II. Arrivo (II)
Adonis
Forse ho combinato un guaio.
Decisamente un grosso guaio, ma -come al solito- non ho preso in considerazione tutte le possibilità del caso. Insomma, sarebbe stato anche parecchio complicato.
E a me, onestamente, non fanno impazzire le cose complicate.
Non più di tanto.
Va bene, lo ammetto. Ho rapinato diverse gioiellerie. Alcuni di quei diamanti erano davvero scintillanti. L'ho fatto per dimostrare ai miei amici che nulla mi avrebbe fermato. Se qualcosa mi piaceva abbastanza da attirare la mia attenzione per più di un minuto, allora doveva essere mia.
E all'inizio sono stato anche molto bravo a non farmi beccare.
Nonostante fossi ricco, mio padre non mi lasciava nemmeno un soldo in tasca per uscire la sera.
E io amavo divertirmi, come avrei dovuto fare altrimenti?
Ho esagerato quando ho deciso di mandare in bancarotta un casinò. Sono sempre stato bravo ai giochi da tavolo, li adoravo come poche cose al mondo.
A un certo punto, però, si erano accorti che stessi un tantino imbrogliando.
La dea Fortuna aveva deciso di abbandonarmi per una volta. Mi sono sentito tradito.
E da lì sono uscite fuori tutte le mie bravate.
E da quel momento Charles William è morto, per lasciar spazio ad Adonis.
Le guardie mi spintonano al di là dei cancelli della Grande Città. Trovo assurdo come il cielo possa sembrare spezzato in due. Da cristallino e nitido a grigio e spaventoso.
Mi lanciano addosso uno zaino e una mappa per orientarmi in quel posto da brividi. Vorrei dire loro che se me la traducessero prima, gliene sarei grato. Sono sicuro che perderò tantissimo tempo a capirla.
«Adesso cerca di restare vivo, piccola nullità.» Queste sono state le ultime parole che il mio adorabile padre mi ha rivolto attraverso le sbarre. Non ha provato a prendere le mie difese nemmeno per un istante.
Stringo i pugni, così forte che le mani prendono a farmi male. Mi sistemo lo zaino in spalla e inizio a incamminarmi impettito in avanti. Sento ancora gli scherni e le urla di mio padre in lontananza, ma ho imparato a schermarle. Da bambino piangevo per ore intere, quando mi picchiava perché non ero capace di leggere come tutti i miei coetanei.
Col tempo, invece, ho iniziato a ignorarlo. Lui mi urlava contro e io ridevo.
Si arrabbiava sempre di più, ma continuavo a ridere, facendo finta che quelle parole crudeli non mi attraversassero la pelle fino a penetrare nell'anima.
Nessuno mi avrebbe creduto una nullità. Non qui. Mi costruirò un nome in questa città nuova. Non mi importa, d'altronde. Non ho mai avuto grandi amici e tutti tendevano a prendermi in giro perché non riuscivo a ricordare nulla di ciò che studiavo.
Ho la possibilità di rifarmi una vita, sebbene sia in un posto orribile.
Sfilo la mappa dallo zaino e inizio a osservarla.
Cristo, non ci capisco nulla. Dove diavolo è il nord? Non dovrebbe esserci una rosa dei venti o qualcosa di vagamente simile a un fiore?
Dopo minuti, mi rendo conto che quella cosa non somiglia a un fiore, ma almeno forse ho individuato il nord.
A mia discolpa, ero distratto da questo paesaggio inquietante, ma a tratti affascinante.
Dai Adonis, ce l'hai fatta. Ci hai messo solo quasi mezz'ora.
Mi hanno relegato al distretto Eros, dove vivono tutti i ladri e i ludopatici. Mi incammino tra quelle strade sudicie e abbandonate. Sto attento a non bagnarmi i piedi nelle pozzanghere, combattendo i pensieri intrusivi che invece mi suggeriscono di sporcarmi completamente, saltandoci dentro.
Ho sempre adorato farlo da bambino e non vedo nessuno a impedirmelo, adesso.
Supero una vecchia Villa gotica. I cancelli di ferro sono alti e massicci, come a voler preannunciare una minaccia. Mi perdo a osservare le torri e le guglie.
Sussulto, quando fissando le finestre, incontro lo sguardo di un ragazzo affacciato. Se ne sta a fumare annoiato e resta con la sigaretta penzolante tra le labbra, quando accenno a un saluto cordiale.
Lo vedo sussultare. Richiude subito le finestre, facendole sbattere con un tonfo.
Un po' strano, ma non mi aspetto niente di diverso da quel posto, in verità.
Mi sembrava gentile salutare i miei nuovi concittadini. Forse loro però non sono del mio stesso parere.
Mi incammino ancora, superando quello che avrebbe dovuto essere il distretto Cenere. Non mi è ancora tutto chiaro, ma imparerò col tempo.
Spero.
Fisso l'insegna abbandonata. C'è su scritto Discreto Epor.
Non credo sia esatto.
Concentrati Adonis. Puoi farcela. Dai, cervello, non abbandonarmi adesso.
Scuoto il capo. Aggrotto la fronte, provando a focalizzarmi meglio sulle parole e riesco a realizzare di essere arrivato al distretto Eros.
Ce l'ho fatta! Oh, grandissimo cervello, grazie.
Mi ritrovo allora davanti a un locale. Dopo aver impiegato un'altra decina di minuti a realizzarne il nome, comprendo finalmente che si tratta del The sinners Club.
Il nome mi piace già tantissimo.
È il posto giusto per me!
Certo, se fosse stato per me, avrei suggerito un'insegna al neon appariscente che potesse attirare clienti da tutta la città dei reietti.
Devo proporlo al proprietario prima o poi.
Indugio un po' sul posto, indeciso sul da farsi. Prendo un grosso respiro e rilascio l'aria a fiotti. C'è qualcosa che mi spaventa ancora. Non riesco a scacciare la voce di mio padre dalla testa in questo momento.
Inutile.
Stupido incapace.
Buono a nulla.
Se non sono riuscito a combinare nulla nella Grande Città, terra delle grandi occasioni, come potrei mai farlo nella Città dei Reietti?
Mi mordicchio il labbro, in tensione. Di colpo i muscoli non reagiscono più ai miei comandi e mi ritrovo imbalsamato come una mummia sul posto. Tutta la mia sicurezza, che indossavo come un'armatura scintillante, sta iniziando a creparsi, mostrando fessure di terrore.
Scuoto il capo e mi do un leggero buffetto sulla guancia. Ce la posso fare.
Mi avvicino alla porta del locale e premo sul tasto del citofono. Ringrazio il cielo di non essere un pazzo ossessivo, perché tutta questa polvere incrostata potrebbe mandare in paranoia qualsiasi persona un tantino fissata.
Attendo qualche istante e mi sistemo nervosamente i riccioli biondi.
Ad aprirmi è una donna dalla pelle color caramello e gli occhi scuri. Mi scruta con attenzione, quasi fossi un bocconcino prelibato -e non posso darle torto-, ma mi ritrovo a deglutire. «E tu saresti?»
Sfodero un sorriso. Uno dei miei migliori. Di solito riuscivo così a convincere i professori a non rimandarmi. Anche se spesso mi ritrovavo con le mani gonfie dopo le bacchettate.
«Adonis.» Ho già deciso che questo sarà il mio nome. Trovo mi calzi alla perfezione per come immagino la mia vita in futuro. Certo, la mia vita ha appena preso una piega decisamente diversa rispetto alle mie previsioni di lusso sfrenato, ma non mi arrenderò così facilmente.
La donna si appoggia allo stipite della porta. Una bimba, dai capelli rossi e che potrà avere almeno sei anni, si avvicina, aggrappandosi alla sua gamba, come a nascondersi da me.
«Prego, Adonis. Cosa ti porta qui? Cos'hai combinato?» La sconosciuta mi apre le porte del Paradiso, per uno come me.
Appena metto piede nel locale, un enorme salone mi si apre davanti.
Questo posto ha un'atmosfera lussuosa e affascinante, quasi ipnotica. Il luccichio dei lampadari cristallini si riflette sulle pareti di specchi e crea un'illusione di infinito.
Giro su me stesso, perdendomi a contemplare quel labirinto di magnifica perversione. Le luci soffuse e i colori vivaci delle slot machine e dei tavoli da gioco danno al locale un'aria quasi magnetica.
Le melodie dolci e coinvolgenti che provengono dal vivo di una band o da un pianoforte a coda si diffondono nell'aria. Sul palco principale alcune ballerine provano le coreografie, indossando vestiti così smilzi che probabilmente sarebbe stato meglio non averne. Le gambe sinuose e le braccia allenate si muovono in aria con la stessa eleganza delle stelle.
I croupier, impeccabilmente vestiti, con gesti sicuri e precisi, conducono i giochi da tavolo mentre i baristi preparano cocktail elaborati con maestria.
Vorrei urlare dall'eccitazione, ma devo darmi un certo contegno, anche se sono abbastanza sicuro che quel tavolo da gioco mi stia sussurrando di unirmi a lui, come un serpente tentatore. Non riesco a resistere al canto di quella sirena.
La sala è permeata da una sottile tensione elettrizzante, con sguardi di gioia e di delusione che si intersecano tra i giocatori. Alcuni grugniscono arrabbiati contro i croupier, altri battono le mani eccitati verso le ballerine.
Questo posto è un'oasi di divertimento, dove l'adrenalina della scommessa si unisce all'eleganza del lusso.
È il mio paese dei balocchi.
Io appartengo a questo posto, lo sento.
Mi volto verso la donna e allargo le braccia. «Tutto questo è fantastico!»
«Io sono Artemis, console del distretto Eros e proprietaria del Sinner Club.» Artemis inclina il capo, tenendo per mano la bambina, che mi saluta allegra. «E lei è mia figlia, si chiama Hydra.»
Mi abbasso sulle ginocchia e saluto la bambina. Mi avvicino al suo orecchio e, come per magia, faccio apparire una moneta tra le mani, facendole credere che spuntasse da lei. Mi guarda meravigliata e scoppio a ridere. Gliela regalo. «Posso restare qui?»
Artemis inarca un sopracciglio. «Non ospito mai i miei concittadini. Conosco le loro perversioni e so che mi deruberebbero...»
«Voglio lavorare in questo posto, Artemis. Ti assicuro che non ti pentirai di avermi scelto...» Mi guardo attorno e sorrido divertito. I suoni melodiosi delle slot machine sono una cantilena che ascolterei per sempre.
Artemis mi studia con attenzione. «Spero di non dovermene pentire...» storce il naso. «Ho una camera in più nel mio appartamento di sopra. Seguimi.»
Saltello sul posto felice. Mi incammino con lei lungo i corridoi, senza smettere di restare sempre più affascinato e rapito dal Club. Non mi sono mai sentito a casa come in questo momento. Arriviamo vicino a un ascensore e la donna preme il tasto nervosamente. Il drin ci risveglia e Artemis entra nel cubicolo, insieme ad Hydra. Posa le mani sui fianchi e inclina il capo. «Allora, ti unisci a noi?»
🫀🫀🫀
Adoro vivere nella città dei reietti. Ha certamente i suoi pro e contro, ma qui mi sento parte integrante di un qualcosa, sebbene sia più grande di me.
Mi sono abituato alla vita nel Club, anche se, a mio modestissimo parere, c'è bisogno di apportare qualche novità.
Me ne sto seduto sul bancone del bar, ad agitare le gambe nel vuoto, in attesa che l'ennesima serata di giochi inizi, quando entra nel locale un uomo strano.
Cammina come se il mondo gli appartenga. Indossa vestiti eleganti e un cappotto nero che arriva fin quasi alle caviglie. Se ne libera, poggiandolo sull'attaccapanni, e fa lo stesso col cappello.
Si sistema i capelli rossi, tirandoli all'indietro, e si dà un'occhiata intorno. Non riesco ad individuare i suoi occhi, coperti da occhiali scuri da sole, sebbene sia un evento raro avere una giornata luminosa nella città dei reietti.
È un tipo particolare.
«Posso esserti d'aiuto?» Mi lancio giù dal balcone e mi dondolo sui talloni. Mi piace la camicia azzurra dell'uomo, mi chiedo se me ne presterà mai una un giorno.
Nel caso potrei sempre rubargliela.
«E tu sei? Il nuovo ragazzino di Artemis, giusto?» Ghigna divertito e si abbassa gli occhiali sulla punta del naso, per osservarmi meglio con quegli occhi strani color ambra.
«Adonis, al tuo servizio...?»
«Hades.» L'uomo si guarda intorno e affonda le mani nelle tasche dei pantaloni, «nel mentre che aspetto Artemis, perché non mi prepari un bel drink? Colorato, possibilmente. Mettici tanta arte.» Ridacchio. Mi supera poi, andandosi a piazzare al bancone. Prende a tamburellare con le dita sulla superficie e mi osserva curioso.
Gonfio il petto. Mi piace preparare drink dissetanti e soprattutto colorati. Sono un maestro. Mi avvio alla postazione e inizio a darmi da fare, lanciando ogni tanto occhiate incuriosite ad Hades.
L'uomo si massaggia il mento. «Sai, Artemis di solito non adotta altri ragazzi, ha smesso dopo Hydra. Ma tu devi averle risvegliato qualcosa, mi sa.»
Inarco un sopracciglio. Inizio a riempire il bicchiere di alcuni cubetti di ghiaccio. «Voi vi conoscete abbastanza bene?»
«Io, Artemis e Uranus siamo grandi amici.» Hades riprende a sistemarsi il ciuffo, «e ho un piccolo regalino per lei.»
Verso il drink nel bicchiere e taglio una fettina di limone, prima di incastrarlo sul bordo come decorazione. Avevo, già prima, immerso i bordi del bicchiere in una polvere colorata ma commestibile, che si intoni col colore del drink. Glielo porgo, dopo aver sistemato un ombrellino, e ghigno. «E sarebbe?»
«Non sei male, Adonis. Mi sa che i nostri distretti saranno in buone mani, un giorno. Almeno quello di Artemis e di Uranus... io ancora non ci ho pensato.» Sorrido tranquillo. Manda giù in pochi sorsi il contenuto e fa qualche apprezzamento.
Sono curioso, lo ammetto. Da quando sono in città, ho scoperto dell'esistenza di un Torneo che permette al vincitore di tornare nella Grande Città definitivamente. Non mi dispiacerebbe far venire un colpo apoplettico a mio padre, ma i partecipanti del Torneo sono già stati scelti, così come le prove. Posso sperare nel prossimo, fra tre anni.
Sento i tacchi di Artemis riempire il silenzio del locale. «Hades! Finalmente, hai fatto quello che ti ho chiesto?» La donna gli va incontro e lo abbraccia.
Hades ghigna ed estrae da una tasca interna del panciotto un flacone, pieno di pillole. «Non indovinerai mai chi mi ha aiutato a pensare all'ingrediente perfetto per queste delizie.»
Artemis inarca un sopracciglio.
«Ti hanno mai detto quanto sia geniale quel bastardo di Kronos Hell?»
🫀🫀🫀
Mi hanno cacciato dal locale. Non in senso cattivo, ma Artemis non vuole ci siano troppe orecchie in giro e preferisce non coinvolgermi nei loro piani.
Mi suggerisce di andare a fare una passeggiata in spiaggia.
Di norma me ne sarei lamentato, effettivamente, ma perché privarmi della brezza leggera che mi solletica la pelle?
L'odore della salsedine inizia a pizzicarmi le narici. Tengo le scarpe tra le mani, godendomi la sensazione di completo rilassamento che la sabbia appena umida mi regala al contatto con la pelle. Ne calcio un po' in aria e ghigno soddisfatto.
I versi dei gabbiani, alti in cielo, si mescolano al fragore delle onde, che si frantumano contro gli scogli. Il mare non è particolarmente agitato oggi e mi focalizzo a osservare la schiuma formarsi a riva, inghiottita dall'onda successiva.
Mi fermo a fissare l'orizzonte per qualche istante, ma poi una strana frenesia inizia a invadermi i muscoli. Mi libero di fretta e furia della camicia, lasciandola cadere sulla sabbia.
Mi annoio e nessuno potrà negarmi un bel bagno. Non c'è un mare così bello nella Grande Città, così libero di essere semplicemente se stesso: calmo, capriccioso o violento. Nella Grande Città ci sono solo tantissimi porti per esportazioni di merci o locali dove trascorrere la serata vicino al mare.
Ma nessuno può godere davvero della sua bellezza naturale e incontaminata come in questo posto.
Mi sbottono i pantaloni e me ne libero. Mi incastro con la caviglia, perché non vogliono saperne di abbandonarmi, così inizio a lanciare calci in aria, finché i pantaloni non si arrendono.
Dannazione, a volte mi ritrovo a maledire i miei stessi pantaloni attillati.
Saltello sul posto per riscaldarmi, restandomene in boxer. Forse non avevo considerato il vento freddo.
Fisso quella distesa infinita e inizio a correre nella sua direzione. L'acqua fredda mi lambìsce i piedi, ma ignoro il tutto e mi tuffo. Quando emergo, mi lascio andare a un urlo divertito e scuoto il capo, liberando i capelli dall'acqua. Faccio diverse nuotate avanti e indietro, finché le gambe non sembrano cedere alla stanchezza.
Alzo lo sguardo verso il cielo, ingrigitosi di colpo. Le nuvole iniziano ad ammassarsi l'una sull'altra, non lasciando presagire nulla di buono all'orizzonte.
Quando esco dall'acqua, inizio a pentirmi della scelta fatta. Forse fa un tantino freddo. Mi guardo attorno, individuando una grotta poco distante. Ignoro i tuoni in lontananza, spinto dalla solita curiosità.
Artemis mi ha detto di visitarla, dicono che si illumini di blu, di notte.
Scrollo le spalle e corro nella direzione di quel posto definito magico dalla maggior parte delle persone.
Sussulto, quando all'improvviso un tuono squarcia il silenzio. Le acque del mare iniziano ad agitarsi e le onde a ingrossarsi. Deglutisco.
Assottiglio poi lo sguardo e lo vedo.
Un ragazzo -lo ammetto, davvero carino- se ne sta accucciato su se stesso, all'interno della grotta. Fissa l'acqua del mare. Se non se ne andasse da lì, a breve, rimarrebbe incastrato al suo interno e affogherebbe.
🫀🫀🫀
Angolino
Allora come va? Dal prossimo avremo i due idioti e la loro prima conversazione 💀
Spero siate felici del prequel e alla prossima 🫀
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