V. Scopro un nuovo utilizzo del balcone

Kronos



Dopo aver chiuso la porta, mi accascio contro la superficie. Prendo dei grossi respiri e chiudo gli occhi. Mi sento confuso. Se mi avessero preso a calci e pugni, forse, sarei meno stordito.

I sensi sono elettrizzati, i brividi mi percorrono la schiena e non so davvero cosa significhi. Forse è un infarto. Anche se in verità il petto non mi fa male, quanto più lo stomaco. Si aggroviglia su se stesso, stringendosi in una morsa dolorosa, che di colpo diventa piacevole.

Tutto questo mi turba abbastanza, non so a cosa pensare. All'improvviso i pensieri, che di solito mi si affollano in testa, si sono azzerati. Non esistono quasi più e mi sembra strano sentire tutto questo silenzio.

Mi muovo verso il salotto e mi lascio cadere sul divano. Sistemo meglio uno dei cuscini dietro il capo e prendo a fissare il soffitto. Osservo i candelabri scendere elegantemente dall'alto come piccole meduse galleggianti.

Mi sento quasi un idiota. Non so perché ho voluto sistemare l'orologio di Adonis, ma mi sembrava il minimo dopo quello che aveva fatto per me. Insomma, senza nemmeno saperlo mi ha salvato dall'ennesimo attacco di panico e gliene sono debitore. Credo di aver riportato il nostro rapporto sulla parità.

Mi viene da rabbrividire al solo pensiero di aver pensato a quella parola.

Io e Adonis nemmeno ci conosciamo.

Chiudo gli occhi e mi sembra di sentire di nuovo il suo profumo acre addosso. I suoi occhi blu mi confondono, mi ricordano il mare in tempesta e profondo.

Mare profondo almeno la metà del suo sguardo.

«Ehi.» Hyperion mi pizzica il braccio.

Sgrano gli occhi e combatto l'impulso di mollargli un pugno in pieno muso. «Che c'è?»

Hyperion mi schiaffa la mano sulla fronte e mi osserva preoccupato. «Ti senti bene?»

Mi libero dalla sua presa e lo spingo lontano. Mio fratello è invadente, soprattutto quando inizia a pensare che non mi senta bene. È parte della mia anima, morirei per lui, ucciderei per lui. Ma a volte è davvero insopportabile. Non gli ho mai detto quanto in realtà gli sia grato. Mi ha salvato e accolto lui in famiglia. Sebbene all'inizio avessimo riserve l'uno nei confronti dell'altro, non immagino nessun altro al mio fianco nei momenti di difficoltà. Affronterei una guerra con lui.

«Sto bene, perché?»

Hyperion scrolla le spalle. Nel momento in cui la preoccupazione abbandona i suoi occhi, il volto si contorce in un ghigno divertito. «Allora sei svenuto per pensare al tuo nuovo amico?»

Lo guardo torvo e mi metto a sedere. «Non è mio amico.»

Hyperion si siede sul tavolino di fronte a me e al divano. «E anche se fosse? Che c'è di male? Certo, è un idiota, questo è lampante, ma non mi sembra male l'effetto che ha su di te.»

Aggrotto la fronte. Il sangue mi ribolle nelle vene. Nessuno può avere effetto su di me. Ho promesso a Javier che non avrei permesso a nessuno di guidare le mie azioni. I sentimenti non fanno per me, nemmeno un po'. «Non mi fa nessun effetto. Gli ho sistemato l'orologio perché lui-» mi mordo la lingua. Se gli dicessi della grotta, Hyperion entrerebbe in iper ventilazione. Odia quando mi immolo da solo nelle mie missioni anti trauma.

Odio essere claustrofobico. A causa mia, anche i miei fratelli sono costretti a dormire con le finestre aperte. Non me ne hanno mai fatto una colpa, mai un commento, ma detesto essere debole. Devo essere forte per tutti loro, glielo devo.

Hyperion aggrotta la fronte preoccupato. «Perché lui cosa, Kronos?»

Roteo gli occhi, «lascia perdere, niente di importante.» Mi stendo di nuovo e riprendo a osservare il soffitto.

Rhea fa ritorno dalla sua passeggiata e ci guarda. Inarca un sopracciglio e si sofferma a studiarci. Si avvicina subito e mi passa una mano tra i riccioli scuri. Socchiudo gli occhi al contatto. Di solito detesto che qualcuno mi si avvicini così tanto, ma Rhea non mi farebbe mai del male. Le permetterei qualsiasi cosa, so di potermi fidare. Fin dal primo istante ha capito i miei pensieri, come stessi. Quando ero piccolo e avevo gli incubi, correva nella mia camera, si stendeva al mio fianco e aspettava che tutto passasse. Molte volte svegliava anche Hyperion e Iapetus e iniziavamo una sessione notturna di racconti. Mi distrae quando tutto mi sembra fuori dal mio controllo.

Mi lascia tre carezze. «Che gli succede?»

«Ha fatto amicizia e la cosa lo sta mandando in paranoia.»

Aggrotto la fronte. «Quell'idiota non è mio amico.»

Rhea ridacchia e continua a coccolarmi i capelli, mi perderei per sempre in quei tocchi buoni e gentili. Espiro l'aria a fiotti, rilassando il corpo. Eppure, non riesco a togliermi da dosso la sensazione di avere Adonis così vicino. Ripercorro il cacciavite che gli accarezza la pelle. Credo di non essere mai stato così invidioso di un oggetto in vita mia.

Non ho tempo di metabolizzare quei pensieri fin troppo strani e sbagliati, che sento la porta di casa sobbalzare. Mio padre entra a grandi falcate. Si guarda intorno e assottiglia lo sguardo.

Appena ci individua quasi tutti vicino al divano, si unisce al nostro gruppetto, ma a giudicare dal suo sguardo sembra arrabbiato.

Mi metto a sedere e lui mi poggia una mano sul petto, costringendomi a stendermi di nuovo. Assottiglio la fronte e mi mordo il labbro. «Che c'è?»

«Sei andato di nuovo alla Grotta.» Non è una domanda, è un'affermazione. Significa che mio padre lo ha scoperto da qualcuno. Aggrotto la fronte. Era da Artemis. Molto probabilmente quel cretino di Adonis avrà spifferato qualcosa.

Semmai avessi preso in considerazione l'idea di averlo come amico, adesso è svanita del tutto.

«Cos'hai fatto?» Hyperion mi guarda male e all'improvviso le carezze sui miei capelli mutano in una stretta.

Mi libero dalla presa di Rhea e mi metto a sedere. «Sì, ma sto bene ora, no?» Scrollo le spalle per mascherare il nervosismo.

Mio padre mi poggia le mano sulle spalle e mi scruta. Mi dà poi uno scappellotto dietro il collo e sbuffa. «Quante volte ti ho detto di non andarci quando è agitato? Vuoi rimanerci secco? Perché ti posso distruggere io con le mie mani se ci tieni tanto.»

Aggrotto la fronte e roteo gli occhi. Voglio ribattere, ma Hyperion finalmente mette insieme i puntini. In effetti a volte è difficile per me essere il più intelligente di casa. «Per questo hai sistemato l'orologio a quell'idiota? Perché ti ha aiutato a uscire da lì?»

Alzo un dito. «No. In realtà ha detto una cosa stupida e sono uscito per picchiarlo-»

Mio padre ridacchia e si allontana. Mi punta un dito contro. «Non farlo mai più.»

Alzo le mani in segno di resa, credendo che forse la tempesta sia passata, ma mi sbaglio di grosso. Inizio a pensare che Iapetus abbia un talento naturale per portare guai e rogne per peggiorare la situazione. Secondo me ci prova gusto. Si affaccia dalle scale e sghignazza. «Quindi alla fine abbiamo tolto le batterie all'orologio di Rhea per ringraziarlo perché sei ancora vivo?»

Rhea si volta a guardarmi in cagnesco. Scatto in piedi e mi affianco a mio padre. «TU HAI FATTO CHE COSA?!»

Decisamente vivo in una famiglia problematica e permalosa. Alla fine nemmeno lo usava, quell'orologio.


🫀🫀🫀


Non riesco a dormire. Mi rigiro nervoso nel letto. Hyperion è uscito a divertirsi nel locale di Artemis. Iapetus è ancora in salotto a fare una maratona di film vecchi. Riesco a sentire il rumore del televisore da qui. Sbuffo e lancio le coperte all'aria. Ho caldo.

Non ho mai così tanto disagio, ma il sudore mi imperla la fronte e mi libero della felpa, restando in canotta. Fisso ancora il soffitto e provo a chiudere gli occhi, sperando che il sonno mi passi. Ho le lenzuola in disordine, aggrovigliate tra le gambe. Faccio uno sbuffo sonoro e mi passo le mani tra i capelli.

Ho i pensieri confusi. Mi fa male la testa, ma ho preso un'aspirina e mi sembrava di star meglio, non finché il mio sguardo è caduto sul cacciavite ancora sulla scrivania.

Mi sento un idiota. Non credo neanche sia normale provare tutto questo. È sbagliato, lo so. Me lo ripeto di continuo da oggi, ma non riesco a smettere di pensarci.

Il mio corpo è cosparso di brividi, mi solleticano la pelle e mi confondono i sensi. Qualsiasi vestito addosso mi è troppo stretto e aderente. Mi muovo a disagio e cerco di allentare l'elastico dei pantaloni.

Mi tiro a sedere. Forse è meglio approfittare di questa serata per leggere un po' e cercare di abbandonare questa sensazione.

O forse una doccia gelata è l'ideale.

Faccio per alzarmi dal letto, quando alcuni rumori attirano la mia attenzione. Mi volto verso la finestra e inarco un sopracciglio.

Mi affaccio e dei riccioli biondi spuntano sul balcone.

Adonis si è arrampicato dall'albero ed è saltato sul balcone. Si mette a cavalcioni e mi sorride sfrontato.

«Che cazzo fai qui?»

Mi guarda divertito. Lancia un'occhiata dentro la camera e decide di entrare. Si stiracchia e lo osservo. Inizio a chiedermi ancora perché indossi le camicie, se poi non le abbottona. A che serve se non per mettere in mostra gli addominali? Credo sia un esibizionista.

«Non ti ho visto alla festa, eppure ti avevo invitato oggi.» Avanza verso di me e indietreggio.

«Non mi piacciono le feste.» Lo supero e vado a sedermi sul letto. «Ma forse il tuo cervello non può assimilare così tante informazioni.»

Adonis mi guarda e i suoi occhi blu sembrano quasi scintillare nella penombra. Ridacchia divertito. «Ma avrei potuto farti divertire molto, sai?» Si piazza davanti a me e mi ritrovo a fissarlo di nuovo, cercando di imprimere ogni dettaglio in mente.

Non so cos'abbia il suo tono di voce. Mi sembra quasi il canto di una sirena, mi attira a lui. Deglutisco e stringo le mani a pugno, così forte da sentire dolore perché le unghie scavano nella carne. «Ora che sei qui, gradirei mi restituissi l'anello che mi hai rubato.» Gli tendo la mano e lui me la allontana, ridacchiando.

Torna a sedersi a cavalcioni sulla base della finestra e mi fa cenno di avvicinarmi. Roteo gli occhi.

È un idiota, sul serio.

Lo seguo e inarco un sopracciglio. «Hai intenzione di spaccarti la testa? Anche perché credo che forse si possa aggiustare così.»

Adonis ridacchia e indica lo spazio di fronte a lui. Decido di accontentarlo e mi accomodo così come ha chiesto. Abbiamo entrambi una gamba a penzoloni all'interno della camera e un'altra nel vuoto. Non ho paura delle altezze, ma non mi sembra una cosa tanto sicura.

Assurdo quanto trovi esaltante questa situazione. Forse sono pazzo.

Le nostre ginocchia si sfiorano appena e alzo lo sguardo su Adonis che mi osserva divertito. «Peccato ti sia perso una festa davvero fantastica.» ripete la stessa cosa come una cantilena, mi sembra quasi un bambino a cui abbia negato un giocattolo.

«Se era così bella, allora perché sei qui?» Muovo la gamba nel vuoto e poi fisso Adonis, soffermandomi per qualche secondo di troppo sui suoi addominali. La sensazione opprimente di calore torna ad asfissiarmi e vorrei strapparmi la pelle da dosso.

Adonis ghigna e si allunga appena un po' verso di me. «Vuoi che ti risponda sinceramente, tesoro?»

Deglutisco. Fisso le sue labbra e scuoto il capo. Sono secondi interminabili, ma ho la sensazione di sciogliermi come neve al sole. Lo stomaco mi fa male, fa una capovolta su se stesso e si rivolta. Mi manca l'aria e sembra quasi che i miei polmoni vogliano collassare. Ho la gola secca e l'unica cosa che non riesco a smettere di fare è contemplare Adonis, imprimere ogni piccolo dettaglio nella mente.

Mi dà fastidio l'effetto che quell'idiota mi fa. Non l'ho mai provato per nessuno e non voglio sentirmi così debole.

Mi confonde e il mio corpo sembra reagire in modi che non mi piacciono nemmeno un po'. «Preferisco tu ti tenga alla larga.» Mi allontano dalla finestra e ritorno in camera.

Lo vedo aggrottare la fronte. «Non puoi interrompermi la frase a effetto.» Torna in camera con me. «Insomma, non è carino!» Si imbroncia di nuovo.

Roteo gli occhi e mi metto a sedere. «Va bene. Prego allora, continua pure. Sono tutt'orecchi.»

Adonis ghigna e mi si avvicina di nuovo con prepotenza. Mi afferra il mento e mi costringe a fissarlo. «Ero interessato a un altro tipo di spettacolo-» Gli assesto un pugno allo stomaco e il biondino stupido si accascia sulle ginocchia, portandosi le mani nel punto colpito. Tossisce e mi guarda storto. «Porca puttana-» tossisce ancora, «faceva male.»

Adesso che è ai miei piedi, lo afferro per i capelli, non tanto da stringere -anche perché ammetto che sono dei ricci davvero curati e sarebbe un gran peccato rovinarli-. «La prossima volta potrei farti anche più male.»

Gli si dilatano appena le pupille. C'è uno strano scintillio nei suoi occhi e lo vedo ghignare. Lascio la presa e lo allontano. Affondo le mani nelle tasche dei pantaloni. «Dovresti andare.»

Adonis si tira in piedi e mi guarda. Passa al mio fianco e accarezza il ciondolo a forma di pugnale che ho sempre con me. «Allora, tesoro, perché non mi mostri un po' questo posto domani?»

Inarco un sopracciglio. «Ti sembro una guida turistica?»

Mi squadra da capo a piedi e sorride. «La divisa non ti starebbe male. Sai, secondo me giacca e cravatta ti donerebbero. Ti darebbero un'aria affascinante.»

Lo guardo e inclino il capo. «Sei proprio uno strano idiota.»

Scrolla le spalle, «allora ti aspetto qui fuori domani alle dieci.»

Non mi dà tempo di rispondere perché si cala giù dalla finestra in un attimo. Mi affaccio e lo osservo allontanarsi fino all'ultimo minuto. Il cuore continua a galopparmi in gola, mentre mi perdo a fissarlo per troppo tempo. Mi suono una mano in volto e impreco.

Lo detesto.


🫀🫀🫀


«Sei in ritardo.» Abbasso lo sguardo sul mio orologio e sbuffo scocciato. Mi sento ridicolo ad averlo aspettato davvero per dieci minuti, domandandomi se sarebbe mai arrivato.

Adonis scrolla le spalle e cammina strafottente nella mia direzione, prima di bloccarsi sul posto. «E lui perché è qui?»

Indica Iapetus. Questa mattina non sono riuscito a liberarmi di lui. Voleva venire a ogni costo.

«Ha insistito per venire. Dice che vuole farsi un giro con noi.»

Iapetus saltella felice sul posto. «Ti portiamo nel Bosco! È bellissimo lì. Ci sono delle cascate stratosferiche e poi un lago! E poi-» Gli do un colpetto sulla spalla e sorrido.

«E tante altre cose, ora andiamo.»

Adonis non sembra tanto entusiasta della nostra aggiunta o piccola mascotte. La verità è che non riesco mai a dire di no a Iapetus. Mi guarda sempre con quel musetto da cane bastonato e vuole sempre starmi attorno. Gli voglio un gran bene, è il mio fratellino insopportabile e non posso negargli un giro nel Bosco, che è anche il suo posto preferito.

Adonis sbuffa appena un po' e mi si affianca. «Perché hai un taccuino e una penna?» Si rivolge a Iapetus che cammina impettito per stare al nostro passo.

«Perché prendo appunti su questo posto. È meraviglioso, non credi?»

«EHI! Aspettateci! Dove credete di andare senza di noi?!» Sento la voce di Rhea alle nostre spalle e mi volto a guardarla.

Cammina fianco a fianco con Hyperion, che, svogliato, tiene le mani nelle tasche. Lancia un'occhiata da cima a fondo ad Adonis e storce il naso. Non credo lo trovi simpatico, ma mi sembra si stia sforzando moltissimo per sopportarlo. «Bene, dove siamo diretti?»

Adonis sembra che abbia ricevuto un pugno in pieno volto. Tutto l'entusiasmo è scomparso. «A visitare il bosco, presumo.»

Lo guardo e inarco un sopracciglio. Hyperion si incammina in avanti con Rhea e Iapetus. Io e Adonis restiamo dietro di loro. Camminiamo uno accanto all'altro e Adonis mi sfiora appena il braccio. Lo osservo. «Che c'è?»

Lui si protende verso di me, fino a sussurrarmi all'orecchio: «Speravo fossimo solo noi due.»

«E perché? Non cambia nulla, tanto.»

Adonis mi guarda e scuote il capo. «Hai proprio la testa dura.»

Non ha nemmeno idea quanto sia vero. Decido di ritornarmene in silenzio, chiedendomi cosa diavolo si aspettasse da me.

Ogni volta che lo sento così vicino vorrei poter fare qualcosa, ma poi le loro voci tornano a farmi compagnia. Mi danno la caccia. Mi riducono all'angolo e ridono di me. Loro mi torturano, mi toccano ancora e mi sfiorano in posti dove non vorrei mai essere nemmeno accarezzato più.

"Fai il bravo, tesoro. Non ti farà così male."

Deglutisco e scaccio via quelle voci. Il bosco ormai ci circonda. I rami alti degli alberi torreggiano su di noi e creano una coltre di foglie così spessa che è quasi buio; è impossibile che i raggi del sole riescano a filtrare più di tanto.

Respiro a pieni polmoni. Ieri notte ha piovuto e il profumo di erba bagnata impregna l'aria.

Mi piace la natura. Adoro ascoltare ogni piccolo sussurro: dagli scoiattoli che calpestano i rami ai gufi che bubolano in lontananza. Mi soffermo a fissare alcune gocce di rugiada cristallizzatesi su una foglia e sorrido appena.

Adonis si guarda attorno come un bambino. Finché non decide di approfittare della distrazione dei miei fratelli per afferrarmi per il cappuccio della felpa. «Che fai-»

Ma Adonis mi porta una mano alla bocca e mi fa cenno di seguirlo. Decido di dargli corda, tanto sono l'unico armato tra i due e non credo ne uscirebbe vincitore.

Adonis mi guarda e ghigna. «Volevo proseguire un po' con te.»

Sbuffo. Individuo giù per la collina i miei fratelli. «Non posso permettere che ci separiamo ora. Non so chi gira qui intorno ed è meglio stare assieme, andiamo.» Mi avvio.

Mi volto a guardarlo e gli faccio cenno di seguirmi.

Adonis si fa sfuggire un piccolo brontolio isterico, ma mi accontenta. Mi guarda e sorride. «Sei davvero carino questa mattina, tesoro.» Mi ammicca e passa avanti, superandomi e raggiungendo gli altri.

Resto impalato come un idiota a fissare quel cretino biondo. Mi porto le mani alla testa e sbuffo frustrato, prima di unirmi di nuovo a tutti.









🫀🫀🫀

Angolino
Possiamo sintetizzare i primi capitoli e quelli che verranno con: Adonis ci prova in ogni modo e Kronos fa l'omofobo💀
Comunque spero vi stia piacendo e alla prossima 🫀

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