𝚁𝚞𝚐𝚒𝚊𝚍𝚊 {𝟝/𝟝}

«Natalie, sono ore che provo a chiamarti» e prese fiato, serrando le dita magre e leggermente umide per via della forte tensione, intorno la cornetta. «Mi hai fatto preoccupare. È successo qualcosa?»

Ella rimase in silenzio, tamponando il viso bandito di sudore con un morbido asciugano, virando la sua attenzione nei confronti di Amanda, impegnata a leggere dei documenti vari. «Ero solo impegnata, Michael» rispose freddamente, rimanendo vaga.
Dopotutto era ferita, ferita che egli le avesse nascosto qualcosa di così importante in quanto era abituata al fatto che loro, potessero parlare di tutto.

«Oh..» e schioccò la lingua al palato, serrando le labbra in una linea dura. «Parlami, ti prego» e la voce gli venne a mancare, mano a mano che la percepiva distante, lontana. «Sono passate quattro settimane da quando non ti vedo, e due giorni da quando..»
«Sei stato impegnato, hai detto» lo interruppe, indossando una felpa nera, di pile. «In fondo eri su tutte le copertine dei giornali, anzi« e ridacchiò con fare sarcastico. «Eravate» concluse, alludendo alle foto del moro in compagnia della moglie, a quel ristorante di lusso.

«Natalie..» e si sedette sul divanetto in pelle, all'interno del suo ufficio. «Che succede? Di cosa parli?» chiese, giocherellando con l'orlo perfettamente cucito, della sua maglia.

Lei sollevò lo sguardo al cielo, sorseggiando il suo succo d'arancia, mentre era ancora in pausa. Amanda le venne incontro, abbozzando un sorriso complice quando, intravedendo la sua espressione turbata, anch'ella divenne seria nel medesimo istante.
«Michael ora non posso parlare, ho una lezione tra poco» gli rispose, con tono di voce sommesso.
«Natalie, parlami» insistette l'altro, picchiettando con il piede al suolo. «Perché mi stai evitando da un giorno intero?» aggiunse, stizzito. «Se non parliamo, come pensi possa funzionare tra di noi?»

«Se non parliamo, Michael?» ripetè ella, scettica. «Cosa ti aspetti che io ti dica, mh?» continuava, stringendo la bottiglia in plastica con decisione, per contenere il suo nervosismo palpabile. «Cosa ti aspetti, Jackson, da me?»

«Bambina, io..»
«No Michael, niente bambina o altre stronzate simili. Perché non mi hai detto, della cena intima con tua moglie?» mormorò, con voce flebile. «Perché hai preferito inventarti una balla per nascondermi una cosa così?» e prese respiro, virando la sua attenzione altrove.
«Natalie, lasciami spiegare per favore» ribatté l'altro, serrando la mascella in una morsa contratta. «Pensavo che non fosse fondamentale per te saperlo e che così, ti avessi evitato di stare male per una serata di scarso valore per me» aggiunse, percependo un tonfo sul suo cuore e le gambe, tremare sotto la pesante sensazione di totale oblio e preoccupazione. «Insomma era una cena in amicizia, per mantenere un rapporto..»

«In amicizia» lo interruppe ella, ridacchiando infastidita. «E siete stati fotografati mano nella mano, che vi scambiavate sorrisi complici, parole nell'orecchio, carezze..» si spiegò, leggermente scossa al ricordo di quelle immagini. «Michael non prendermi in giro, non trattarmi da stupida, non manipolarmi..»

«Natalie, i giornali hanno ingigantito il tutto, davvero..io sono sincero con te, dannazione!» si alterò il moro, iniziando a vagare per la stanza. «Per favore Natalie, devi credermi, io..»
«Michael, davvero, basta!» e alzò lo sguardo, percependo una strana sensazione impossessarsi del suo corpo. «Dopotutto noi non stiamo insieme, non siamo niente e quel che c'è stato, forse era reale solo quando eravamo insieme, a Neverland!»

«Co-cosa vuoi dirmi?» e il cuore del cantante, si fermò dal battere per quei secondi, l'aria gli venne a mancare e la stanza, all'improvviso, mano a mano diveniva più stretta. Non poteva crederci, non voleva e l'idea che tutto quello che duramente stavano provando a costruire, si fosse distrutto da lì a poco, gli provocò una voragine nel petto.

«Michael, ascoltami» e si sedette a terra, con le gambe al petto, mentre teneva il telefono tra l'incavo scoperto tra il capo e la spalla. «Evidentemente non è così semplice, come pensavano. Quando siamo insieme, nella nostra bolla magica, credo davvero che possiamo combattere tutto e tutti» e prese respiro, schioccando la lingua al palato. «Siamo complici ma questo non cambia le cose, se invece, quando siamo distanti, ci sentiamo così. Se ometti delle cose importanti come questa appena successa, come pensi che io possa riuscire a fidarmi ciecamente di te?» e rimase in silenzio, catturando il suo labbro inferiore, tra i denti.

«Cerca di capirmi, io non pensavo..» balbettò il moro, incerto su cosa dire, sul da farsi.
«Non è semplice essere sempre comprensivi, Michael. Le cose si affrontano in due, invece qui mi sembra di essere da sola» ammise, sospirando.

«Sapevi fin dall'inizio a cosa saresti andata incontro, decidendo di volere me - al tuo fianco. Ci siamo baciati Natalie, più volte» e fece una pausa, serrando le palpebre per tentare di mantenere la calma. «Eri consapevole che presto o tardi, il mio mondo, la mia fama, il mio essere - insomma che io..»
«Non è colpa del tuo mondo, Michael» lo interruppe. «Potevi solo dirmi che tu e tua moglie andavate a cena e che lo avrei letto sul giornale. Che era una cena tranquilla e che non mi sarei dovuta preoccupare e che..» poi si fermò, serrando le labbra in una linea dura. «Insomma se davvero ti piaccio come confermi di sostenere, non mi avresti nascosto nulla. Non sono nessuno io, per dirti come comportarti con tua moglie o con la sottoscritta..»

«Natalie, ti prego, io..»
«Michael» e concluse la discussione. «Ho bisogno di tempo, per favore non sopraffarmi e cerca di capirmi. Ora devo andare, ho una lezione con le bambine»

«Natalie, cosa posso fare? Ti prego, dimmelo»
«Non piangere e non sentirti abbandonato, ma solamente prova ad essere tu, comprensivo con me per questa volta» e chiuse la telefonata, tirando su con il naso in quanto era delusa dall'atteggiamento del cantante, dal fatto che egli non fosse in grado di comprenderla a pieno e che la distanza, le loro vite fossero davvero state beffarde con loro.

[...]

Michael, incredulo su quanto si fossero detti in quella telefonata, rimase immobile a guardare la grande vetrata che affacciava sul maestoso e ben curato giardino, mentre percorreva con le dita le delicate gocce della pioggia. Tamburellava su di esso, intravedendo lo scorcio del suo viso riflesso mentre non poteva fare a meno di immaginare quello della sua dama così sconsolato e deluso a causa sua, delle sue azioni compiute senza curarsi però delle conseguenze tangibili.

«Sign. Jackson, il pranzo è pronto e la signora la sta aspettando a tavola» pronunciò una voce alle sue spalle, tenue e delicata. «È tutto okay?» aggiunse Grace, facendo un passo nella direzione del cantante.

«Si, grazie» rispose egli, serrando la mascella. Inspirò, rimanendo di spalle alla sua governante - se tutto era okay? No, in realtà niente era apposto e non voleva rischiare di perdere quella donna, la caparbia e giovane Natalie che dal nulla gli aveva teso la mano, per aiutarlo a respirare, per salvarlo dal suo oblio.

«Grace» disse ancora, voltandosi. «Starò via due giorni» e abbozzò un sorriso, chiudendosi nelle spalle per scusarsi del suo cambio di umore improvviso.
«Due giorni?» si intromise Frank, affiancando la donna che di rimando, diede una gomitata al giovane. «Và da lei, Cascio!» gli sussurrò poi.
«Davvero?» chiese ancora il manager, confuso.

«Potete coprirmi voi, per favore? E stare attento ai miei bambini?» e indossò gli occhiali, stirandosi di poco la camicia.
Frank rise e dandogli una pacca sulle spalle con fare amichevole, prese ancora parola. «Certo, capo!» concluse. «Vado ad avvisare Bill, quando vuoi partire?»
Il moro si guardò intorno e schioccando la lingua al palato, inspirò ancora. «Adesso»

❀ ❀

«Tra un'ora siamo arrivati, Michael» gli disse Bill, osservando di tanto in tanto lo specchietto retrovisore per incrociare lo sguardo del suo amico, che nervoso picchiettava il piede al suolo, ripetutamente. «La signorina Miller sa della sua visita?» aggiunse ancora.
«No, è una sorpresa dato..» e fece una pausa, inspirando sommessamente. L'uomo alla guida ridacchiò e battendo il palmo sul volante, schioccò la lingua al palato. «Le giovani donne sono una grandissimo grattacapo, alle volte»

Il moro annuí e incurvandosi in avanti, vide un
negozio di fiori. «Oh Bill, accosta qui per favore!» ordinò, osservando la vetrina colma di meravigliosi tulipani. «Potresti andare la dentro e prendermi un mazzo di tulipani, bianchi e rossi?» e avvampò per via del forte imbarazzo.
«Certo signore» concluse l'altro, ammiccandogli un occhiolino complice.

Tuttavia però, il cuore del cantante era un continuo vacillare, battere impetuoso a causa della sua eccessiva agitazione dettata dal delicato momento che i due stavano trascorrendo, ma dopotutto fremeva dalla voglia di reimmergersi negli occhi celestiali della dama, a distanza di quattro settimane.

«Bill, io entro» informò la sua guardia, aggiustandosi gli occhiali sopra al naso e coprendosi buona parte del suo volto, con una mascherina di colore nero, lucida e morbida al tatto.
«Sicuro che vuole andare solo?» domandò l'altro, voltandosi nella sua direzione. «Non è molto sicuro sign.Jackson, la riconosceranno e non sà come potrebbero reagire, forse..»

«Vuoi accompagnarmi dentro, Bill?» lo precedette, abbozzando un sorriso sghembo.
«Se per lei non è un problema, sarei più sicuro ad accompagnarla» gli rispose, chiudendosi nelle spalle e temendo per l'incolumità del suo cantante.

«D'accordo, ma resta dietro di me» lo ammuní quest'ultimo. «E aspetta un mio segnale prima di agire» concluse, facendosi strada a passo scaltro, all'interno del posto.

Egli tuttavia, percepiva una forte energia dettata dal fatto che, pazzie di questo genere, come mostrarsi al pubblico per una ragazza, non ne aveva mai fatte prima ma - sentendosi in colpa e temendo di perdere quel che stavano creando, mise da parte il tutto - agendo di testa propria.
Il clima era confortevole, le mura erano dipinte da un morbido azzurro che davano la percezione di volare ed essere su un mondo tutto tuo e - una volta giunto alla segreteria, posò le braccia al bancone, aggiustandosi il capello di feltro sul capo.
Si tolse la mascherina, virando la sua attenzione verso una donna: alta, dalla chioma scura e corta, intenta a leggera.
«Scusami» prese parola l'uomo, serrando le labbra in una linea dura, con Bill che rimaneva a debita distanza a controllare il tutto.

«Si, mi dic-» si bloccò la ragazza, una volta accortasi dell'uomo che vi era davanti a lei. Avvampò sulle gote, schiudendo le labbra a mo'di sorpresa. «Tu se-sei Michael Jackson?» ammise, serrando le palpebre e inspirando a fatica.

L'uomo ridacchio, sistemandosi la giacca con le mani ed abbassando i suoi fedeli ray-ban, riprese parola. «Si, sono io» e con voce bassa, pregò che la donna non si sentisse male in quel preciso istante. «Ti prego di non urlare, sono qui in visita per osservare alcune lezioni» mentí, in modo quasi audace.

«Ah-Ah d'accordo sign.Jackson» gli rispose l'altra, ancora leggermente sotto shock.
«Il tuo nome, per favore?»
«Elizabeth» emise, in un sussurro.

«Hai un bellissimo nome Elizabeth» riprese il moro, firmando un piccolo foglio con tanto di dedica. «Ti chiami come la mia migliore amica, la meravigliosa Elizabeth Taylor» e con fare sghembo, si protese ancora più in avanti. «Sai, Elizabeth - devo chiederti un favore»
«Mi di-dica»
L'uomo si ricompose, guardandosi intorno. «La signorina Natalie Miller, lavora qua - giusto?» e legò entrambe le mani, dietro la schiena.
Elizabeth annui, inspirando. «Si, sta tenendo una lezione, finirà tra un'ora» spiegò, tornando in se. «Vuole che la chiamo?»
«Oh no, non la disturbi» e schioccò la lingua al palato, portando l'indice sul mento. «Piuttosto può condurmi da lei? Ci terrei a vedere il suo operato.»

La mora sorrise. «D'accordo, mi segua» concluse.
Bill si strinse al suo capo, tentando di nascondere la sua figura e mentre percorreva i lunghi corridoi di quella scuola, si soffermarono su un'aula.
«E questa?» domandò la celebrità, osservando dalla grande vetrata, intravedendo alcune bambine, provare dei passi.
Elizabeth ridacchiò, bussando alla porta. «Natalie, ti cerca una persona» annunciò, facendo capolino dalla porta.

La bionda fece il gesto con la mano ad Amanda, di fermare la musica e prendendo una bottiglietta d'acqua, inspirò. «D'accordo, falla entrare»
«Natalie...» rise la mora, non avendo idea di come esprimere chi davvero fosse a cercarla. «Forse è meglio che esca tu..» e mimò qualcosa con le labbra, di incomprensibile.

La fanciulla sbuffò, leggermente stizzita a riguardo e in più, la discussione di qualche ora prima con la celebrità non aveva aiutato il suo umore a migliorare.
Si aggiustò gli scalda muscoli che indossava lungo i polpacci ed percorrendo il rettilineo che la divideva dalla sua collega, vide qualcuno di familiare.
«Bill?» sussurrò, portando le mani alle labbra. «Oh no» aggiunse, capendo l'intera situazione bizzarra che si era venuta a creare.
«Dieci minuti Amanda e sono di ritorno» mormorò poi, uscendo dall'aula con fare dilettato quando i suoi occhi incrociarono scaltri e caparbi, quelli di lui.

Proprio lui che tanto le aveva promesso e poi a stento aveva mantenuto, proprio lui che, a distanza di quattro settimane, gli era mancato terribilmente ed una parte di se, appena lo intravide li, davanti a lei - si sentí benedetta, appagata.
Egli le sorrise, mentre teneva tra le mani il mazzo di tulipani che tanto le ricordavano le sere trascorse in sua compagnia, durante gli spettacoli a Seul ed a Monaco - e che, desiderava in cuore suo che lei lo perdonasse.

«Elizabeth ti chiedo la massima riservatezza a riguardo. Non vorrei una mandria di paparazzi e giornalisti imbizzarriti, all'entrata di questa scuola» disse Natalie, osservando la collega di sottecchi mentre pendeva letteralmente dalle labbra del cantante. «Posso fidarmi di te?»
«Certo Natalie» rispose l'altra, virando l'attenzione altrove. «Con permesso» aggiunse poi, nei confronti del cantante che gli sorrise di ricambio.

«E ora che siamo soli..» sussurrò quest'ultimo, avvicinandosi alla sua dama che sbuffando, alzò gli occhi al cielo. «Bill» lo salutò, prima di tornare fissa sul cantante.
«Signorina Miller» le rispose la guardia, posizionandosi poi di spalle per lasciare loro, la giusta intimità di cui avevamo bisogno, mentre era impegnato a ridacchiare sotto i baffi.

«Michael» disse poi, con aria stizzita. «Cosa ci fai tu qui?» aggiunse, portando le mani sui fianchi.
«Ti ho portato questi» e le diede i fiori. «In segno di pace...e poi ero curioso di vedere dove lavoravi» mentí, arrossendo un poco sulle gote.
«In segno di pace?» lo riprese la giovane. «Sei proprio un megalomane Michael - vieni qui, rischiando di farti vedere e creare ulteriori disastri, solo perché non riuscivi a sopportare l'idea che non volessi parlarti» lo canzonò, posando la schiena al freddo muro. «Non riesci proprio a comprendermi, vero?»

«Non riuscivo a passare un'altra ora distante da te, sapendo di averti fatto del male» si irrigidì egli sul posto, posando le mani lungo le tasche.
«Così peró ti sei messo in pericolo, ti sei esposto, lo capisci questo?»
«Valeva la pena rischiare»
«No fino a questo punto, ti avevo solo chiesto tempo, non ti stavo abbandonando Michael» ed ella sospiró, sentendosi leggermente sopraffatta nonostante però, l'idea che lui avesse rischiato tutto solo per vederla, la lusingava.
Egli rimase immobile, con il viso chino e la fronte corrucciata mentre il labbro inferiore gli tremasse leggermente per via della forte tensione ed ella, accortasi di questo, gli prese una mano tra le sue.
«Michael»
«Mh?»

«Vuoi fermarti a vedere la lezione?»
Egli abbozzò un sorriso sconsolato. «Ma ti chiamerò - sign. Jackson» e lo fece ridere.
«D'accordo Miller, come vuole lei»
«E sono ancora infastidita dal tuo comportamento, sia chiaro» lo canzonò, facendosi strada.

Lui alzò le mani con fare di resa, seguendo la sua dama nella stanza. «Bambine, Amanda» sorrise la bionda, battendo le mani. «Sono lieta di annunciarvi, che l'ospite che è venuto a trovarci, è una persona molto importante» e si voltò nella direzione di Michael, che con il suo ingresso - lasciò Amanda, senza parole. «Il sign. Jackson è venuto personalmente per vedere una vostra lezione» e lui prese posto al centro della stanza.
«Sono venuto qui, per vedere il vostro talento personalmente dato che la vostra insegnante, la signorina Miller - me ne ha parlato molto, ma molto bene» si spiegò, con un cenno di capo nei confronti della donna che aveva insegnato tutto alla sua fanciulla.

«Lei deve essere la signora Price, Amanda Price» mormorò ancora, nei confronti della donna che arrossendo, schiuse le labbra. «Mi ha parlato molto bene anche di lei» concluse il cantante.

Tuttavia Natalie riprese la lezione, supervisionata dall'uomo che, osservava con eccessiva attenzione ogni sua mossa e di tanto in tanto, impartiva consigli alle bambine che entusiaste, seguivano i passi a ruota.
Alcune di loro si sedettero poi intorno al suo cospetto, riempiendolo di domande e rendendolo partecipe al medesimo stesso - mostrando cosa erano capaci di fare e dove ancora, avevano delle difficoltà.

«Ha un talento naturale, è brava, bella» gli spiegò Amanda, con fare comprensivo. «Trascorre qua dentro quasi tutto il suo tempo» e virò la sua attenzione nei confronti della celebrità, che inspirò ed abbozzò un sorriso.
«Si, lo so Amanda» e agitò di poco le mani. «Ai miei spettacoli è stata superlativa, è molto audace e perfezionista quanto il sottoscritto»
«Ti sono grata, per l'opportunità che le hai dato e continui a darle!» si chiuse nelle spalle la donna, alzandosi in piedi. «Ed ora, bambine: tutte sedute» ordinò dolcemente, prendendo la bionda per mano.
«Facciamo vedere al sign. Jackson, la meravigliosa coreografia che hai preparato con Abel?» e si risolve a quest'ultima, che ancora con il fiato corto, sbarrò lo sguardo.
«Oh, non mi sembra il caso..»
«Perchè no?» ridacchiò l'altra, avvolgendola in un abbraccio. «Abel, caro - puoi provare con noi?» domandò, ad un fanciullo di bell'aspetto, appena arrivato in aula, ancora con il borsone nero in spalla.

Il ragazzo si fermò sul posto, fissando per svariati secondi la popstar che aveva di fronte, schiudendo le labbra e mostrando il suo bellissimo aspetto: il viso non era eccessivamente marcato, bensì i lineamenti erano dolci, semplici e delicati. Gli occhi scuri, i capelli corvini sul capo e leggermente rasati lungo le tempie, vantava di una perfetta e candida dentatura, che ogni talvolta egli la mostrava, irradiava la stanza. D'altro canto l'uomo  fece altrettanto, fingendo un'aria entusiasta, inspirò a pieni polmoni l'aria intorno a se, la quale mano a mano il tempo passasse, diveniva sempre più stretta e consumata.

Natalie si strinse ad Abel, il quale le prese il volto tra le mani. Era bello, alto, non eccessivamente muscoloso e la sua pelle, color caramello, gli regalava una spiccata aurea sensuale.
I due presero a ballare, avvinghiati l'uno all'altra ed egli, la fece fluttuare in aria e poi - ella si distese al suolo con il fanciullo sopra, mentre si rotolarono sul freddo parquet.
Era un ballo passionale il loro, in una coreografia che narrava di un amore impossibile, a tratti irraggiungibile: di un uomo ammaliato di una principessa che, vittima di un male, perse la vita alla giovane età ed a seguito di questo eterno dolore, divenne il simbolo della caratteristica donna angelo, narrata ed illustrata nei versi del magnifico Dante, nella sua opera - e loro erano costretti a ricorrersi per sempre, consapevoli che niente, niente e nessuno -  fosse in grado di fermarli.

Ella gli accarezzò le labbra carnose con le lunghe dita affusolate, come era solita fare con l'uomo che nel frattempo, spettatore di quel ballo - serrò la mascella in una morsa di totale orrore, aggiustandosi di tanto in tanto il colletto della camicia. Nonostante fosse un professionista nel campo dell'arte, in quell'istante, per lui fu quasi impossibile essere obiettivo.
«Non è stata completamente travolgente?» domandò Amanda, a quest'ultimo che fingendo un colpo di tosse, battè le mani in un applauso. «Si, molto» rispose vago, mentre la giovane era impegnata a ridere, a dire cose sotto voce, con quel ragazzo.
Abel si protese in avanti, stringendo il corpo di Natalie a se, baciandole la fronte per poi sorridere al cantante, inchinandosi a lui.
«Grazie di aver guardato, sign. Jackson. Per noi è stato un onore» e il moro, inspirando ancora, si tolse l'occhiali molto lentamente e fingendosi entusiasta, gli strinse la mano. «Il piacere è stato mio» e schioccò la lingua al palato, fulminandolo con lo sguardo. «Abel...»

Tuttavia il fanciullo congedò la star con un cenno di capo, riprendendo parola. «Nat - mi aspetti fino alla fine della lezione e poi ti riporto a casa?» e la prese per i fianchi, sghignazzando.

«No» si intromise il moro, arrossendo di colpo. La bionda lo saettò con lo sguardo, schiudendo le labbra. «Nel senso, che mi piacerebbe parlare con la signorina Miller riguardo questa meravigliosa lezione» aggiunse, tentando di trovare una scusa plausibile. «E se lei è d'accordo, vorrei farlo ora» e fece un passo in sua direzione, sfiorandole una spalla con la mano.

La ragazza inspirò, quando il cuore, oramai fuori di se, fece una capriola nel petto e il profumo pungente di sandalo dell'uomo di fronte alla sua figura, la fece trasalire dal suo stato di trans misto ad eccitazione.
«Certo, volentieri» rispose, facendosi strada. «Ci vediamo giovedì, Abel» concluse, schioccando un bacio sulla sua guancia scura, sotto l'occhio accusatorio ed infastidito della celebrità, che la seguì a passo svelto senza proferire parola a riguardo.

❀ ❀

Michael si tolse velocemente il feltro dal capo, appoggiandolo nello spazio adiacente alla sua figura, tra il suo corpo e quello della fanciulla che silenziosa, si strinse nelle spalle, virando la sua attenzione al di fuori del grande vetro scuro del mezzo.
«Grazie dei fiori, comunque» mormorò, con tono poco udibile. «Sono molto belli»
«Era un gesto Natalie, per regalarti un pezzo di me» e inspirò, ancora leggermente infastidito da tutta quella situazione bizzarra, che invece di migliorare, sembrava incupirsi. «Volevo dimostrarti che sono molto dispiaciuto riguardo a ciò che è successo» e si passò una mano sul volto, bagnando il labbro inferiore con la lingua, più volte.
Con il palmo della mano si massaggiava il petto, accusando fastidio su di esso, come se qualcosa lo opprimesse e gli provocasse difficoltà nel respiro e schiudendo la bocca, iniziò a boccheggiare.
Era impacciato, rosso, spaventato e con movimenti goffi, aprì di poco il finestrino.
Natalie si accorse che qualcosa in lui non andasse e voltandosi, vide il torace fare su e giù ripetutamente ed il capo, chinato all'indietro.
«Michael che succede?» si avvicinò poi, sfiorandole la mano che teneva sulla camicia, con la sua.
Egli rimane in silenzio, con le palpebre ancora serrate mentre con le dita teneva stretto il colletto della sua camicia, iniziando a tirarlo con cautela e le sue iridi, appena sfiorarono la luce, videro il volto offuscato della dama, ed esse si riempirono di goccioline salate.
«Rovi-rovino sempre tutto» singhiozzò, arrossendo e provando dolore al torace, mugolando un rantolio e vedendola smanettare con le mani nel suo zaino, affinò nuovamente lo sguardo.
«Bevi Michael» gli ordinò, mentre gli reggeva il capo e lo aiutava a riprendersi captando che qualcosa in lui, non andasse. «Devi calmarti adesso, altrimenti..»
Lui smanettò con alcune tasche superiori della sua giacca, afferrando varie pasticche bianche dalla forma circolare. «Devo prenderle, altrimenti» e si massaggiò nuovamente il petto, lamentandosi. «Altrimenti non mi passa» e si vergognò totalmente, mostrando alla giovane, la totale e completa vulnerabilità del suo essere.
«Ah, scordatelo!» lo canzonò quest'ultima, avvicinandosi a lui. «Guardami e respira con me!» inspirò, spronando il moro a fare lo stesso.
«Ma..»
«Non ti serve quella merda, ma fai come me!» insistette, posando entrambe le mani sulle sue spalle, aiutandolo a fare quanto gli avesse ordinato.

Egli riprese colore gradualmente e le sue dita, abbandonarono il colletto della sua camicia e incrociando le pupille profonde della figura femminile di fronte a lui, si calmò. «Bravo, continuare a respirare, lentamente» continuava ad incitarlo, vedendolo scivolare sul sedile ed il suo volto provato, appoggiarsi alla sua spalla.
«Dio, quando mi sei mancata..» emise in un sussurro, accoccolandosi vicino alla sua figura. «Ti prego, non rimpiazzarmi con quel ragazzo..» aggiunse, provocando in lei, un brivido. «Lo so che sei ancora arrabbiata con me per via della cena, perché sono stato così cretino da ometterlo, ma credimi» e le sfiorò il collo, con la punta del naso. «Non volevo che pensassi cose, che per colpa dei giornali alla fine, hai pensato» e prese respiro, alzando di poco lo sguardo, sorprendendo la giovane turbata e sull'orlo di crollare. «Non volevo farti del male o farti sentire abbandonata, sola, illusa che il Michael che hai conosciuto, quello megalomane, che ti ha corteggiata per settimane, che ti ha baciata, che ti desidera.. » e lei deglutì quando egli inizió a baciare il dorso della sua mano, lentamente. «Beh quello è ancora qui, nessuna cena lussuosa, nessuno evento mondano, niente mi porterà via da te, io..» e la sentì singhiozzare. «Sai, vederti oggi nel tuo mondo così puro e genuino, immersa totalmente nel tuo lavoro, è stato bellissimo» e la accolse tra le sue braccia, sentendola piangere sommessamente sul suo petto. «Amanda ti ammira e ti vuole un gran bene, è stata tutto il tempo a dirmi belle cose sul tuo conto» e le prese il volto tra le mani. «Lei vuole vederti felice, serena, appagata e mi ha confessato che il suo cuore sarebbe colmo di gioia, laddove un giorno ti vedesse con quel ragazzo, Abel» e la vide schiudere le labbra, così morbide ed invitanti e lui, avvicinando le sue, le stampò un bacio sulla fronte. «Ma perdona il mio egoismo bambina, di non sopportare l'idea di vederti con un altro uomo, ma dopo tutto quello che duramente siamo riusciti a costruire» e Natalie si strinse a lui, totalmente scossa dal pianto e con le dita, le sfiorò il pomo d'Adamo, sistemandosi a cavalcioni su di lui.
«Sono consapevole di essere complicato, io non sono perfetto, io» e la vide inspirare mentre si protese in avanti, avvicinando il viso al suo.
«Hai ragione quando dici di non essere perfetto, di essere un egoista, un megalomane, non affine al mio stile di vita..» lo interruppe, osservando le labbra del moro, stringersi e la mandibola, irrigidirsi a quelle parole. «Ed hai ragione anche quando pensi che Abel, possa essere in linea con me, il ragazzo dalla porta accanto, ma io..» e lo vide serrare le palpebre, mentre con le mani le avvolse intorno alla sua vita stretta. «La Natalie che conosci, quella di cui dici di essere invaghito, beh - non le interessa Abel o ciò che è più giusto per lei, al suo stile di vita» e sorrise, mordendosi il labbro inferiore. «Troppe volte ho scelto strade apparentemente più semplici e giuste, provando infelicità nel percorrerle. Ma questa volta, non voglio accontentarmi» ed egli, le prese il volto tra le mani, alla ricerca del suo sguardo, quello caldo e complice che tanto gli era mancato. «Io voglio essere felice Michael, essere completamente libera e» affondò le mani nella sua chioma arruffata e spettinata. «E solo tu, riesci a rendermi felice, viva, libera» e lo sentì ridacchiare, imbarazzato.
«Mi desideri ancora?» le domandò, vedendola fremere quando al solo sentire il suo alito caldo e mentolato, ebbe un capogiro.
«Non ho mai smesso di farlo, popstar» e posò la bocca sulla sua, schiudendola poi in un bacio dolce, morbido, lento - godendosi la fragrante sensazione delle labbra burrose del cantante sulle sue, furono entrambi entusiasti e goliardici di appartenersi ancora, dopo quelle quattro lunghe e dolenti settimane.
«Rimani a cena?» riprese respiro ella, arrossendo.

Continua-

Come sapete, Michael faceva uso di calmanti.

Spazio Autrice:

SBAM! Eh fu così che diamo il benvenuto ad Abel Kumar, il nuovo personaggio - a breve lo presenterò anche nella sezione: personaggi.

Beh che dire, è stato davvero complicato scrivere questo capitolo ma spero che le emozioni, vi siano arrivate.
Questa volta non mi dilungo, aspetto i vostri pareri qua sotto, nei commenti.
I love u all girls.

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