Capitolo XXXII. Giuramento d'amore eterno


Musica consigliata: "A Thousand Times Good Night" di Abel Korzeniowski.

https://youtu.be/P5avN2fhvEQ

Alexander distolse lo sguardo dal foglio che cinque minuti prima Andrew gli aveva consegnato e detto di leggere fino in fondo. Lo guardò, ma non negli occhi, perché non ce la faceva.

«Alla fine Iago ha confessato tutto prima del previsto» disse infine. «Non mi aspettavo che riuscisse a mantenere il segreto ancora a lungo, d'altro canto.»

Andrew non seppe chi gli diede la forza e la pazienza di non dargli una botta in testa. Si riprese la lettera al volo, strappandogliela di mano, e se la ficcò nella tasca interna della casacca. Aveva le labbra livide per la rabbia. «Dammi un solo motivo per non andare su tutte le furie. Uno soltanto, Alex!»

L'altro sospirò. «Che cosa vuoi che ti dica? Ti comporti come se questa cosa ti fosse capitata fra capo e collo, quando ormai tutti gli altri da un bel po' si erano arresi alla verità.»

Andy scosse il capo. «Sei... sei incredibile. Dico davvero» sentenziò adirato. «Dunque il fesso sarei io!»

«No, Andrew» lo contraddisse Alex, sfinito. «Non sei un fesso. Sei... Sei solo eccessivamente ottimista, mettiamola così. Ti rifiuti di voler accettare i fatti perché giustamente non vuoi perdermi.»

«Perché giustamente non voglio perderti!» lo imitò Andrew. «È ovvio che non voglio, ma tu intanto sembri ormai fare di tutto per far andare male tutto quanto!»

«A volte il destino va semplicemente assecondato.»

«Puttanate! La predestinazione è una stupidaggine! Il problema, Alex, è un altro: ti sei semplicemente arreso, questo è quanto!»

«Anche dei vampiri una volta dicevamo che erano tutte leggende, eppure eccoci qua.»

«È diverso!»
Alex parve contare fino a dieci, ma dovette arrivare solo a cinque: «Se non vuoi prenderti la responsabilità per la sicurezza dei miei figli, allora è un'altra faccenda. Se è così, Andrew, ti prego di dirmelo chiaramente. Troverò un altro tutore per entrambi, senza alcun rancore».

Andrew restrinse lo sguardo. «Ti sembro così meschino?»
«No, ma comprendo che non tutti siano tagliati per essere genitori.»

«Non è quello il problema, Alex! Non è quello, dannazione!» sbottò Andy. «Il problema sei tu, è tutta questa faccenda! Cosa ti aspetti che io faccia, esattamente? Come puoi pensare che avrò la forza di andare avanti se tu finirai per tirare le cuoia? Spiegamelo!»

Di nuovo Alex parve faticare talmente tanto a trattenersi, da non riuscire alla fine a frenarsi: «Esattamente come ci sono riuscito io quando tu sei stato ritrovato in un bosco e poi seppellito. Pensi che io quella volta abbia fatto i salti di gioia? Ero distrutto, anche la mia ultima, flebile speranza si era spenta, ma sono andato avanti perché non potevo permettermi di fare diversamente; perché una vita innocente dipendeva da me, non solo da sua madre, che tra parentesi ho dovuto sposare per forza. Avrei solo voluto morire, ma non potevo. Dovevo stringere i denti e andare avanti, perché è ciò che fa la maggior parte della gente. Le persone muoiono tutti i giorni, Andrew. Dimmi cosa c'è di straordinario nel nostro caso.»

Fu Andrew a perdere la lotta di sguardi. «Ti sei assunto la responsabilità di tutto quanto, compreso ciò che ho fatto perché volevo farlo, perché ero assetato di sangue e di vendetta! Ero consapevole di quello che stavo facendo, lo sappiamo tutti e due! Ridevo delle possibili conseguenze e pensavo solo a uccidere! Nessuno mi ha influenzato! Non ero e non sono innocente!»

«Allora come hai fatto a ravvederti? Come hai fatto a ritrovare il senno, letteralmente? Sei stato influenzato eccome, Andrew. Prima da Arwin, poi da Grober stesso, dalla sofferenza che hai provato per anni, dalla solitudine e dalla rabbia. È proprio stato questo a permettermi di perdonarti, perché mi sono reso conto che non avevi colpe, non davvero, e che in parte sono stato io a dar vita a quel disastro. Sono stato io a negarti il mio aiuto quando ne avevi più bisogno. Sono stato io a fuggire, a non lottare abbastanza per far sì che le ricerche continuassero. Non aiutandoti è come se ti avessi ucciso di mio pugno, Andrew, capisci?» Non gli aveva detto la verità per paura di perderlo e poi, alla fine, lo aveva perso lo stesso e nella maniera peggiore possibile. «Sei stato anche troppo buono con me, ma è arrivato il momento di guardare in faccia la verità: l'unico fra noi due a non essere innocente sono io. Avrebbero dovuto arrestare me, non te.»

«Va bene! Mettiamola così, visto che insisti tanto: al massimo avrebbero dovuto arrestarci entrambi. Chiaro? Sarà successo quel che è successo, ma sta di fatto che sono stato io a fare il diavolo a quattro e mandare tutto a puttane! Insomma, Alex! Non saresti capace di fare del male neanche a un gattino, figurati a un essere umano! Se vuoi dire stupidaggini a bella posta, dillo e basta!»

«Non ho rovinato la vita solo a te. Ce ne sono stati altri, fin troppi.»

«Ancora!» Andrew era esasperato. «Senti: o la smetti o giuro che mi arrabbio davvero! Decidi!»

«Non dire niente non renderà tutto meno reale.»

Drew sbuffò, poi lo afferrò per le spalle e lo guardò: «Allora torniamo indietro, lasciamo Sverthian e... non lo so, diamoci alla macchia! Possiamo farlo, Alex! Possiamo evitare il peggio! Ti prego!»

Sapeva di suonare egoista e spregevole, ma non voleva saperne di perderlo.

Alex scosse il capo. «Non capisci? Non saremo mai liberi. Grober mi inseguirà finché non cederò, e in ogni caso non possiamo abbandonare qui Kyran al suo destino. Suo fratello e Iago contano su di noi, proprio come gli altri.»

«Gli altri? Intendi gli stessi che ti hanno sì e non abbandonato e hanno dato a Grober il permesso di massacrarti, se necessario? Le stesse persone che ora ti hanno dichiarato colpevole e condannato ad almeno trent'anni di galera, nel caso tornassi vivo?» gli fece eco Andrew, diretto. «Li lascerei nel loro brodo con piacere, credimi! Con tutto il rispetto per Kyran, ma alla fine neanche lo conosco e potrebbe essere una persona tutto tranne che meritevole del tuo sacrificio!»

«Questo non sei tu, Andrew.» Alex lo guardava quasi con orrore. «Sei stanco, lo capisco, ma non sei un uomo egoista. Lo sai meglio di me.»

«Ti sbagli, Alex. Lo sono eccome, e se vuoi te lo dimostro anche adesso!»

«Se tu lo fossi, ora non saresti qui.»

Andrew capì di essersi fregato con le proprie mani. Imprecò sottovoce. «Si sente che sei l'amico di un poliziotto» disse, decisamente contrariato.

«No. Come ho detto: ti conosco e so chi sei davvero» lo contraddisse Alexander, sorridendo appena. «Smettila di affannarti così. Se proprio vuoi saperlo, mi sento quasi tranquillo. Non ho più gli incubi, Grober ha smesso di tormentarmi perché sa che sto agendo secondo la sua volontà. Sa che ho accettato la mia sorte, Andrew, e ora ti chiedo di accettarla allo stesso modo. Se vuoi restarmi accanto puoi farlo liberamente, ma non ostacolarmi. Non voglio che tu venga preso ancora di mira e non devi rendere le cose più difficili di quanto già non siano.»

Non voleva che salvasse lui, ma tutti gli altri. C'erano molte altre persone che presto avrebbero avuto bisogno del suo aiuto. Gli prese il viso fra le mani, si sporse e fece scontrare con dolcezza le loro labbra. Il bacio aveva il sapore di lacrime, salate e cristalline. L'organismo di Andrew, proprio come il suo, ormai aveva terminato le riserve di sangue, lo si poteva capire anche dall'aspetto provato e da quel pallore malsano e spento.

Povero Andrew, non aveva mai smesso di soffrire da quando era tornato su dalla tomba in cui era stato rinchiuso da quel sadico di Arwin. Aveva sofferto in continuazione, senza un attimo di pace, quasi sempre a causa sua.

«Non ti impedirò di starmi accanto fino alla fine, se è questo che desideri, ma è importante che tu accetti la realtà dei fatti» gli sussurrò Alex. «E voglio che tu, non appena questa storia sarà terminata, vada avanti. Devi farlo per te stesso e per nessun altro, Andrew, perché non posso essere io il perno sul quale si regge il tuo personale mondo. Devi essere tu il piedistallo di te stesso. L'amore serve solo ad arricchirci e a ricolmare quel piccolo spazio vuoto che tutti hanno qua dentro.» Con una mano scese fino al suo torace e la fermò sopra il cuore. «Non mi riferisco solo all'amore come lo intendiamo io e te quando siamo insieme, Andrew. Parlo anche dell'affetto delle persone che ti aspettano al tuo ritorno. Ce ne sono tante a volerti bene e non avrai problemi a reintegrarti, perché tutti presto sapranno che sei innocente e un brav'uomo, proprio come lo so io. Trai la tua forza da quell'affetto finché non sarai di nuovo pronto ad amare.»

Lo amava troppo per saperlo infelice e disilluso.

Lo amava tanto da cedergli una parte di sé e una protezione solida e impossibile da scalfire, qualcosa che impedisse a Grober di fargli del male e lo rendesse intoccabile.

Andrew gli pose una mano sul retro del capo, affondò le dita fra i suoi capelli e posò sulla sua fronte la propria. «Finché ti vedrò al mio fianco, di fronte a me, esattamente come siamo ora, non abbandonerò le speranze e non mi rassegnerò» gli disse sottovoce, quasi fosse un segreto della massima importanza. «Il futuro può cambiare ed essere piegato, basta volerlo intensamente, e io voglio con tutto me stesso che tu resti con me, che tu sopravviva.»

«Rischi solo di farti del male.»

«Così sia. Ben venga il dolore.» Andrew incatenò i loro sguardi e intrecciò le loro mani. Strinse forte quelle di Alex nelle proprie, sperando fosse sufficiente a salvarlo dal futuro. «Persino quello sarà sufficiente a ricordarmi che sono vivo. Che lo siamo entrambi. Mi spiace scombinarti i piani, Alex, ma non amerò nessun altro come amo te. Magari non ricorderò le mie vite precedenti, men che meno le tue, ma so bene di averti perso troppe volte. Ci sarà pure un motivo se abbiamo continuato a incontrarci e ad amarci per tutto questo tempo.» Fece un respiro profondo. «Qui e ora, Alexander Jordan Woomingan, ti dichiaro amore eterno, accada quel che accada. Che il mondo crolli pure su se stesso, se così gli piace. Io non smetterò mai di amarti e se rimarrò da solo, allora porterò il piacevole e doloroso peso dei miei sentimenti per te fino alla fine dei tempi. ‟Potesse durare tutta la vita questo eterno giuramento d'amore" diceva Catullo. Io dico: che duri tutta la vita e anche oltre.»

Erano talmente immersi l'uno negli occhi dell'altro, da non accorgersi che intanto stava accadendo qualcosa di inaspettato, originato da una magia antica e primordiale, la stessa che inavvertitamente ogni singola creatura respirava tutti i giorni insieme all'aria e ai suoi tanti sentori: due piccole e delicate scintille di luce d'un bianco immacolato e brillante svolazzavano intorno alle loro braccia unite.

Mentre si scambiavano un altro bacio, lento e amorevole, a tratti disperato, le scintille si erano posate infine sulle loro mani ed espanse come sottili filamenti.

Quando i due si separarono e notarono finalmente il bagliore che si propagava fra di loro, rimasero entrambi di stucco nello scorgere sui rispettivi anulari sinistri un paio di anelli molto simili nella fattura. Egualmente di argento scintillante, ambedue simili a un sottile intrico floreale con tanto di minuscole foglioline. Al centro di essi due piccolissime rose argentate racchiudevano minute e opalescenti pietre preziose simili a diamanti.

«Cosa...» Alex era spiazzato. «L-Li vedi anche tu, vero?»

«Sì, li vedo anch'io» rispose Andrew, mezzo stordito.

Era come se avesse appena avuto luogo la classica cerimonia nuziale con tanto di giuramento e scambio di promesse, nonché rituale ancestrale per rendere valida l'unione.

Eppure quante volte si erano detti cose anche più sdolcinate? Cosa c'era di diverso?

Non capisco, ma una cosa è sicura: qualunque cosa abbiamo fatto, è come se ci fossimo appena sposati.

Guardò l'amato di nuovo negli occhi e comprese che avevano appena pensato la stessa cosa. Quale che fosse il mistero dietro a un simile avvenimento, non c'era alcun dubbio: qualcosa, o qualcuno, aveva scelto di legittimare il loro amore per sempre.

«Sei sicuro di non voler proprio parlarne?»

Dario alzò gli occhi al cielo e scelse di ignorare per l'ennesima volta Petya, il quale proprio non voleva saperne di lasciar stare e non nominare più la questione riguardante Max.

Durante il viaggio verso Athanasia già altre volte aveva accennato alla faccenda e i suoi tentativi erano sempre stati scoraggiati dalle occhiate penetranti e d'avvertimento che il vampiro gli aveva scoccato. Quest'ultimo di nuovo rimase in silenzio e tornò a guardarsi attorno con aria circospetta in sella a un esemplare di equino dell'Oltrespecchio, uno di quelli che alcuni erano riusciti a salvare prima di fuggire da lì.

Tutti i cavalli di quella specie possedevano un lucente e uniforme manto nero corvino, differenziandosi solo grazie agli occhi dai colori più disparati. Quello che Dario aveva preso in prestito dal Palazzo Imperiale li aveva scarlatti ed era un quadrupede né troppo mansueto né troppo vivace, una via di mezzo, eppure persino lui sembrava stufo delle chiacchiere di Petya. Quella razza di cavalli era molto intelligente, comprendeva la lingua sia degli Efialti che degli umani e ciò li rendeva anche molto permalosi e difficili da domare.

Più che diventare il padrone di uno di loro, bisognava diventarne amico, un compagno.

Sentendolo sbuffare sonoramente e con chiaro fare irritato, Dario gli sussurrò: «Ignoralo, proprio come faccio io. Prima o poi la smetterà».

«Guarda che ti sento» gli fece eco l'Efialte, spronando il proprio stallone e giungendo accanto a loro. «Solo perché ignori un problema, non significa che sparirà magicamente da solo.»

Dario ne aveva abbastanza. Lo guardò di nuovo. «Piuttosto, Petya...» disse, con eccessivo miele nella voce. «Com'è che circola voce che tu e Godric vi stiate ora dando alla pazza gioia insieme? Perdonami l'indiscrezione, ma le guardie sono molto pettegole!»

L'interpellato tossicchiò. «Niente di che, davvero. È sempre per via della storia della maledizione.»

«Non vedo come questi due elementi potrebbero intersecarsi, francamente.»

«Non osare rigirare il discorso solo per distogliere la mia attenzione!»

«E tu allora rispondi. Sono curioso quanto un furetto, lo sai.»

«Skyler e Samantha stavano per smascherarlo e allora, sapendo che non voleva far risapere in giro di quella faccenda, ho deciso di intervenire e ho inventato la prima panzana che mi è venuta in mente.»

Dario socchiuse lo sguardo, quasi deliziato nel vedere che una volta tanto era Petya quello in difficoltà. «E casualmente è stata la tua prima pensata. Interessante.»

«Non ti azzardare» lo rimbeccò il re. «Io e Desya stiamo solo avendo un periodaccio, tutto qui, e comunque Godric non mi piace in quel senso, se è quello che stavi insinuando. Mi sono persino preso un pugno in faccia, dopo. Certo, è un bell'uomo, è innegabile, ma...»

«Oh-oh! Un bell'uomo!» cinguettò il vampiro, un po' perfidamente. «Com'è che sei rosso in faccia? Senti caldo, Petya?»

Petya restrinse gli occhi a fessura. «Spero proprio che Carmilla ti faccia la festa» sputò fuori, altero. «Ti stai solo arrampicando sugli specchi pur di non affrontare il tuo, di problema, e già ne hai troppi.»

«Mi sembra solo strano che tu ti stia dando così da fare per Godric, considerando che fino a tempo fa voleva ammazzarti.»

«Be', ora sa anche lui la verità, e in ogni caso la colpa di tutto è stata la mia. Sto solo cercando di rimediare, di fare qualcosa di buono per l'ultima persona che avrebbe meritato le umiliazioni subite da Godric nei secoli. Non voglio si ammazzi perché fino all'ultimo sono rimasto a guardare e basta, senza decidermi ad aiutarlo sul serio.»

«Dunque è solo per ripulirti la coscienza?»

Petya sbatté le palpebre. «Non usare quel tono con me, se non ti spiace. Non è solo per ripulirmi la coscienza, non sono così meschino.»

Dario sospirò tra sé. «Ammetto di aver in passato creduto che tu fossi più che semplicemente meschino» replicò. «Specie considerando quel casino con Allaire, poi con Richard, poi ancora tutto il resto.»

Il re degli Efialti esitò. «Col senno di poi so di aver fatto molti sbagli. Se solo avessi saputo prima che Ilya era sotto l'influenza di Grober, lo avrei aiutato in qualche maniera, anche a costo della vita. Non sapevo neanche che avesse avuto una figlia da Uriel.»

«Se anche tu lo avessi saputo, Esther sarebbe rimasta con Richard e poi successivamente con me» disse Dario, forse troppo impulsivo. «Sarai anche suo zio, ma fino a prova contraria siamo stati noi a crescerla, io l'ho protetta quando quelli come lei erano ancora braccati da Michele e l'Ordine dei Cacciatori. C'erano volte in cui non riposavo affatto, troppo spaventato all'idea che potesse accaderle qualcosa.»

«E dire che quando ti ho conosciuto eri tra quelli che meno amavano i bambini» lo apostrofò Petya, fra il maligno e l'affettuoso.

«Credimi, lei è stata un'eccezione. Più che come una figlia, per me era una specie di sorellina minore. Il suo carattere frizzante e vivace mi ricordava molto quello di Beatrice e... be', stravedevo per la minore delle mie sorelle. I suoi capelli rossi invece mi ricordavano Reida, che tanto avevo rispettato, con la quale spesso mi ero ritrovato a scherzare e a parlare come se fossi stato un suo pari. Ho sempre pensato che fu lei a convincere Richard a venire a richiamarmi di persona, dopo la faccenda di Gareth. Lui non avrebbe mai fatto una cosa del genere di sua spontanea volontà, non era tipo da prostrarsi, ma dopo quel che si è scoperto... inizio a dubitare di tutto quanto, persino della mia identità.»

Petya ci pensò su. «È possibile che Richard quella volta ricevette comunque un input da parte di Reida, o di Arian. D'altro canto, mi sembra che il tuo sostituto si fosse poi dimostrato non all'altezza delle aspettative.»

«Infatti al mio ritorno mi ritrovai in mezzo a un bel guazzabuglio e no, non mi vergogno a dire che a quell'incapace gliele cantai a modo mio.»

Petya sghignazzò. «Preferisco non immaginarlo.» Ricordava molto bene il temperamento di Dario in epoca molto meno recente e poteva confermare che a quei tempi solo un pazzo si sarebbe permesso di scherzare troppo con lui. «Però, se sei sempre rimasto fedele alla tua avversione per i figli e quant'altro, non riesco a spiegarmi come mai, poi, tu e Max per un po' abbiate avuto in affidamento una bambina e poi addirittura Leda sia riuscita a convincerti ad avere un figlio. È un po' contraddittorio, scusa.»

Il vampiro gli rifilò un'occhiata indecisa e incerta. «Vuoi la verità nuda e cruda? Ho cercato di adeguarmi ai loro desideri. Max aveva già accennato una volta a voler adottare un marmocchio e io gli avevo sbattuto in faccia la realtà: Obyria non ha mai dimenticato che sono stato quasi un anno in prigione, né quello che ho fatto prima di essere catturato. Per ottenere la custodia di un bambino bisogna avere la fedina penale immacolata, però poi Sophie ha detto che ci avrebbe aiutati. Ero un po' scettico, ma quando ho visto Anna, i suoi occhi blu e innocenti... È stato come quando ho preso in braccio Kayden, quando suo padre ha voluto a tutti i costi presentarmelo, anche se ero reticente. Come si sa, Anna è stata mia figlia per pochissimo tempo, un paio di settimane, poi Atlas si è vendicato per via del mio rifiuto di stare ai suoi ordini. Sapevo che me l'avrebbe fatta pagare, ma non credevo sarebbe stato così crudele.»

Petya si incupì. «Questo Atlas doveva essere proprio uno stronzo.»

«Non proprio. Diciamo che era talmente antico da aver sviluppato una certa insensibilità. Aveva sui tremila anni, roba non da poco. Si vociferava fosse un mezzo-vampiro che poi aveva scelto di diventare un immortale a tutti gli effetti, ma so per certo che fu lui a trasformare Arwin. Era, in un certo senso, mio nonno. Penso volle vendicarsi anche perché gli avevo detto che a mio parere qualcuno doveva aver fatto scattare il mostro dentro Arwin, per spingerlo a diventare così disumano e sfrenato.»

Petya fischiò. «Se non vado errato, aveva un gran bel caratteraccio. È come aver fatto una pernacchia in faccia a un drago!»

«Ehi, aveva minacciato Max, che avrei dovuto fare? Abbassare la testa e fare il bravo cagnolino?»

«Però devi ammettere che eri una testa calda.»

«Se è per questo, so esserlo ancora oggi. Arwin, a furia di stuzzicarmi, alla fine un bel morso se l'è preso. Finché le minacce sono per me la cosa mi è indifferente, ma non mi piace quando vengono coinvolte altre persone e Atlas tirò troppo la corda.»

«Però ci avete rimesso tu e Max.»

«Sì, purtroppo sì, e anche la nostra relazione. Da lì in poi è stata tutta una ripida discesa: mi tradì, poi cercammo di riprovarci, ma io ormai sapevo di aver in parte già chiuso per sempre con Max. Non riuscivo più a fidarmi, dormivamo persino separati, io non stavo quasi mai in casa. La notte prima di lasciarlo alla fine cedetti alla tentazione e trascorsi tutto il tempo con Leda. Puoi immaginare cosa accadde, e quando tornai a casa preparai le mie cose e aspettai Max per dirgli che stavo andando via e che ormai era ovviamente finita. Non la prese bene, non voleva saperne di farmi varcare quella soglia. Fu davvero orribile e lui... lui mi disse che ero la persona più crudele che avesse mai conosciuto, che sperava che tutto quanto mi tornasse un giorno indietro. So che non lo disse con cattiveria, perché era solo arrabbiato con me e ancora di più con Leda, ma col senno di poi mi è sembrata quasi una maledizione vecchio stile. Il resto è storia, non serve rievocarlo, ma dico solo che è stato sempre per colpa del mio passato che Leda poi si è intestardita nel voler provare quel rituale. Non so perché ci tenesse fino a tal punto, fino a voler rischiare la vita, ma le grida che quella notte udii provenire dalla nostra camera da letto, durante un forte temporale, ancora torno a risentirle nei miei incubi.»

Si fermarono un attimo, credendo di aver sentito dei fruscii nel fitto della foresta che stavano attraversando. Petya, poi, disse: «Vai da Cynder e Nephele. Tua figlia si trova lì. Se non altro incontrala, vai almeno a vedere com'è, che aspetto ha, com'è la sua voce. È sangue del tuo sangue, è la sola cosa che ti resti di Leda». Esitò. «E va bene. Cynder mi aveva pregato di aspettare, ma a questo punto chi se ne frega, te lo dico eccome: Fedra sa che sei suo padre. Lo ha sempre saputo.»

Dario tirò le briglie così bruscamente che il suo cavallo nitrì, infastidito e oltraggiato di fronte a tanta malagrazia. «Che cosa?»

«Hai sentito, non farmi ripetere. Sai come parla di Alice? La chiama ‟zia". Lorenzo ‟fratellone". Arwin, invece, lo chiamava ‟nonno"! Insomma, Dario, se non vuoi capire per forza, allora è un altro paio di maniche! Lei lo sa! Lo sa e secondo me non aspetta altro che conoscerti finalmente, dopo che avranno inventato chissà quali scuse pur di giustificare la tua assenza! Tua figlia è viva e sa chi sei! Hai la minima idea di quanto sia importante?»

Il vampiro era senza parole. «I-Io non...»

«Smettila di biascicare e rispondi: vuoi davvero continuare a scappare da lei per sempre? A far finta che non esista? È il momento giusto per dimostrare che sei diverso da tuo padre! Quella bambina ha il diritto sacrosanto di conoscerti e sì, di essere protetta da te, il solo genitore che le sia rimasto!» L'Efialte si sporse per guardarlo dritto in faccia. «Non sai quante volte mi sono pentito di non aver lottato abbastanza per far parte della vita di André e Arthur! Non sai cosa darei per poter tornare indietro e cambiare le cose! Anche io ho perso la donna che amavo e che mi ha lasciato da solo con un figlio da crescere, ma non sono scappato e mi sono assunto le mie responsabilità!»

«È una situazione diversa!» protestò Dario.

«Pensavi di averla persa per sempre, proprio come tua moglie, invece non è così e stai solo prendendo tempo perché sei terrorizzato dall'idea di essere un padre e che là fuori ci sia una creatura innocente il cui futuro dipende solo ed esclusivamente da te!» lo rimbeccò Petya, serio come la morte. «Ti sei preso cura alla perfezione di Esther e di Kayden, e poi ecco che di colpo ti fai prendere dalla paura! Posso capirlo: eri solo il loro tutore, Fedra invece è legata a te in mille e più modi, ma dovrebbe essere questo a spronarti!»

«E poi cosa?» sbottò l'altro. «La prenderò con me e la crescerò come se fossi il più impeccabile dei padri? Certo, come no! Chissà poi come la prenderà quando saprà di avere per genitore un assassino!»

«Ma cosa diavolo vuoi che le importi?» perse le staffe Petya. «E comunque, a quel punto sarebbe abbastanza grande da poter capire un bel po' di cose!»

«Ho allontanato tutti quanti per una ragione! Pensi farei rischiare la vita proprio a mia figlia, fra tutti quanti? Allora ti sei rincretinito!»

«Non usare quella scusa proprio ora! La pensavi in un certo modo da prima che James se ne uscisse con quella storia, e non osare dire di no!»

«E se mi accadesse qualcosa? Grober è pronto a farmi la festa, lo capisci?»

«Non è un buon motivo per venir meno ai tuoi doveri!» Petya era allibito, gli veniva quasi da ridere di fronte a così tanti paradossi. «Certo che è assurdo! Non batti ciglio di fronte a situazioni mortali e tremi al solo pensiero di rivolgere anche solo la parola a una bambina di due anni! Questo rimarrà negli annali, dammi retta!»

Dario, però, non lo stava più ascoltando. Si guardava in giro con aria circospetta, aveva appena sguainato la spada lentamente, senza fare il minimo rumore. «Chiudi la fogna, Yakovich» disse a bassa voce e in tono sepolcrale. «Non siamo soli.»

Il re, dunque, tacque, e rimase in ascolto anche lui. Udì dei fruscii farsi sempre più vicini, finché non scorse una sagoma farsi strada quatta quatta nella boscaglia.

Dario smontò per primo da cavallo. «Non è da solo.» Sentiva che ce n'erano altri in avvicinamento. «Come diavolo fanno ad esserci altri Ghoul?» sussurrò a Petya. «Li avevamo eliminati io e James, l'ultima volta!»

«Ormai non vi è luogo dove le creature delle Tenebre non possano penetrare» ribatté l'altro, serio. Balzò a terra pure lui ed estrasse ambedue le pistole che recava sui fianchi. «Questi bastardi non erano ancora nati quando per svagarmi facevo il cacciatore di taglie.»

«Non usare quelle. Gli spari potrebbero attirarne degli altri!»

«Non penso farebbe qualche differenza.»

«Come ti pare.» Dario non si fece cogliere di sorpresa quando una di quelle ripugnanti creature con un balzo si fece avanti e lo caricò. Il filo della spada fendette l'aria in un brillante semicerchio e un attimo dopo un'orrida testa mozzata rotolò sul sottobosco.

Da quel momento in poi fu il puro caos tra fendenti, affondi e sparì che riecheggiavano nella notte perenne della Foresta dei Sussurri.

Petya di tanto in tanto copriva le spalle al suo compagno d'armi, impedendo al Ghoul di turno di aggredirlo. Ben presto, Dario rinunciò a usare la spada e passò a sua volta alle pistole. Le estrasse, lesto come un serpente, e si prese solo qualche istante per prendere la mira prima di colpire uno ad uno il resto dei dieci Ghoul appena affiorati dagli alberi.

I cavalli nitrivano, terrorizzati, a far loro da scudo i rispettivi cavalieri.

«Si può sapere perché sono usciti solo ora allo scoperto?» sbottò il vampiro, che ne aveva sul serio abbastanza di quelle bestiacce.

«È Grober a comandarli a bacchetta!» Petya colpì altri quattro bersagli freschi di arrivo e rifilò un calcio ben assestato a un quinto Ghoul che stava per saltargli addosso. «Non so come faccia, forse entra nelle loro menti e li controlla a distanza!»

«Bella notizia!» Il vampiro ringhiò e spedì l'ennesima creatura un bel po' lontano con un pugno. «Puzzano come una fossa comune appena riempita! Dio, che tanfo!» Gli stava venendo da vomitare in modo piuttosto allarmante. «Se ne arriva un altro, giuro che mi arrabbio sul serio!» sbottò, davvero furioso. Di nuovo intravide fin troppi occhi neri e luccicanti sorgere dalle tenebre. «Cazzo.» Fece per sparare, ma le munizioni erano finite, così come quelle dell'Efialte. Arretrarono, stringendosi contro i due cavalli atterriti.

Petya non si perse d'animo. «Io userò la magia.»

«I-Io... Io credo di aver perso da qualche parte la spada. Non la vedo da nessuna parte» confessò il vampiro.

«Devi usare i poteri! Concentrati!»

«Non posso! Hai visto anche tu come va a finire!»

«E chi se ne frega! Se li arrostisci è solo un bene!»

«Guardati un po' intorno, sapientone! Siamo in una foresta e non ho intenzione di far fuori il bosco intero!»

Fu allora che udirono qualcos'altro farsi strada tra gli alberi, per giunta di corsa: non era un essere a due gambe, né un Ghoul, i passi erano troppo pesanti. Ramoscelli e foglie secche scricchiolavano e gemevano al suo passaggio. Era qualcosa di abbastanza grosso.

«Se arriva una belva affamata è la fine!» Petya respinse l'aggressione di un Ghoul colpendolo con una sfera di energia bluastra che disintegrò la creatura all'istante.

Dario si guardò in giro mentre era impossibilitato a difendersi in qualsiasi maniera. Non ci pensava neanche a battersi a mani nude contro quei cosi.

L'animale si avvicinava sempre di più. Quando un Ghoul fu sul punto di sferrare un colpo di artigli al vampiro, qualcosa invece balzò di fronte a Dario, rapido come il vento, e azzannò con un ringhio bestiale e furibondo l'essere, il quale gorgogliò orribilmente e si dimenò nella presa salda e mortale di un grande e possente lupo, grande almeno due volte uno normale e molto più feroce.

Dario era impietrito e come Petya fissava la belva far strage dei Ghoul uno dopo l'altro, di tanto in tanto respingere il loro attacco e poi tornare alla carica.

Dei fruscii fecero capire ai due che gli altri Ghoul dovevano essersi allontanati di corsa vedendo i loro simili decimati così in fretta e barbaramente.

La quiete era tornata in quel punto della foresta e il lupo era ancora là, e stava guardando Petya e Dario. I suoi occhi scintillanti, tuttavia, erano puntati in quelli del vampiro. Dario non riuscì a rifuggire da quelle iridi di un brillante azzurro, da quelle pupille verticali e a spillo che lo scrutavano a fondo.

Petya gli fu vicino in un soffio, vedendo che – quasi ipnotizzato – era sul punto di avvicinarsi alla bestia. «No! Guarda i suoi occhi! È un lupo mannaro, non un licantropo! Loro sono pericolosi!»
L'altro non rispose. Aveva una cera pessima più del solito. Pareva malfermo sulle gambe.

Il lupo fece un passo avanti, infine si acquattò e al suo posto, istanti dopo, c'era un uomo in ginocchio.

Petya sussultò e riprese in tempo il vampiro che, senza un motivo valido, aveva perso i sensi.

Lo sorresse e cercò di rianimarlo. «Ehi! Ehi! Dario? Su, avanti, riprenditi! Forza!» Non servì a niente schiaffeggiarlo o scuoterlo. Guardò allora l'uomo che si era messo in piedi e si era avvicinato a loro: era alto, ben piazzato, privo ovviamente di vestiti e con due occhi di un azzurro intenso e molto chiaro.

Possibile che qualcosa in lui avesse fatto sbarellare Dario su due piedi come una ragazzina svenevole?

Lo sconosciuto era mortificato e si scostò dal viso i capelli color rame scuro, quasi mogano, e lunghi fin oltre la nuca. Aveva la barba e in generale il suo aspetto aveva un che di irlandese, o scozzese. I tratti del viso erano affilati e spigolosi.

«Mi dispiace esser piombato così all'improvviso, ma appena mi hanno detto che eravate partiti ho cercato di raggiungervi, ma devo aver attirato l'attenzione di quegli affari. Ormai sono ovunque, stanno terrorizzando le campagne! Scusate, davvero!» esordì, la voce rauca, ma molto gradevole.

Petya si accigliò. «E perché ci stavi cercando?»

L'uomo esitò, quasi a disagio. «I-Io... Io in realtà non cercavo entrambi, ma lui» replicò, accennando a Dario. «Mi era stato detto di non farlo mai, ma si vociferano cose preoccupanti sul suo conto, negli ultimi tempi, e non ce l'ho fatta più. Dovevo rischiare, la posta in gioco era troppo alta.» Scosse la testa. «Spiegherò tutto una volta che saremo arrivati ad Athanasia. Non mi fido a parlare qui. È troppo pericoloso qua fuori.»

Petya inarcò un sopracciglio. «Perché dovrei fidarmi di te? Non so chi sei e per giunta sei senza vestiti! Se ti presenti così in città, ti arresteranno e solo perché giri con le chiappe al vento!»
«D-Di solito tengo un ricambio da qualche parte, ma stavolta andavo di fretta» ammise l'altro.

Petya, dunque, usò la magia per evocare dal nulla dei vestiti che presero poco a poco forma addosso al tizio. Mentre stringeva a sé il vampiro privo di sensi, balzò di nuovo a cavallo. «Tu puoi prendere il suo, sperando che ti non ti prenda in antipatia. Andiamo, allora. Ti avverto che se proverai a fare scherzi, ti prenderò a calci senza troppa fatica.»

N.d.A

E ora vi sfido a dire che sono una sadica e che non vi dò mai una gioia. Su, forza, sentiamo e_e
Niente? Oh, bene u.u
Ad ogni modo, il titolo del capitolo è quello di "Giuramento di Morte" di Tredici Rose, solo ribaltato, per così dire. Non resisto a un tocco di drammaticità e ironia, peggio di Sherlock *modalità drama queen attivata*.
Comunque sì, signori miei: alla fine i due babbei-ehm, dicevo, protagonisti, ce l'hanno fatta a coronare almeno uno dei loro tanti sogni. Era pure ora, dico io. Vanno avanti così da quando andavano al liceo!
😂❤️
Bene, mi dileguo, il proseguo del capitolo dovrebbe arrivare prestissimo!

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