𝙻'𝚎𝚜𝚜𝚎𝚗𝚣𝚒𝚊𝚕𝚎 {𝟙/𝟝}
Oggi, 8 Marzo 2021:
Nonostante il periodo delicato che stiamo vivendo; auguri bamboline, per la festa delle donne! Un bacio-
Molti hanno scritto che a Michael non piaceva il Natale perchè la nostra famiglia non lo festeggiava. Non era vero. Non da quella volta in cui, a 4 anni, con gli occhi fissi sulla casa dei White, disse: «Un mucchio di lucine. E sarà Natale tutti i giorni»
- Jermaine Jackson
Neverland Ranch, California
- 23 Dicembre 1999
Seppur il cielo fosse oscurato dalla coltre di nuvole meste, che chiazzavano il cielo; vi era una deliziosa aria festiva nel grande Ranch del cantante.
Quest'ultimo difatti si era appena destato dal suo riposo: quella notte era stata turbolenta; la sua mente fú invasa da così tanti incubi che a stento era riuscito a coricarsi.
Michael inspirò, stropicciando i suoi occhi color cioccolato fondente, con le mani. Tuttavia era un uomo oramai adulto e padre di famiglia- ma nonostante questo, la sua aurea magnetica, era adornata ancora dal suo spirito frizzante e sbarazzino del piccolo fanciullo, che risiedeva all'interno del suo animo.
Tuttavia fu questo a far innamorare la giovane, della sua persona. Era buono, leale, sincero, severo ed innocente. Un miscuglio di incoerenze e razionalità. Un grande puzzle fatto di molte realtà: alcune belle, altre meno.
Camminando per la stanza dove dormiva solitamente, in compagnia della sua donna- si guardò attorno: ella non era nel letto, ne tantomeno in bagno. Socchiuse le labbra, tastandosi quest'ultime con le dita; su di esse vi era ancora la dolce fragranza ed irruenza dei baci di quella stessa notte. Le loro carni avvinghiate al di sotto di quelle lenzuola, gli illuminavano l'animo, rinvigorendolo vistosamente.
Ella però non c'era: da quando il padre si era risvegliato dal quel terribile coma; egli non aveva esitato ad ospitare tutta la sua famiglia, nella propria dimora. Carl era un uomo di nobili valori e meritava le premure più attente; voleva essere il cantante in persona, a prendersene cura. La migliore equipe di medici, affiancavano quella persona fondamentale, per la sua amata- notte e giorno, regalandogli una guarigione sempre più ottimale.
Era così felice, che a stento riusciva a crederci: vantava dell'amore di una donna sincera e leale, pronta a qualsiasi cosa, pur di sostenerlo. Vantava del rispetto della famiglia di quest'ultima, nonostante le problematiche a cui decisero di andare incontro, sostenendo quell'amore così pazzo ed irrazionale. Vantava di essere padre, di due splendidi bambini dalla chioma folta ed il volto paffuto. Prince cresceva a vista d'occhio, oramai camminava quasi da solo. Paris non era da meno, agile e buffa, era una bambina innamorata del suo adorabile e dolce papà.
Mentre sciacquava il suo viso, con dell'acqua fresca- si domandava quanto tutta quella meravigliosa essenza, fosse durata?
Meritava di essere così entusiasta?
Seppur fosse un uomo di successo, abituato ad ogni genere di cambiamento; auspicava che tutto quello, fosse rimasto così per il resto dei suoi giorni. Nessun premio vinto, nessun titolo assegnatosi, nessun traguardo raggiunto- era paragonabile a quella felicità celata, dietro a quell'amore nato per caso.
Strinse le labbra in una linea dura, serrando di colpo la mandibola. Con l'indice, si sfiorò la punta del naso. Soffriva per quelle macchie sparse lungo il suo volto, addome, braccia e gambe. Soffriva per quello stato di diversità che gli fù assegnata, fin dalla sua nascita. Soffriva per quella maledetta malattia che per troppi anni, lo aveva deriso ed etichettato in ogni modo possibile ed immaginabile.
Ma poi l'occhio gli cadde lungo il suo collo: la pelle era leggermente macchiata, da piccole chiazze rossicce. Rise, dilettato- divenendo paonazzo sulle gote. La sua ragazza, era davvero una giovane indomabile ed estremamente passionale fanciulla; amava riempirlo di morsi e marcare il suo territorio.
Egli era fin troppo maturo ed adulto per quel genere di cose ma lo trovava così dolce ed intrigante che- mentre osservava il suo riflesso; rise da solo.
Raccolse il suo pantalone in tuta, morbido- dalle sponde del letto; lo indossò facendo dei piccoli saltelli per non perdere l'equilibrio. Il petto era ancora spoglio, privo di indumenti. Anche su di esso vi erano piccoli segni di morsi. Rise dilettato, roteando gli occhi al cielo.
Nessuna donna era come la sua attuale giovane: pura, genuina ed a tratti timida. Ma ciò che più ammirava della sua persona, era la sua sicurezza nel mostrarsi agli occhi altrui. Era scaltra, caparbia e decisa.
Socchiuse le palpebre, quando due piccole mani si posarono sul suo petto; ella gli sfiorava la pelle calda e gli baciava le scapole. Era così bello e virile nella sua semplicità, che a stento riusciva a non saltargli addosso.
Le labbra scarlatte della giovane, schioccavano sonori baci su di esse, mentre lo stringeva a se- posando il suo seno sulla sua schiena.
«Dove sei stata?» mormorò l'altro, con voce roca e bassa. Voltandosi la vide; osservandola dall'alto al basso. Era così bella e ben vestita: il piccolo maglioncino bianco, che le arrivava alla vita. Il pantalone in pelle, largo, che le ricadeva morbido lungo le gambe magre. Un paio di tacchi, lucidi e di color bianco. «Anzi-» e le cinse la vita, odorando il buon profumo di sandalo, emanato dal suo corpo. «Mi hai rubato il profumo?»
Natalie annaspò, sorridendo mesta. «Confesso: sono colpevole popstar- ma è troppo buono e-» venne azzittita da un bacio a stampo. Seppur infervorato, egli trovava buffo e divertente quando l'altra si trovava in difficoltà. «Dove stai andando bambina?»
«Queste- non sono cose che ti riguardano!»
«Ah no?» e con le mani, le strinse il fondoschiena sodo, facendola sobbalzare. La spinse al muro, mordendosi il labbro. «E se non ti lasciassi andare?» e con le burrose e calde labbra, le baciò il collo avidamente.
«Sarebbe ingiusto, da parte tua! E poi hai del lavoro da sbrigare con il nuovo album!» lo spinse dal petto, dilettata. «E non sgualcirmi i vestiti, Jackson!»
Michael sbuffò, arricciando il naso. Alzò un sopracciglio bruno, con fare laconico. Desiderava solo sapere dove ella fosse diretta, così ben vestita e scalpitante; a cosa fosse dovuta tutta quella fretta e perché non voleva parlarne con lui. Non era geloso, bensí si fidava ciecamente di lei; ma non poteva soccombere a quei pensieri che ogni tanto si intrufolavano nella sua mente. Nessuno sapeva di loro, solamente gli affetti più vicini. Seppur egli fosse propenso ad urlarlo ai quattro venti, sapeva che una notizia del genere, avrebbe destato il caos mediatico. Era riuscito a stento ad annunciarlo a sua
madre, la quale rappresentava il luogo di massimo rifugio del cantante.
Era consapevole che la fanciulla non fosse ancora pronta ai media, ai giornalisti ed al suo tenore di vita, a cui sei obbligata a sottoporti se sei la fidanzata di Michael Jackson.
«Perchè sei pensieroso amore?» ella era talmente innamorata, che non si vergognava di chiamarlo in quel modo; lui meritava di essere il suo amore.
«Come mi hai chiamato?» le domandò l'altro, destato.
«Amore-» lo ripetè, sorridendo. Gli cinse il collo con le braccia, guardandolo nelle profonde e turbate iridi scure. «Sono innamorata di te- sono persa di te. Sono drogata di te- io ti amo, amore» ed corrucciando la fronte, gli baciò il naso. Con entrambi i pollici, gli accarezzava i piccoli e sporgenti zigomi. Era troppo carino quando sorrideva, perché essi si alzavano e gonfiavano leggermente.
Michael difatti, socchiuse le palpebre. «Piccola ragazzina insolente- sono un uomo maturo, forse vecchio ma-» e ridacchiò, posando le dolci labbra sulle sue. «Ma sono così tanto innamorato, che mi sento un ebete» pronunciò, con la bocca ancora incollata alla sua. «E mi ecciti con niente e questo-»
Ella lo spinse dal petto, esasperata ma dilettata. «Hai rovinato un dolcissimo momento, con la tua perversione- popstar!»
Il moro fece una giravolta su se stesso, alzando di poco le spalle con nonchalance. Le cinse ancora la vita, guardandola negli occhi. «Allora mi dici dove sei diretta o devo violentarti dolcemente per scoprirlo?»
«Sei per caso geloso, mh?»
«No- bambina, chiamala curiosità!» si burlava di lei, sentendosi beato e felice. Oramai avevano raggiunto quel grado di complicità ed intimità, che solo due innamorati come loro, potevano comprendere.
«Vado a fare shopping: tra due giorni è Natale! Voglio prendere un pensiero per i bambini, per i miei e per il mio focoso cantante preferito!»
«Al tuo focoso cantante preferito, gli basterebbe che la sua ballerina rimanesse con lui- e»
«Niente da fare, pivello!» e schioccando un ultimo bacio sulle sue labbra, girò i tacchi. «Ci vediamo questa sera!» e gli ammiccò un occhiolino, dilettata.
❀ ❀
Era tarda serata oramai e la bionda non era ancora tornata; si era concessa un vero e proprio pomeriggio di compere. Tuttavia però, il cantante non era così entusiasta all'idea che ella fosse distante da così tante ore.
Egli aveva terminato alcune registrazioni e mentre osservava i suoi spartiti con tutte quelle note scritte, rimuginava sul da farsi; ma dopotutto mancava poco al Natale e voleva prendersi quei due giorni per trascorrerli con i suoi bambini.
Il suo viso era scavato e leggermente più magro; si sentiva più stanco e meno ispirato per il suo lavoro. Temeva che quelle canzoni, fossero troppo diverse dai suoi passati lavori: ma voleva cambiare, voleva evadere da quel piccolo guscio che si era duramente costruito negli anni.
Voleva regalare al suo pubblico, nuova musica e nuovi progetti; confidava nel suo operato e nel suo cambiamento. I nuovi sound erano buoni ed il lavoro era ben equilibrato.
Era un pioniere, un Re Indiscusso, un Dio- e seppur il suo nome fosse affiancato a moltissime dicerie, egli voleva tornare sulla cresta dell'onda.
Scuotendo il capo, si stirò il camicia con entrambi le mani. A passo svelto, raggiunse il grande salone dove vi era il meraviglioso albero tutto decorato ed illuminato.
Ridacchiò sotto i baffi: gli ricordava la sua più cara amica Liz- e tutto l'impegno e dedizione che aveva impiegato per decorare l'intera Neverland, per quel famoso Natale. Era il lontano millenovecentonovantantre- egli non aveva mai festeggiato quella festa, prima di quell'anno. [*1] Ella desiderava solo vederlo felice e sereno, nonostante le difficoltà che in quel periodo si era ritrovato ad affrontare.
Sfiorò con la mano destra, una piccola e tonda decorazione: nonostante non fosse un amante delle festività, amava tutto quell'ambiente giocoso e fanciullesco. Amava il calore e la felicità che si celava nei dolci gesti di affetto.
Prince lo raggiunse, aggrappandosi alla sua gamba. Egli lo prese in braccio, baciandogli la fronte.
«Prince- che hai da ridere così?»
Il piccolo corrucciò la fronte, sorridendo. «La mamma di Nat-Natalie ha preparato la to-torta al cioccolato» e batteva le mani, entusiasta.
Il padre rise, scompigliando la sua chioma bionda. «Ah si?» e prese a fargli il solletico, lasciando che la risata del suo pargolo, risuonasse per tutta la stanza.
Seppur l'altro fosse interdetto e preoccupato per la giovane, si mise a gattoni sul pavimento, per giocare con il piccolo. Amavano comporre puzzle insieme; Prince ne era innamorato e passava di tanto in tanto qualche pezzetto al suo papà.
Quell'ultimo canticchiava una dolce melodia, sorridendo mesto. Ma poi rimuginava: auspicava a passare quel tempo in compagnia dei suoi bambini e della sua amata. -Dove sarà finita?- pensava, sospirando.
«Papà-» si intromise la piccola Paris, prendendo posto di fianco a suo fratello. «Ci canti la canzone?»
Michael le accarezzò il volto, ridendo: era consapevole che quando i suoi bambini parlavano di canzoni, intendevano il nuovo brano a cui lui stesso stava lavorando.
«Solo se entrambi mi date una mano!» era così divertente vederli impegnarsi, in un qualcosa- pur di renderlo felice; e poi era vero, desiderava registrare qualche piccola voce di sottofondo di alcuni bambini per The Lost Children. [*2]
When you sit there addressing,
counting your blessings
Biding your time
Intonava, dolcemente, serrando le palpebre. Con le dita gesticolava e le gambe, erano incrociate. Erano bellissimi: seduti e tutti e tre, abbracciati.
When you lay me down
sleeping and my heart is weeping
Because I'm keeping a place
Prince aveva posato il viso, sul petto del padre. Paris, da piccola bambina sveglia- teneva il tempo con le manine. Lasciava ciondolare la testa e canticchiava con il papà.
«Oh, Prince- sing with me! Please!»
Il piccolo scosse il capo, dilettato. «Yes- daddy!» e battendo le mani, osservava il volto serio dell'uomo da sotto le lunghe ciglia.
For all the lost children
This is for all the lost children
This one's for all the lost children,
wishing them well
And wishing them home-
Continuavano, lasciando che la musica si impadronisse del loro corpi. I pargoli seguivano i movimenti avidi, del loro mentore. Mani nelle mani, si erano alzati e avevano preso a danzare con piccole movenze dolci. Michael aveva preso in braccio la sua principessa mentre il piccolo Prince aveva virato il viso, altrove.
Vide la bionda fare rientro con delle buste e correndogli incontro, lasciò che ella lo prese in braccio. «Nat- balli e canti con noi?»
La giovane sorrise, osservando il suo uomo- che divertito, le fece l'occhiolino. Baciando la chioma bionda del bambino, raggiunse gli altri; insieme sembravano una vera e propria famiglia felice.
[...]
Neverland Ranch, California
- 25 Novembre 1999.
Il piccolo pargoletto- era eccitato: amava ricevere regali e sentirsi al centro dell'attenzione. Tuttavia Prince era talmente agitato che aveva raggiunto la stanza del padre, iniziando a saltare sul letto in attesa che egli si fosse destato dal sonno. Era così buffo e divertente che il moro si era alzato, ridacchiando mesto.
Natalie nel frattempo teneva stretta al petto Paris, che voleva cucinare i biscotti a forma di albero, renna e piccole casette. Grace e Ada erano rimaste in cucina, per dare loro una mano.
Vi era una meravigliosa aurea magica in quella casa: il pranzo era andato benissimo e Carl aveva scambiato qualche parola con il cantante. Era così grato a quell'uomo che delle volte provava vergogna- non voleva risultare un approfittatore ai suoi occhi.
«Carl, per me è un grosso onore avere te e la tua famiglia qui. Sono così felice che tu stia meglio..»
«Oh Michael- sono io a dover ringraziare te!» era dinnanzi a lui, a mani giunte. Si abbracciarono calorosamente dimostrando la meravigliosa stima reciproca, che provavano.
Natalie entusiasta, aveva preso posto sul divano. I pargoli si erano seduti al suo fianco, a cerchio. Ella aveva preso i due regali che aveva nascosto per quei due giorni. Michael ridacchiò, mentre osservava i suoi figli battere le mani- felici. Questi erano: una bellissima Barbie, molto graziosa. E per il piccolo monello- un modellino smontabile, di Spider-Man.
Michael cinse la vita della sua ballerina, baciandole una tempia. «Sei stata dolcissima ma-»
L'altra lo spintonò, fulminandolo con lo sguardo. «È così bello, vederli felici-» e battendo le mani, virò la sua attenzione nei confronti dei piccoli. «Ed ora voglio fare un discorsetto con voi»
❀ ❀
«E ora che siamo soli- ho il regalo per il mio cantante sexy!» si guardarono attentamente; occhi negli occhi.
«Ah- e cosa?» agitava di poco le mani in aria, invano. Era curioso e sfiorandosi il mento, con l'indice, riprese parola. «Non dovevi però, bambina»
Natalie gli porse il primo pacchetto. «Avanti- aprilo!» e sorridendo dilettata, si sedette sul morbido sofà.
Erano rimasti soli: avevano messo a letto i bambini dopo aver letto loro, una dolce favola, mentre i genitori della dama erano ritornati nelle proprio stanze. Tuttavia la sua massaggiatrice ed il suo manager, erano andati a festeggiare il Natale in Italia- dove soggiornavano i genitori di quest'ultimo.
Ella lo osservava: era così elegante, in ogni movenza e sguardo. Era bello, in modo intenso. Le labbra carnose, gli zigomi alti ed il naso fino ed appuntito. Era privo di trucco e questo, regalava al suo aspetto, un'aurea ancora migliore.
Con le grandi mani, scartava la carta del regalo. Ridacchiò, quando intravide la figura di un piccolo super-soaker. «Bambina-» e sorridendo a trentadue denti, le baciò una guancia. «È bellissimo! Allora ti sei ricordata di quando io-»
«Di quando mi raccontasti che se vieni a Neverland, la prima regola è quella: che prima o poi, finisci con l'essere bagnato. Si, mi sono ricordata- le battaglie con i super-soaker sono una delle migliori attrazioni di questo posto!» e lo spinse un poco, inspirando.
«E quell'altro pacchettino?» domandò il cantante, indicando una scatola delle medesime dimensioni della precedente, dietro il corpo della sua dama. Le palpebre si erano allargate a dismisura; le mani erano giunte e il labbro inferiore, intrappolato tra la sua schiera di denti bianchissimi.
Natalie si strinse nelle spalle. «Questa è la mia pistola d'acqua. Come faccio a difendermi, altrimenti?»
«Ooh- e posso prendere io, il tuo regalo?» si era proteso in avanti, mettendo il broncio. Ella rideva dilettata: era così bello e genuino quell'uomo, quando era sereno e spensierato.
«Certo- ne ho presto apposta, uno in più!» e si strinse al suo petto, posando il capo sulla sua spalla. «Ho voluto farti un regalo per lo più, semplice e genuino. Volevo vederti così felice! Sei bellissimo quando lo sei- dovresti sorridere di più, popstar!»
Era strabiliante come, in così poco tempo, la fanciulla riuscisse a leggerlo dentro in un modo impeccabile. Era divenuto per lei, un libro aperto oramai. Dopotutto era vero: quel pensiero, ad occhi estranei, poteva risultare banale- infantile; ma per il cantante era perfetto. Natalie era riuscita a leggere la sua anima e trascriverla nei meandri del proprio cuore. Mano nella mano, lui le baciò le nocche- mentre con fare magnetico, aveva intrecciato le languide e scure iridi, nelle sue.
Era avido di quella donna; la strinse a se, tenendole il capo dalla nuca. «È il regalo perfetto per un bambino come me e tu-» schioccò la lingua al palato, inspirando profondamente. «Non smetti mai di stupirmi e rendermi felice, a tratti pazzo-»
L'aveva vista imbarazzarsi molte volte oramai, ma in quei mesi di totale perdizione della propria razionalità, egli sentiva l'anima colma di quella strana sensazione di totale benessere ed appagamento.
Le scostava le ciocche bionde, dal viso. Mentre le stringeva la mano, le coprí il corpo con il suo cappotto nero pesante.
«Ma dove mi porti?»
L'altro non rispose; imperterrito camminava per le lunghe vie strette del giardino della sua grande dimora. Sorridendole, la fece entrare nel piccolo ingresso del suo teatro.
Natalie intravide subito, il bancone in legno lucido: al di sotto di esso, vi erano così tanti dolciumi che percepí la bile salirle in gola. Nonostante tenesse alla sua linea, era una ragazza molto golosa e amante della cioccolata e dei popcorn caramellati.
«Mmh- cioccolata o popcorn?» ridacchiò l'uomo, baciandole una guancia scarlatta. Ella si chiuse nelle spalle, arricciando il naso; classico segno di indecisione: avrebbe desiderato mangiarsi tutto.
«Okay- vada per entrambi!» concluse il moro, stirandosi la camicia con entrambe le mani.
Al suo interno, il teatro era molto grazioso: le poltroncine erano rosse e morbide. Non era esageratamente spazioso, ma il palco non distava molto dall'inizio della stanza.
Vi era un palcoscenico e uno maxi schermo, su cui vedere ogni tipologia di pellicola scelta.
Il cantante prediligeva i cartoni Disney, laddove egli- ospitasse bambina nel suo posto incantato.
«Tengo dei lettini d'ospedale, per i bambini malati, che non possono godersi un film normalmente. Desidero solo regalare serenità ad ogni piccolo individuo, che ha bisogno di aiuto-» spiegava, gesticolando un poco con le mani. [*3]
Ella prese posto, sopra le sue ginocchia. Poteva sedersi ovunque, ma voleva godersi quell'uomo ancora un po'. Era consapevole del resto che prima o poi, entrambi sarebbero tornati alle proprie vite. La distanza non era un'amica, ma doveva diventarlo.
«Sei incredibile, lo sai vero?» e con le mani gli accarezzava il volto arrossato. Era così adorabile con quella chioma tutta spettinata, schiacciata al di sotto del piccolo cappello con la visiera che amava indossare, e la bocca schiusa, leggermente schiusa.
Nel frattempo l'altro, manteneva un'espressione seria e corrucciata: si mordicchiava il labbro inferiore, bagnandolo di tanto in tanto. Con la mano, accarezzava le gambe della fanciulla seduta sopra le sue ginocchia.
«È tutto okay, popstar?»
«Mmh- pardon?» era imbarazzato, e nel piccolo taschino della sua camicia, vi nascondeva una scatola. Era nera, leggermente lucida.
«Amo il fatto che tu e la tua famiglia, stiate qui. Amo Neverland e amo condividere questa dimora, con te. Amo vedere i miei bambini così felici, quando entri nella stanza. Amo Neverland e-» parlava, ciondolando leggermente con la testa. Percepiva che presto o tardi, ella sarebbe dovuta ritornare alla propria vita; dopotutto quella non era la sua reale casa.
Ella si strinse al suo petto, mentre con le dita, le accarezzava il collo: deglutendo per via della forte tensione, sobbalzò quando ella le sfiorò il pomo d'adamo.
«Neverland risveglia il bambino, che vi è in ogni uomo, donna e bambino. È il posto in cui ho la sensazione, che si possa ritornare alla propria infanzia. E come sai-» sorrideva, laconico. «In essa si scoprono adulti, fare cose bizzarre che non facevano da quando non avevano dieci anni. È un posto meraviglioso dove c'è molto da fare: ho sempre desiderato un posto in cui essere impegnato tutto il giorno» la minuta ragazza, ascoltava attentamente. Amava quando l'altro, si metteva a nudo dinnanzi a lei. Era un gesto molto intimo, che solitamente non era solito fare con chiunque. Quello era il suo modo per dimostrarle quanto ella fosse importante.
«Insomma è solo un posto divertente. Lo adoro» ridacchiava, sfiorandosi nuovamente il petto. «L'amerò per sempre e non potrei mai vendere Neverland. Lei è me, capisci? Neverland sono io e rappresenta tutto quello che sono. Io la amo-» e prendendo respiro, serrò le palpebre. «Ma sono consapevole che non è lo stesso per te; hai bisogno di un posto tuo. E nonostante una parte di me, ti vorrebbe qui- l'altra è consapevole che tu non saresti pienamente felice. Quindi-» e prendendo la minuta scatola nella sua camicia, le sorrise dilettato. «Voglio vederti realizzare ogni tuo sogno: partendo dalla tua casa- bambina!»
Natalie prese quel minuto aggeggio in legno, aprendolo lentamente. Al suo interno vi era un grazioso mazzo di chiavi: la casa a Ventura, che il moro le aveva regalato, era pronta.
Finalmente poteva realizzare uno dei suoi più grandi sogni, grazie all'uomo che avidamente le aveva rubato il cuore. Urlando dalla gioia, gettò le braccia intorno al suo collo; stampando tanti minuti baci sul suo volto scarlatto.
«Ooh- non ci credo, Michael. È pronta davvero?»
Batteva le mani, divertendo visibilmente il suo uomo, il quale inarcò un sopracciglio bruno, mordendosi il labbro inferiore con nonchalance.
«Si, è tutta tua bambina!» e lasciando che ella si strinse alle suo petto, le baciava i capelli. «Non voglio essere egoista, non con te, Nat. Desidero davvero vederti felice e-» la voce gli venne a mancare e lei, gli prese il viso tra le mani.
Entrambi erano emozionati: quel gesto segnava un nuovo inizio per la dama e un nuovo ostacolo per il loro amore. Tuttavia era consapevole che entrambi si erano lasciati coinvolgere da quel sentimento, travolgente ma al medesimo tempo complicato.
«Lo sono, lo sono amore. Ma è grazie a te, tu mi completi e sono consapevole che sei spaventato- anch'io lo sono» e gli baciò il naso. Le dispiaceva vederlo in quello stato: le iridi erano dilatate, e le gote rosse. Vedeva il terrore invadergli lo sguardo e fargli tremare l'anima. Voleva solo fargli capire che niente e nessuno, l'avrebbe destata dal suo sentimento per la sua persona.
«Ma niente ci dividerà, Michael-»
«Ma la mia fama, la mia-» gli tremavano le labbra e il cuore fece una capriola nel petto. Sentiva il fiato corto e la voglia di baciare quella donna, si era insinuata lungo le sue vene- che comunicavano con quel muscolo principale, che pompava il sangue vistosamente.
«Al diavolo, Michael- non sei più da solo. Siamo una squadra, okay?» e gli sorrise, sistemandosi a cavalcioni su di lui. «La ragazza insolente e la popstar mondiale-» lo prese in giro, ridacchiando.
«Non sei una ragazza insolente..» sentiva la gola arsa e la mente vacillare; con le mani le cingeva la vita e con la punta del naso, le sfiorava la pelle calda del suo collo.
«Ma se sei tu, il primo a chiamarmi così!» roteò gli occhi al cielo, infilando le mani tra la sua chioma bizzarra. Gli tolse il cappellino e si strinse maggiormente al suo corpo.
«Oh well-» le baciò il collo, con un leggero schiocco. Le labbra avide e burrose, scorrevano languide sulla sua pelle calda e leggermente arrossata. La percepí tremare sotto a quel tocco e riprendendo lucidità, virò lo sguardo nel suo. «È vero: sei una ragazzina insolente ma ciò non toglie, che sei una donna meravigliosa!» e imbarazzato, inspirò.
«Una donna abile, scaltra e buona. Dall'anima pura e priva di malizia. Hai visto questo povero uomo e non l'hai giudicato-» si era indicato con l'indice, mentre parlava di se stesso, in terza persona. «Bensí l'hai compreso e imparato ad amare-» occhi negli occhi, mani nelle mani.
I battiti erano impetuosi ed i respiri veloci, sfuggenti.
Seppur entrambi temessero il futuro beffardo, che vi era dietro l'angolo; non potevano fare a meno dei battiti dei loro cuori ogni talvolta che erano vicini.
Si amavano e non se ne vergognavano. Era vero che fosse un segreto per lo più, solo loro; ma perché urlare al mondo un amore così vero, se gli altri non erano ancora pronti a capire?
Michael si era ripromesso di non cadere più negli errori del passato, illudendosi di poter essere felice. Lo aveva fatto così tante volte che aveva quasi perso le speranze, ma con quella dama aveva scelto di giocare a carte scoperte.
Ella lo aveva compreso e nonostante fosse spaventata dalla sua figura possente e virile, e dal suo contorno dolente- aveva afferrato la sua mano, per non abbandonarla mai più.
Erano perfetti insieme, erano veri. Avevano percepito la magnetica ebrezza dell'amore, lasciando che le loro anime vacillassero, ubriache ed assuefatte. Entrambi, avevano ripreso a respirare in quello che era, il loro rapporto essenziale.
Continua-
[*1] Michael Jackson festeggiò il suo primo Natale, nel '93. Fù proprio Elizabeth Taylor ad occuparsene Ed esiste anche un video un sacco tenero: Michael Jackson Private Movies.
[*2] The Lost Children: brano che sarà presente nell'album Invincible, 2001. Michael registrò davvero la voce del suo primogenito Prince, al suo interno.
[*2] Nel teatro di Michael vi erano davvero dei lettini d'ospedale, per i bambini allettati.
Spazio Autrice:
Sono qui, dopo quasi un mese.
Non è stato facile scrivere questo capitolo, prettamente di passaggio, per prevedere poi quello che sarà, tutto l'anno 2000.
Non mi dilungo, ho spiegato già in precedenza cosa mi sta successo, piccoline.
Ad ogni modo, lasciatemi un parere!
Secondo voi, sono rimasta fredda in questa prima parte, di Essenziale?
Fatemi sapere nei commenti, vi aspetto.
I love u all girls.
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