Capitolo XXVI. Temete l'ira del mansueto


Musica consigliata: "As Grief Consumes" di Peter Gundry.

https://youtu.be/igBaRDV4eIM

Skyler smise di camminare per la sala del trono e si fermò per guardare James, il quale fino ad allora lo aveva ascoltato in silenzio intavolare un impacciato e contorto discorso che in realtà non aveva portato ad alcunché.

L'Imperatore sospirò. «Quello che sto cercando di dire, James, è che mi dispiace. Non avrei dovuto aggredirti in quel modo. Non mi sarebbe dovuto nemmeno passare per la testa di...» Non riuscì a terminare la frase.

Ancora era scioccato per quello che aveva rischiato di fare a James: torturarlo per estorcergli informazioni.

Non ricordava con chiarezza quel momento, era tutto molto confuso e annebbiato, come se qualcos'altro lo avesse spinto ad agire in una maniera a lui del tutto estranea.

«Mi dispiace, Jay. Dico davvero» aggiunse.

L'ex-Ispettore abbozzò un sorriso. «Smettila di scusarti, Skyler. Lo so che non eri in te. Lo Skyler che conosco non avrebbe mai torturato un amico, questo lo so per certo. La sola cosa che ci tengo a dirti, è di cercare d'ora in poi di tenere fuori dalla tua mente Grober, costi quel che costi. È stato lui a manipolarti e solo per assicurarsi che io la smettessi di tramare contro di lui. Forse sono io a dover farti delle scuse.»

«No, James. Non hai nulla di cui scusarti» rispose immediatamente Skyler, avvicinandosi. «Io... Io sento, so che stai facendo tanto per tutti quanti noi. Te lo leggo negli occhi, lo si vede dal modo in cui... in cui ti sei ridotto.»

«Parli con uno che ha commesso molti sbagli, alcuni imperdonabili e crudeli» replicò James, ignorando il resto della frase dell'altro. «Ho ucciso molte persone e fatto del male ad altrettanta gente, poco importa se si trattava di individui che nuocevano al prossimo. Non sono nessuno per criticarti o tenerti il broncio, amico mio. Non parliamone più.»

Skyler lo raggiunse del tutto e gli posò le mani sulle spalle. Ora le sue dita tremavano. «James, ti prego, confidati con me. Dimmi cosa stai combinando, o almeno se posso fare qualcosa per te, per aiutarti. Non devi per forza fare tutto da solo.»

«Ho paura di dover contraddirti: stavolta devo fare ogni singola cosa da solo, Skyler. Mi dispiace non poter confidarmi neppure con te, ma tu e gli altri dovete restarne fuori. Si tratta di un compito che solamente io sono tenuto a svolgere. Stavolta non c'è un coraggioso Efialte a farmi da scudo, a consegnarsi al mio posto. Stavolta, Skyler, sono da solo, e lo accetto.»

Skyler lo lasciò andare, era sull'orlo delle lacrime. «E non pensi a tuo figlio? Ad Amelia e Tyrian? Ai tuoi genitori? Sei pronto a spezzare di nuovo il cuore a tutti loro?»

«Sono pronto a fare ciò che ritengo giusto, quello che è mio compito fare per assicurare a tutti noi la vittoria. Non so cos'altro dire e non ho parole con cui poter alleviare il dispiacere futuro di tutti loro.»

Era chiaro che neanche per lui fosse facile, che era il primo a starci male, eppure aveva tanta di quella forza d'animo da saper scendere a patti con i suoi stessi sentimenti, con la paura di un destino che era ormai sul punto di compiersi.

«Non so quali siano i tuoi obiettivi, James, ma qualsiasi cosa tu stia facendo, finirà per distruggerti! Guardati! Guarda come ti sei ridotto! Sembri più morto che vivo!»

James sorrise amaramente. «La morte ci attende tutti, Skyler. Non sarò di certo io a fare la differenza. Se vuoi davvero aiutarmi, non mi ostacolare, non chiedere più niente.»

«Quindi è questo quello che accadrà? Te ne andrai anche tu, proprio come Alex, come Sophie?»

«Sì, Skyler. Accettalo e basta.»

«No! Mi rifiuto di farlo!» Skyler invano cercò di scacciare le lacrime, perché altre subito dopo ne affiorarono. «Perderò due amici in un colpo solo e tu mi dici che devo accettarlo? Allora vaffanculo, James! Dico sul serio! Parli come se non mi conoscessi, come se non sapessi che sei come un fratello per me!»

«Ti prego, calmati. Urlare non serve a niente.»

«NO, NON MI CALMO!» gridò in risposta l'Imperatore. «C-Cynder ha detto... ha detto che per Alex potrebbe essere solo una questione temporanea. Ha detto che per lui anche ora c'è speranza! Allora deve esserci anche per te!»

Il silenzio di James, però, fu più eloquente delle parole.

Skyler arretrò con passo malfermo e si lasciò cadere con la testa fra le mani sui gradini di fronte ai due troni. «Oh, Dio» singhiozzò. «No... No, no, no!»

«Mi dispiace» disse l'altro.

«E cosa importa se a te dispiace? Saremo io e gli altri a restare, a piangere la scomparsa di un altro dei nostri! È molto più semplice per chi se ne va, meno per chi invece rimane!» replicò Skyler, incapace di smettere di piangere, di calmarsi, di accettare che un altro suo amico presto se ne sarebbe andato in nome di un semplice atto di fede, di un ultimo disperato tentativo di avere un vantaggio su Grober in quella guerra.

Possibile che non ci fosse mai fine a tutto quanto? Al dolore, alla morte e alla devastazione?

James, non avendo nulla da aggiungere e non volendo indugiare oltre nell'argomento, schiarì la voce e disse: «Tra non molto dovrebbe arrivare qui David. Anche lui ha abbandonato l'Ordine ufficialmente per valide ragioni. Nel messaggio che ha fatto recapitare a Petya diceva di avere delle informazioni importanti per la Resistenza. Ti prego, Skyler, di lasciare da parte i vecchi screzi con lui. David ora è un Cacciatore e al momento la sua più grande preoccupazione è la guerra imminente».

Skyler lentamente tornò a guardare l'amico. «Proprio qui doveva venire, fra tutti i posti possibili? Non c'era un altro luogo?»

«No, Skyler. Fino a prova contraria è qui che la maggior parte dei membri del nostro gruppo si sono riuniti e lui ha bisogno di parlare con tutti quanti.»

«Parlare di cosa?»

«Non lo so. Non ha voluto scriverlo nel messaggio, stando alla versione di Petya. Deve essere della massima importanza, presumo.»

L'attenzione di Wolf fu attirata da qualcos'altro: all'improvviso, dal nulla, apparve un piccolo vortice di luce bianca e da esso ne uscì fuori una splendente creatura di un pallido azzurro la quale trotterellò nell'aria attorno a James e infine si fermò di fronte a lui, senza cessare di emettere il tipico suono simile all'armonioso tintinnio di campanelle di cristallo. Si trattava di Fenris, il Pheryon di Iago, e recava un piccolo messaggio arrotolato tra le fauci semitrasparenti.

James lo prese. «Grazie, Fenris» disse, sorridendo alla miniatura di lupo, il quale scodinzolava. A differenza del burbero proprietario, era una creaturina alla mano e facile da approcciare.

Skyler si rimise in piedi e raggiunse James. «Cosa c'è scritto? Ci sono novità?» chiese col cuore in gola, sperando che almeno Iago e gli altri stessero bene e che Alex... be', fosse ancora tutto intero.

L'espressione del suo amico, tuttavia, non era delle migliori. «Qualche giorno fa Alex è scappato via senza alcun preavviso, seguendo una diabolica creatura di nome Græb'senja. Pare che si tratti dell'antica cavalcatura di Grober, è un cervo dall'aspetto orribile animato dalla stessa volontà maligna del suo padrone.»

«Quindi?» incalzò impaziente l'Imperatore.

«Pare che ripercorrere la strada fatta dai due abbia condotto Iago, Frederick e Andrew a una foresta con una pessima fama, e...» Wolf esitò. «Il bosco deve avere una connessione con Grober, perché ha rifiutato di far entrare Iago e suo nipote e ha invece quasi attirato dentro Andrew. È trascorso un giorno e ancora non si sa niente né di lui né di Alex. Sono entrambi ancora nel bosco e la loro sorte resta ignota. Iago e Frederick hanno deciso di aspettarli dall'altro capo della foresta, hanno fatto il giro più lungo e ora... be', attendono. Poi Iago termina dicendo che Alex pareva essere cambiato molto, prima di sparire.»

Skyler sbuffò. «Benissimo! Quindi, per quel che possiamo saperne, potrebbero essere morti entrambi!»

«No, sono ancora vivi, altrimenti lo avremmo capito.»

«Da cosa?»

«Se fossero morti entrambi, Grober sarebbe già qui, alle porte di questa città, impaziente di farla pagare a tutti quanti e di dare inizio alla guerra. È chiaro che con quello che è successo noi saremo sicuramente i primi della sua lista. Grober punisce sempre chi osa sfidarlo e intralciare i suoi piani, basta vedere cos'è accaduto ai coraggiosi che hanno tentato di opporsi a lui.» James arrotolò di nuovo il messaggio. «Senza contare che c'è un altro motivo che lo spingerà a venire qui: la presenza di Dario e Dante. È loro che vuole, sono fra i tasselli più importanti, non dimentichiamolo. Farà di tutto per spingerli a uscire allo scoperto e magari consegnarsi.»

Skyler scosse il capo. «Sciocchezze. Nessuno dei due sarebbe tanto stupido da...»

«Forse Dante resisterebbe, ma Dario? Pensi rimarrebbe a guardare senza fare niente, se a Grober saltasse in testa di massacrare quel che resta della popolazione locale? Si consegnerebbe subito, piuttosto che permettere e tollerare un vero eccidio causato dal suo rifiuto.»

«Dario non è cretino, sai? Credo gli sia ormai chiarissimo che se si consegnasse, poi sarebbe il mondo intero a risentire della sua scelta! Già altre volte ha scelto il male minore, James! Lo farà anche stavolta!»

«Stavolta è diverso, lo è lui stesso. Dario lo conosco quanto te, Skyler, e non è lo stesso vampiro di prima. Basterebbe poco per farlo crollare, per convincerlo ad arrendersi. Non dimentichiamo che Grober aveva sotto scacco Rasya, era il suo padrone, lo aveva imbrigliato abilmente in modo da impedirgli di ribellarsi. Per quanto Rasya abbia tentato di infrangere quel legame, è chiaro che se il suo padrone, all'apice del potere, decidesse di richiamarlo, lui risponderebbe subito a tale richiamo, non potendo fare diversamente. E se ciò non bastasse, potrebbe persino condizionarlo tramite uno degli Anatemi affinché si uccida e se Dario muore, Rasya tornerà e allora avremo sul serio di che preoccuparci. Non potremmo nulla contro un'entità che uccide con la stessa facilità con cui parla o respira. L'unico a essersi mai opposto a uno psicopompo è stato Orfeo e guarda cos'ha causato: ha condannato migliaia, forse milioni di persone a condividere la sua medesima maledizione, il suo orribile fardello fatto di immortalità e sangue. Opporsi a Rasya significherebbe morte sicura.»

Skyler si passò una mano sul viso, costernato. «E allora cosa facciamo? Prima o poi accadrà, James. Prima o poi Grober verrà qui a reclamare la propria potestà sugli Eredi di Rasya o come si chiamano.»

«Allora dovremo tentare in ogni maniera di dissuaderli dal rispondere al richiamo. Costi quel che costi. Dovremo fare in modo che... be', che non abbiano la possibilità di obbedire.»

«E come?»

«Non lo so» ammise James. «E ho paura, Skyler. Non te lo nascondo.»

L'Imperatore tacque, poi: «Ora dove si trovano?»

«Dante ultimamente se ne sta sempre per conto proprio, non so a fare cosa. Da quando ha riacquisito un po' di sana coscienza e capacità di provare un minimo di empatia, non fa più tanto lo spaccone. Suppongo che a modo suo si stia preparando per la grande battaglia che in realtà non vedrà mai.»

«Poco ma sicuro. È cieco come una talpa» bofonchiò Skyler, beccandosi subito un'occhiata torva da parte di James. «Va bene, scusa. Sono stato uno stronzo.»

«Intendo dire che per quanto potrebbe risultare una risorsa decisiva in guerra, permettendogli di prendervi attivamente parte equivarrebbe a consegnarlo a Grober con tanto di bigliettino e carta da regalo, non so se mi spiego.»

«Impedire a uno come lui di lottare è come urlare al sole di smetterla di splendere, James.»

«Be', ultimamente di prodigi se ne vedono tanti.»

«Dario, invece, dov'è?»

«L'ultima volta che l'ho visto era in compagnia di Petya in biblioteca, e dalla faccia che aveva posso dedurre che la vecchia volpe lo stava tediando coi primi rudimenti della magia.»

Skyler sghignazzò. «Non lo invidio. Se Petya entra in 'modalità professore' è la fine.» Tossicchiò e tornò serio. «Uno di quelli che vedo parecchio giù di tono, al momento, è Godric, e la cosa inizia a preoccuparmi, onestamente.»

«Su di lui non posso dire molto e non so cosa lo angosci. Forse è solo preoccupato per Iago e Desya, non sarebbe poi così improbabile. Senza contare che ha anche una figlia troppo piccola per difendersi da sola.»

«Siamo tutti preoccupati, ma non per questo dobbiamo abbassare la guardia e Godric negli ultimi tempi sembra aver iniziato a farlo. James, è evidente che non si tratta solo di Iago e di suo fratello, o di Violet. C'è qualcos'altro che non ci sta dicendo, me lo dice il mio sesto senso.»

Wolf sospirò. «Puoi anche provare a parlargli, ma dubito che si confiderebbe con te. Senza offesa, Skyler, ma quali ragioni avrebbe per rivelarti alcunché? Se anche lo facesse, fidati che non ti direbbe comunque la verità.»

«E allora cosa si fa?»

«Lasciamolo fare, Skyler. Godric sa badare a se stesso.»

«Questo non vuol dire che allora bisogna fregarsene.»

«Non ho detto questo. Ho solo detto che dobbiamo rispettare i suoi spazi e la sua riservatezza.»

«Lo dicevamo anche di Alex» replicò un po' tagliente Skyler.

«Sono discorsi differenti.»

«E non ti sembra strano che Grober non abbia fino ad ora fatto niente per togliere di mezzo Godric? Voglio dire, è stato uno di quelli che più volte gli ha rotto le uova nel paniere! Lo ha ostacolato per anni, forse per secoli! Al posto di Grober farei di tutto per eliminarlo prima della guerra, pur di avere un vantaggio anche minimo!»

«È possibile» concesse James. «Tuttavia Godric ne sa una più del diavolo, letteralmente direi. È tra quelli che vivranno più a lungo di Dio stesso pur di avere l'ultima parola su tutto. Non mi preoccuperei così tanto per lui.»

«Nessuno è fuori pericolo o eterno, quando si parla di Grober. Parlagli tu, allora. Fra tutti e due siete abituati ad avere segreti che a loro volta hanno segreti. Dovreste andare d'accordo.»

«Va bene, farò un tentativo.»

«Fammi sapere se scopri qualcosa, e avvertimi quando quell'altro si deciderà a palesarsi. Avrò un disperato bisogno di ingerire qualcosa contro il reflusso gastrico, prima di vederlo.»
James annuì e fece per uscire dalla sala, ma all'ultimo si fermò e si voltò per guardare l'amico. «Ho notato che tu e Brian a malapena vi rivolgete la parola, negli ultimi giorni. Fai uno sforzo e affronta con lui il problema, e sai di cosa parlo.»

«Cosa potrei mai dirgli? Gli ho mentito, James. Ho mentito all'ultima persona che se lo meritava. Gli ho dato una speranza che non c'è mai stata.»

«Invece c'è, Skyler.»

«Non credo che al momento per lui possa fare qualche differenza. Ha appena saputo che il suo migliore amico ha deciso di immolarsi per consentire a Grober di dare inizio al suo maledetto piano. Gli abbiamo detto che Alex non farà mai ritorno da Sverthian vivo. Tu parli solo perché non li hai mai visti insieme, poche volte li hai visti interagire. Sono come fratelli, James, come noi, e non credere che a me faccia piacere sapere che presto dovrò dirti addio. Sono pieno di rabbia, è come se mi avessero detto che Cynder presto non ci sarà più. Siete sullo stesso livello per me.»

James sospirò. «Allora, Skyler, ti dò un buon consiglio: cerca di trattare meglio Cynder. I legami di famiglia non vanno più dati per scontati in un momento del genere. Scusa se sarò franco, ma il più delle volte lo tratti come se fosse un bambino, come se fosse uno sciocco che non sa quel che fa, e questo è un errore imperdonabile da parte di un fratello, l'unico che lui abbia.»

Skyler si incupì. «Io non ho affatto...»

«Cynder potrà sembrare un ingenuo, un ottimista senza speranza di redenzione, ma credimi: fra tutti voi è il più furbo e il più attento a particolari che a tanti di voi, invece, continuano imperterriti a sfuggire. Al vostro posto prenderei esempio da lui, invece di remargli contro. Cynder sa quel che fa e sa di aver riposto le proprie speranze in un avvenire volubile e nebuloso. Si è affidato al piano mio e di Alex senza fare domande né rimostranze, e non perché è mansueto e non ama dare contro al prossimo, ma perché ha capito. È un uomo di grande intelligenza, a dispetto di ciò che tanti altri affermano.»

L'Imperatore ammutolì.

E va bene, ammetteva di aver spesso sottovalutato suo fratello, però...

«Ho solo paura per lui. Potrà essere intelligente quanto gli pare, ma lui tende anche a vedere il bene dove invece non ce n'è affatto.»

«Parli di Zelda, o di Alice e Lorenzo?»

«Di tutti e tre, e non solo. Parlo anche di André.»

James capì immediatamente. «Ha detto di voler aiutarlo, quando Grober finalmente avrà abbandonato il suo corpo.»

«Esatto!» incalzò Skyler.

«Non ci vedo niente di male. In fin dei conti è vostro padre e sappiamo che le sue azioni erano in realtà quelle di qualcun altro. Se Alex ce la facesse sul serio a tornare indietro, anche dopo la devastazione che Grober avrà causato, non lo perdonereste tutti quanti? Perché, dunque, con André dovrebbe essere un discorso diverso? Hai perdonato Andrew che si è macchiato le mani di sangue innocente, Skyler.»

«Non mettere in mezzo Andrew, o giuro che...»
«Non lo sto insultando né condannando. È un dato di fatto, nient'altro. Andrew era soggiogato solo psicologicamente, stava soffrendo, era arrabbiato e lo avete capito. André, invece, è stato privato della possibilità di scegliere, è stato usato come un burattino, probabilmente non si rende neppure conto di cosa ha fatto e sta facendo anche ora il suo corpo. Non vedo perché a qualcuno dovrebbe essere riservato un trattamento benevolo e a qualcun altro, invece, parole cattive e assenza di comprensione. L'integrità morale dovrebbe essere il perno di ogni tua azione, dato che sei l'Imperatore!»

Skyler sorrise sarcastico. «E senti da chi viene la predica circa l'integrità morale! Proprio tu vieni qui a parlarmi di certe cose?»

James rispose con un sorriso amaro. «È inutile discutere con chi non vuole ascoltare, dico bene?» Gli rivolse un ultimo cenno di commiato. «Nel caso non dovessimo rivederci... ti dico addio, Skyler, e ti auguro buona fortuna.»

L'Imperatore lo guardò andare via e sentì le ginocchia quasi cedergli; le guance bruciargli, una rabbia impotente ardergli nel petto; le lacrime sgorgarono e lui non fece niente per fermarle, proprio come non aveva fatto niente per salvare James e Alex dal loro destino.

In tutta la sua lunga esistenza, Dario non avrebbe mai potuto pensare che la magia potesse essere così terribilmente noiosa, quando si doveva studiarla.

In quegli ultimi due-tre giorni Petya lo aveva messo sotto torchio, lo assillava per ore con una montagna di teoria da tenere a mente, cosa che che gli ricordava con non poco fastidio i tempi in cui, da ragazzino, gli era toccato star a sentire il precettore blaterare nel tentativo di fargli entrare in testa un minimo di conoscenza.

Stimava Petya come regnante e come stratega, ma come professore improvvisato era una frana.

Non facendocela davvero più, Dario uscì dallo stato di torpore in cui era sprofondato. «Insomma, Petya, dammi tregua!» si lamentò, seppellendo il viso tra le braccia.

L'Efialte, per tutta risposta, si fermò, si avvicinò alla lunga tavola cui era seduto il vampiro e gli rifilò un colpo di libro in testa con un tomo bello grosso.

Dario scattò subito su e si sfiorò il punto colpito con aria seccata e stizzita. «Ma che diavolo fai? Sei matto?»

Petya lo squadrò severamente. «Dario, devi concentrarti! È importante che tu sappia...»

«Cosa, di grazia? È così che fronteggerò Grober, nel caso venga qui a gettarmi un guanto di sfida per cercare di strapparmi via l'anima? Lo stenderò con una tirata intera sulle proprietà della magia all'epoca degli Ateniesi? Sei serio? Piuttosto mi consegno subito, se non altro conserverò quel po' di faccia che mi è rimasta, anziché passare da scemo!»

«Non passerai da scemo, ammesso che tu metta un po' di sano impegno nell'ascoltarmi!»

«Senza offesa, Maestà, ma non sei il miglior insegnante del mondo!»

«Allora vuoi fare da solo? Ti lascerei qui dentro una settimana e poi verrei a ricontrollare come te la cavi, se solo non avessimo più tanto tempo!» Petya gli menò il libro dritto in faccia, a mo' di avvertimento. «Ascolta e smettila di gingillarti! Ce la puoi fare, Dario, e lo sai benissimo!»

«Non ho imparato a governare la magia quando ero bambino, figurarsi adesso!» perse le staffe il vampiro.

L'Efialte sospirò. «Questo perché fu tuo padre a sigillare i tuoi poteri!» sputò fuori infine. «E ti assicuro che è così perché è stato lui a dirmelo!» Quando si rese conto di cosa aveva detto, o meglio rivelato, si coprì la bocca e sperò con tutto il cuore che l'amico non avesse afferrato l'ultima frase, ma Dario era fin troppo sveglio e attento per non far caso a simili parole. Riducendo lo sguardo a fessura, si alzò, aggirò il tavolo e si piazzò di fronte a Petya. «Mio padre te lo ha detto?» ripeté. «E quando, sentiamo?» Qualcosa non gli tornava.

L'altro, però, deglutì e non disse niente.

«Petya?» lo richiamò il vampiro. «Fuori il rospo. Immediatamente.»

Il sovrano dell'Oltrespecchio si umettò le labbra. «P-Potrebbe esserci la remota possibilità che... uhm... l-lui m-me ne abbia parlato... diciamo in tempi... p-più o meno recenti, ecco.»

«In tempi recenti? Mi prendi in giro?»

Come poteva essere? Suo padre, chiunque fosse stato, era morto da secoli. Se n'era tornato in Spagna e prima ancora di questo, aveva abbindolato sua madre, l'aveva lasciata in compagnia di un marito crudele e autoritario!

Petya si passò due dita sugli occhi, costernato. «Non ti sto prendendo in giro. Lui... lui è ancora vivo, Dario. Non subito ha capito chi eri, credeva che tu, suo figlio, te ne fossi andato quando... be', quando hai lasciato la casa dei De Piacentis e qualche anno dopo ti sei ammalato. Tornò in Italia a cercarti, ma gli dissero che eri probabilmente morto e non sapevano in ogni caso dove o come rintracciarti. Poi tu ti sei fatto una reputazione ben nota, nel tempo, e alla fine ha realizzato chi eri, ma non ha mai avuto il coraggio di presentarsi.»

Dario aveva un'espressione indecifrabile e fredda, ma i suoi occhi scintillavano d'ira. «Non so come abbia fatto a sopravvivere tutto questo tempo, ma ha fatto bene a non avere il coraggio di mostrare la faccia, perché altrimenti gliel'avrei spaccata con le mie stesse mani.»

L'attenzione dell'Efialte venne di colpo catturata da un crepitio estraneo, ma familiare. I suoi occhi azzurri spaziarono nella biblioteca e si sgranarono quando vide una pila di volumi in fondo al tavolo che avevano preso improvvisamente fuoco da soli.

Con un gesto veloce evocò una sfera vorticante di acqua e la lanciò sui libri, che si spensero.

Tornò a fissare Dario, ora con durezza. «Lo vedi cosa potrebbero esser capaci di causare i tuoi poteri, se non ti deciderai mai a imbrigliarli? Saresti in grado persino di dare alle fiamme una città intera, se per caso un giorno ti fossi svegliato di nuovo dalla parte sbagliata del letto! Si stanno ridestando e non parliamo di poteri da quattro soldi, Dario! Sono oscuri e ancestrali, pericolosi se non tenuti a bada! Devi ritrovare un po' di equilibrio, o sarà la fine!»

«E per fare cosa? Per consegnarmi a Grober ancora più preparato? Tanto finirà così, e lo sappiamo entrambi! Appena avrà finito con Alex, verrà a cercare me e Dante e se non otterrà ciò che vuole, massacrerà quel che resta di Obyria e del circondario! Scordati che rimarrò a guardare, Petya! Ne ho abbastanza di agire in nome del bene superiore! Non mi ha portato altro che guai, dolore e miseria! Sempre!»

Petya lo guardò come se non lo riconoscesse più. «Una volta non avresti fatto discorsi del genere. Ritrova te stesso al più presto, o...»

«Magari è questo ciò che sono sempre stato dentro! Ci hai mai pensato?» urlò il vampiro, a corto di pazienza. «E comunque, le persone si evolvono, cambiano! Lo fanno continuamente, perciò perché dovrebbe essere diverso per uno come me? Sono stanco di questa guerra! Sono stanco di chiedere scusa, di cercare un perdono che non otterrò mai! Quelli come me non si riscattano, Petya, e peggiorano e basta col tempo! Forse Atlas avrebbe dovuto semplicemente uccidermi in quella cella! Avrebbe risparmiato un bel po' di guai a tutti!»

Odiava lo sguardo che aveva Petya al momento. Iniziava a odiare tutto e tutti.

«Hai sentito anche tu cosa ha detto James, no? Qualunque cosa io abbia fatto pur di agire nel bene, alla fine ho sempre e solo causato problemi e seminato morte e distruzione! Non l'avete ancora capito? Io ho perso la speranza, Petya! L'ho persa da un bel pezzo!»

Di nuovo sentì quell'orrenda e famelica rabbia risalire dagli anfratti più oscuri e sanguinari della sua anima. Una rabbia che non aveva confini, un fuoco che divampava e lo stava divorando da dentro. E oltre alla rabbia... disperazione, dolore, rimpianto, odio, desiderio di spaccare tutto quanto in mille pezzi. Di uccidere, non importava chi o cosa.

E quella voce dentro che gli ripeteva che era solo, che non aveva nessuno dalla propria parte disposto a capirlo, solo per una volta. Che era sempre stato solo contro il mondo intero.

Che non c'era speranza per lui, mai v'era stata.

Iniziava a essere seducente, quella voce. Più sincera di quelle di coloro che gli ripetevano di mantenere il controllo, di dover ancora una volta scendere in campo per una guerra che non sarebbe mai finita.

A che scopo avrebbe dovuto farlo? Perché mai avrebbe dovuto aiutare chi lo aveva disprezzato e deriso? Obyria...

Gli parve di risentire se stesso urlare al Principe Atlas che per quanto gli riguardava, Obyria sarebbe anche potuta andare in fiamme, ridursi in cenere, e che se lo sarebbe solo meritato.

Forse era davvero così.

Petya, avvertendo nell'aria un sinistro cambiamento, cercò di stringergli una spalla e strapparlo ai pensieri, ma il vampiro si scostò, lesto come una vipera.

L'Efialte, cauto, disse: «È vero: sei stanco. Continueremo domani. Oggi riposati».

Fu allora, quando Dario tornò a guardarlo, che vide in quegli occhi scuri come l'ebano qualcosa che mai aveva avuto modo di vedere, qualcosa che non aveva un nome, ma metteva i brividi.

Riconobbe, tuttavia, almeno alcuni elementi: odio e rabbia. Rabbia a non finire.

«No, Petya. È finita. Io mi fermo qui» disse gelido l'immortale, per poi voltarsi e abbandonare la biblioteca, sbattendosi dietro le porte con un sordo tonfo.

Il sovrano non si arrese e si sbrigò a seguirlo. Rimase dov'era vedendo qualcuno correre loro incontro: Max.

Be', se non riesce lui a farlo rinsavire, nessun altro ci riuscirà, pensò, anche non ci sperava troppo.

Max si fermò a pochi metri da lui e Dario, cercando di riprendere fiato. «Eccovi!» esclamò. «Devo... Devo dirvi una cosa! Un indizio che Metatron ha lasciato poco fa a Cynder e lui ci ha subito avvertiti, non appena ha risolto l'enigma!» Si avvicinò all'altro vampiro. «Dimmi che hai ancora con te l'anello! Sai di quale parlo! Dimmi che lo hai ancora al collo!»

Petya non fiatò, rimase in attesa e si sentì morire nel vedere Dario squadrare gelido Max e infine sorridere appena. «L'ho gettato via, mi pare. O forse ceduto a qualcun altro. Non saprei dirtelo, Max, e non avrei saputo nemmeno cosa farmene. Come avrei potuto continuare a portarlo, d'altronde? Non fa che ricordarmi, tutte le sante volte che lo vedo, di come tu sia stato capace solo di tradirmi, forse persino usarmi finché ti ha fatto comodo.»

Maximilian era impietrito e sconvolto.

«N-Non ascoltarlo! Non è in sé! Grober lo sta assoggettando, Max! È riuscito a entrare nella sua mente e nella sua anima e sta...» Si bloccò e guardò Dario che aveva appena emesso una lieve, musicale ma fredda risata di scherno. «Assoggettando! Come se voialtri non aveste lo stesso, identico fine! Come se voi non voleste usarmi come un'arma di sterminio, vero?» Nessuno l'aveva mai udito parlare con tanta cattiveria.

Eppure lui... lui, dentro di sé, nel profondo, si sentiva finalmente libero. Mai sentito meglio di così!

Max, tremante da capo a piedi, lo afferrò per le spalle e lo forzò con la schiena al muro, guardandolo dritto negli occhi. «Ascoltami bene: qualunque cosa Grober ti stia facendo, devi reagire! Mi senti, Dario? Reagisci! Non permettergli di trasformarti in qualcuno che non sei! Tu sei una persona buona, lo so, l'ho visto più volte in passato! Ero lì con te, ricordi? Per favore... ti prego, Dario... scaccialo! Puoi farlo! Sei forte abbastanza da fare tutto quello che vuoi, se solo ti ci metti d'impegno!»

Si sentì attraversare dai brividi e da una rabbia impotente vedendolo sghignazzargli in faccia impunemente, in chiaro segno di scherno e disprezzo. «Povero, sciocco Max! Aveva ragione Arwin, lo sai? Ti ho tenuto con me solo perché mi facevi pena! Non sono mai stato così stupido da innamorarmi di uno come te!»

Max sapeva che non era lui a parlare, ma tutto quello che aveva seppellito nei secoli, sconfitta dopo sconfitta, e Grober stava trasformando l'amarezza e il dolore in forze distruttrici. Probabilmente quello era un semplice riscaldamento in vista di qualcosa di ancora peggiore di un paio di offese.

Eppure faceva male, faceva lo stesso male sentirsi dire cose del genere da parte sua.

Non cedette e continuò a tenerlo fermo. «Non ha gettato via l'anello. Il Dario che conosco, quello che non smette mai di amare fino in fondo, non avrebbe mai fatto una cosa così stupida e priva di criterio. Sa che tutto ciò che viene donato per amore ha un potere immenso, un potere capace di difendere chiunque dal male.» Si voltò a guardare Petya. «L'anello ce l'ha sicuramente Grace! È l'unica alla quale avrebbe ceduto una cosa così importante, così che potesse custodirla! È l'unica a essergli sempre stata accanto, nel bene e nel male! Quale custode migliore per un tesoro prezioso come quello?»

Petya, indeciso, chiese: «Di quale anello stiamo parlando?».

«Ah, peste, Petya! l'anello di fidanzamento! Gliel'ho messo al dito nell'ottantotto, ricordo persino che gli dissi che un giorno, presto o tardi, lo avrei convinto anche a sposarmi! Era la sera del nostro secondo anniversario, c'eravamo conosciuti due anni prima a Covent Garden! Ha continuato a portare l'anello anche dopo che c'eravamo lasciati! Gliel'ho visto al collo la sera in cui Obyria è stata attaccata! Sono rimasto con lui per assisterlo e l'anello c'era!»

Dario, sempre che potesse esser considerato tale ormai, sogghignò. «Già, col senno di poi avrei dovuto venderlo. Se non altro ci avrei ricavato qualcosa.»

Max tornò a squadrarlo, furente. «Non credevo lo avrei mai detto a te, ma chiudi quella cazzo di bocca e aprila solo quando ti sarai ripreso indietro il cervello! A quel punto potrai tornare a parlare e finalmente ammettere che mi ami ancora! Perché so che è vero, figlio di puttana! Non importa cos'hai detto nell'Oltrespecchio! La verità è una soltanto, e lo sai!»

L'altro alzò gli occhi al cielo, annoiato e scocciato. «Per favore! Fai tu un favore al mondo intero e cuciti le labbra a filo doppio. È da mesi che continuo a sentire questa manfrina!»

«Petya, vai subito a prendere l'anello!» sbottò Max. L'Efialte non se lo fece ripetere e corse via, alla ricerca di Grace.

Dario sorrise, gelido. «Non arriverà in tempo. Per allora tu sarai già morto, Maximilian. Ora da bravo e fammi da bersaglio, sono un po' fuori allenamento.» Prima ancora che Max potesse capacitarsi di quel che aveva intenzione di fare l'altro, era già stato scaraventato lontano da una brutale onda d'urto che gli fece sbattere la schiena dolorosamente contro una parete, la quale per poco non crollò a pezzi.

Si pentì di aver dato retta all'orgoglio e alla malfiducia e di non aver chiesto a Dante di seguirlo fin lì. Lui avrebbe sicuramente saputo fronteggiare quella furia vivente che al momento era Dario.

Si rimise in piedi barcollante e lo guardò avanzare lentamente, come un pigro felino in attesa di balzare e azzannare la preda.

Non poteva scappare, doveva trattenerlo, fargli perdere tempo.

«Tutto qui? Fai sul serio? Davvero scadente per uno che si faceva chiamare l'Oscuro Carnefice, sai?»

«Sta' zitto» ringhiò Dario. Max all'ultimo schivò una sfera fiammeggiante ed essa, a contatto con un'altra parete, esplose come una granata, lasciando un grosso, nero e fumante cratere.

Wildbrook finalmente capì il meccanismo e decise di smetterla di provocarlo e offenderlo. Più lo faceva, più creava in lui emozioni negative; più negatività si accumulava dentro Dario e peggiore sarebbe stato il risultato dell'esplosione della sua ira.

Doveva cambiare approccio. Cercare di farlo calmare, o di farlo parlare, anche a costo di farsi scivolare di dosso mille cattiverie una dietro l'altra.

Si avvicinò cauto, ma rimase a una distanza di sicurezza.

«Va bene, Dario. Va bene» esalò. «Scusami, okay? Sono... Sono stato uno stronzo. Non dovevo provocarti.»

Il vampiro dai capelli scuri era già pronto a colpire di nuovo e forse a far saltare in aria tutto il piano al completo. Seguiva ogni suo movimento con la stessa attenzione di un cobra che aspettava per attaccare al momento opportuno.

Notando che Max si era avvicinato un altro po', restrinse lo sguardo feroce e fece alcuni passi indietro. «Stammi lontano. Hai già provocato abbastanza danni al sottoscritto» sibilò.

Forse non tutto quello che diceva corrispondeva a una semplice cattiveria campata per aria. Un fondo di verità esisteva eccome, Max lo sapeva purtroppo molto bene. Annuì. «Hai ragione: ti ho causato molti, troppi danni. Non hanno lasciato cicatrici nel tuo corpo, ma nella tua anima, nel cuore che avevo promesso avrei custodito e protetto per sempre. Dannazione, Dario... hai ragione a essere furioso con me. Hai proprio ragione!»

Cercò di non badare alle iridi rosso sangue di Dario. Erano in quel modo da quando lo aveva incrociato nel corridoio e pulsavano di una luce sinistra, pericolosa.

«Nessuno diventa cattivo dal niente, vero? C'è sempre qualcosa, o qualcuno, che ci porta a diventare tali, anche se siamo le persone migliori del pianeta. Persone come te, Rio: che hanno sofferto, continuano a soffrire, eppure lo stesso tentano di aiutare gli altri, anche quando non hanno più niente da donare, se non brandelli della propria carne.» Evitò per un soffio una grossa maceria che solo all'ultimo aveva individuato. «Provi dolore, è così da anni, da secoli. Sei stato tu stesso a dirmelo, tante e tante volte. A modo tuo, magari, ma me lo hai detto, hai cercato di farmelo capire. Io ti avevo promesso che avresti smesso di soffrire, che saresti stato amato e rispettato, e ho infranto la promessa. Quanti altri lo hanno fatto, prima e dopo di me? Troppi, vero? È giusto che tu, alla fine, ti sia stancato, che tu voglia mollare, smettere di provare qualsiasi sentimento ed emozione. È sempre stata la tua condanna: il dolore degli altri è il tuo, così come lo sono la gioia, la tristezza, la malinconia...! Secoli interi a ricacciare indietro i tuoi di dispiaceri, la tua empatia, per il terrore che in caso contrario ti avrebbero distrutto.»

Aveva la sua attenzione, era chiaro, eppure non cessava di essere diffidente e di stare in guardia.

«Chiunque esploderebbe, si fermerebbe a pensare e griderebbe al cielo che ne ha abbastanza, che è arrivato il momento di smetterla e arrendersi. Chiunque, certo, ma tu non sei chiunque: tu sei Dario, il più grande Principe della Notte che io abbia mai conosciuto, e ancora meglio... la persona che non ho mai smesso di amare. In questi mesi te l'ho ripetuto più volte, Rio, e ora... ora ho preso una decisione, andando contro quello che mi hai detto di fare mentre eravamo in viaggio nell'Oltrespecchio: mi hai detto di dimenticare il passato e di stare al fianco di Jake, ma io voglio solo te. Ora lo capisco. Se tu mi vorrai, io sarò sempre davanti a te, ad aspettarti»

Col fiato sospeso, vide che era sul punto di abbassare le mani. Forse la rabbia si era placata, l'odio stava scemando. Gli occhi erano di un rosso meno intenso, lo sguardo però fisso come quello di un rettile che non aveva bisogno di sbattere le palpebre.

Che Max fosse riuscito a far breccia?

Il vampiro più giovane sorrise appena e fatto un passo avanti, gli tese una mano. «Visto? Non è impossibile resistere a...» Nessuno seppe mai a cosa non era impossibile resistere.

Udirono i passi veloci di molte, troppe guardie. Venivano ora da una parte, ora da un'altra, circondandoli, e gli sforzi di Maximilian, in pochi fatali secondi, furono resi vani, spazzati via, proprio come le guardie dalle fiamme esplosive e catastrofiche che Dario, di nuovo furioso, scagliò loro addosso.

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