𝚀𝚞𝚎𝚕𝚕𝚘 𝚌𝚑𝚎 𝚛𝚒𝚌𝚘𝚛𝚍𝚘 {𝟙/𝟝}

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La mia notte mi soffoca per la tua mancanza.
La mia notte palpita d'amore,
quello che cerco di arginare ma che palpita nella penombra, in ogni mia fibra.
La mia notte vorrebbe chiamarti ma non ha voce.

- Frida Kahlo

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25 Dicembre 2000,
New Jersey

Batteva il piede al suolo ripetutamente. Era magro, forse troppo. Era serio, cinico e sfinito. Le occhiaie erano vistose e la chioma arruffata. Frank era preoccupato: osservava il suo più caro amico, chiudersi in se stesso giorno dopo giorno, sempre di più.

«Cosa posso regalare?» esordí il moro, scuotendo il capo. «Qualcosa che le piaccia tantissimo!»

Il fanciullo gli sorrise, alzando gli occhi al cielo.

«Un cane-» sospiró. «Sei l'unico che puoi regalarle un cane senza che mio padre si opponga»

Dopotutto Michael voleva continuare a lavorare anche durante le vacanze natalizie e proprio per questo, decisero di trascorrere il tempo a casa della famiglia Cascio, in New Jersey.

«Mia madre amerà questa cagnolina-» ed era vero del resto. Erano anni che la donna desiderava poter adottare un amico peloso. E Michael era l'unico tasto funzionante da poter applicare per convincere il marito Dominic.

Lo stesso giorno di Natale gli disse, a mani giunte quanto era entusiasta di aver scelto la piccola cucciola di Golden Retriever. «Sai Dominic-» parlava, gesticolando con le mani. «Ho esaminato un sacco di animali e quando ho visto questa cucciolina, l'ho guardata negli occhi e ho capito che era quella giusta. Le ho parlato e le ho detto che doveva essere il cane più bravo del mondo per stare con la vostra famiglia» ed era impossibile dire di no a Michael Jackson. Difatti il padre permise alla moglie di tenere la piccola Versace, come nuovo membro ufficiale della loro famiglia.

Riposava in una stanza molto luminosa, la più confortevole della casa. Ma nonostante questo, egli trovava molto difficoltà nel prendere sonno. Era solo, immensamente. Ogni notte doveva fare i conti con i suoi demoni più celati, con il dolore lancinante alla schiena. Era stremato: gli era impossibile anche respirare a causa dei trattamenti a cui era obbligato sottoporre la sua pelle malata. Klein, il suo dermatologo gli aveva prescritto il Demerol; con la speranza che egli riuscisse a trovare sollievo quando andava a coricarsi.

Ma come poteva un uomo di noto successo, vivere in quella massa buia e dolente? Era solo e ogni giorno lottava con il repudio di sé stesso.

Come poteva?

Frank era preoccupato. Vedeva il cantante fare un uso spropositato di medicinali, contattare noti medici a fine di riuscire a dormire anche solo due ore.

Bonnie, nonostante tutto sosteneva la celebrità spiegando che quest'ultimo provasse davvero molto dolore lungo la zona lombare. Che aveva bisogno di assumere degli antidolorifici per riposare e lavorare.

Ma nessuno dei tanti riusciva solamente ad immaginare quanto egli soffrisse. La verità era che loro erano insieme, pronti a sostenerlo ma lui era solo. Era un padre, un ottimo padre. Indossava la migliore maschera per far vedere ai suoi figli, che fosse in salute e sereno. Era un ottimo perfezionista: lavorava lucidamente e passava giorno e notte all'interno del suo studio per produrre al più presto il suo prossimo album.

Ma dietro la celebrità, vi era un uomo. Dietro al padre, vi era Michael. E dietro questo, vi era un'anima ancora innamorata di una donna che era entrata silenziosamente nella sua vita così come, ne era uscita.

Natalie.
Quel nome ancora tuonava nei meandri del suo cuore. Ancora era lí, scolpito.

Erano passati mesi ormai dall'ultima volta che la vide. Ella piangendo aveva deciso di dividere le loro strade, troppo diverse quanto legate. La pensava spesso. La sua risata, la sua leggerezza. Le sue labbra carnose, dove aleggiava un meraviglioso e candido sorriso.

E quel giorno, era ancora più doloroso da passare in solitaria. Perché non poteva non osservare Bonnie e Frank, Dominic e sua moglie.
Quel calore che solo l'amore, riusciva a lasciarti dentro.

Lui era solo.
Lui era solo, in mezzo a milioni di persone.

Seconda Parte

«Michael, amico. È tutto okay?»
«Si Frank, lo è»
«Allora perchè sei così sconnesso?»

Era vero del resto; il cantante virava lo sguardo altrove. La bocca era impastata e la testa girava vistosamente. Non era in sè e percepiva il bisogno di prendere aria. Socchiuse gli occhi, massaggiandosi il petto.

«Pensi che stia esagerando, mh?» inspirava. «Frank, tu non puoi capire. Tu- non puoi- capire..»

«Michael..»

«Io non ho nessun problema! Non mi credi? Tu non sai di cosa stai parlando, tu-»

«Non è che non ti credo ma-» il fanciullo era in difficoltà e schioccando la lingua al palato, prese posto di fianco al suo mentore. «Ma ti voglio bene e non sopporto vederti soffrire. Sei mio amico, sei come un fratello maggiore. Io ti credo ma quella merda, ti ucciderà ed io non-»

«Tu pensi che io abbia dei problemi, ma non è vero. Hai visto cosa mi è capitato a Monaco?» chiuse gli occhi, grattandosi la nuca con la mano sinistra. «Non riesco a respirare. Non riesco a dormire. Non hai idea di cosa significa stare così male, sentirsi così soli-»

«Michael ma non sei solo-»

«Davvero Frank? Dici davvero?» ringhiò il moro, tirando su con il naso. Era vero. Aveva i suoi figli, i suoi amici. Il suo talento e il suo lavoro.

Singhiozzava perché del resto quando rientrava in casa, quando era in camera la notte, quando volava da un paese all'altro; nessuno era insieme a lui a fargli compagnia.

«Non sei solo, amore. Siamo io e te. Siamo magia e questo sarà per sempre. D'accordo?»

«D'accordo bambina-»

E chiuse gli occhi lasciandosi andare ad un pianto sommesso. Perchè quella voce gli mancava come l'aria. Quelle carezze e quelle premure erano per lui, divenute fondamentali.
E il suo piccolo manager, quando lo vide stare così male, lo strinse al suo corpo.

«Mi manca così tanto-» sussurrava l'altro, sulla spalla di quel minuto ragazzo che di risposta, rimase in silenzio. Perché non c'era cura ad un cuore spezzato. Michael era innamorato e nonostante avesse affrontato tante delusioni, si sentiva impotente.

Era riuscito a mantenere rapporti con chiunque donna fosse capitata nella sua vita. Ma non con lei. Perché parlarle e pensare che non fosse più parte integrante della sua esistenza, faceva più male che accettare di averla persa per sempre.

«Non penso di immaginare tutta la tua sofferenza, Mike-» gli massaggiava la schiena, tentando di farlo calmare. Ma del resto era fuori di senno. Privo di lucidità, scattò in piedi.

«Io ci provo. Ogni sera cerco di addormentarmi senza pensare. Ma l'indomani tutti si aspettano qualcosa da me: che io sia creativo e felice. Ma ho dolori atroci e sento l'aria mancarmi ogni volta. È una sensazione orribile, la peggiore del mondo..»

Terza Parte

Marzo, 2001 - New York

Michael non smise mai di lavorare. Era in ritardo con l'album e la casa discografica premeva su di lui. Volevano a tutti i costi che questo, fosse pubblicato da lì a poco. Ma lui aveva la testa altrove, perché ricordava la premier di poche settimane prima.

Non pensava di sentirsi così completo quando i suoi occhi videro nuovamente quel corpo meraviglioso.
Ella era lì, bella ed elegante. Oramai vantava di una notevole fama. Camminava di fianco al suo accompagnatore e Jackson si domandava se ci fosse del tenero tra di loro.

Si umettava spesso il labbro inferiore, ingurgitando una quantità esagerata di alcol. Era un amante del buon vino e ne sentiva un forte bisogno quella sera.

Nonostante tutto Natalie lo vide ed ebbe un fremito lungo la spina dorsale. Era andata avanti ma la figura di quell'uomo dalle spalle larghe, era ancora impressa nella sua mente.

Era dimagrito ma non aveva perso la sua bellezza magnetica ed enigmatica. Difatti spinta dal fervore dello champagne, fece dei passi verso di lui e gli sfiorò una spalla con le dita affusolate.

Indossava una giacca gessata, nera luccicante. I capelli sciolti lungo le spalle e dei pantaloni in pelle. Era giovanile nonostante egli fosse un uomo di quasi quarantatré anni.

Michael non emise un verso. Le sorrise e le prese la mano, invitandola a ballare. Dopotutto non servono le parole quando ci sono gli sguardi, a fare l'amore.
Perchè ella fluttuava e finalmente era nuovamente tra le sue braccia. Il posto perfetto, dove sentiva di essere finalmente al sicuro.

«Perché te ne sei andata?» emise poi egli, in un sussurro. Perché erano mesi che non si vedevano, perché desiderava risposte di cui però, già conosceva risposta.

«Perché è la cosa giusta, per entrambi-»

Ma Michael non fu contento di quella amara verità. Forse il dolore di quell'anno tempestoso, forse il fervore del vino, forse l'amore che ancora non riusciva a smettere di provare per ella. Forse quell'insieme di cose, gli diedero la spinta di posare la sua bocca sulla sua. La mosse leggermente e la baciò con una dolcezza disarmante.

Non gli importava chi li guardasse perchè quella sera, se davvero ella desiderava abbandonarlo ancora, dovevano urlarsi il miglior addio di sempre.

Perché fecero l'amore, troppo ubriachi per rendersi conto che entrambi, dopo un anno, erano caduti in quella trappola che solo l'amore è in grado di tenderti.

Ed ora Michael ricordava quell'ultima notte con quella donna, dopo un anno dove le loro carni non si erano mai più sforiate. Dove le loro labbra non si erano mai più implorate di possedersi.

«Perché preferisco sentire la tua mancanza ogni giorno, che accettare di averti persa per sempre» le aveva sussurrato, una volta che entrambi avevano riacquistato lucidità.

«Ma è stato un errore. Siamo stati due ragazzini ubriachi, bisognosi del piacere carnale»

«Oppure due persone ancora innamorate ma troppo orgogliose per ammetterlo. Ma se preferisci andartene ancora bambina, io ricorderò questa notte come la migliore follia della mia vita»

E ora era ancora solo, dopo due settimane da quella pazzia. Da quella notte in cui aveva perso il controllo e lasciato da parte il suo perfezionismo. Da quella notte in cui aveva riassaporato la bellezza di tornare a respirare in sua presenza.
Perchè il fervore della loro ubriacatezza, li aveva resi nuovamente amanti per quelle poche ore nascosti dal mondo, nella limousine di lui.

Ma a lui parve un sogno quella notte. Forse aveva davvero immaginato tutto: il suo corpo e le sue labbra. In quel grande mezzo elegante, dai sedili in pelle. La sua risata che echeggiava al suo interno mentre egli le baciava il petto e le sussurrava quanto ancora la amasse e quanto non credeva possibile che fosse ancora tra le sue braccia.

Ma per lei era stato un errore cedere a quel gesto e per lui allora, solamente un sogno. Un bellissimo sogno peccatore di un atto egoista a causa di un amore troppo grande.

Ed ora che erano passate due settimane, egli si convinse maggiormente che fu solamente tutto frutto della sua pazzia. Rinchiuso nel suo studio e nella sua solitudine, egli aveva immaginato di fare l'amore con la donna della sua vita.

Ma poi quel foulard che aveva in tasca, che profumava di vaniglia- era un chiaro simbolo di come quella notte folle fu realmente avvenuta.

Quel pezzo di lino era l'unica certezza che ella lo avesse amato ancora, dopo un anno di rottura. Dopo un anno in cui si erano detti addio con le lacrime agli occhi e i cuore imploranti di amore.

Ma ora era nuovamente solo ed ella aveva tagliato qualsiasi tipo di rapporto. Non aveva più chiamato dopo quella notte. Era scomparsa in chissà quale parte del mondo. Egli mantenne il segreto, assorto nei suoi pensieri.

Si morse il labbro e ticchettava con la penna sul tavolo.

«Michael, sicuro di stare bene?»

Quest'ultimo scosse il capo, virando l'attenzione nei confronti del suo galoppino. «Pardon?»

«Stai bene?»

Annuí, mentendo. Del resto cercava invano di terminare Invincible, nonostante i notevoli ritardi esasperanti. Il suo perfezionista impediva il completamento del progetto.

«Sei preoccupato per la Sony?» egli si sedette al suo fianco, guardandolo dritto negli occhi. Del resto era vero che il suo amico fosse frustrato e visibilmente stanco.

Scosse il capo. «Con Bonnie?» gli domandò il moro in risposta. Non era solito interessarsi alle questioni di cuore, non sempre. Ma dopo quello che gli era successo e il segreto che era costretto a mantenere, gli venne spontaneo chiedere.

Il fanciullo sorrise, spintonandolo un po' dal petto.

Ma nonostante tutto Frank si accorse che egli era confuso, non lucido. «Cosa hai preso?» e l'altro fu come obbligato ad ammettere di aver assunto una pillola di Xanax per tentare di calmarsi.

«Sei un fottuto idiota a farlo davanti ai bambini!»

«Non ero davanti a loro-» e l'altro sospiró, abbandonando il peso sul sofà. «Ma cercano di fottermi-»

«Chi cerca di fotterti?»

«La Firm»

Ma il fanciullo stette a sentire l'angoscia opprimente del suo capo, fermamente convinto che la Sony non stesse facendo nulla per promuovere o pubblicizzare Invincible. E che la Firm, la sua organizzazione manageriale, non si batteva a sufficienza contro quest'ultima.

«Capisco che hai bisogno di sfogarti e sarei il primo a bere qualcosa con te» era sempre presente, pronto a salvarlo per quanto gli era possibile. «Possiamo prendere anche due bottiglie, se vuoi. Ma devi essere cauto. Non eri tu a dire 'Fatti una bevuta e divertiti, ma se dopo non puoi uscire da solo con le tue gambe, sei un incosciente?'»

Il cantante rise, con sarcasmo. «Non puoi capire cosa sto attraversando. Lo stress. L'album. La gente che cerca di togliermi il catalogo. La notte con Natalie e il suo abbandono-» si era chiuso la bocca con entrambe le mani, resosi conto di essersi confuso.

«La notte con Natalie? Di cosa parli?»

Michael scuoteva il capo, rimanendo in silenzio.

«Parla, ora!»

«E va bene, damn! Ci sono andato a letto, okay?»

«Quando?»

«Due settimane fa, alla premier-»

«Come è successo?»

«Frank!»

«Michael!» il fanciullo si massaggiava le tempie e sospirava. «Non fraintendermi, sono contento ma-»

«Ma nulla! Eravamo entrambi ubriachi e abbiamo sbagliato. O meglio lei è convinta che sia stato un errore nonostante io abbia ribadito ancora una volta, quanto io la ami. Ma lei se ne è andata, ancora» ma ora era adirato. Non voleva ricordare quella notte, nonostante fosse presente ogni tal volta chiudesse gli occhi. Il fanciullo comprese il suo stato d'animo.

«Mi dispiace! Ma andrà tutto bene okay? Rimani lucido. Devi farlo per i tuoi bambini-»

«Lo so Frank. Lo so, hai ragione!»

Continua-

Scritto il 8/08/2021

Alcuni fatti sono realmente accaduti.

Spazio Autrice:

Parlare di lui, mi era mancato.
E ditemi, a voi era mancato leggere di loro?
Ma sopratutto cosa pensate accadrà dopo questa notte di lussuria, tra i due?

Fatemi sapere qua sotto nei commenti.
Vi amo.

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