𝚀𝚞𝚎𝚕𝚕𝚘 𝚌𝚑𝚎 𝚛𝚒𝚌𝚘𝚛𝚍𝚘 {𝟜/𝟝}
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Se non ci metti troppo,
ti aspetterò tutta la vita.
- Oscar Wilde
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Inspirava sommessa mentre un fiume di immagini le scorrevano vivide davanti; le mani strette al grembo mentre teneva saldo il labbro inferiore fra la bianca dentatura. Egli la ammirava in tutta la sua eterna bellezza ma non muoveva un muscolo. Pensava che quel momento fosse stato scolpito per entrambi da qualcuno di superiore e che nonostante fosse sbagliato pensare ancora a quel "noi", a lui non importava. Ella era luce, fervore e chiarezza. Era la sua colonna sonora, il sorriso che nasce dopo una bella notizia, un bacio atteso da due amanti costretti a stare lontani.
Natalie sorrise mentre ascoltava l'ultimo album del cantante. Molte le ricordava, perché erano ancora insieme quando lui le canticchiava per ricordarne il motivato o il verso. Era difficile per lei ammettere che un po' quell'adrenalina le mancasse, che quell'amore aberrante ma al medesimo tempo vitale fosse ancora ben delineato in ogni membrana della eterea esistenza.
«Ti piace?» Le aveva domandato egli mentre la vedeva assorta nei suoi pensieri. Ed era consapevole che doveva andare avanti, doveva voltare pagina e pensare meno a quello che erano stati, ma del resto se toglieva i suoi pensieri, cosa gli sarebbe rimasto? Non si sarebbe mai accontentato di dimenticare perché quell'amore è difficile da trovare, è quello che rimane impresso per l'eternità.
L'altra sorrise dilettata mentre con le dita andava a ritmo della melodia. Ormai il sole era calato, lasciando spazio alla malinconica oscurità. Vi erano solamente loro due e quella delicata canzone che le era rimasta impressa. Molte parlavano di amore, ma quella era particolare, più delle altre. Forte, intensa ed a tratti erotica.
La vide sospirare mentre con le mani si massaggiava le tempie.
Michael temeva non si sentisse bene ma ella lo rassicurò con un cenno di testa.
«Sto bene» ma i suoi occhi dicevano altro. Sulle labbra vi aleggiava ancora quel sorriso dolce ma gli zigomi erano tesi, come se stesse trattenendo un leggero pianto silenzioso. Perché quella canzone raccontava di loro, della loro storia e del loro amore. Di loro che camminavano insieme ma in direzioni diverse, di loro che si facevano bene ma anche tanto male. Equilibrio e disordine, dolore e goliardia. Lacrime e sorrisi. «Cantala, ti prego» emise un secondo dopo, a mo' di supplica.
Il moro rimase interdetto. «Pardon?»
«Cantala Michael, ti prego. Ho bisogno che tu la canti per me»
Ma del resto erano sempre stati solamente loro due; e non importava da che parte del mondo erano rimasti intrappolati. Si erano amati ed era giusto che lui le dedicasse quella canzone per chiudere quel cerchio immorale. Tuttavia recava troppo dolore serrarlo per sempre. Perché le parole dicono ma poi il cuore agisce da sé; e loro avevano solamente parlato fino a quel momento lasciando libero arbitrio al loro orgoglio. Entrambi sapevano che la strada dinnanzi fosse lunga e tortuosa, ma perché etichettarla come impossibile?
«Perché vuoi che io la canti, Nat?»
La vide irrigidirsi sul posto. Serrare le gambe e scostarsi una ciocca dietro l'orecchio.
«Voglio sentirti cantare di noi un'ultima volta» la voce sottile e gli occhi grandi. Lo guardava ancora nel medesimo modo del primo attimo che i loro sguardi si legassero, quando ancora erano ignari di quando fosse sbagliato e distruttivo quell'amore di cui però non potevano fare a meno. Avevano imparato a convivere con le vertigini e ora anche le lacrime avevano assunto un nuovo sapore.
«Voglio ricordare il nostro viaggio» schioccò la lingua al palato e distolse l'attenzione dai lineamenti delicati che le facevano perdere il senno ancora, ancora e ancora.
«Allora tu ballerai per me-»
«Ballare? No, no-» sorrise. «Magari un'altra volta»
«Ci sarà un'altra volta, quindi?» si alzò in piedi, aggiustandosi la camicia con le mani.
Natalie scosse il capo. «Canta, popstar-»
Hold my hand, feel the touch
of you body cling to mine
You and me, makin' love all the way
Through another night
Aveva sempre parlato di lei, nonostante la natura delle cose. Raccontava di lei in ogni verso e lo faceva inconsapevolmente, cercando in ella una scusa e credendo di avere una possibilità misera di essere salvato. E lui scriveva e raccontava di lei, di loro e dei gesti. Perché un uomo che aveva tutto, un uomo goliardico e solo, un uomo distrutto dai pareri di molti e idolatrato da altrettanti. Un esempio, un mentore, un figlio, un padre, un eterno bambino; era tutto come niente.
I remmeber you and I walking
Though the park at night
Kiss and touch, nothing much-
E le sue mani avevano quasi paura di toccarla e di farle male, ma ogni parola che fuoriusciva dalle sue labbra- era destinata a quell'amore inciso in ogni meandro del suo corpo. Michael stava letteralmente impazzendo: averla così vicino e non poterla avere, era come chiedere ai lussuriosi di non vivere di vizi reconditi.
«Non ti fermare popstar-» con il volto inclinato e la guancia adagiata sulla spalla, ella si stava lasciando trasportare da quella melodiosa poesia d'amore. Era come se entrambi, stessero nuovamente assaporando un momento di quella che una volta, era la loro magia velata.
Let it blow, just touch and go
Love me more-
Non resistette a guardarla negli occhi in quel preciso instante, mentre le dita cercavano invano un appiglio sui suoi fianchi.
Never leave alone by house of love
People talk, people say
What me have is a just game
La fece voltare su se stessa. Natalie rise seguita da lui stesso che la strinse a se; la schiena contro il petto muscoloso. Le dita percorrevano le sue curve, dalle spalle ai fianchi. Su e giù. La sua bocca cantava quella melodia, lenta e silenziosa al di sotto del lobo del suo orecchio.
Oh, I'll never let you go, come here girl
Ed era vero. Quella canzone era stata scritta per lei, per loro. Per il loro dannato ma al medesimo tempo magico amore. Le lambì la spalla sinistra con baci scottanti mentre con le mani le sfiorava il ventre, i fianchi, il collo. Strinse leggermente quest'ultimo a fine che ella alzasse il volto per guardarlo negli occhi. «I don't know what I'm gonna do, I can't stop lovin' you» recitò ancora. Natalie mugolò ma non oppose resistenza. Dopotutto perché farlo? Cosa stavano facendo di male? Era un addio il loro? O una promessa d'amore celata nelle gesta?
Lui non stava violando la sua volontà. Le aveva baciato il collo e la spalla destra scoperta, lasciando libero spazio alla fantasia del suo cuore. E quanto le erano mancate quelle attenzioni, le sue.
Gli cinse le spalle con le braccia e si guardarono ancora negli occhi. «E ora popstar? Che succede?»
L'altro rise dilettato. La strinse ancora più forte al suo corpo, chiedendo il permesso di osare con lo sguardo: catturandosi il labbro inferiore tra la bianca dentatura, inarcò un sopracciglio. «E tu bambina? Cosa vuoi che succeda?»
«Rimetti la canzone, ma questa volta balliamo»
«Come vuole lei-» sghignazzò, non mollando mai la presa. Non gli importava se fosse un addio o un nuovo inizio. Era dannatamente innamorato e quel lungo anno lontano da lei, non era stato vano. Non voleva sprecare quel momento, quell'occasione di pace. La possibilità di dirsi tutto quello che mai erano riusciti a dire fino a quel momento e se poi, fossero rimasti insieme ma in un modo diverso, non gli importava.
Niente aveva più senso se non tenerla saldamente tra le braccia in quell'istante, con fare innocente, con fare supplichevole.
Michael la guardò ancora negli occhi, grandi, azzurri e prepotentemente belli. Lambì ancora l'incavo del suo collo con le labbra calde, lasciando che da quelle della fanciulla fuoriuscisse un leggero rantolio. Sorrise sulla sua pelle continuando quella leggera tortura lasciando che le delicate mani dell'altra, le sfiorassero il petto da sopra il tessuto della camicia. Ballavano e si coccolavano delicatamente. Ella strinse la sua chioma tra i palmi, tirandola appena e lasciando mugolare il moro dal leggero fastidio piacevole. «Cosa stiamo facendo?» gli chiese un secondo dopo, quando la sua schiena era adagiata alla parete e il suo petto compresso al suo.
«Ricordiamo, viviamo ancora quei momenti-» e con due dita sotto al mento, le sfiorò la bocca screpolata con il pollice. «Non mi importa niente della razionalità del nostro rapporto ora. Voglio solo vivere questo istante e ricordarmi quanto amore provo per te, mia ragazzina insolente» le punte dei loro nasi si sfiorarono e lei percepiva il suo alito caldo mentolato. «Voglio essere ancora una volta egoista e baciarti, perché l'ultima volta che l'ho fatto ero ubriaco e felice. Ora sono lucido e felice. Voglio farlo e ricordarlo per il resto dei miei giorni» le nocche le sfioravano la pelle calda della guancia arrossata. Lui sorrideva beato e anche lei- era felice e leggera. Lo prese per il colletto della camicia e inspirò. «La prima volta quasi dovetti supplicare per farmi baciare da te, ricordi?»
«Damn- in realtà temevo di precipitare insieme a te. Ma se solo ci penso adesso-»
«Cosa?»
«Non avrei aspettato così tanto»
«E guardandoci ora? Come è finita? Noi siamo precipitati Michael, avevi ragione e tutto quel dolore che hai, abbiamo e che ancora proviamo? Rifaresti tutto?»
«Rifarei ogni cosa Nat, qualsiasi-» ma era sempre stato coerente. Le loro bocche supplicavano di possedersi e lui non poteva più aspettare. Non ne aveva voglia e non lo avrebbe fatto.
«Voglio baciarti e ricordare che comunque vada tra di noi, per me sarai sempre tu la donna della mia vita. Inconsciamente ti ho scelto dal primo momento. E ora bambina-» occhi negli occhi, parole dolci e sguardi infuocati. La loro era una sfida a chi sarebbe sopravvissuto a quell'amore soffocante ma vivido. «Vedo che sei rimasto il solito romantico che per darmi un bacio, deve farmi supplicare moltissimo. Ti piace non è vero?» cinse una gamba al suo fianco e spinse il ventre verso il suo.
«Cosa mi piace?» egli fece il medesimo gesto, circondando ancora una volta il suo collo con la mano. La obbligò a guardarlo negli occhi.
«Farmi supplicare. Giocare e vedermi cedere nonostante tutto. Ti piace eh, Mike?»
«Vuoi farmi illudere di avere questo potere?»
Ella rise, spingendosi in avanti. «Per quanto ancora devi parlare?» lo sentì ridere e baciare la sua mandibola, la pelle arrossata delle clavicole, il petto fermandosi dove iniziava la maglia. La vide roteare gli occhi e quest'ultimi riempirsi di cupidigia velata. «Mi piace vederti cosi» e premette con veemenza le sue labbra alle sue, schioccando un bacio fugace.
Staccandosi la vide interdetta. «Delusa? Cosa ti aspettavi?» del resto era lei a non voler ricominciare con lui. Quest'ultimo si stava solamente divertendo in cerca delle sue certezze e affermazioni. Voleva sentirsi amato e aveva bisogno di piccole e velate conferme nelle sue gesta.
Natalie sorrise. Gli strinse il volto con entrambe le mani e si avvicinò ancora una volta. «Ho sempre detta che era sbagliato, no che non lo desiderassi» e premette ancora la bocca sulla sua, schiudendola. Voleva un contatto maggiore di quello precedente e vide che egli era della medesima idea ma aspettava solamente una sua conferma per spingersi ancora più in profondità.
Entrambi non erano pronti a spiegarsi la natura recondita di quel contatto così intimo e voluto. Le loro labbra umide non smisero per un secondo di non sfiorarsi con baci caldi e promiscui in quel che era ormai una notte di segreti. Le lingue guizzavano insieme e morsi e carezze erano l'inizio di una passione tenuta soppressa troppo tempo.
Lui inspirò e arricciando una ciocca di capelli tra le dita, prese parola. «Li preferivo lunghi ma sei comunque bellissima»
«Volevo cambiare» si strinse nelle spalle mentre gli accarezzava l'accento di barba divenuto ormai prepotente. «E questa?»
«Volevo cambiare» la imitò prendendola in giro. «Non ti piace? Ti fa male mentre ti bacio?» aggiunse, facendole solletico lungo fianchi. Ella rise mentre l'altro non perse tempo a schioccarle altri due o tre baci. Gli ultimi di quella serata e fin quando ella volesse un distacco. Ma si godette ogni istante di quel momento e per una volta dopo molti mesi, si definì nuovamente sereno.
•Seconda parte•
Il mattino seguente, Natalie si svegliò completamente confusa. Sollevò la cascata bionda che le incorniciava il viso e si stropicciò i grandi occhi ceruli. Annaspò, guardandosi intorno. Lui era ancora lì, adagiato sulla poltrona con la bocca semi aperta, la chioma spettinata e il volto rilassato.
«Resti? Apriamo un buon vino e parliamo» gli aveva detto dilettata. «Fuori piove e non ho voglia di rimanere sola»
Guardò l'orologio che vi era appeso sul muro. Segnavano le dieci e un quarto, un orario decisamente insolito per entrambi che erano abituati a essere mattinieri. La tenda bianca filtrava la delicata luce dei raggi solari, che avevano preso il posto dell'amara quanto rilassante pioggia di quella notte.
Che enorme casino era quello in cui si stava cacciando. Non faceva altro che mettere a dura prova il cuore, il suo stato d'animo e la sua fragilità che non voleva dare a vedere. Non importava se i due non si fossero sfiorati minimamente quella notte, ella sentiva ancora quel tremolio pervaderle le ginocchia e riempirgli il cuore; il che era sbagliato e tagliente.
Con le braccia tese, si reggeva all'estremità del lavandino. Un coniato di nausea, un capogiro.
«Cristo!» imprecò sottovoce, prendendo respiro. Stava perdendo la rotta e quella situazione la destabilizzava visibilmente. Lo amava o era solo un ricordo quello che il suo cuore pompava?
Era sbagliato quel sentimento? Del resto avevano solo parlato, riso e cantato. E quel bacio, quel delicato quanto bisogno contato fra le loro imploranti bocche, aveva risvegliato in lei ricordi vividi.
"Nat- stai bene?"
Ella non voleva voltarsi perché quella voce era la risposta a quella domanda. Ma non poteva, o meglio, non doveva essere così. Doveva reprimere perché non erano reali quelle sensazioni, non potevano esserlo. Un altro coniato e si dovette sedere a terra, sul gelido pavimento del bagno preoccupando il cantante; era spaesato e non sapeva se era giusto raggiungerla o meno. Voleva rimanere discreto ma non poteva vederla in quelle condizioni e rimanere inerme, così si sedette vicino al suo minuto corpo, sfiorendole un braccio con le dita.
«Nat-» ma lei non rispondeva, a tratti inspirava sommessa. Le mani compresse sul ventre, il capo gettato all'indietro e gli occhi serrati.
«Tranquillo-» non riusciva a parlare. Quei dolori lancinanti erano tornati e non potevano essere causati dal vino della sera precedente. Era stanca e impaurita ma tentò invano di mantenere la calma per non preoccupare l'uomo al suo fianco. «Sto be-bene-»
«A me non sembra che tu stia bene-» con il dorso le sfiorò la fronte. «Ma sei caldissima!»
«Sto bene Mich-»
«Posso accompagnarti a letto?» E le scostava le ciocche dal viso rosso mentre ella cercava di dire che tutto andava bene. Era abituata a convivere con quei dolori ormai da qualche giorno e sapeva che prima o poi tutto sarebbe tornato apposto ma al medesimo tempo, conosceva Michael e il suo essere testardo.
Egli sbuffò serrando la mascella. Per una volta da quando si erano rivisti il giorno prima decise di fare di testa sua e prenderla in braccio. «Ma-»
«Zitta-»la ammutì.
Era divenuto ancora più premuroso di come lo ricordava. La vedeva stare male e temeva per lei, perché non era più partecipe della sua vita come un tempo; se mai le fosse successo qualcosa in sua assenza- inspirò, non voleva nemmeno pensarci.
«Cosa senti?»
«Sono delle fitte, ma con i problemi che mi porto dietro da quando sono ragazzina- è normale» mentì. «Stanno per arrivare le mie cose e allora-» roteò gli occhi perché non voleva dire la verità. Non voleva dire che accusava di tanto in tanto questi dolori e non era andata a farsi un controllo. Megalomane e perfezionista come era Michael, le avrebbe fissato una visita per l'ora seguente. Non voleva preoccuparlo ne tantomeno fargli pena per una sciocchezza del genere.
«Ti sei fatta visitare?» fece quella domanda, fatidica e irrisoria. Natalie annuì virando lo sguardo altrove. «Nat dimmi la verità!»
Era nauseante come riusciva a capirla semplicemente osservando le sue movenze corporee. «Devo andare ma prometto che lo farò! Sta' tranquillo, sto bene!»
«Chiamo qualcuno io, in modo tale-»
«No! Per favore- voglio pensarci io. Lascia fare a me, è tutto okay. Fidati»
«Ma sai che io-»
Si strinse a lui prendendogli il viso tra le mani come la sera precedente, senza però volerlo baciare o altro. Voleva solo guardarlo negli occhi e farlo tranquillizzare, perché lei era forte da sola e poteva pensarci lei. «Ci penso io, okay? Lasciami fare da sola. Ci tengo davvero tanto..»
«Va bene ma qualsiasi cosa, non mi importa se non vuoi più avere a che fare con me. Voglio essere il primo a sapere» e la strinse a se, roteando sul letto e lasciando che ella lo abbracciasse con trasporto. «Lo prometti bambina?»
Sentì il suo corpo tremare e tirare su con il naso, come se stesse piangendo. Ella si strinse e inspirò.
«Nat-»
«Lo prometto!»
Continua-
Scritto il 18/06/2022
Spazio Autrice:
QUANTO CA**O MI ERANO MANCATI.
Come si dice il detto "Chi non muore, si rivede?"
E infatti non sono morta pupine mie, ma sono così piena di impegni che fatico a stare qui con costanza.
Peró mi siete mancate e i miei personaggi mi erano mancati tanto.
Spero vi sia piaciuto, nonostante questo sia un capitolo di passaggio.
Vi aspetto qua sotto nei commenti per farci qualche nostra chiacchierata.
I love u all.
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