IX. I miei figli mi faranno impazzire

Uranus




Ho sempre creduto che un giorno avrei avuto una vita tranquilla, che insieme a mia moglie mi sarei trasferito in una baita in montagna, possibilmente vicino a un Lago, e avrei cresciuto i miei figli.

Poi ci sono state le complicazioni e il mio innato talento per le cose impossibili e pericolose. Non sono mai piaciuto alla famiglia di mia moglie, viste le mie poco conosciute origini, e insieme abbiamo ucciso suo padre.

Abbiamo cresciuto i nostri figli nella città dei reietti, Hyperion aveva poco meno di due anni quando ci hanno dimenticati qui. Non credo ricordi nulla della Grande Città e forse è un bene, altrimenti ne sentirebbe la mancanza.

Se credevamo di aver fregato tutti, la Morte alla fine ci ha beffati e mi ha privato di una delle donne più importanti della mia vita. La rivedo ogni giorno negli occhi di mia figlia e non posso far a meno di sorridere e sentire il cuore scaldarsi.

Me ne sto tranquillo in ufficio. Tengo gli occhi socchiusi per rilassarmi e fumo un sigaro. Ogni tanto lancio occhiate fuori dalla finestra e osservo la città. Quel posto è un mondo fantasma, popolato dagli spettri dell'angoscia e delle barbarie degli uomini.

Non sono da meno, non devo giustificarmi o cercare una via d'uscita. Mi sono appropriato del distretto Cenere, uccidendo chi c'era prima di me. Non voglio altri omicidi, a meno che non siano autorizzati dal sottoscritto e ho un'idea malsana da tempo che mi circola nella testa.

Devo parlarne di nuovo con Hades, sicuramente riuscirebbe a darmi un aiuto. Mi passo una mano tra i capelli, tirandoli ancora un po' all'indietro e mi allungo verso il telefono della scrivania, incrostato dalla polvere. Ogni volta che lo osservo mi viene da sorridere. Ripenso a quando Kronos tornò dalla discarica con quell'oggetto tra le mani, felice di aver trovato qualcos'altro da aggiustare.

Perché sono sicuro che cercare di mettere a posto pezzi di oggetti rotti è il suo modo di riparare i mille cocci della sua anima.

Ci sono voluti due anni per poterlo avvicinare. Quando era bambino non si lasciava sfiorare da nessuno, solo da Rhea di tanto in tanto. Poi l'ha permesso ai suoi fratelli. Ho aspettato paziente, gli ho lasciato i suoi spazi. Ci sono stati giorni in cui credevo che mi avrebbe tenuto a distanza per sempre, poi, quando gli ho semplicemente permesso di usare la mia cassetta degli attrezzi per riparare un orologio rotto, mi ha abbracciato. Dal nulla.

È mio figlio, non gli farei mai del male e vorrei allontanare le tenebre che indossa come una maschera che gli toglie il fiato. Quasi fossero la stessa museruola con cui si è presentato la prima volta a casa.

Scuoto il capo e inizio a comporre il numero di Hades. Attendo qualche istante che mi risponda dall'altro lato.

«Con cosa posso aiutarti quest'oggi?» Hades sghignazza. «Anche perché diciamocelo, amico mio, senza di me saresti perso.»

Roteo appena gli occhi. «Volevo chiederti a che punto fossi con il progetto dell'Arena...»

Hades si lascia sfuggire uno sbuffo. La linea è un po' instabile e un fruscio gratta contro l'orecchio, tanto che allontano appena la cornetta. «C'è un intoppo. Il progetto è fantastico, credimi. Il problema è che non riesco a trovare l'errore nei calcoli in un punto e l'arcata superiore destra rischierebbe di cedere sotto il suo stesso peso.»

Mi gratto il mento. Non ci capisco nulla di queste cose, tutt'altro. Delle urla impazzite dalla camera dei ragazzi mi riscuotono i sensi e mi ricordo che in casa ho un piccolo genio. «Stavo pensando-»

«Se mi porti tuo figlio, sono certo che troverà la soluzione.» Hades mi anticipa.

Adoro quanto Hades abbia stima di mio figlio. Sentimento tra l'altro ricambiato. Kronos ama il suo modo di vestire, spesso chiede di giacche nere e cravatte. Ha anche apportato una modifica interessante al cappello del mio amico, con una lama nascosta sotto i bordi. Hades non è un tipo violento e aggressivo, per lo meno non lo era prima di arrivare qui. Ha imparato a difendersi, purtroppo.

Dopo aver salutato Hades, chiudo la telefonata e mi tiro in piedi. Ho la sensazione che i miei figli abbiano voglia di combinare guai. Le loro urla iniziano a riempire casa e ogni giorno c'è un motivo per cui discutere.

Spero davvero che Iapetus non abbia fatto l'ennesimo esperimento con le cose di Rhea. Apro la porta e mi ritrovo davanti la signora Manson affranta. Avrà almeno una cinquantina di anni, ma i miei figli devono averla portata all'esasperazione perché sembra ancora più stanca.

Mi appoggio allo stipite della porta, incrociando le braccia al petto. «Che sta succedendo?»

La donna mi fissa con quegli occhi cerulei e scuote il capo. «Credo che Kronos stia stressando i fratelli con i suoi capelli oggi. Hyperion si è arrabbiato e Iapetus ha preso i miei bigodini. Kronos gli ha lanciato i bigodini addosso e Rhea discute con Hyperion per questioni che mi sono ancora ignote.»

Mi passo le mani in volto. Ogni giorno è un'avventura. Esco dall'ufficio e mi dirigo in direzione delle urla che sfiorano gli ultrasuoni. Batto le mani per attirare l'attenzione dei ragazzi, ma non mi ascoltano, troppo presi dalle loro incomprensioni.

Hyperion se ne sta disteso sul letto, lanciando una pallina da tennis di continuo contro la parete, riacciuffandola subito dopo. Rhea al suo fianco sembra posseduta dal demonio.

«Ti spacco la faccia se ci riprovi!»

«Ma già l'ho fatto.»

«TUTTE LE MIE AMICHE SONO PROPRIO NECESSARIE? ME NE LASCERESTI UNA?!»

Deduco che Hyperion ha appena lasciato l'ennesima amica di Rhea, che adesso si ritrova di nuovo nel tunnel delle amicizie da ricostruire grazie alle relazioni instabili di suo fratello.

«È solo che non mi piace nessuna! Insomma non ho diritto di innamorarmi, forse?» Hyperion sbuffa affranto.

Kronos ha appena smesso di lanciare l'ultimo bigodino addosso a Iapetus, che, rannicchiato a terra, ridacchia divertito. «Forse», assottiglia lo sguardo, «la tua anima gemella non è ancora nata.»

«Perché cazzo gli dici così?» Rhea lo fulmina con un'occhiata.

Kronos vorrebbe parlare, ma viene colpito in fronte da un bigodino. Si volta a guardare Iapetus. «Ti stacco le dita delle mani una ad una-»

«Mi spiegate che diavolo succede?» attiro la loro attenzione e tutti si voltano verso di me.

Di colpo, diventano degli agnellini. Sul loro volto si contorce un'espressione benevola e pacifica e tutti i problemi sembrano dissolti nel vuoto.

Hyperion e Kronos lanciano un'occhiata eloquente a Rhea, che si sistema i capelli rossi sulle spalle e mi scocca un'occhiata buona. Conosco quello sguardo.

È quello che mi irretisce e mi fa credere che la mia dolce bambina sia un angelo.

«Nulla, papi. Solite discussioni, tranquillissimo.» Rhea si dondola sui piedi.

Lo so che hanno qualcosa in mente. Lo leggo nei loro sguardi, nelle piccole occhiate che si lanciano, soprattutto quelle a Iapetus, che mi guarda tranquillo come se non sapesse assolutamente nulla.

Devo arrendermi. So benissimo che qualsiasi cosa abbiano intenzione di fare, non riuscirò a impedirla se non a danno compiuto. Mi sistemo un ciuffo di capelli e annuisco. «Va bene, fate i bravi però.»

Hyperion alza una mano e fa il segno degli ordini. «Non preoccuparti, pa'. Ci penso io a loro.» Ghigna.

Sorrido divertito. Il problema è proprio lui con le sue idee brillanti che mi preoccupa. Kronos gli lancia un'occhiata scettica.

Richiudo la porta e me ne vado, consapevole che prima o poi dovrò riparare a qualsiasi loro piano malefico.


🫀🫀🫀


È sera. So che Artemis ha lasciato organizzare al suo nuovo arrivato una festa in grande stile. Decido di raggiungerla al locale, avviandomi prima. Andrò nel suo ufficio. Lì ci aspetta Hades e trascorreremo la serata a parlare tra noi, cercando di rilassarci. Oggi dovrebbe essere una serata all'insegna del relax per Artemis, ha lasciato che Adonis si occupasse di tutto.

Mi diverte quasi vedere come la mia migliore amica riesca a mostrare tanta tenerezza per un ragazzino così tanto rumoroso e confusionario.

La cosa che mi sorprende di più è che quello stesso ragazzino è riuscito a strappare più di una volta qualche sorriso a mio figlio. Non me ne parla, certamente, se Kronos venisse ad aprirsi con qualcuno di noi crederei che stia morendo, ma sono felice che abbia degli amici.

Esco dalla Villa. Stranamente i ragazzi sono silenziosi e ho paura siano alla festa. Spero non creino problemi, ma ne dubito.

Soprattutto spero che Hyperion non porti Rhea e Kronos, sono piccoli e non voglio che si mettano nei guai.

So di essere un sognatore e avere vane speranze, ma comunque ci provo.

Mi incammino lungo le strade sporche e buie del distretto. Tengo le mani affondate nelle tasche dei pantaloni. Noto un paio di tizi osservarmi ma ritrarsi subito nell'ombra, non appena incrociano il mio sguardo.

Comando io qui. Se volessero anche solo provare un colpo di stato, sono già a conoscenza della loro possibile sorte.

Accendo una sigaretta e osservo il The Sinners Club dall'esterno. Quel posto sembra una luce sgargiante, nonostante sia un vecchio locale abbandonato, in un posto dimenticato da dio e dagli uomini.

L'unica cattedrale di divertimento in un deserto.

Spingo in avanti la vecchia porta di ferro che va sul retro, ritrovandomi nei corridoi abbandonati del locale. Mi avvio all'ascensore e le porte mi si aprono davanti. Una donna esce dal cubicolo dell'ascensore e di colpo i muscoli mi si tendono, paralizzati da una scossa. Mi sistemo i capelli e mi sposto di lato per farla passare.

Imprimo ogni dettaglio nella mente, a partire dai capelli biondi, che cadono elegantemente sulle spalle, fino agli occhi color nocciola, simili a quelli di un cerbiatto.

Ha una strana presenza. Il mondo in confronto a lei perde colore e sfumatura, non ha significato.

Mi sento stordito, come se mi avessero preso a pugni per un tempo indefinito, fino a farmi perdere i sensi.

Ho sentito parlare di Medea, la moglie di Zeus. Eppure non ho mai realizzato quanto fosse davvero affascinante dal vivo.

Mi appoggio alla parete ed elargisco un sorrisetto sfrontato. «Quindi anche voi grandi divinità dal distretto Vita vi lasciate andare ai locali? Se restassi, sarei onorato di offrirti da bere.»

Medea si volta a guardarmi. Indossa un tubino rosso elegante che le fascia il fisico perfetto e un cappotto lungo, fino alle gambe. Mi squadra da capo a piedi e inclina la testa. «Attento, Uranus. Non dovresti parlare col nemico.»

«Tuo marito e io non abbiamo un bel rapporto, già. Ma se sei nella tana della mia più grande alleata, allora ho motivo di credere che forse potremmo andare d'accordo, tesoro.» Mi sporgo appena.

Medea non indietreggia, affronta il mio sguardo e storce il naso. «È meglio che tu stia al tuo posto, dolcezza.» Mi picchietta la guancia e se ne va, lasciandomi in balìa del suo profumo.

Scuoto il capo e sorrido curioso, forse dopo troppo tempo. Mi infilo nell'ascensore e premo il pulsante dell'ultimo piano, che mi porta direttamente all'attico di Artemis. Nel frattempo mi massaggio la guancia e osservo il vuoto.

Mi chiedo cosa diavolo ci facesse Medea lì. Non esce spesso, tanto che ho sempre creduto che fosse segregata da Zeus in quel distretto. Sono affascinato, perché non pensavo che fosse davvero così bella. Brillava di luce propria e vorrei proprio sapere che cosa volesse da Artemis.

Non appena le ante si aprono, il salotto open space mi accoglie. Aggrotto lo sguardo, quando la piccola Hydra mi viene incontro e mi abbraccia le gambe. Sorrido e la prendo in braccio. Mi si aggrappa come un piccolo Koala e devo scostarmi alcuni ciuffi dei suoi capelli rossi dalla faccia.

Artemis mi viene incontro insieme ad Hades. Tengono una bottiglia di vino in mano l'una e un vassoio con stuzzichini l'altro. Li osservo curioso. «Ho visto Medea per la prima volta o era un miraggio?»

Hades lancia un'occhiata divertita ad Artemis. «Dici che l'astinenza da donne lo abbia fatto già innamorare come un idiota?» Mi si avvicina e prende Hydra dalle mie braccia, caricandosela sulle spalle. La bimba ride e Artemis sorride nella sua direzione con uno sguardo intriso di dolcezza.

«Sorvolando sul vostro interesse sulla mia tristissima vita romantica, potrei avere delucidazioni sul perché fosse qui? Sapete com'è, avremo un torneo e non vorrei che la nostra alleanza saltasse per una spia di Zeus, se non sua moglie.» Mi lascio cadere sul divano e accavallo le gambe.

Hades ridacchia facendo un piccolo girotondo insieme a Hydra. Quella bambina di sei anni è davvero iperattiva e mi ha fatto ridere quando ha pestato i piedi ad Hyperion per averla chiamata marmocchia tempo fa.

«Allora?» Sbotto. Ammetto che la pazienza è una virtù che mi manca, ma non tutti possiamo essere perfetti.

Artemis rotea gli occhi e scola un bicchiere di champagne. Si siede accanto a me e mi porge un sigaro, che accetto volentieri. «Medea è la prima moglie di Zeus, ma ne ha altre. È l'unica che gli abbia dato una figlia, lo sai.»

Annuisco. «Già. Sbaglio o viveva nella Grande Città la loro piccola e stronza Athena?»

Artemis sorride divertita. «Ti infastidisce molto, eh?»

«Diciamo che non fa altro che provare a far rivoltare chiunque contro di noi, insieme a suo padre. Quindi sì, direi che molto è un eufemismo.» Fisso il fumo del sigaro e poso lo sguardo su Hades.

Il mio amico si libera del cappello e si sistema i capelli rossi, tenendo ancora indosso quel ridicolo paio di occhiali da sole. Non capisco come faccia a vedere, ma non commento. Di solito detesta doversi liberare di uno dei suoi vestiti o accessori, dice che gli rovinerebbero l'outfit creato. «Athena non la sottovaluterei, è furba. D'altronde l'hanno cacciata per le sue idee ed esperimenti.»

Mi gratto la barba annoiato. So bene che Zeus e Medea lavoravano come scienziati e sono stati allontanati. Così come so altrettanto bene che Athena venne affidata ai nonni, così da non dover crescere in un ambiente ostile. Ma si è confermata pazza quanto suo padre, di conseguenza ha aspettato solo un paio di anni prima di raggiungerli. Continuo, però, a non capire perché Medea fosse da Artemis e cosa cercasse di fare. «Sì, tragica famiglia di scienziati pazzi, ma perché Medea era qui?»

Hades mi osserva di sbieco. Artemis scrolla le spalle. «È prigioniera del marito e succube da tempo. Sta cercando di trattare una via d'uscita. E cerca alleati...»

Ora sì che la storia è interessante. Potremmo far crollare l'impero del distretto Vita, se avessimo un alleato dall'interno. I miei occhi brillano quasi a questa notizia e il petto mi si alleggerisce, liberandosi da quella strana coltre di ansia. «Questa sì che è una splendida notizia!»

«Sii sincero, adesso ti senti in diritto di poter ammettere quanto sia bella Medea.» Hades ghigna nella mia direzione.

Vorrei fare un commento, ma Artemis mi assesta una gomitata al fianco. «Non fate i bambini.» Si alza e va a prendere altro vino.

Aggrotto la fronte. C'è un rumore assordante, a stento riesco a sentire le voci dei miei a. La musica della festa rimbomba e arriva fino all'attico. «Certo che Adonis organizza serate rumorose...»

Artemis si appoggia alla parete e ghigna. «Oh, farebbe di ogni per il suo piccolo ospite speciale.»

«Mi sono perso qualcosa?» Hades pulisce il cappello dai minuscoli granelli di polvere.

«Ospite?» Sono confuso.

«Immagino tu non sappia che Kronos è stato invitato a questa festa ed è il motivo per cui questa festa esiste.» Artemis ridacchia divertita e mi versa da bere. Fa lo stesso poi con Hades che si libera degli occhiali e sgrana gli occhi.

«Mi ha chiesto, in effetti, se avessi intenzione di dare un film nei prossimi giorni.»

Forse mi sto perdendo un po' di informazioni sui miei figli, ma già il periodo dell'adolescenza è complicato, se poi sommiamo il fatto che l'adolescente in questione è Kronos, sembra di vivere in un incubo. «Non ne sapevo nulla. Ed è la prima festa per Kronos, non vorrei che gli venisse una crisi.» Mi alzo. «Forse è meglio se vado a cercarlo.»

Hades mi posa una mano sulla spalla per costringermi a sedermi, fa pressione. «Lasciamoli divertire, dai.»

Artemis si tira in piedi quando sente il telefono squillare e alza la cornetta, avvolgendo il filo attorno alle dita affusolate. Sbuffa e rotea gli occhi al cielo. «Hanno trovato due cadaveri al secondo piano. Ho la sensazione che tuo figlio stia lasciando tracce.»

Mi suono una mano in volto.

Gli adolescenti sono davvero ingestibili.

🫀🫀🫀

Li abbiamo cercati ovunque. I miei figli credono di essere furbi a giocare a nascondino, ma non ci è voluto molto prima che li trovassimo con le mani nel sacco, mentre tentavano la fuga da una delle finestre del primo piano.

Hyperion si volta a guardarmi e sospira affranto. «Ehilà, pa'.» Tira a sé Kronos, che ha gli occhi arrossati e i capelli in disordine.

Mi sembra strano che non sia pronto a impazzire pur di sistemarseli.

Rhea si dondola sui piedi, cercando di convincermi col suo sguardo più dolce e affettuoso.

Non ci cascherò ancora, non sono così malleabile. O almeno mi voglio sforzare di crederlo.

Hades e Artemis ridacchiano, guardando i miei figli in quello stato quasi pietoso.

Poso le mani sui fianchi e osservo ognuno di loro.

Adonis è accanto a Kronos e gli lancia strane occhiate, restandosene stranamente in silenzio. Poi pensa di risolvere con un sorriso smagliante e un occhiolino.

Non capisco davvero come faccia a essere così stupido. «Mi spiegate perché siete anche voi due qui?» Accenno a Kronos e Rhea. Guardo poi mio figlio. «E ti scappava il morto questa sera?»

Kronos sbatte le palpebre. Sembra avere i riflessi rallentati. Scrolla poi le spalle. «Erano stupidi. Due cretini in meno.» Inizia a girare su se stesso e Hyperion si suona una mano in volto, lanciando occhiatacce ad Adonis, che, invece, sembra divertito dalla situazione. «Lo sai che gli orsi polari non bevono, anche se sono mammiferi? Estraggono i liquidi dal sangue delle prede.»

Guardo Hades e Artemis e devo trattenere una risata. Non so perché mio figlio abbia voglia di raccontarmi questa cosa, ma glielo lascio fare. È chiaramente ubriaco marcio, perché singhiozza anche tra una parola e l'altra.

«Esiste una patologia che si chiama boantropia. Le persone credono di essere un bue o una mucca.» Kronos aggrotta la fronte e ci guarda tutti. Poi fissa Hyperion. «Ti sei mai sentito una mucca?»

Hyperion lo guarda confuso. «Ma che cazzo ne so. Ma tu perché sai queste cose piuttosto?»

Rhea sbuffa. Gli dà uno scappellotto dietro il collo. «Non vedi che è ubriaco? Lascialo stare.»

Adonis si passa una mano tra i capelli. «Secondo me, se fossi un animale, sarei un pavone.»

Kronos sorride e lo squadra. «Col cervello di una gallina. Però un pavone bel-» Rischia di inciampare sui suoi stessi piedi e lo afferro al volo.

Non riesco a essere arrabbiato per tutta quella situazione. Mi carico Kronos in spalla, che mugugna qualche imprecazione, tra i vari singhiozzi, e faccio segno ai miei figli di seguirmi.

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