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Il fanciullo di soli diciannove anni, era distrutto a causa della stanchezza fisica e mentale ed era impegnato a mettersi in contatto con Kenny - Kenny Ortega, il produttore dello spettacolo, poiché era desideroso di andare a fondo alla questione.
Sbuffò, mentre Bonnie gli accarezzava le spalle a mo' di rassicurazione, con le sue minute e calde mani morbide. Erano ormai le tre del mattino quando riuscì a rintracciare il suo numero, e con fare professionale intraprese quella discussione.

«Signor Ortega, sono Frank Cascio - il manager di Michael Jackson» disse.
L'altro sospiró, probabilmente era appena stato svegliato nel cuore della notte. «Oh, Cascio - mi dica» rispose, con voce leggermente impastata per via del sonno.

Il ragazzo prese parola nuovamente, spiegando a grande linee quanto era accaduto quella sera, durante l'esibizione.

«Oh, mi dispiace molto!» si affrettò a dire Ortega, ormai completamente sveglio ed arzillo. «Mi scuso così tanto ma non tema Frank - mi occuperò personalmente di scoprire quanto è successo questa sera» aggiunse, con fare gentile.

«La ringrazio, il Signor Jackson ci tiene molto» continuava il ragazzo, stringendo la mano della fanciulla Bonnie, tra le sue. «D'accordo, a presto» concluse, mettendo fine a quella telefonata alquanto bizzarra e professionale al medesimo tempo.

Bonnie lo avvolse con entrambe le braccia e lui, poté appoggiare il volto sul suo ventre piatto. «Natalie» disse poi, chiamando la fanciulla dalla chioma bionda, mentre era intenta a scrutare dal vetro trasparente che la divideva dal cantante.
«Si, Frank?»

«Michael, vorrebbe vederti» mormorò, accennandole un sorriso. «Và da lui, per favore»

La ragazza aprì di poco gli occhi, leggermente interdetta dal fatto che la celebrità, in quelle miserie condizioni - avesse chiesto di lei. Prese coraggio e ancora un po' scossa, raggiunse l'atrio della stanza.
Con entrambe le braccia al petto, si appoggiò allo stipite della porta, virando lo sguardo sul corpo - immobile, quasi dormiente dell'uomo steso sul lettino.
Aveva il volto girato dalla parte opposta - poteva intravedere solamente la sua chioma corvina circondargli il collo. Indossava una maglia leggera, di color bianco che lasciava scoperte entrambe le braccia.

Michael si voltò, alzando di poco i lati delle labbra quando vide la fanciulla sull'uscio della stanza. «Nat, entra pure.» esordí, facendo un leggero movimento con la mano sinistra.

«Michael» gli sussurrò, avvicinandosi di poco a lui - e prendendo una sedia di plastica, si sedette al suo fianco. «Come ti senti?»

Lui sbuffò, virando le sue iridi scure nelle sue chiare. La osservó per svariati secondi, rimanendo in assoluto e tombale silenzio. Lei di canto suo, intravide delle leggere chiazze scure - lungo tutte le braccia. Le sfiorò appena con le dita, risalendo con i polpastrelli - tutto il perimetro fino alla spalla.

«Me ne vergogno così tanto, Nat.» le confessò, leggermente scosso dal fatto che anche ella, avesse scoperto il suo segreto - la sua malattia.
«Che cosa sono?» gli domandò, continuando ad accarezzare la pelle calda del suo braccio sinistro.

«È la vitiligine, la malattia di cui soffro fin da quando sono ragazzo.» iniziò a spiegare, fissando il soffitto con accurata attenzione. «Soffro di questa disfunzione della pelle - dove la pigmentazione viene distrutta ed io - non posso farci semplicemente niente.» continuava, con voce leggermente incriminata. [*1] «E mi fa male quando le persone si inventano certe storie sul mio conto, che sono delle vere e complete fesserie - non posso controllarlo e per me è un grosso problema.» mormorò, con tono flebile mentre qualche lacrima minacciava di solcare il suo dolce volto.
Natalie gli strinse una mano, mentre con quella libera si preoccupava di accarezzare le sue guance umide e di catturare poi così, con i suoi polpastrelli - le piccole gocce salate che scendevano impetuose.

«Michael, non dare ascolto a ciò che la gente - o meglio i tabloid dicono, sono solo bugie per attirare l'attenzione del pubblico.» lo consolava, mentre era intenta a calmare il suo pianto.

«Ma più una bugia viene raccontata, più viene presa per vera - diventa sistematicamente la verità. Ed io Nat» continuava, singhiozzando. «Ed io sono un mostro, mi descrivono come tale da anni e in più - » aggiunse, portando entrambe le mani sul viso per non mostrare il suo totale crollo emotivo di quel momento. «Mi hanno anche accusato di cose orribili sei anni fa - di me che faccio del male a dei bambini - ma io ti giuro.» e tirò su con il naso. «Ti giuro che sono innocente - sono solo una vittima - del mio stesso successo.»

«Dell"invidia, Mike» mormorò. »Dell'invidia e della cattiveria della gente.»

«Mi hanno dato del pe - pedofilo.» balbettò. «Mi hanno chiamato sb - sbiancato, folle - strano.» continuava, sentendo le mani di lei prendere le sue per scoprirgli il volto. Con delicatezza lo fece sollevare di poco col busto, attenta a non farlo sforzare - per poi avvolgerlo con le sue braccia. Lui piangeva, con il viso appoggiato sul suo ventre, mentre continuava a maledire tutti coloro che in quei lunghi anni, avevano fatto di tutto però distruggerlo. «E poi Nat» aggiunse. «Hanno affermato che io prendessi qualcosa per schiarirmi la pelle, non lo trovi assurdo?»

«Si, lo trovo molto di cattivo gusto.»

«Che poi nemmeno sono a conoscenza - se qualcuno può cambiare il colore della propria pelle. La mia è una malattia ed è ereditaria, non posso controllarla - è più grande di me.» continuava, tra un balbettio e un singhiozzo. «Io ho solo i giusti strumenti per camuffarla - come il trucco, grazie ad esso posso nascondere le macchie.»

Lei nel frattempo lo strinse di poco a se, non parlando e facendo si che egli, buttasse fuori tutti quei pensieri - tutto quel dolore che celava da tempo.
Lui alzò il volto e con i suoi occhi leggermente arrossati, si perse nel mare profondo ed intenso della ragazza.
«Perdonami Natalie, non meriti questo.»

«Sono felice invece, che tu - ti sia sfogato con me.» gli rispose. «E voglio che tu sappia che io penso l'esatto contrario di tutte queste fesserie: sei un bell'uomo, un bellissimo uomo dal grande carisma e bontà d'animo.» prese parola, gesticolando un poco con la mano. «Ti trovo enigmatico, introverso - timido ma al medesimo tempo - sei brillante, bello - entusiasmante. E poi - anche se non è molto che io e te ci frequentiamo, mi ritengo - fortunata di avere modo di conoscerti, Michael.» continuava e l'uomo - accennò un sorriso.

«Mi ritengo fortunata che tu - abbia voluto conoscere me e regalarmi così, attimi di estrema gratitudine e insegnamento.» concluse, emanando un dolce respiro - come se anche ella, si fosse liberata di un mattone che teneva dentro da molto.

«Nat, posso dirti una cosa?»
«Certo, puoi dirmi qualsiasi cosa.»

«Due anni fa, quando le nostre strade si sono incrociate per la prima volta - sono rimasto immediatamente folgorato dalla tua presenza.» ammise, arrossendo un poco sulle gote. «Non prendermi per pazzo, per favore. Ma non so spiegarti - hai completamente catturato la mia attenzione, ma ero troppo timido per cercare di parlarti e così - ho buttato via due anni in questo modo.» rise, una risata genuina che provocò un brivido lungo la schiena della ragazza. «Sono attratto da te - e ti giuro, che ho fatto di tutto pur di rivederti ancora.»

«Oh Mike, non so cosa dire io..»

«Non è obbligatorio che tu mi dica qualcosa, non adesso per lo meno.» la interruppe. «Tutto avevo pensato, tranne di affrontare questo discorso in - questa brutta circostanza.» aggiunse. «Ma siamo soli e sentivo di aprirmi completamente a te e di confessarti anche che - ho chiesto personalmente di te per questi concerti, solo per avere un'altra occasione, solo per rivederti ancora.» concluse, virando il suo sguardo caldo e sensuale, nel suo.

Natalie sorrise, interdetta e scossa come non mai - mentre con le dita affusolate sfiorava gli zigomi del cantante - la sua mandibola, soffermandosi poi sulle sue labbra morbide e piene mentre quest'ultimo chiuse gli occhi, gustandosi quel dolce contatto.

«Sono così lusingata dalle tue parole, Mike.» prese parola, balbettando un poco. «M-Ma non so davvero come risponderti però per favore - no-non fraintendermi.»

«Nat» provò a ribattere.

«Sono confusa perché è passato poco tempo, perché ho una persona che nonostante tutto - nonostante il periodo che stiamo vivendo, mi sta aspettando a casa e attende delle risposte.» continuava, con un leggero tremolio nella voce. «Sono ancora così confusa ed il mio cuore ancora non conosce le giuste risposte - ti chiedo tempo, so che non ne abbiamo molto, tutt'altro - ma ti chiedo solo tempo, per capire.» mormorò, sentendosi in colpa perché dopotutto quell'ultimo - era un'altra vittima della sua stessa confusione.

Non voleva ferirlo e una parte del suo cuore gli urlava di buttarsi, di cogliere l'attimo - di viversi quei momenti indimenticabili ma in ballo - c'era troppo e non poteva permettersi di sbagliare.
Dopotutto era ancora ferita da Klaus e dal fatto che egli si fosse avvicinato ad un'altra ragazza e non voleva che il cantante, fosse l'ennesima vittima della sua mente caparbia e testarda.

La grande mano di Michael, si appoggiò su una guancia di lei, accarezzandola piano. «Non preoccuparti Nat, hai ragione - è presto e sono stato precipitoso ma estremamente sincero.» le disse. «Prenditi il tuo tempo e volevo chiederti, riguardo a questo.» e fede una pausa, grattandosi il mento con l'indice. «Se ti va di seguirmi, insieme allo staff - a Parigi per quattro giorni, prima di tornare a Los Angeles.»

«Parigi?»

«Si, almeno avremo modo di approfondire questa bellissima - conoscenza.»

La ragazza sorrise di rimando, gettandosi al suo collo entusiasta, accettando con estrema felicità quel dolce invito - tuttavia tutto desiderava, tranne tornare a casa. Adorava stare a fianco di quell'uomo, poterlo conoscere - lavorare con lui.

«Accetto, volentieri.» concluse, con un dolce sorriso.

[...]

Erano passate ben due ore, ed erano ormai le cinque del mattino e i due, avevano riempito quel lasso di tempo a parlare e conoscersi. I medici avevano dimesso Michael e riuscirono a rientrare in albergo, tutti e quattro. Natalie lo strinse un'altra volta in un dolce abbraccio prima di congedarlo e andare nella sua stanza.
Frank rimase nella suite con il cantante quando intravide il medico di New York che era partito con loro, seguito da altre due persone. [*2]
Iniziarono a preparare delle bizzarre attrezzature vicino al letto del cantante. «Chi sono queste persone?» domandò il fanciullo, leggermente interdetto e preoccupato.

«Sono medici, come me.» gli rispose l'uomo. «Aiuteranno Michael ad addormentarsi.» e fece una pausa. «Ora devono concentrarsi sul loro lavoro, sarebbe meglio che tu tornassi nella tua stanza. Michael starà bene.» [*3]

«Si» si intromise Michael, con voce flebile. «Tra poco mi sentirò meglio - mi daranno delle medicine per lenire il dolore e aiutarmi a dormire.» concluse, abbandonandosi sul morbido materasso.
Frank sospiró ma soddisfatto di quanto gli era stato detto, lo lasciò in mano dei medici e ritornò poi nella sua stanza.

Tuttavia solo più tardi riuscì a comprendere che aveva lasciato il suo amico, in procinto di ricevere il Propofol - un potente anestetico che poteva essere somministrato soltanto da un anestesista con tanto di medici per monitorare il tutto. Dopotutto voleva fidarsi di lui, anche se - nella sua innocenza ed estrema giovinezza - non era a piena conoscenza di quanto facessero male quelle sostanze.

❀ ❀

Parigi - 28 Giugno 1999

Come promesso dal cantante, la sera seguente arrivarono a Parigi - nella maestosa, romantica e luminosa Parigi. Natalie viaggiava nel mezzo sempre accompagnata da Bonnie, il fanciullo ed il cantante - ed era intenta a scrutare con attenzione ogni via, monumento - negozio, palazzo della bella città.

«Allora, ti piace?» la richiamò, la celebrità con un sorriso.
«Moltissimo - erano anni che desideravo di vedere Parigi.»

«Ne sono contento, ho fatto chiudere solo per noi - un elegante e bellissimo ristorante - vicino la Torre Eiffel» prese parola l'uomo, aggiustandosi l'occhiali sul naso. «Sarei lieto, se venissi con me?»

«È un appuntamento?» gli domandò, con un leggero tono di sfida.

«Umh» mugolò lui. «Desideri che lo sia?» le rispose, sostenendo quel gioco di sfida - di battuta e risposta.

«E tu, cosa desideri?»

«Non vale, te l'ho chiesto prima io.» rise l'altro, portando una mano sulle labbra per non farsi vedere dalla fanciulla.

«Si» ammise. «Mi piacerebbe l'idea.»

«Oh Nat» mormorò. «Speravo in questa risposta.» aggiunse, gesticolando un poco mentre incrociò il suo sguardo con quello di Frank - che stava sorridendo di sottecchi, mentre la massaggiatrice si era addormentata con la testa appoggiata sul suo petto.
La celebrità gli fece l'occhiolino, alludendo alla sua conquista mentre l'altro - lo imitò, ridendo sommessamente dopo aver assistito alla loro conversazione dolce e sbarazzina.

Raggiunsero l'hotel e Natalie, trotterellò entusiasta verso la sua stanza, estremamente elegante e confortante. Le pareti erano tinte di un color giallo tenue, delicato e non eccessivamente luminoso - mentre il letto, matrimoniale - aveva le coperte color rosa chiaro, molto delicate all'occhio.
Percorse il tragitto lungo il bagno, anch'esso molto spazioso - con una grande vasca in ceramica.

La ragazza entusiasta, decise di dedicarsi ad un buon bagno rilassante - ed una volta preparato il suo cambio di abiti, si immerse completamente dentro l'acqua calda.
Insaponò il suo corpo con cura, pregustando la bellissima sensazione del tepore del vapore su di esso.

Prese la cornetta del telefono, dando inizio alla chiamata con sua madre, che entusiasta iniziò a chiederle come stesse andando - come stesse e quando sarebbe ritornata a casa.

«Il Signor Jackson ha allungato il viaggio di qualche giorno, mamma.» mormorò, schizzando l'acqua con i piedi. «Ora siamo a Parigi con l'intero entourage  per festeggiare il grande successo dei due spettacoli di beneficienza.» si spiegò, tralasciando qualche particolare.

«E ti stai divertendo? Ti trovi bene?» continuava Ava, dando inizio alla sua moltitudine di domande - che da degna mamma apprensiva, ci teneva a fare alla sua bambina. Dopotutto voleva sapere - bramava di sapere come mai, quell'uomo di fama mondiale - aveva deciso di allungare quel viaggio ma - captando della figlia una strana sensazione, non proferì ulteriori domande - non voleva rischiare di diventare pesante.

«Sto benissimo mamma, davvero. Voi?» domandò si rimando, ridendo appena.
«Stiamo bene, tuo padre si è preso qualche giorno di riposo - andremo a vedere un po' il mare.»
«Ne sono felice.» mormorò, sollevata.

«Ah tesoro, so che non dovrei dirtelo ma..»

«Cosa mamma?»

«L'altra sera è venuto a trovarci Klaus con i suoi genitori, abbiamo cenato qua a casa nostra.» spiegò la donna, stringendo la cornetta al suo orecchio. «Sono stati molto cari e lui - Oh tesoro mio, lui ci tiene ancora tanto a te.» aggiunse, colpendo il petto della fanciulla con una misera, fina - fredda lama di metallo. «Ma non sono cose che mi riguardano, questo sta a te decidere.» concluse la madre, emanando un sospiro di sollievo.

«Lo so mamma, ma..» prese parola la figlia, balbettando un poco - ricordando la sera precedente in ospedale con il cantante, alla sua meravigliosa - romantica dichiarazione e - il suo cuore, il suo povero e misero cuore - era diviso in due parti, entrambe importanti. Una di esse era legata ad un ragazzo, che conosceva da moltissimo tempo e che davvero aveva amato ma che - nonostante questo, qualcosa all'interno della loro relazione non era più solito e denso come l'anno precedente, mentre l'altra - era curiosa, spavalda e caparbia - completamente immersa in quella nuova conoscenza con quell'uomo, più grande - di fama, laddove intraprendere una conoscenza più approfondita sarebbe risultato bizzarro, al quanto impossibile ed il suo nome - Natalie Miller - se solo avesse ceduto a quel corteggiamento, sarebbe presto finito sulla bocca di tutti. 

«Ho solo bisogno di tempo, ecco.» tagliò corto la figlia, sbuffando appena - mentre era intenta ad asciugarsi, tamponando le sue curve con il morbido tessuto dell'asciugamano candido.
Congedò la madre con una scusa in quando era in ritardo con la sua tabella di marcia. «Ci sentiamo domani, mamma.» concluse, prima di accendere il phon e frizionarlo sulla sua lunga chioma bionda.

Mise un poco di ombretto lungo le palpebre, un filo di mascara e marcò il contorno dei suoi occhi celestiali, con della matita nera. Raccolse la chioma sbarazzina, in una morbida cosa bassa - prima di tingere le sue guance, con del semplice blush.

Decise di indossare dei capi morbidi: una semplice maglia corta, leggermente ricamata in pizzo - una gonna a scacchi neri e bianchi, che fasciava perfettamente la sua vita stretta - ed infine un paio scarpe, con un accenno di tacco sotto di essi.

Un leggero bussare colse la sua attenzione e dietro la porta, intravide un uomo ben vestito, in giacca e cravatta. «Lei è la signorina Natalie?» le domandò.

«Si, sono io.» rispose. «Lei è?»

«Oh, mi chiamo Bill - mi manda il signor Jackson, mi ha riferito di darle questi due oggetti.» continuava, porgendo alla fanciulla una rosa rossa con insieme - un delizioso bigliettino. «Buona serata» la salutó, prima di lasciarla sola nuovamente.
Chiuse la porta alle sue spalle, odorando il grazioso fiore e leggendo il piccolo pezzo di carta bianco.

Dolce fanciulla, ti aspetto tra una mezz'ora nel parcheggio dell'hotel - andremo con la mia limousine. Il grazioso signore che ti ha dato questo pezzo di carta, è Bill - e sarà così gentile da scortarci al nostro ristorante. Mi auguro che la rosa, sia di tuo gradimento e - ah, rossa come la passione che provo ogni tal volta le mie iridi scure hanno il privilegio di incrociare le tue.
Scalpito all'idea di vederti.
Tuo, Michael

Natalie lesse quelle dolcissime parole, con un sorriso da ebete, stampato sul volto e queste - annullarono in un secondo - ogni suo pensiero turbato, buio - relativo alla sua vita a Los Angeles.
Voleva godersi a pieno quella serata - quei lunghi ed intensi, anche se pochi - attimi con quell'uomo che nonostante era conosciuto, per lei - si trattava ancora di un mondo da scoprire completamente.

Prese la sua borsetta ed a passo sostenuto, raggiunse l'atrio dell'hotel - intravedendo il piccolo Cascio - con la sua dolce amica Bonnie, seduti al bancone del bar con un cocktail in mano.

«Natalie» la richiamò la ragazza, stringendosi al fanciullo che entusiasta - protese le braccia verso il suo corpo per attirarlo al suo con vigore.
«Ragazzi!» rispose lei.

«Come sei bella, dove devi andare?» le domandò l'amica, con fare civettuolo.
«Impicciona» mormorò Frank, pizzicandole una guancia con due dita. «È evidente no? Mister Jackson l'ha invitata a cena.» aggiunse, con un sorriso beffardo quando parlava del suo amico.

«È vero?» chiese la bruna.
«Si, è vero.»

«Bingo!» esclamò Cascio, battendo una mano sul bancone. «C'è l'ha fatta a proporti una vera cena come si deve - la popstar dei nostri stivali!» continuava, ridendo sommessamente mentre immaginava il viso esterrefatto ed imbarazzato del cantante se fosse stato presente in quel momento.

«Frank!» lo canzonò la bionda, colpendo le scherzosamente su un braccio.
«Esatto» aggiunse Bonnie, imitando l'amica. «Frank, basta prendere in giro il signor Jackson.»

«Ragazze, siete agguerrite eh?»

Natalie rise, incrociando le braccia al metto - fissando con fare civettuolo il fanciullo, che con il suo solito risolino - riprese fiato, prima di proferire nuovamente parola. «Sono felici per voi, Nat» disse. «Godetevi questa serata e per favore - ti parlo da grande amico di Michael, cerca di non fargli del male.» concluse, stringendole un poco la spalla con una mano.

Bonnie avvolse in un caloroso abbraccio la bionda, la quale trotterellò verso l'uscita del grande edificio, aspettando con trepidazione la bella e spaziosa limousine nera.

«Signorina Natalie» le disse Bill - accogliendola nel grande mezzo.
«Bill» rispose.

«Nat, dolcezza» disse il moro, tamponando con il palmo della mano, sul posto di fianco a lui. «Buonasera, sei..» prese respiro, battendo ripetutamente le palpebre. «Sei - bellissima, davvero.» aggiunse, in un sospiro,

«G-Grazie.» balbettò, semplicemente.

«Bill - portaci a destinazione, per favore.» disse l'uomo, non distogliendo mai il suo dolce e confortante sguardo, dal corpo sinuoso e ben curato di quella fanciulla magnetica e caparbia.

Natalie si strinse un poco a quell'uomo, quando intravide una chiamata sul suo schermo del cellulare - e quando lesse il nome di Klaus - un nodo le si formò in gola.
'Dannazione, non adesso' pensava - rimuginava la sua mente, mentre il braccio possente del moro - si strinse intorno la sua vita e le sue calde e morbide labbra - si posarono delicatamente sulla sua guancia scarlatta, lasciandoci sopra un grazioso e dolce bacio casto.
Michael - con i polpastrelli tolse le minuziose ciocche di capelli, che le coprivano il collo - per avere un'ampia vista di quell'incavo ardente come la lava.

«È tutto okay?» le domandò, captando l'espressione torva e preoccupata. «Se ho esagerato io..»
«No, Mike» lo interruppe, mentre di nascosto dal cantante - rifiutò la chiamata del povero ragazzo, ma dopotutto era come se lei stesse lavorando ed era quindi, impossibilitata nella rispondere. L'avrebbe richiamato poi, una volta conclusa quella serata magica.

«È tutto perfetto.» disse, enfatizzando quelle parole con voce dolce, avvolgendolo in un dolce abbraccio.

«Bene.» concluse l'uomo, ammiccando un sorriso di rimando. «Arriveremo tra una ventina di minuti, salvo il traffico.» la informò.

«Hai davvero fatto chiudere un intero ristorante, solo per noi?»

«Ah-Ah» sospiró l'uomo. «Uno dei pochi privilegi di essere me. Almeno non avremo folle di gente, acclamanti che richiedono autografi e foto - che per quanto li possa amare, non mi sembrano consoni ad un appuntamento.»

'Appuntamento, era così dolce quella parola fuoriuscita dalle sue labbra. - Appuntamento, si era davvero dolce.' pensava.

«No, direi di no» riflettè la ragazza, abbandonandosi sul sedile, con la guancia appoggiata alla spalla dell'uomo.

«L'unica cosa che devo chiedere - se puoi indossare questa» disse, mostrandole una maschera nera - delicata che le copriva per bene la zona degli occhi. «È per salvaguardare te - e me, così i paparazzi non risaliranno alla tua identità e di conseguenza, non troverai stampato su tutti i giornali, il tuo nome.» continuava, tentando di spiegarsi. «Mi dispiace così tanto, è solo..»

«Mike, non preoccuparti - la indosserò volentieri.»

«Sarà solo per il tragitto, dopodiché potrai essere libera e potremo - entrambi goderci questa stupenda serata magica.»

Natalie indossò la delicata maschera nera, ben ornata e ricoperta di pietre preziose - dopotutto Michael non badava mai a spese.
Arriveremo alla metà in poco tempo e dovettero risalire un intero edificio - scortati da Bill, presero l'ascensore ed arrivarono finalmente a destinazione.
Si trovava davvero in alto questo ristorante ed era - veramente rimasto chiuso solamente per Michael Jackson.
La vista era mozzafiato e Natalie, poté vedere l'intera Torre Eiffel - dal grande attico.

«Piace?»

«È strepitoso» disse in un sospiro, ancora meravigliata in quell'intesa immensità.

«Signor Jackson - signorina.» disse poi un uomo, ben vestito e sulla cinquantina. «Vi scorto al vostro tavolo» continuava, con un sorriso cordiale mentre arrivarono al centro del grande attico - laddove c'era una meravigliosa tavola bandita per due, con una luminosa candela e dei petali di rosa circostanti ad essa.

«Prego e Buona serata.» disse l'uomo, prima di dileguarsi nel nulla.
Il moro - spostando la sedia alla fanciulla, attese che ella prese posto per poi - sedersi a sua volta.
«Era parecchio che non venivo a cena - con una bella fanciulla di compagnia.» scherzò, arrossendo sulle gote e pentendosi nell'istante dopo, vedendo l'espressione torva della ragazza.
«E con tua moglie?»

«Con mia moglie, è complicata» rispose, lascivo.

«Si ma avrai fatto questo genere di cose, credo.» insistette lei.

«Mmh» sospiró. «Le ho fatte di più con Lisa, la mia moglie precedente - l'unica donna che credo di aver amato davvero.» aggiunse, gesticolando un poco con le mani. «Debbie le sarò sempre grato per i miei figli - Prince e Paris, ma di sentimenti - non ne abbiamo mai parlato, siamo più degli ottimi amici.» concluse, dopotutto non voleva parlare di quell'argomento  - desiderava solamente dedicarsi interamente a lei.

«Capisco» rispose secca, aprendo il tovagliolo e posandolo delicatamente sulle sue gambe.
«Il fortunato invece, come si chiama?» le domandò, ormai incuriosito dell'identità di quel ragazzo, che stava diventando sempre di più - un suo rivale.

«Klaus, ha la mia stessa età» gli disse, svelando quel nome. «Ma preferirei non parlare del contorno - i, questa notte magica» aggiunse, con tono sincero e speranzoso.

«Hai ragione, godiamoci questo attimo, che è solo mio e tuo» le sussurrò con tono caldo e sensuale, sporgendosi di poco col busto ed ammiccandole poi - un occhiolino.

Aprirono i menú, iniziando a scrutare con attenzione ogni portata di quel posto lussuoso ed elegante.
«Cosa vuoi prendere?» le domandò.
«Stupiscimi! Quello che prendi tu!» esordí, con un dolce sorriso.

Continua -

[*1] Discorso tenuto da Michael Jackson, durante l'intervista con Oprah.
[*2] È un fatto vero, che troverete nel libro il mio amico Michael, di Cascio pag - 126
[*3] Citazione del libro - Il mio amico Michael - 126

Spazio Autrice:

Ci ho impiegato un'intera giornata alla stesura di questo capitolo, spero possa piacervi.
Fatemi sapere qua sotto, nei commenti.
I love u all.

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