanche cosa siamo, non so da dove iniziare.

Non posso dire che siamo amici, non credo.

Sono solo abbastanza certo, negli ultimi tempi, che non dovrei guardarlo in quel modo.

Ma i miei occhi non conoscono altro modo di fissarlo, se non con assoluta devozione.

Quella sensazione di tranquillità si frantuma in mille pezzi, non appena vedo Sybilla avvicinarsi a lui. Gli posa un bacio sulla guancia e serro i pugni in due morse dolorose.

È come se avessero lanciato un sasso contro uno specchio. I cocci di vetro mi ricadono ai piedi.

Adonis mi guarda un'ultima volta e devio il contatto visivo. Do le spalle ad entrambi e mi muovo attraverso la folla, alla ricerca di qualcosa da bere. Di colpo mi è passata la voglia di parlarci.

Mi avvicino al bancone. Uno dei barman mi chiede cosa desidero, ma lo ignoro e lo spingo via. Mi allungo e afferro una bottiglia di champagne. Mi allontano con la mia nuova migliore amica e riesco a evitare i miei fratelli, disperdendomi nella folla.

Salgo le scale per raggiungere un salottino privato, dove starmene in santa pace a bere e fumare. Mi guardo intorno. Al primo piano c'è sempre una calma quasi surreale rispetto al piano terra e alla pista da ballo.

Ormai so muovermi bene in quel dedalo di corridoi e sale da gioco. Le musichette delle slot machine mi distraggono appena, ma riesco a individuare un corridoio appartato. Controllo che non ci siano segnali di non disturbare e spingo avanti una delle porte. Inizio a bere e mi lascio cadere su uno dei divanetti.

Mi sento un idiota patetico. Volevo venire qui per parlare ad Adonis di Sybilla, ma la gelosia mi sta bruciando vivo.

Fisso il soffitto, cercando di ignorare quel bruciore all'altezza dello stomaco. Mi allungo sul tavolino e prendo di nuovo la bottiglia, ricominciando a scolarla.

Sento dei passi in vicinanza e la porta si apre. Scatto a sedere, sfilando -senza nemmeno accorgermene- il pugnale. Lo punto contro la figura, che riesco poi a mettere a fuoco.

Adonis mi osserva e si richiude la porta alle spalle. Alza le mani, mentre un sorrisetto gli contorce le labbra. «Che ci fai qui tutto solo, tesoro?»

Sbuffo e mi sistemo i capelli smanioso. «Cercavo un posto dove bere in santa pace.»

Adonis annuisce e si avvicina a me. Si siede al mio fianco e mi sfila la bottiglia dalle mani. Fa un sorso anche lui e me la restituisce. «Come mai sei venuto qui?» Inclina il capo verso di me. «Pensavo detestassi le mie feste.»

Faccio un cenno d'assenso. «Infatti è così, ma volevo parlarti.»

Adonis allarga le braccia. «Ed eccomi qui. Sono tutt'orecchi.» Mi posa un bacio all'angolo della bocca. Potrei sciogliermi sotto i suoi baci, la mia pelle brucia per lui. «Pendo dalle tue labbra, tesoro.»

Deglutisco e mi tiro indietro. «Ero in giro per la foresta oggi. Ho visto la tua adorabile biondina parlare con Athena.»

Adonis aggrotta la fronte. Inarca un sopracciglio. «Ne sei sicuro?»

«Non sono mica cieco.» Mi sento offeso. Non sono un idiota, so bene cos'ho visto e cos'ho sentito. Digrigno i denti. «O forse sei così ottuso e offuscato dai sentimenti che non ti rendi conto che quella sia una vipera che sta tramando alle tue spalle.» Mi dà fastidio come neanche lui mi capisca.

Sono abituato a non essere mai creduto dalle persone che mi circondano, ma mi fa male comunque sapere che quell'idiota non comprenda le mie intenzioni.

Adonis si morde l'interno guancia.

Sono altrettanto stupido, perché mi perdo a fissargli le labbra. Non riesco a concentrarmi sui miei sentimenti, al momento.

«E cos'avrebbe detto?»

«Athena vuole che si avvicini a te, così da approfittarne per uccidermi.»

Adonis rotea gli occhi. «Certo. Perché il mio mondo ruota attorno a te...» Si tira in piedi e lo afferro per la camicia, costringendolo a guardarmi fisso negli occhi. I nostri nasi si sfiorano appena ed è ancora più difficile non perdere di vista l'obiettivo.

«Non ho detto questo. Solo che non dovresti fidarti così tanto di lei.»

Si libera dalla mia presa e scuote il capo. Il suo sguardo si fa serio. «E perché saresti preoccupato? Per me o per te? Tanto a te che cazzo importa?!»

Mi alzo e mi avvicino a lui. Gli punto un dito contro, battendo sul suo petto di proposito. «Ti ricordo che ci siamo fatti una promessa una settimana fa.»

Adonis si lascia sfuggire un sorriso; le sue labbra si piegano appena all'insù. «E intendi rispettarla?»

«Intendo onorarla.»

Adonis mi porta entrambe le mani alle guance e mi bacia con foga. Ricambio e mi aggrappo a lui. Ho bisogno di sentirlo ancora vicino, di perdermi in quella sensazione che, sebbene mi logori lentamente dal senso di colpa, per un po' mi fa sentire libero, vuoto. I pensieri smettono di annidarsi negli anfratti della mia mente.

Gli accarezzo i capelli, spingendolo appena contro la parete. Vorrei assaporare le sue labbra fino a consumarle.

Sento la porta muoversi e scatto all'indietro. Schizzo lontano, come se mi avessero trovato con le mani nel sacco. La sola idea mi provoca conati di vomito.

Sybilla ci guarda. Adonis si sistema i capelli e le sorride. «Arrivo subito, tesoro. Stavamo parlando della sua prova del torneo.»

La ragazza torna a fissarmi, forse cercando una risposta nel mio sguardo, ma indosso una maschera di fredda indifferenza, impenetrabile. Mi sistemo la cravatta e do un altro sorso alla bottiglia di champagne. Voglio andarmene da questo posto, prima di dover essere costretto a vedere Adonis baciare questa idiota.

Alla fine, sono riuscito a metterlo in guardia.

Non ho paura per me. Per quanto Zeus, Athena o chiunque altro, si impegnerà a uccidermi, nessuno ci riuscirebbe comunque. Sono già morto. Tutto ciò che resta di me è un'anima stanca e assetata di sanguinosa vendetta.

«Abbiamo anche concluso.» Mi incammino verso la porta. Sbircio con un'ultima occhiata Adonis, ignorando gli sguardi di Sybilla, e abbandono la stanza privata.

Ho bisogno di tornare a casa. Mi fa male la testa e i pensieri si aggrovigliano l'uno sull'altro.

Potevamo ucciderli.

Possiamo ancora ucciderli tutti.

Lo sai che tanto se non saremo noi a farlo, ci uccideranno loro?

Non possiamo fidarci di nessuno.

Deglutisco. Vorrei potermi strappare il cervello con le unghie. Voglio poter mettere fine a quest'agonia, che mi sto sforzando di chiamare vita, sebbene abbia le sembianze di una sopravvivenza.

Ripercorro il percorso all'indietro. Non voglio che i miei fratelli mi vedano, così opto per il passaggio sul retro. Mi allento la cravatta. Ho bisogno di cambiare, non respiro.

Quando sono fuori, l'aria fredda mi congela sul posto. Una folata di vento mi fa drizzare la schiena e i brividi mi perseguitano. Sbuffo, stringendomi nelle spalle, alla ricerca di un po' di calore. Voglio andarmene e sento tuonare in lontananza. Trovo un ombrello per terra. Lo sfrutterò per ripararmi dal freddo.

«Ehi!»

Mi volto verso la voce alle mie spalle. Sono sorpreso di avere Sybilla di fronte, tanto da inarcare un sopracciglio. «Cosa posso fare per te?» Mi avvicino lentamente.

Non so cosa ci trovi di interessante Adonis. Sarà anche una ragazza affascinante, ne parlano in molti, ma trovo che non possa competere nemmeno un po' con mia sorella.

Mi afferra per la cravatta, avvicinandomi a lei. Sento dei movimenti e non sono un idiota. Sta cercando di cogliermi alla sprovvista. «Non ti avvicinare ancora a lui...» Mi sussurra all'orecchio con tono gentile, quasi come una carezza, ma fredda. «Stagli alla larga. Anzi, me ne occuperò personalmente.»

Sapevo fin dall'inizio cosa volesse fare. Il grande problema di alcune prede è che vogliano cacciare un mostro più grande di loro. Si inizia sempre a piccoli passi.

Sono più veloce. Le calpesto la punta dei piedi con l'ombrello e sfilo il pugnale dalla tasca interna della giacca. La afferro per il collo e la tiro a me, lacerandole lo stomaco con una prima stilettata.

Poi una seconda.

Infine la terza. L'ultima.

Il liquido color cremisi le esce dalle labbra candide, macchiandole i vestiti. Tiene gli occhi sgranati, mentre perde colore e si accascia sulle ginocchia, ancora appena aggrappata a me. Accompagno il suo corpo fino a terra e mi avvicino al suo orecchio. «Forse, in un'altra vita ti andrà meglio, cara.»

Mi tiro in piedi e abbasso lo sguardo sulle mie mani sporche di sangue e sulla camicia.

Mi toccherà trascorrere la serata a lavarmi, nella consapevolezza di aver eliminato l'ennesima pedina fastidiosa da quella scacchiera del torneo. Vincerò e non permetterà a nessuno di intralciarmi lungo il percorso. Non mi interessa chi avrei dovuto ferire nel frattempo, né di dover frantumare il cuore di Adonis.

Un cuore rotto si può sempre riparare.

Un'anima distrutta no, cercherà sempre vendetta.

In questa storia non c'è spazio per i sentimenti.

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