Chapter| 1
Con tale racconto non c'è alcun intento offensivo nei confronti degli attori e/o dei loro affetti, e nessun intento di rappresentare la loro vita reale, i loro pensieri o i loro sentimenti.
𝓨𝓸𝓾 𝔀𝓮𝓻𝓮 𝓼𝓸 𝓾𝓷𝓮𝔁𝓹𝓮𝓬𝓽𝓮𝓭.
«Solito posto signorina Park?» mi chiese Jackson mentre mi sedevo sul sedile posteriore dell'elegante auto nera.
«Si, al Paradise Casinó» risposi sorridendogli lievemente.
Non sapevo un bel niente sul conto del mio autista, oltre al fatto che si chiamasse Jackson Wang e che mi avesse fatto conoscere quel Casinó, tre anni prima. Era un bel ragazzo, vestito sempre col suo smoking nero; aveva i capelli color cioccolato e il vizio di serrare la mascella ogni due secondi. E poi c'erano i suoi occhi: vuoti come i miei. Non ci eravamo mai parlati più di tanto eppure proprio quando avevo pensato che morire sarebbe stato meglio, mi disse : «Signorina la porto in un posto, pero deve comprare una maschera».
Gli chiesi perché dovevo nascondere la mia faccia ma non mi rispose, mi disse che più avanti avrei capito. Aveva ragione, a distanza di tre anni l'avevo capito.
Avevo scelto la maschera di Kitsune: la volpe giapponese considerata immortale con poteri soprannaturali che le permettevano di trasformarsi in una donna irresistibile. Le leggende su Kitsune, però, finivano sempre in tragedia tranne una, che in realtà le ricordava la sua posizione e la sua impossibilità di ingannare qualcuno per sempre. Quella maschera da volpe con decorazioni rosse e oro, di ogni forma, mi faceva sentire a mio agio. Mi rammentava che nonostante tutto ciò che la vita mi aveva dato nessuno sarebbe mai riuscito a liberarmi dal mio habitat e dalla mia sofferenza perenne.
L'unica libertà che mi veniva concessa era il gioco d'azzardo. Avrei obbedito a qualsiasi ordine dei miei genitori pur di poter andare a quel Casinó e giocare.
Nel traffico soffocante di Seoul, attraversando grattacieli enormi e negozi di qualsiasi marca, arrivammo a destinazione. Prima di scendere mi sistemai la maschera sul viso e indossai il cappuccio dell'enorme vestaglia nera che avevo addosso. Nessuno mi avrebbe mai riconoscuto in quelle vesti ed era proprio quello che volevo: uscire dalla mia realtà per entrare in un mondo completamente nuovo. Da questo punto di vista, il compromesso con i miei genitori non mi turbava affatto in quanto la loro richiesta era: "mettere la reputazione prima di tutto" ed io non avevo intenzione di essere idolatrata come la figlia dei nobili Park. Preferivo buttarmi sotto un treno piuttosto che vincere le partite solo per il mio cognome.
Jackson si mise una semplice maschera nera e la solita vestaglia. Mostrare il mio autista sarebbe stato sinonimo di rendermi pubblica, in quanto lui fosse il mio accompagnatore perenne. Entrambi raggiungemmo l'ingresso che accoglieva i suoi clienti con l'enorme scritta neon, colorata e lampeggiante: "Paradise Casinó". Entrammo e l'atmosfera giocosa di quel luogo mi pervase, immediatamente, il corpo.
Mi fermai un secondo e chiusi gli occhi sentendo ogni piccola risata e ogni ruota che girava. Il salone era color oro, le roulette e le shlotte machine sbucavano da ogni dove mentre uomini spavaldi e ricchi scommettevano anche la loro vita tenendo di fianco ragazze mezze nude, che non vedevano l'ora di approfitarsene per poi scappare da quella perversione.
Ma quello era il mio posto sicuro. In quel luogo non venivo amata per la famiglia a cui appartenevo ma per quello che ero capace di fare. Ero riuscita a raggiungere il titolo di "Regina" con le mie abilità, non in senso figurato ma in modo concreto: la migliore giocatrice o giocatore riceveva il trono color rosso fuoco, posto infondo al salone su un gradino più alto. Ogni mese veniva nominato il Re o la Regina del Casinó ma io, ormai, possedevo quella sedia da due anni e nessuno riusciva a batteremi.
Raggiunsi la mia postazione mentre tutti gli occhi si posavano su di me, curiosi di scoprire con chi avrei giocato. La fila di persone, che aspettavano il loro turno, davanti al trono rosso era gia pronta, mi rimaneva solo cominciare la partita con la prima sfidante: una ragazza dai tratti giovane, forse più di me.
Dopo pochi minuti l' espressione della mia avversaria diventò cupa: si era appena resa conto di aver perso. Mi guardò disperata e mi accorsi della quantità di gente che riponeva i propri soldi senza un minimo di coscienza o di ragionamento.
Davo alle persone la possibilità di scegliere il gioco eppure loro perdevano, usando stupidi trucchi e strategie.
«Faccio venire il prossimo?» mi chiese al orecchio Jackson. Annuì ed un ragazzo si fece avanti.
Inarcai un sopracciglio, stupita, quando lo vidi. In quel casinò mi sfidavano sempre le solite facce ma la sua era completamente nuova. I capelli ricci, color nero pece, gli ricadevano sulla fronte, nascondendo i suoi occhi, mentre dei lineamenti marcati dominavano il suo viso formando una V perfetta. L'altezza completava la sua figura, slanciandolo e rendendolo più imponente.
Le sue labbra sottili e rosee crearono un piccolo ghigno sul volto prima di sedersi di fronte a me e tirare su le maniche della camicia bianca.
«Kumiho*» disse guardando la mia maschera.
«Kitsune» rispose Jackson al posto mio.
«Eppure mi sembri tutt'altro che una gentile Kitsune».
La sua voce pareva la nota più profonda del sassofono, aveva il potere di vibrare e arrivare all'orecchio in modo dolce e morbido.
«BlackJack**?» mi propose con disinvoltura. Il gioco poteva sembrare semplice ma in realtà si trattava tutta di fortuna: o avevi abilità a capire il croupier*** o perdevi.
Annuii, sorpresa da quella scelta rischiosa. Nessuno avrebbe mai scelto quel gioco sfidando me, era troppo rischioso.
«Quanto scommette signore?» chiese Jackson al ragazzo.
«Più che una scommessa di soldi vera e propria, mmm, se vinco mi dai il tuo trono se non vinco decidi cosa farne di me. In fondo a te non interessano i soldi vero?» piegò la testa di lato curioso.
Mi allarmai alle sue parole, presa dalla paura che potesse conoscere la mia identità. Deglutii per scaricare la tensione e ripresi in mano la situazione.
«Signore, non si può...»
Alzai la mano per interrompere Jackson.
«Accetto» dissi.
«Dicono che non hai mai parlato ad un giocatore» puntualizzó il ragazzo con un'espressione sorpresa.
«Vedo che ti sei informato»
Non lasciai passare troppo tempo e diedi il segnale al croupier per l'inizio del gioco. Ogni minuto che passava il mio cuore rimbombava e la prima volta dopo anni riuscii a sentire la tensione, la paura di perdere, l'orgoglio crescere sempre di piu e l'adrenalina scorrermi nelle vene; quella sensazione mi faceva sentire viva.
Il ragazzo spostò a lato i capelli che teneva sulla fronte, svelando il segreto dei suoi occhi. Il suo sguardo profondo mi scrutó l'anima e mi sembrò quasi di essere nuda davanti a lui. Fece un ghigno per poi ammiccare e guardare le mie carte.
Aveva fiducia in sé, sapeva che non avrebbe perso.
«BlackJack» pronunciò il ragazzo all'improvviso.
Strabuzzai gli occhi e ringrazai di avere la maschera addosso. La mia espressione era troppo infantile da svelare.
Aveva vinto, o meglio, era quasi sicuro che avesse vinto. Finii di porre le mie carte maledicendomi per aver accettato quella sfida. Il croupier ci guardò entrambi prima di scoprire le sue carte.
«BlackJack!» esclamò il croupier.
Se il croupier e un giocatore avevano, entrambi, il BlackJack, la puntata finiva in pareggio.
Ero salva.
Respiravo affannosamente, come se avessi corso una maratona, mentre lui si lasciò andare sulla sedia, buttando la testa all'indietro, come se si fosse tolto un grosso peso dal cuore.
«Devo ammetterlo, sei brava» disse guardandomi e assotigliando gli occhi. Forse cercava di capire chi si nascondesse sotto la maschera di una Kitsune.
«Grazie» risposi fredda.
«Uhh, attenta che cosi il tuo entusiasmo si esaurisce» soghignó.
Non risposi, non ero abituata ad interagire in quel modo con le persone. Invece lui, era sciolto e sprizzava vivacità da tutti i pori. Il suo sguatdi era ardente come il fuoco, riusciva a scavare dentro di te fino ad arrivare alla verità.
Si alzò ma prima di andarsene mi disse altro:
«E, fidati, sei decisamente una Kumiho» ammiccó per poi sparire tra la gente di quel locale.
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*𝑲𝒖𝒎𝒊𝒉𝒐: la versione coreana della volpe giapponese chiamata Kitsune. A differenza di Kitsune, Kumiho viene definita, dalle leggende coreane, come una volpe demoniaca che si trasforma in una donna seducente per poi mangiare carne umana. In sinstesi, sposa un uomo per poi ucciderlo e mangiarlo: forte e capace di distruggere qualasiasi cosa.
**𝑩𝒍𝒂𝒄𝒌𝑱𝒂𝒄𝒌: è un gioco praticato nei casinò, molto famoso, consiste nel ottenere il valore di 21 con le carte del mazzo. Ogni carta ha un valore proprio mentre una carta con una figura(cha valore di 10) e l'Asso (che ha valore di 11) formano il BlackJack ed è la mano più forte in quanto con due carte si ottiene il valore di 21.
***𝑪𝒓𝒐𝒖𝒑𝒊𝒆𝒓: l'addetto che controlla e gestisce i giochi, partecipa in giochi come il BlackJack per controllare le scommesse e anche nel Poker.
╚═══════ ೋღ♦️ღೋ═══════╝
Spazio Scrittrice♠️
BENVENUTI NEL FANTASTICO MONDO DI GUMBALL, no scherzo XD
Oke, si sono tornata con una storia che punta sul gioco d'azzardo :3
Il mondo intero: si ma Kia una storia normale la sai scrivere?
La risposta la sapete già: no HAHHA. Ci saranno un bel po di casini: seguire per credere 😃
Comunque: pizza a chi mette la stellina, pugno a chi mi abbandona.
La smetto di scherzare, certe volte mi chiedo se qualcuno si prenda male per le cose che dico. In realtà vi amo tutti tantissimo😍
Domanda molto importante: come state? ❤️
Ci vediamo nel prossimo capitolo😏
- Kia✨
P.s. Vi avviso già che fino alla fine degli esami sarò un po' lenta ad aggiornare, ma ho alcuni capitoli pronti quindi tutto ok ❤️
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