𝙰𝚖𝚋𝚛𝚘𝚜𝚒𝚊 {𝟚/𝟝}
Los Angeles - 13 Ottobre 1999
«Tesoro, io vado a fare la spesa, la colazione è sopra al tavolo della cucina» mormorò Ava, ben curata e dal capello biondo platino, raccolto in un'acconciatura ordinata. «Michael ancora riposa?» domandò, inarcando un sopracciglio.
«Si, presumo di sì. Non dorme mai fino a tardi solitamente, ma deve essere davvero stanco» e con nonchalance, prese una fettina di pane integrale, farcita di marmellata di fragole, per poi portarla alle sue labbra. «Papà?»
«È uscito questa mattina presto - per lavoro» e dopo aver dato luce al suo volto con del fondotinta, inspirò. Le diede un casto bacio sulla fronte, prima di congedarla con un cenno di capo ed uscire così, dal portone a passo spedito.
Ella roteò gli occhi al cielo, prima di trotterellare lungo il corridoio e raggiungere così, la stanza dove aveva passato la notte, insieme al cantante che a sua sorpresa, era in piedi al centro della stanza.
«Buongiorno, principino» lo prese in giro, scompigliando la sua chioma bizzarra e arruffata. «Hai dormito bene?»
«Benissimo. In particolar modo, grazie alla dolce compagnia di una certa fanciulla» e con le grandi mani, le cinse la vita, prima di posare il suo sguardo su di lei, che imbarazzata, arrossí velocemente sulle gote.
«Hai appetito, Michael?»
Il moro alzò i lati delle labbra, con fare scherno - e posando l'indice sul mento, schioccò la lingua al palato. Con entrambe le mani, stirò il tessuto lucido del pigiama che gentilmente gli aveva prestato il padre e virò lo sguardo altrove, al di fuori della grande vetrata, ammirando il sole alto tra la coltre di nuvole sbarazzine.
«Un po' si, Nat» e ridacchiò, prima di stringerla a se. «Hai delle uova strapazzate con tanto di marmellata di fragole e del burro dietetico?» domandò, pavoneggiandosi un poco.
La ragazza inspirò, allontanandosi dalla sua figura. «Non immaginavo mangiassi così tanto a colazione. Sei sicuro di stare bene?» e rise, mentre con la mano stretta nella sua, raggiunsero nuovamente la cucina.
«Comunque ho del pane integrale tostato, farcito con burro dietetico e marmellata di fragole» e gli ammiccò un occhiolino, complice. «E della frutta già tagliata che puoi trovare in quel piatto più profondo» aggiunse, chiudendosi nelle spalle. «E per concludere, del salmone con formaggio cremoso e del succo di arancia» e lo vide grattarsi la nuca, ansioso.
«Io scherzavo, bambina. Tua madre ha davvero preparato tutto questo cibo, solo per me?»
«Siamo soliti mangiare molto a colazione e mio padre predilige una colazione salata a base di salmone, appunto» e si strinse nelle spalle, prendendo posto al suo fianco.
La celebrità annuì solamente con il capo, prima di mangiare con gusto la varietà di pietanze che vi erano lungo la tavola. La frutta era il suo piatto preferito, a base di arance, mele e banane - seguito poi dal pane croccante, con la marmellata e il burro.
La giovane lo osservava mangiare ed era entusiasta di vederlo così sereno e rilassato, incupendosi al pensiero di lui, il giorno precedente in procinto di un attacco di panico a causa sua.
Egli, oramai sazio, si tamponò i lati delle labbra con un tovagliolo di carta. «Te non mangi?» le domandò, sfiorandole una guancia paffuta, con due dita.
«Ho già mangiato» e si chiuse nelle spalle, assumendo un atteggiamento cupo, leggermente provato. «Quando riparti?»
Michael inspirò, socchiudendo le palpebre per qualche secondo. Tuttavia con tutto se stesso, sarebbe rimasto in sua compagnia, lontano dalla sua vita estremamente caotica ed opprimente, ma era consapevole che non poteva e così le prese una mano tra le sue. «Nel pomeriggio dovrei ripartire Nat..sai, ho del lavoro da sbrigare e se non rientro con i tempi, dopo..»
«Shh» lo ammutolì ella, posando delicatamente un dito sopra le sue morbide e calde labbra. «Lo capisco, è normale» e alzandosi in piedi, un'espressione entusiasta, le si dipinse sul volto. «Umh e che ne dici di sfruttare questo tempo, con una bella passeggiata?»
«Passeggiata? Intendi per negozi, nei centri commerciali, immersi in mezzo altre persone?» domandò, con fare sarcastico ed esasperato. «Nat, hai presente chi hai di fronte? Chi sono?» e la vide annuire, di risposta. «Bene, allora sei consapevole che quel genere di cose, sono impossibili per me»
Ella rise, trovando buffo ai suoi occhi. «Sai essere paranoico, quando vuoi Jackson» e gli diede alcuni indumenti del padre, per farlo vestire una volta per tutte. «E poi non ho detto che andremo in giro, in questo modo, come se nulla fosse!» ammise, roteando gli occhi al cielo.
«Pardon - Natalie?» dopotutto non comprendeva, cosa frullasse nella mente di quella giovane, autonoma e caparbia.
«Indossa questi abiti di mio padre e cerca di darti un atteggiamento, meno eccentrico possibile» e lo spinse in bagno, con un gesto fugace, aspettando impaziente che egli fece come gli era stato dolcemente ordinato.
❀ ❀
«Vado bene così?» le domandò poco dopo, con indosso capi morbidi e larghi, quali: una felpa blue scuro, un pantalone del medesimo colore e sul capo, il solito capello in feltro.
Natalie gli girò intorno, osservandolo con cura. «Allora - l'abbigliamento è okay e finalmente discosta molto dal tuo guardaroba appariscente e da personaggio, quale ami essere» e lo spintonò sorridendo. «Ma non ci siamo ancora, Jackson! Questo capello, insieme a questi occhiali - sono caratteristici della tua persona e ti rendono ancora troppo riconoscibile» e lo sentí sbuffare, mentre si sedette sul bordo della vasca da bagno.
«E sentiamo, cosa propone lei - Miller?» e la sfidò con lo sguardo mentre con le mani, le racchiuse la vita stretta - ed attirandola a se, posò la guancia sul suo ventre.
«Posso truccarti?»
«Truccarmi?»
«Si, modificando un po' il tuo aspetto, riuscirai a camuffarti per bene in mezzo alle persone» gli spiegò, mentre con dolcezza, gli accarezzava la nuca coperta dai ricci ribelli e ancora decisamente arruffati. «Fidati, Mike» aggiunse in quanto il moro, era leggermente interdetto a riguardo ma inspirando, la lasciò fare.
Con del fondotinta, iniziò a picchiettare il suo viso a fine di rendere la pelle più omogenea e con della terra, terminò il tutto con un gioco di luci e ombre che raffiguravano il cantante, un po' più datato. Gli aveva schiarito le sopracciglia, a fine che esse da nere e ben delineate, fossero percepite più chiare e non uniformi.
Poi da una cesta contenente tutti accessori per le varie feste, come ormai l'imminente Halloween, prese un paio di baffi chiari e molto realistici.
«E con questi?» domandò l'altro, inarcando un sopracciglio. Dopotutto era abituato al trucco, ai travestimenti e quindi quel gioco non lo infastidiva, bensí lo intrigava.
La giovane rise di risposta, posandoli con cura al di sotto del naso fino del cantante. «Ora sei diventato, ufficialmente mio zio, venuto a trovarmi dal Mississippi» e vedendolo schiudere le labbra per via del suo forte scetticismo, ella non poté che non ridacchiare di gusto. «Beh ho fatto proprio un ottimo lavoro Michael, non sembri nemmeno tu» concluse, mentre l'altro si guardava allo specchio, sfiorando il viso con i polpastrelli.
«Concordo, bimba. Ma caspita, mi trovi ancora attraente così?» e mise il broncio, attirandola a sè - dopotutto bramava di sfiorare le labbra della giovane, da qualche ora ormai.
«Umh, molto. Sei molto...più maturo, datato, sexy con questo baffetto incolto» e le sue mani finirono nuovamente nella sua chioma spettinata, mentre egli le baciò il collo, lasciando una scia di languidi schiocchi, sulla sua pelle accaldata.
Natalie lo strinse a sè, inspirando ancora quel profumo intenso e potente di sandalo, di cui il cantante non poteva farne davvero a meno, era la sua firma dopotutto.
Prese un paio di jeans a vita alta, che fasciavano perfettamente le sue gambe toniche, mettendo in evidenza il suo fondoschiena alto e ben allenato - ed un maglione corto, ma decisamente pesante.
«Che hai da guardare, zietto?» lo colse in fragrante mentre l'altro, teneva la montatura dell'occhiale da sole, leggermente scesa sul naso e con minuziosa attenzione, osservava le sue gambe slanciate.
«Sei la mia donna, mi piace guardarti» avvampò egli, imbarazzandosi nel medesimo stesso. Ella ridacchiò e passandogli un cappotto pesante, sempre del padre, gli fece cenno con il capo di uscire.
«Signore - Natalie» si affrettò a dire Bill, leggermente confuso in volto quando vide come si era conciato il cantante, per uscire. «Signore, è tutto okay?» aggiunse, con fare sempre molto professionale.
«Oh si, Bill» gli rispose, fingendo un colpo di tosse mentre con le mani, si aggiustava il cappotto che gli arrivava fino alle ginocchia. «È un travestimento, sai per..» e gli lanciò un'occhiata complice, intravedendo il suo dipendente, rilassarsi visibilmente. Quest'ultimo infatti, non si oppose a riguardo, bensì comprendeva a pieno - che il suo capo, avesse bisogno di una totale boccata d'aria, in dolce compagnia.
«Ma rimani vicino a noi, laddove qualcuno mi riconoscesse» concluse, inspirando.
«Certo, signore. Ma vada tranquillo, anch'io ho trovato difficoltà nel riconoscerla.» e con un sorriso comprensivo, li fece passare a fine che entrambi, raggiunsero le vie di Los Angeles, passeggiando.
❀ ❀
Natalie lo teneva saldo al braccio, temeva che egli potesse scomparire da un momento all'altro ma smise di essere così preoccupata, quando osservò l'altro, visibilmente sereno e meravigliato da ciò che lo circondava.
«Sai, Nat - amo osservare le persone nelle loro arti quotidiane, nella loro essenza e in ciò che amano fare» ammise, addentando una caramella gommosa che aveva comprato, qualche isolato prima.
«Come mai?»
«Perché quando sono me, la gente vede solamente Michael Jackson - e le loro azioni, quando mi hanno di fronte, mutano e non sono più loro stessi. Non so come spiegarti: è come se, quando sono in mia compagnia, sentano il bisogno di farsi notare con cose eccentriche e disparate, dimenticando di essere loro stessi» e nel frattempo gesticolava con le mani, torvo e pensieroso. «Quindi delle volte, amo travestirmi e sedermi su una panchina ad osservare le persone, ciò che amano fare e vederli naturali, nel loro essere - perché dopotutto, non sanno che hanno di fronte Michael Jackson» e inspirò, sommessamente.
«Te regali al mondo, arte - ogni giorno Michael. Non esiste solo il marcio e questo dovresti saperlo meglio di chiunque altro, dopotutto hai fan che ti amano e ti sostengono ed è normale che se ti vedano dal vero, si emozionino..» e stringendogli la mano destra, entrarono in un negozio di vestiti. Entrambi osservavano quanto di bello c'era, prendendosi in giro di tanto in tanto e scherzando sul più e del meno.
Il cantante si sentiva benedetto e libero di essere a passeggio, come una persona qualunque - in compagnia della sua dama e per la prima volta, riuscì a godersi uno spettacolo di musica, di alcuni ragazzi che ci mettevano anima nella loro arte.
Cingeva la vita della giovane, mentre teneva il tempo con il piede, quando ella venne leggermente destata da un suono. «Pronto - Abel, dimmi» prese parola, con tono di voce allegro.
«Cosa? Aspetta che mi allontano, non ti sento molto bene» si giustificò, facendo alcuni passi indietro, lasciando la celebrità sola e stizzita.
La vide parlare animatamente, mentre gesticolava con le mani ed egli, decise di avvicinarsi per osservarla meglio, da dietro le lenti scure. «Si, sono in giro insieme a mio zio, che è venuto dal Mississippi» spiegò, mentre si tratteneva del ridere.
Michel sbuffò, portando le mani sui fianchi mentre si sentiva leggermente ferito nel suo animo - in quanto desiderava arduamente essere presentato come: Michael, il suo uomo piuttosto che, come lo zio venuto in visita.
Quando ella chiuse la chiamata, non smise per un secondo di osservarla e stizzito, ripetè la sua frase a voce alta. «Lo zio venuto in visita, eh?» e si morse il labbro, mostrando la sua perfetta e bianchissima dentatura.
«Smetilla, cretino! Volevo mantenere la stessa versione con tutti, non possiamo sapere come reagisce una persona al sapere che io e te..» e le morì in gola la voce quando le mani del cantante, si posarono sui suoi fianchi e si tolse gli occhiali, in modo tale che le loro pupille si potessero avvinghiare tra di loro.
«Al sapere che la maestra di danza, Natalie Miller, ha una grandissima cotta per il suo datore di lavoro, nonché star mondiale - Michael Jackson?» la prese in giro, sfiorando la punta del naso, con la sua. «E quindi preferisci camuffare il tutto, con la scusa di tuo zio. Ma quel tipetto lì, come si chiama? Abel?» e ridacchiò, vedendola arrossire sotto il suo sguardo.
«Sei forse geloso, Jackson?»
«E tu, sei forse gelosa di vedermi insieme a mia moglie, su un giornale - Miller?»
Lei amava sfidarlo, non perdeva un attimo pur di giocare insieme a quell'uomo che a sua volta, adorava quel gioco di parole e sguardi magnetici. Egli la osservava, aumentando la stretta salda delle dita, al cappotto di camoscio. Natalie era cosciente che a quelle domande poste da entrambi, non ci sarebbe stata risposta in quando era più che palese che ambedue erano gelosi l'uno e dell'altra ma che - l'orgoglio prevalesse sempre su tutto.
Lo baciò con dolcezza, giocherellando con le labbra burrose e carnose dell'altro il quale, era al settimo cielo perché gli piaceva alludersi di stare baciando la sua donna, in una normale via del centro della metropoli, sotto gli occhi di tutti e che questo, non facesse scalpore per via del suo nome, della sua persona. Tuttavia era così, era vero anche se costretto a nascondersi con un buffo e tremendo costume da anziano ma in quel momento, poco gli importava.
«Voglio fare una cosa, prima che parti» ella interruppe il bacio, con ancora il fiato corto e le guance arrossate per via del forte imbarazzo ed il freddo pungente.
Egli inarcò un sopracciglio, lasciandosi poi guidare lungo le strade, in cerca di un preciso negozio, che entrambi amavano.
Arrivarono davanti al Disney Store e non persero tempo che già erano dentro a scovare qualche gioco, peluche, oggetto carino. «Allora questo è per Prince, da parte mia» gli disse, porgendo al cantante una scatola con dentro la Millennium Falcon [*1] tutta da costruire. «E questa bambola di Minnie, invece, per Paris»
«Bambina ma non dovevi, io..» e deglutì, perdendosi in quei occhi chiari e dolci.
«Non ho finito!» lo precedette ancora, alzando l'indice verso il suo petto, puntando l'addome. «E per il mio cantante preferito invece - questo mini portachiavi con raffigurato Peter Pan, in modo tale da portarlo sempre con te e quindi pensarmi, quando siamo lontani» e gli stampò un tenero bacio sulla guancia, mentre il moro era ancora occupato ad osservare quel mini ragazzo in stoffa, dalla tuta ed io il cappellino verde.
«È be-bellissimo..»
«Appena l'ho notato tra gli scaffali, ho pensato che l'unico che poteva averlo, eri solamente tu. Se lo odori, potrai sentire il mio profumo» si imbarazzò, visibilmente sulle gote. «Ho pensato di spruzzarne un po', in modo tale che quando ti senti solo, hai qualcosa di me al tuo fianco» egli abbassò lo sguardo, mentre entrambi camminavano verso la casa dei genitori della fanciulla, mano nella mano.
«Io ti penso sempre, in ogni momento ma questo» e indicò il piccolo portachiavi peluche, riponendolo nella tasca destra dei pantaloni. «Questo lo terrò sempre con me e questa giornata, anche se breve, è stata una delle migliori mai passate» e le prese il mento tra le dita, per avvicinare il viso al suo. «È dannatamente bello, respirare insieme a te» soffiò sulle labbra, invitanti e morbide prima di congiungerle con le sue, in un casto bacio colmo di promesse.
[...]
Natalie osservava la felpa blue notte del padre, indossata dal cantante in quella meravigliosa giornata - e portando quel tessuto al naso, annusò ancora quel pungente odore di sandalo provenire da essa. L'uomo era partito da qualche ora e quella maglia pesante oramai non apparteneva più al padre bensí alla celebrità e decise così - di indossarla, in modo tale da sentirlo sempre vicino.
Sfiorò con le dita i tulipani regalatasi sempre dal medesimo soggetto, la sera precedente, a mo' di scuse per quanto lei avesse letto e visto, in quel dannato giornale. Tuttavia però, l'idea di lui, di nuovo nella medesima casa dove vi era anche la moglie, la disturbava - la turbava visibilmente in quanto oramai davvero, vedeva un barlume di speranza per loro due, per il loro sentimento che andava sempre più, in crescendo.
Sbuffò turbata quando il padre la vide così, abbandonata al divano, con la testa tra le mani. «Tesoro, è tutto okay?» domandò poi, prendendo posto vicino ad ella, che di risposta - annui soltanto.
«Ti manca, non è vero?» e le accarezzò il volto, abbozzando un sorriso sghembo, quando riconobbe la sua felpa indosso alla sua bambina. «Non è male ammetterlo, Nat. Dopotutto, non è possibile comandare il proprio cuore - non si può scegliere a chi esso, debba appartenere» e la fece appoggiare al suo petto, stringendola a se.
«Vorrei solo averlo qui con me, invece - sono costretta a vederlo andare via, ogni volta. Comprendo benissimo che la sua vita discosta molto dalla mia, che ha mille impegni, che ha dei bambini - che insomma, tutto il contorno sembra remarci contro» e inspirò, soffocando un singhiozzo sul petto di Carl che intenerito, le accarezzò la chioma bionda raccolta in una lunga treccia. «Ma oramai non posso più farne a meno, papà. Sembra più grossa di me, tutta questa situazione»
«Natalie, è normale tutto questo. Entrambi provate delle forti emozioni quando siete insieme, è un percorso naturale. Non devi provarne vergogna o averne timore» e le baciò la fronte. «Nonostante il suo nome, il suo successo - e da uomo, penso sia un'ottima persona. È buono, timido e molto coinvolto nei tuoi confronti» e la vide sorridere, leggermente più sollevata nonostante fosse consapevole, che ella fosse triste e che quell'uomo, gli mancasse terribilmente.
La strinse un'ultima volta a sè, prima di lasciarla sola, nella sua privacy e nelle sue turbe più persistenti e stanca, raggiunse la stanza degli ospiti - solo per poter risposare su quel letto, dove poche ore prima era stata in sua compagnia.
Strinse tra i palmi le lenzuola, ancora impregnate del suo odore, o meglio, del loro odore - avvinghiati in una morsa di pura passione e cupidigia ed inspirò, al solo pensare a quelle mani grandi, muoversi leggiadre sul suo corpo e tastare con fare dilettato, le sue curve. Ebbe un capogiro e un lampo di lussuria si dipinse sul suo volto, quando fu costretta a serrare la mascella per via della forte tensione.
Si sentiva sopraffatta ed il respiro, era corto e veloce mentre percepiva delle scosse di piacere lungo tutta la schiena mentre rimuginava su di lui, su come la faceva sentire e sussultò, quando il telefono prese a squillare in quel preciso momento.
Era lui.
Prese parola egli, spiegando che appena arrivato, non era riuscito ad avvisarla perché i suoi bambini lo avevano travolto nel momento stesso, specialmente Prince e che - erano rimasti felici dei regali.
Ella era rossa in volto mentre teneva le gambe strette al petto e parlava a bassa voce, chiudendo la porta a chiave.
«Già mi manchi da impazzire, bambina» le confidò poi, con tono sommesso e gutturale, carico anch'esso di quella cupidigia, che solo quando era con la dama, fuorusciva dai meandri del suo corpo.
«Anche tu, da morire»
«Dove sei, in questo momento?» e si chiuse dentro il suo ufficio, prendendo posto nella sua poltrona in pelle dietro la sua scrivania.
«Sul letto, dove abbiamo dormito insieme, non tanto tempo fà» lo stuzzicò ella, percependo il gioco a cui voleva dare inizio lui. «Sento ancora il tuo odore, inebriarmi le narici e pervadermi il corpo» e si girò nel materasso, percependo il respiro dell celebrità, divenire pesante da dietro la cornetta.
«E sei vestita?» domandò poi, balbettando. Non voleva risultare un poco di buono con quella domanda, ma dopotutto la loro - era un'intimità speciale e fatta di complicità.
«Indosso solamente la felpa con il tuo profumo addosso e il completo intimo simile a quello di ieri sera, solo di colore rosso» e lo fece eccitare, difatti egli gemette al pensiero di lei, nuda e il cavallo dei pantaloni - divenne stretto, ancora una volta a causa sua. Egli la invitò a parlare, mentre con le mani sfiorava la sua reminiscenza - soffermandosi su alcuni bottoni che tenevano saldo alla vita, quel capo.
Si sentiva un ragazzino ma dopotutto era un processo naturale, quando due si piacciono mentalmente e fisicamente e con i polpastrelli sfiorò la sua parte sensibile e gonfia, gemette.
Ella era rossa, mentre era lei questa volta, anche se solo telefonicamente - a sentirlo così abbandonato, debole e completamente cedevole nei suoi confronti.
Toc, Toc, Toc...
«Cazzo!» imprecò egli stringendo la cornetta tra le mani, smorzando totalmente l'energia che si era venuta a creare e posizionandosi in piedi, guardò in basso - roteando gli occhi al cielo.
«Cosa? Che succede?» domandò la giovane, leggermente preoccupata dal cambio di umore improvviso.
Il moro inspirò, passandosi un mano sul volto ed sbuffando sommessamente, allacciò nuovamente i pantaloni in maniera corretta - imprecando ancora. «Hanno bussato, anzi - stanno ancora bussando e penso sia per lavoro» e arrossí, sentendosi nel medesimo stesso in colpa. «Mi dispiace interrompere questo momento..»
La sentì ridere, divertita. Evidentemente era più infastidito lui di lei, ma dopotutto era plausibile - per una volta che si stava lasciando andare, al pensiero di lei e del suo corpo - l'essere interrotto in quel momento, non doveva essere meraviglioso. Sbuffò ancora come un bambino, smorzando il clima con un lamento fanciullesco, legandosi alla risata della fanciulla.
«Devo andare, ragazzina!» la chiamava così, ogni tal volta lei rideva e si divertiva a prendersi gioco di lui. «Ti chiamo questa notte, se sei sveglia altrimenti..» e inspirò, osservando la porta.
«Domani, altrimenti mi chiami domani» concluse ella, prima di congedare la popstar, chiudendo così la telefonata.
Quest'ultimo andò ad aprire, trovando Frank stizzito e con le mani lungo i fianchi. Stava per fare la sua classica battuta ma quando vide il suo amico, rosso in volto ed abbassando lo sguardo per squadrarlo fa cima a fondo, capì la delicata e bizzarra situazione è così, scoppiò a ridere.
«Non voglio saperne nulla, stallone!» e fece irruzione nel suo ufficio. «Avanti, torniamo a lavoro!»
[...]
Los Angeles - 15 Ottobre 1999
«Natalie devi aiutarmi, questa volta è una cosa seria. Perché non devi credermi?» e con fare mesto, prese posto vicino alla fanciulla, con lo sguardo ancora implorante.
«Abel, come pensi io possa crederti? L'hai detto almeno per le ultime dieci ragazze con cui ti sei frequentato!» lo canzonò l'altra, roteando gli occhi al cielo.
«Ma Jessica è diversa, è..» e il ragazzo inspirò, sedendosi sconfitto.
«Come erano Marie, Clare, Charlotte» lo interruppe l'altra, ridendo sommessamente mentre con le braccia, lo circondò in un abbraccio. «Un rapporto solito, una relazione-» enfatizzò ella, gesticolando con le mani. «Non fà per te, nonostante ogni santa volta pensi di sì - e devo dire che negli ultimi tre mesi, hai cambiato idea ben sei volte» e gli baciò una guancia color caramello, vedendolo sbuffare.
«Non è colpa mia se sono dannatamente carino ed irresistibile che tutte mi vogliono!» si pavoneggió lui, alzando le spalle. «Sotto sotto, anche tu sei innamorata di me ma non vuoi ammetterlo!» la prese in giro, consapevole che in realtà ella non provasse alcun genere di interessa nei suoi confronti, se non reale e dolce amicizia.
«Abel» rise ella, spintonandolo. «Sei come un fratello per me, lo sai. Anzi, mi vanto di avere un migliore amico - sciupa femmine!» e lo vide arrossire, divertito. «Anche se la mia solidarietà femminile, mi obbliga a dirti che con l'ultima - Charlotte, non ti sei comportato per niente bene!» e agitò l'indice, verso il suo corpo.
«Ma come no? Ho usato quanto più tatto possibile, mia dolce Natalie» ed entrambi si sedettero sul divano, di casa di lui mentre erano impegnati a mangiare dei pop corn.
«Portarla a cena in un posto di lusso per ben tre volte di seguito, riempirla di parole dolci per portartela poi a letto e scomparire la mattina seguente, lo chiami avere tatto?» gli domandò l'amica, con le labbra schiuse per via del disgusto provato.
«Le ho lasciato un bigliettino scritto dove spiegavo il mio errore, se così lo possiamo definire - di essermi lasciato andare?» e fece una smorfia buffa, intento a farla ridere. «No, okay - hai ragione. Sono stato un bastardo con Charlotte, è una brava ragazza. Ma non è Jessica» e la vide roteare gli occhi al cielo, completamente esasperata.
«Sei senza speranze, Abel» e gli diede una pacca su una spalla, prima di abbandonarsi con il viso sulle sue gambe, lasciandosi accarezzare la chioma bionda con le dita. «E questa Jessica, come è?»
«È bella, sinuosa, leggiadra e recita al teatro. Ho avuto occasione di parlare per ben due volte, dietro le quinte perchè è amica di alcuni miei amici, ma..»
«Ma?» lo incitò ella, a continuare.
«Lo sai che non ho una buona fama, per quanto riguarda le ragazze e non vorrei che lei, partisse prevenuta nei miei riguardi, ecco.»
«Beh, non la biasimerei» rispose l'altra, con fare sarcastico.
«Natalie!» la canzonò l'altro, urlando stizzito.
La ragazza rise divertita, ormai abituata allo scetticismo del suo compare che stremato, si accese una sigaretta.
" Sei sempre nei miei pensieri bambina.
Mi manchi, scusami per ieri.
Questa sera ti chiamo, non vedo l'ora di sentirti."
Ella lesse il messaggio, in silenzio - sorridendo nel medesimo stesso, dopotutto amava sentirsi così voluta, dal suo cantante preferito che nonostante la distanza, le dedicasse ogni suo momento libero.
Abel inspirò quella sostanza acre, osservando poi la sua amica bionda - con le gote arrossate e gli occhi sognanti ed abbozzando un sorriso, provò a sbirciare sullo schermo del suo telefono - rimanendo deluso quando lei lo nascose al petto.
«Abel, ma che fai?» e lo spintonò delicatamente con entrambe le mani, riponendo il piccolo apparecchio elettronico, nella sua borsetta.
«Natalie, chi era di così importante?» e con fare furbo, la osservava di sottecchi mentre non abbandonata la presa, dal mozzicone di sigaretta stretta tra le labbra.
«Mio zio, quello della scorsa volta» mentí, con nonchalance mentre si mordicchiava le pellicine intorno al pollice, segno che stava visibilmente dicendo una bugia.
«E vediamo, questo tuo zio è particolarmente sexy? Sai, appena hai letto il messaggio, i tuoi occhi sono diventati a cuoricino!» e la fece ridere, prima di prendere le piccole mani, tra le sue.
«Nat, sai che puoi parlare con me. Siamo amici - dimmi, chi è costui?»
Ella inspirò, osservandolo da sotto le lunghe ciglia, timorosa di parlare con lui, della celebrità.
«Lo sai che non ti giudicherei mai, da un semplice messaggio ti ha fatto stare bene, merita quindi tutto il mio rispetto. Parlane con me, ti prego» concluse, inclinando il viso di lato.
Continua-
Gli alimenti citati per la colazione, sono davvero i cibi con cui Michael, preferiva fare colazione.
(o così dicono le mie fonti)
[*1] Il piccolo Prince era un fan sfegatato di Star Wars.
Spazio autrice:
02/01/2021
Parto con l'augurare un Buon Anno a tutte voi, miei amori che sempre mi sostenete e tenete compagnia, quando sono presente. Ho lavorato tanto affinché riuscissi a pubblicare oggi, dato che da domani sarò più assente (si, ancora di più).
Arriva la piccola di casa, la dolce Althea - una piccola di Golden Retriever, con la speranza di un nuovo inizio personale e lavorativo.
Ma un cucciolo di due mesi e poco più, mi terrá molto occupata in quanto lei, sará appunto - colei che mi accompagnerà nella mia formazione per diventare a tutti gli effetti - educatore cinofilo e ciò che esso ne comporti, ovvero: addestrare e lavorare nel comportamento dei cani, per creare dei veri e propri compagni di vita per persone (bambini, anziani) con difficoltà motorie, fisiche e psicofisiche.
Come ho già detto, la vita muta e noi con essa.
Baldo le ciance, spero che questo capitolo vi piaccia e che mi direte cosa ne pensiate qua sotto nei commenti, come sempre. Vi aspetto!
I love u all girl.
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