IV. Mi faccio sistemare l'orologio da uno psicopatico davvero carino.

Adonis



«E quindi mi hanno inviato qui nella città dei reietti una settimana fa...» Forse sto bombardando di informazioni Kronos, ma se ne sta in silenzio e io lo detesto, non riesco a sopportarlo per troppo tempo.

Succede sempre che tante idee -quasi sempre di merda- mi affollano la testa e prendo decisioni ancor peggiori.

Kronos sbuffa per l'ennesima volta e mi guarda di sbieco. Si rigira tra le mani il mio orologio e lo osserva con una strana curiosità. «Perché ci tieni tanto?»

«È all'ultima moda nella Grande Città. E poi è tanto importante?» Lo rimbecco in modo un po' brusco. Me ne pento subito dopo, perché Kronos se ne ritorna a stare in silenzio, chiudendosi ancora più a guscio di prima.

Sbuffo frustrato.

Bravo Adonis. Ti capita uno sconosciuto sexy -con chiarissime scarse doti comunicative- che decide di aiutarti e rispondi male.

La verità è che non so nemmeno io perché ci tengo tanto a quel dannato orologio. Non ha un legame affettivo. È stato il mio primo scippo, per così dire. Avevo litigato con mio padre e le mani erano ancora indolenzite dalle bacchettate di legno, dopo l'ennesima lezione di lettura andata male. Così, in preda alla rabbia, avevo lanciato i libri in aria ed ero corso via, riversandomi per le strade.

Dopo un drink di troppo, un uomo elegante mi si era avvicinato. Li invidiavo quelli come lui, come mio padre. Austeri e severi, sembravano avere sempre soluzioni a ogni problema. E di solito io ero il problema da sistemare.

Così mi aveva chiesto delle indicazioni e mentre gli parlavo, sono riuscito a distrarlo e a sfilargli l'orologio, come se l'avessi sempre fatto.

Poi ero andato via senza dare nell'occhio e lui nemmeno ci aveva fatto caso.

Ci tenevo. Tutto sommato.

Mi aveva dato l'assurda sensazione di essere libero e finalmente me stesso.

Mi gratto la nuca e osservo Kronos, che ha iniziato a camminare a passo sempre più svelto, lasciandomi appena indietro. Mi faccio forza e lo raggiungo ad ampie falcate. «Scusa, tesoro. La verità è che è stato il primo oggetto che ho rubato.»

Kronos storce il naso e abbassa lo sguardo sull'orologio. Scrolla poi le spalle. «Il primo crimine non si scorda mai, no?»

Lo guardo e sorrido raggiante. Ci intendiamo benissimo, allora. «E il tuo primo crimine, invece?»

Un'ombra cupa si abbatte sul suo sguardo, di colpo. «Un omicidio.»

Non mi dà il tempo di ribattere, perché siamo arrivati davanti alla Villa gotica e inquietante che ho visto il primo giorno che sono approdato qui. Kronos spinge in avanti il cancello di ferro, che cigola appena e mi ricorda un suono sinistro, tipico dei film dell'orrore che di solito vedevo assieme ai miei coetanei nella Grande Città.

Quel rumore mi risveglia i sensi e cambio discorso, anche perché Kronos si chiude in se stesso davvero facilmente. «C'è un cinema in questa città?»

Kronos mi guarda confuso. «Che cazzo c'entra?» Alza poi le mani, «ritiro tutto, non ho voglia di sapere perché me l'hai chiesto... comunque sì. Nel distretto di Hades ce n'è uno, ogni tanto trasmette qualche vecchio film, niente di che.»

Sorrido felice. Il mio piano potrebbe prendere forma. Potrei invitare Kronos a venirci con me, ma ogni cosa a proprio tempo. Lo seguo lungo i giardini. Di lato ci sono alcuni uomini che stanno lavorando. Trasportano terriccio e grosse cesoie. Alcuni sono impegnati a tagliare cespugli. Mi acciglio curioso. Osservo i loro movimenti sgraziati, in completo contrasto con quelli delle ballerine del locale, che fino a poco fa avevo visto.

«Cosa fanno?»

Kronos sfila le chiavi dalla tasca dei pantaloni. Si gira poi nella mia direzione e fa un leggero sbuffo. I capelli ricci, appiccicati sulla fronte, si alzano appena. «Preparano un labirinto. Mio padre dice che sarebbe estetico e divertente vedere se riusciamo a superarlo.»

Mi perdo a osservare i suoi occhi neri. Sono contornati da occhiaie appena violacee, eppure, nonostante abbia un aspetto distrutto, non riesco a smettere di fissarlo. I miei occhi calamitano sulla sua figura e mi sembra quasi di essere inghiottito da quei buchi neri. Di colpo, mi sembra che non possa esserci nient'altro di interessante.

Distolgo lo sguardo, per evitare che mi prenda per un maniaco.

Ben presto, però, la mia attenzione viene attratta dai lavoratori. Alle caviglie ci sono delle catene e trascinano delle palle di ferro pesanti. «Cos'hanno fatto per meritarsi questa punizione?»

Kronos ghigna e spinge in avanti la porta. «Oh, ma questo è solo un assaggio. Quando avranno finito, sarò io stesso a ucciderli.»

Resto imbambolato a fissare la schiena di Kronos. Ora, qualsiasi persona con un minimo di sale in zucca, forse, sarebbe scappata via.

Non so come descrivere come mi sono sentito quando quelle parole hanno invaso la mia mente, ma di certo non c'era spazio per pensieri puri, questo posso assicurarlo.

Se non avessi rischiato di essere strozzato seduta stante, lo avrei spinto contro una qualsiasi parete e avrei iniziato a baciarlo.

Lo stomaco mi si aggroviglia e deglutisco, cercando di mandare via l'eccitazione che ha percorso il mio corpo come una scarica elettrica.

Kronos si volta a guardarmi scocciato. «Ti vuoi muovere o no?»

Annuisco ed entro in casa. Un enorme salone mi accoglie. La legna crepita nel camino e lo scoppiettio riempie la stanza. Mi incanto a fissare ogni dettaglio di quel posto. Mi muovo su me stesso, roteando. Ogni candelabro attira la mia attenzione. Ogni scaffale è zeppo di libri e agli angoli del salotto delle colonne in stile classico sorreggono il soffitto. Mi perdo a osservare le poltrone, che mi sembrano così comode per schiacciare un pisolino.

Sul divano c'è una matassa di coperte.

«Seguimi.» Kronos mi afferra il lembo della camicia, ancora un po' umida, perché ero e sono ancora bagnato d'acqua salata.

Abbasso lo sguardo sulla sua mano e lui, come azionato da una molla, la ritira subito.

«Questa casa è fantastica! Cristo, adoro il camino... perché non beviamo qualcosa lì vicino?! Non puoi sistemare lì l'orologio?» forse la mia voce si alza di qualche ottava per la felicità, tanto che Kronos digrigna i denti e mugugna qualcosa di incomprensibile.

«Che stai facendo? Chi è?»

Sussulto. La matassa di coperte è viva. Si alza dal divano e avanza nella nostra direzione. Un ragazzino un po' basso e poco più piccolo di me mi osserva. I suoi occhi, simili al colore delle castagne d'autunno, mi scrutano con curiosità.

«È un idiota che ho incontrato in spiaggia.»

Mi acciglio. Mi volto a guardare Kronos con enorme disappunto. «Un bellissimo idiota, vorrai dire.» Gli ammicco. Devo iniziare a sondare il terreno, voglio vedere come reagisce, sempre nella speranza che non mi colpisca sul naso.

Kronos rotea gli occhi e mi squadra da capo a piedi. Forse non sono nella mia migliore forma, lo ammetto, ma ho ancora un po' i capelli bagnati e la camicia semi aperta, con gli addominali in vista.

Rettifico, credo di dover essere uno schianto.

«Se lo dici tu...» Kronos mi dà le spalle e si incammina verso le scale.

«Io sono Iapetus.» Il ragazzino mi tende la mano e io gliela stringo con fervore.

«Adonis.»

«Cosa fate?» Iapetus si dondola sui piedi. Inizia a correre in direzione di Kronos e decido di seguirli, nonostante non mi abbiano esplicitamente invitato.

«Gli riparo l'orologio.» Kronos spinge in avanti una porta e ci ritroviamo in quella che credo sia la loro camera.

È una stanza spaziosa. Ci sono tre letti, quindi credo mi manchi da conoscere uno dei fratelli di famiglia. L'enorme finestra è spalancata e una folata di vento mi fa raggelare. Poggio le mani sui fianchi e osservo Kronos. «Quindi perché l'altra volta non mi hai salutato?»

Lui alza lo sguardo su di me, dopo aver poggiato l'orologio su una scrivania. «Non ti ho notato.»

«Hai sbattuto le finestre, tesoro. Sarò anche bellissimo, ma mica scemo.»

Kronos ghigna, «ne sei sicuro?»

Iapetus ridacchia e si spaparanza sul letto. «Perché si vergognava a salutarti.»

«Ti prendo a pugni.»

«E io lo dico a papà!»

«Dio mio, ma non puoi andare da qualche altra parte e non rompere il cazzo?» Kronos sbuffa e prende un cacciavite.

Iapetus si imbroncia come un bambino di sette anni e mi viene da ridacchiare. Mi lascio cadere sul letto accanto a lui. «Lascialo stare, è nervoso. Ho interrotto la sua gara di sguardi con le onde del mare.»

«Uh! E chi stava vincendo?» Iapetus trilla felice e sorrido divertito.

«In due non fate un neurone, complimenti.» Kronos avvicina una lampada contro l'orologio e sfila le batterie. «Ti va di fare un dispetto a Rhea?» si volta poi verso di noi e Iapetus urla come un forsennato dall'emozione. Saltella sul posto e lo guarda come se gli avesse promesso infiniti regali.

«Che devo fare? Che devo fare?!»

«Prendi uno dei suoi orologi e portamelo, grazie. Senza farti beccare.»

Iapetus corre via e sparisce, lo sento fischiettare dal corridoio. Mi tiro in piedi e mi avvicino a Kronos, abbastanza vicino da sfiorargli il braccio e da sentire il suo profumo alla menta addosso.

Kronos ruota sulla sedia girevole, allontanandosi appena dalla scrivania. Non appena mi avvicino un po' di più, perde il controllo del cacciavite per un istante. Scuote la testa e ritorna ad osservare la batteria dell'orologio sotto la luce. Me la mostra, indicando uno strato quasi appiccicoso e scuro. «Si è ossidata. Ho pulito un po' l'interno dell'orologio con l'alcol, dovrebbe andare con una batteria nuova, adesso.»

Sinceramente non me ne frega un bel nulla della spiegazione tecnico scientifica, mi perdo a osservarlo. «Perché mi hai aiutato?»

«Mi piace aggiustare le cose.»

Sentiamo un vetro infrangersi e Kronos si volta in direzione della porta. Poggio le mani sui braccioli della sua sedia e lo costringo a voltarsi verso di me, incatenando i nostri occhi. Mi sporgo appena verso di lui, «Sicuro?»

Kronos deglutisce e si spalma contro lo schienale. Allunga la mano verso la scrivania e in pochi attimi mi punta il cacciavite alla gola. «Non farmene pentire.» Lo fa risalire lungo tutto il collo. La sensazione del ferro freddo sulla pelle mi fa rabbrividire. Non ho paura di Kronos e forse dovrei averne. Lo sfido con lo sguardo, mentre il cacciavite mi accarezza la guancia.

Ha uno strano ghigno. Sembra più divertito da questa situazione e preferisco non fare commenti sul mio stato. So solo che lo stomaco si sta attorcigliando su se stesso, in una morsa tanto dolorosa quanto piacevole ed eccitante.

Mi limito a scrollare le spalle e avvicino un dito al cacciavite, scostandomelo dal volto. «Perché, te ne pentiresti davvero?»

Kronos non risponde. Si allontana di scatto, come bruciato da una fiamma improvvisa, quando Iapetus entra rumorosamente in stanza. «Cos'hai rotto?»

Iapetus ridacchia. «Uno specchietto di Rhea... dici che ci teneva?»

Percepisco le loro voci solo in lontananza. Seguo i movimenti con distrazione. Vedo Iapetus passargli un vecchio orologio femminile e mi sento stordito. Ho la sensazione di star perdendo i sensi, come se mi avessero tenuto sott'acqua per un tempo indefinito. Solo adesso riesco di nuovo a respirare a pieni polmoni. Eppure la mia mente è annebbiata, ripercorre l'istante di poco prima e vorrebbe aggrapparsene con violenza. Vorrei spingerlo contro il muro e assaporarne le labbra, fino a farci così male da sentire l'uno il sapore metallico dell'altro. Non ho mai provato quest'attrazione verso qualcuno subito, ma i miei sensi sono così risvegliati e iperattivi che non riesco a controllarli.

Iapetus parla in sottofondo, ma non riesco a prestargli attenzione. Sussulto e mi lascio sfuggire un ghigno divertito, quando Kronos alza lo sguardo dalla sua scrivania di lavoro a me. Mi osserva per qualche secondo, ma mi sembra di bruciare. Gli ammicco e lui ritorna a lavorare in silenzio.

«E questo qui chi è?»

Mi volto verso la voce e individuo un ragazzo sull'uscio. Se ne sta a osservarmi con un cipiglio aggrottato. Mi scruta con attenzione. I suoi occhi sono identici a quelli di Iapetus, ma ha i capelli decisamente più scuri e in completo disordine. Mi si avvicina e indietreggio.

Kronos allunga una mano e mi porge l'orologio. «Se ne sta andando.»

Aggrotto la fronte. Decisamente andarmene non è nelle mie intenzioni, ma forse dovrei iniziare a prendere in considerazione le occhiatacce che il nuovo arrivato mi rivolge. Sorrido sornione e mi sistemo l'orologio al polso. Poi tendo la mano. «Io sono Adonis.»

«Hyperion... tu sei il nuovo arrivato del distretto di Artemis, giusto? Mi hanno detto che te la cavi coi drink.»

Affonda le mani nelle tasche dei pantaloni.

Kronos ci osserva guardingo, restandosene seduto su quella poltrona girevole.

«Già! Se volete passare uno di questi giorni, il primo giro ve lo offrirò io.» Allargo le braccia e mi allungo sulla scrivania di Kronos. Ho individuato un anello e decido di rubarglielo. Così ho una scusa per rivederlo.

Iapetus si dondola sui piedi. «Papà non ci permette di venire al locale, dice che siamo piccoli.»

Hyperion schiocca la lingua contro i denti e posa una mano sulla spalla di Kronos. «Parla per te, nanerottolo.»

«Comunque quest'idiota è qui perché gli ho riparato l'orologio. Ora se ne va.» Kronos sbuffa scocciato e mi afferra il polso, costringendomi a seguirlo. Abbasso lo sguardo sulla sua mano e la ritira di scatto, di nuovo.

Hyperion ghigna e si volta a guardarci, prima che abbandoniamo la camera. Intreccia le braccia al petto. «Tu che decidi di aiutare un idiota semi sconosciuto?» Inclina il capo, «ti senti bene?»

Kronos rotea gli occhi, mugugnando un vaffanculo non così silenzioso, tanto che Iapetus ridacchia, minacciandolo di dire al padre che ha imparato le parolacce a causa sua.

Mi fa cenno di seguirlo e lo accontento. Mi guardo attorno lungo il corridoio del primo piano e mi viene la curiosità di aprire ogni stanza per poterla osservare. E magari trascinarlo da qualche parte per poterlo consumare fino a togliergli il fiato.

Dio santo, Adonis, datti un contegno. Sembri una scimmia in calore.

Che poi come diavolo si comportano le scimmie in calore?

Guardo Kronos e lo seguo lungo le scale. «Secondo te, come si comportano le scimmie in calore?»

Kronos per poco non ruzzola a terra. Alza lo sguardo su di me e mi osserva confuso. «Ma che cazzo ti passa per la testa?»

Scrollo le spalle. «Non lo so, magari lo sapevi.»

«Ti sembro il tipo che si interessa alle scimmie in calore?»

Ghigno. «Non so che tipo sei, ti va di parlarmene, tesoro?»

Lo vedo contrarre la mascella e stringere i pugni. Assottiglia lo sguardo, come se volesse ammazzarmi, ma resta in silenzio e prende un grosso respiro.

In silenzio riprendiamo a scendere le scale.

Abbasso lo sguardo sul mio orologio e mi ritrovo a sorridere come un bambino. «Grazie, comunque. Sei stato davvero gentile.»

Kronos storce il naso e apre la porta. «Non sono gentile. Tu mi hai fatto uscire dalla grotta e ti ho ricambiato il favore. Tutto qua.»

Indugio sull'uscio e lo guardo. «Ti aspetto al locale.»

«Non verrò. Non mi piacciono le feste.»

Lo afferro per il colletto della camicia, facendo sfiorare appena i nostri nasi. Kronos, d'istinto, mi prende i polsi e mi guarda male.

Mi avvicino al suo orecchio. «Dovresti. Potrei farti divertire molto, tesoro.» Lo allontano e ridacchio divertito, quando lo vedo ancora più smarrito rispetto a quando gli ho chiesto delle scimmie.

Gli do le spalle e me ne vado. Raggiungo il cancello e mi volto un'ultima volta.

Kronos mi fissa sull'uscio e scuote il capo. Alza il terzo dito e si richiude la porta alle spalle.

Ghigno soddisfatto e ritorno al The Sinners Club. Lungo la strada mi rendo conto di quanto marciume ci sia in quel posto. Molti uomini sono abbandonati lungo i marciapiedi. La polvere e la cenere sporcano i loro vestiti.

Storco il naso. Mi stringo nelle spalle e sospiro piano. Non credo debba funzionare così, ma la mia famiglia -se così posso definire un padre violento e una madre assente- non mi manca. La Grande Città e i miei cosiddetti amici sono un vago ricordo, eppure è trascorsa solo una settimana.

Mentre fisso di nuovo come la prima volta l'insegna del The Sinners Club, credo di aver davvero trovato una casa e una famiglia. E lo capisco subito quando entro nel locale e Artemis mi viene incontro trafelata. Mi poggia le mani sulle spalle e mi dà un'occhiata generale. «Stai bene? Sono venuta a cercarti in spiaggia, ma non ti trovavo. Mi sono spaventata da morire.»

Sorrido e scuoto il capo. «Ho incontrato Kronos e mi ha riparato l'orologio, facendo una veloce sintesi.»

«Quindi mio figlio era in spiaggia da solo? E che diavolo stava facendo?» Un uomo attira la mia attenzione. Posa il bicchiere di whisky sul bancone e mi si avvicina lentamente. I suoi occhi neri sono così profondi che mi spaventano, soprattutto se accoppiati a una voce rauca e profonda. «Non stava di nuovo cercando di chiudersi nella grotta, vero?»



🫀🫀🫀

Angolino
E niente dai, sono due deficienti. Comunque, la loro pseudo relazione partirà da basi puramente di attrazione fisica, poi evolverà a modo loro. Strano.
Non ho saputo gestirli, mi dispiace.
Hanno deciso e fatto tutto loro✋🏻💀

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