Capitolo XVII. I Sette Anatemi
Musica consigliata: "Land of Fire" di Peter Gundry.
https://youtu.be/c5sqs1AB0-Q
Dopo aver parlato con Afrodite e la piccola Jane usando su quest'ultima i poteri per leggere nella mente e nei ricordi della bimba – senza alcun effetto collaterale, come promesso – Petya era tornato nella sala sotterranea, solo per vederla vuota. Aveva lasciato dunque un messaggio a Godric, facendolo scivolare sotto la porta della sua stanza. Eccolo dunque di nuovo in quel posto lontano da occhi indiscreti. Scorse l'Efialte e si sentì sollevato nel vedere che aveva scelto saggiamente di non rifiutare di incontrarlo, nonostante quanto accaduto due giorni prima.
Schiarì la voce per attirare la sua attenzione, ma l'altro si limitò a ignorarlo e ad affondare per l'ennesima volta la punta del pugnale nel tavolo di legno al quale era seduto. Si ostinava a tenere gli occhi fissi nel vuoto, il viso contratto da una gelida ira.
Petya, dunque, si fece forza ed entrò, avvicinandosi.
«Sono contento di vedere che hai scelto di non ignorare il mio messaggio.»
«Non è che avessi una reale scelta, dico bene?» lo apostrofò glaciale Godric, gettando via la daga con uno scatto improvviso.
Inutile ignorare tutto e far finta di niente. Devo affrontare con lui la faccenda, o succederà un disastro, lo sento.
«Godric, per favore, stammi a sentire solo per un secondo.» Cautamente prese posto al suo fianco sulla panca di legno scuro. «Posso spiegarti tutto senza problemi, davvero.»
«Non so di cosa parli.»
«Invece lo sai, è inutile che tu finga con me. Ho visto il tuo sguardo, la tua reazione. In realtà da un po' ne avevo il sospetto, ma ormai è evidente, almeno ai miei occhi. Ho lasciato che trascorressero due giorni, pensando che ti sarebbe passata, ma ovviamente non è così e voglio parlarne.»
L'altro non rispose, ignorandolo apertamente. Dentro, però, sperava solo che Petya se ne andasse e lo lasciasse in pace. Non era in vena di chiacchiere e se solo per quel motivo aveva deciso di disturbarlo, poteva benissimo ficcarsi le scuse nel posto che preferiva. Non voleva parlarne. Non voleva sapere un bel niente.
Il re sospirò. «Stava male perché alla fine ho pensato che sarebbe stata una buona cosa aiutarlo tramite una terapia d'urto, per così dire. Ora il suo cuore è al suo legittimo posto e purtroppo, come c'era da aspettarsi, ha subito un trauma non indifferente. È naturale, considerando quanto tempo è trascorso da quando ha usato l'incantesimo. Non ce la facevo a vederlo in quel modo.»
Di nuovo non ottenne risposta.
«Ora non è qui e... quasi subito dopo è andato a farsi un giro per schiarirsi le idee e stare da solo. Al momento, invece, si trova da James e sta tentando di parlare con lui per scoprire qualcosa in più sulle sue reali intenzioni. Puoi parlare liberamente, se è questo a preoccuparti. Ne avrà per un po', prima di tornare da me per riferirmi dell'esito della chiacchierata» tentò ancora. «Hai bisogno di parlarne, Godric. Prima o poi finirai per esplodere, se non ti liberi di questo peso. Stai soffrendo, lo si vede da un miglio. Ignorare la faccenda ti farà solo peggiorare.»
Godric piegò le labbra in un sorriso tanto falso quanto tremante. «Smettila di comportarti come se te ne fregasse un accidente di come mi sento, o del sottoscritto. A te ne non importa niente di nessuno, se non di pochi eletti. Da quello che ho visto, ti importa un bel po' anche di lui.»
«Se anche fosse, dubito di essere ricambiato in alcun modo. Suvvia, Godric, non scendere di nuovo a conclusioni affrettate!»
«Le mie non sono conclusioni affrettate, invece! E non mi sembra che ti odiasse tanto, dato che piangeva fra le tue braccia come se foste stati compagni del cuore fino a mezz'ora prima!» sbottò Godric, sbattendo un pugno sul tavolo. «Chissà perché non mi sorprende affatto!»
Petya deglutì. «Dio solo sa quand'è stata l'ultima volta che qualcuno lo ha abbracciato e gli ha permesso di sfogarsi. Possibile tu non voglia arrivarci? Il mio era un gesto disinteressato, senza un doppio fine.»
«Stronzate! Falla finita di fare il santarellino! Pensi che io non abbia mai notato niente, ma ricordo bene la volta in cui Misha vi ha presentati! Te lo divoravi con gli occhi, e ti sfido a negarlo!»
«È successo un bel po' di tempo fa, e poi non è che...»
«C'è stato dell'altro, vero?» continuò Godric, implacabile, traendo delle accorte conclusioni dal modo in cui le mani del re stavano tremando. «Parla, avanti! Ormai il danno è fatto! Ci ho fatto l'abitudine alle pugnalate alle spalle, specie da parte di entrambi! In fin dei conti vi somigliate in qualcosa! Siete proprio una bella coppia di bastardi!»
L'hai voluto tu. Petya serrò le palpebre, poi: «Sì, è vero. C'è stato dell'altro, molto altro. Anche durante la prima parte della guerra contro di te e gli altri ribelli. Fino a quando non è stata uccisa la sua famiglia e la tua».
«Vuoi dirmi che durante il giorno guerreggiava contro i tuoi soldati, mentre di notte veniva da te e facevate i vostri porci comodi? Ha fatto il doppiogioco finché non gli si è ritorto tutto contro?» sibilò l'altro Efialte, a un passo dall'esplodere in una sceneggiata di pura e semplice collera. Quello sì che faceva male, davvero male.
«No, Godric, assolutamente. Non ha mai rivelato niente di niente sui vostri piani d'attacco e io mai mi sono approfittato per trarre dei vantaggi dalla nostra relazione. E prima che tu possa accusarmi di aver fatto uccidere sua moglie e sua figlia appositamente, ti invito a rivolgere il tuo sguardo assetato di vendetta su Cornelius!» Il re si morse la lingua non appena si rese conto di cosa aveva appena detto e forse scatenato.
«Cosa c'entra Cornelius?» chiese Godric, restringendo lo sguardo.
Il sovrano non osò fiatare.
«Dimmi chi sono i veri responsabili, prima che ti tagli la gola!»
«Perché tu possa fare un massacro e scatenare un'altra lotta intestina? Non sono così pazzo.»
«Ho il diritto di saperlo!»
Ormai era tardi per tacere e il danno era stato già fatto. «Cornelius era a capo dell'esercito che ha attaccato e sterminato le vostre famiglie e i vostri amici più cari. Come ho scoperto solo in seguito, è stato uno di voi a tradirvi.»
«Chi?»
«Remus, il fratello di Aries. Lo zio di Dante.» Petya fece una pausa. «Credimi, la giustizia dei traditori ha già fatto il suo corso: so che Remus, dopo la vostra disfatta, ebbe un'accesa discussione con Cornelius perché nessuno dei due voleva condividere il potere con l'altro. Cornelius uccise la sua spia e prese il controllo delle terre che prima appartenevano agli amici di tua moglie, quelli presso i quali Iago e i suoi fratelli per anni avevano prestato servizio come schiavi. Si prese tutto e... ormai era un eroe agli occhi dei miei sostenitori, farlo condannare mi avrebbe spinto sull'orlo del precipizio! Vigliaccamente tacqui e lasciai cadere tutto nell'oblio.»
«Non ti credo.» Godric si asciugò le guance con rabbia. «Remus amava Dante come se fosse stato suo figlio! Amava la sua famiglia!»
«Remus» insisté il re, «era sempre stato geloso di Aries e quando questi morì e Dante prese il suo posto come capo dei Figli di Rasya, non ci vide più. Disse a Cornelius che suo nipote era solo un ragazzino spocchioso senza spina dorsale e che sarebbe spettato a lui il comando. Prese in giro tutti voi dal primo all'ultimo momento, non voleva altro che il potere per sé, fino al punto da aiutare Cornelius a sterminare tutti, compresi donne e bambini. Non riuscì a uccidere suo nipote solo perché Dante non era presente e si trovava con me quella notte. Ormai, però, aveva eliminato tutti i possibili oppositori e la sola erede di suo nipote. Fece di Dante un reietto privo di potere, di una casa e di una famiglia alla quale appoggiarsi, e adesso lo sai.»
Benché apparisse tutto come una tragedia degna di Shakespeare, quella era la semplice verità.
«Quindi la colpa era nostra, anzi di Dante, che non si è mai accorto di quanto suo zio lo detestasse e volesse veder morto?»
«No. La colpa fu di Remus e Cornelius, Godric. Non vostra.» Il re si sporse verso di lui e abbassò la voce. «Giurami che non gli dirai mai niente di tutto questo. Ti prego, giurami che non lo farai.»
«Al diavolo! Deve sapere la verità!»
«E per cosa? Suo zio è morto, ormai! Quel che è fatto è fatto! Se lo conosco come credo di conoscerlo, di conoscere il vero Dante che si trova ancora là dentro, da qualche parte, so che come minimo finirà per dare la colpa a se stesso di ogni cosa e sentirsi responsabile per quello che è successo! Diglielo e sta' pur sicuro che finirà per ammazzarsi! Mantenere il silenzio e continuare a fargli credere che siamo noi i responsabili di quel disastro, varrà la pena se gli eviterà conseguenze ben più gravi!»
Vedendo che non era così convinto, decise di essere diretto: «Se lo ami, come credo tu faccia da non so quanto, lascia che continui a odiarti».
«Lui ha detto che prima o poi mi ucciderà e per quanto sia tentato di lasciarglielo fare, ho una figlia che si ritroverebbe ad essere orfana, se mi accadesse qualcosa! È anche a lei che penso!»
Petya si passò una mano sul viso. «Va bene... va bene. Glielo diremo insieme, ma non adesso. Per ora restiamo in silenzio e poi, se saremo ancora vivi, gli racconteremo la verità, sperando che sia per allora migliorato. Adesso non reggerebbe anche a questo e non voglio che venga sviato, la posta in gioco è troppo alta.»
Nessuno dei due disse niente, poi Godric, innervosito, si accese una sigaretta. Espirò il fumo, finché: «Visto che ci siamo chiariti e ora ho qualcun altro a cui augurare di strozzarsi con l'aria che respira, e dato che siamo sull'orlo dell'abisso tutti quanti, devi promettermi una cosa, Petya».
«Odio i discorsi che iniziano così.»
«Sta' zitto per un secondo e lasciami finire.» Godric fece un altro tiro. «Giurami su tuo figlio che se dovesse accadermi qualcosa, farai due cose per me.»
Petya celò il brivido che gli aveva appena attraversato la colonna. Non voleva che accadesse qualcosa a Godric, mai lo aveva odiato in fin dei conti, e comunque si erano appena riappacificati, più o meno. «V-Va bene, spara» incalzò, rauco.
«La prima: mi sembra il minimo che in caso di mia morte, dovrai essere tu a prenderti cura di Violet. Me lo devi, non credi? Sarebbe un buon modo per rimediare alla tua ingenuità dimostrata durante la guerra fra le nostre fazioni. Non ti costerebbe niente. Ti chiedo solo un atto di benevolenza per la mia bambina, nient'altro.»
«Falla finita. Non morirai.»
«Non possiamo saperlo e tendo ad essere piuttosto spericolato il più delle volte. Ora sto lottando perché mia figlia cresca in un mondo sicuro dove la luce del sole regna sovrana. Combatto per lei, altrimenti mi sarei chiamato fuori da questa faccenda da un bel po'. Questo, che tu ci creda o no, sta rimpolpando le schiere dei miei personali nemici. Grazie ai tuoi sotterfugi sono diventato fra gli Efialti più detestati e guardati con disprezzo, ho perso il conto di tutti quelli che hanno cercato di farmi la festa, convinti che fui io a portarli alla rovina.»
Petya sapeva cos'altro voleva chiedergli e decise di precederlo: «Non gli dirò niente, tranquillo. Il tuo segreto è al sicuro con me. È una tua scelta e se vuoi mantenere il silenzio su certe cose, non sarò io a smascherarti».
Godric annuì, convinto. «Bene, è quello che volevo sentire.» Espirò dell'altro fumo. «Per il resto, cerca di non gravitarmi troppo attorno. Anche se ora so la verità, non vuol dire che tu mi stia simpatico e in realtà mi sei sempre stato sul gozzo, perciò... continuiamo pure a rimangiarci come cane e gatto! Mi dà una perversa soddisfazione insultarti.»
«Sei il solito stronzo» commentò a mezza voce il re, rubandogli la sigaretta e facendo un lungo tiro. «A me invece non sarebbe dispiaciuto averti come amico.»
«Balle. Non puoi crepare di vedermi.»
«Ti sbagli, invece. Potremmo andare d'amore e d'accordo, se solo la smettessi di fare l'isterico e ammettessi di aver bisogno di qualcuno con cui parlare ogni tanto.»
Godric sbuffò. «Senti, quello che è successo mi ha insegnato una cosa: più sono gli amici e più c'è da perdere, quindi scusa tanto se preferisco non averne e fare il cervo solitario, per citare una delle tue perle di stupidità. Sono cambiato fin troppo, Petya. Ormai sono affezionato alla mia solitudine e mi disturba che chicchessia possa anche solo pensare di stravolgerla.»
«E Violet, allora?»
«Lei è un caso a parte. Il resto del mondo può andarsene a fanculo.»
Il re sorrise enigmatico. «Misha diceva la stessa cosa, eppure poi è saltato fuori Viktor, insieme alla sua relazione con la madre del ragazzino, Rozanne. Anche lui diceva di non tenere a niente a e a nessuno e di star bene da solo, eppure gli ultimi giorni prima della sua morte i suoi occhi urlavano al mondo intero che avrebbe dato chissà cosa pur di poter avere una persona accanto e cambiare il passato. Non fare il suo stesso errore, Godric. Proprio perché potremmo non sopravvivere dovresti far tesoro dei momenti che ti restano.»
«Non fa per me» si limitò a ribattere l'altro. «Preferisco non lasciarmi dietro nessuno che piangerebbe per la mia dipartita. Violet ancora è piccola e mi dimenticherebbe facilmente, e questo è un punto a favore. Preferisco di gran lunga andarmene in sordina, piuttosto che accompagnato dal pianto di una persona cara.»
Petya agì d'impulso: gli strinse un braccio e lo scosse piano, forzando un sorriso. Aveva lo sguardo però offuscato, le labbra tremavano. «Vedrai che non te ne andrai. Né in sordina, né accompagnato dal pianto di chicchessia. Sei tra gli Efialti più forti che esistano, un mago che si rispetti, hai tutte le carte in regola per uscirne vincitore.»
Godric sogghignò e si arrischiò a fargli l'occhiolino, tornando alla sua solita aria beffarda e da spaccone. «Puoi scommetterci.» Esitò, per poi chiedere quanto tempo restasse a tutti loro per evitare il peggio. Il re, con un filo di voce, rispose che avevano tempo fino a giugno, quindi altri due mesi. «Il sette, per la precisione. Confido tu sappia che ricorrenza è.»
Il numero sette, per gli Efialti, era un numero ambiguo: per alcuni portava sciagura, per altri invece no.
Godric fece una smorfia. «Sì, sì, lo so. Il giorno in cui, secondo i racconti, Tredar cacciò per sempre il suo malvagio fratello dalla Casa degli Dèi, facendo sì che il male tornasse al suo legittimo posto nelle viscere della terra.» Nel parlare, l'Efialte non mancò di approfondire il tono di voce e darle sarcasticamente un che di mistico esageratamente sobrio. «Un mucchio di stronzate, secondo me.»
«Perché dici questo?» domandò Petya, sbattendo le palpebre.
«Se c'è una divinità presso la quale mai mi sono raccomandato, quella è senza dubbio Tredar. Dalle leggende sembrava sempre quello che sapeva fare tutto e sconfiggere chiunque. Insomma, un perfettino della malora. Probabilmente lo pensavo e penso ancora per via di tutta questa folle faccenda. Sono l'Efialte di Richard e ora di Alex, è normale che restassi coinvolto pure io in qualche maniera. Un grande hurrà per me!» Per qualche secondo non disse niente. «Prima ti ho fatto promettere tutta quella roba, perché... non lo so, ho una brutta sensazione. Voglio dire... se Grober dovesse maledettamente riuscire a impossessarsi di Alex, di Valknut, bla bla bla, chi mi assicura che poi non verrà da me per farmi la festa? In fin dei conti gli ho intralciato i piani più volte, per trent'anni ho celato sotto il suo naso il tassello più importante del suo puzzle, impedendogli di ottenere ciò che voleva. Si è incazzato a morte con Andrew per aver fatto marcia indietro ed essere tornato dalla vostra parte, cosa credi potrebbe voler fare a me, dopo averlo costretto a non rispettare la sua tabella di marcia per un bel po' di tempo?»
Petya, malgrado tale pensiero lo facesse star male, si rese conto che l'altro Efialte aveva ragione. Non disse niente.
«So di sembrare un ragazzino smidollato, ma ho paura» ammise Godric. «Non solo per me, ma anche per mia figlia. Grober è il dio del male, conosce non solo tutti i nostri peccati, ma anche le nostre paure più grandi e le nostre debolezze più devastanti. Lui sa tutto, Petya, tutto. Sa che per distruggere me, non dovrebbe far altro che sottrarmi Violet. Se le accadesse qualcosa ne morirei, stanne certo. Non avrei più niente per cui andare avanti.»
Il re si umettò le labbra. «Se avevi tanta paura, perché allora hai agito?»
«E me lo chiedi? Ci ho provato a farmi gli affari miei e Richard è stato assassinato da Arwin perché soggetto alla maledizione dei Principi della Notte; ho tentato di restare sordo e cieco a tutto, solo per vedere infine quel ragazzino melenso di Gabriel morire di influenza spagnola; Harry invece è finito sulla sedia elettrica, creduto da tutti un pazzo omicida! Quando è nato Alex non riuscivo a crederci e... giuro che ho tirato qualche bestemmia, a un certo punto. Non me la sentivo di ignorare anche lui, sapevo di poter fare qualcosa per ritardare l'inevitabile il più possibile e allora ho preso in custodia i suoi poteri e l'ho sottoposto a un incantesimo di protezione, così che Grober non gli mettesse gli occhi addosso. Come sappiamo, non è servito a un cazzo. Ha capito lo stesso tutto e tac! Neferio! Di nuovo!»
Petya si accostò di più. «Vuoi dirmi che ha sempre usato quella maledizione su tutti quanti loro?»
«Certo che sì, che domande! Pensi che Harry Fawkes sia andato via di cervello da solo? Credi che Gabriel scelse eroicamente da solo di andare a farsi ammazzare in guerra? Ch'io sappia, non era un tipo patriottico ed era decisamente inadatto alla vita da soldato!» Godric sbuffò. «La nipote del nipote di William si uccise quando l'uomo che amava, per qualche ragione del tutto ignota, la abbandonò per un'altra!»
Il sovrano degli Efialti si accigliò. «C'è stata anche una donna fra di loro?»
«Sì, anche se sembra assurdo. Può capitare.»
«È successo anche con James. Lui in fin dei conti è la reincarnazione dell'angelo Adriel, la sposa di Lucifero.»
«Lo è per una ragione precisa.»
«Ossia quale?»
Godric si massaggiò le tempie quasi con aria stanca. Sembrava aver rimuginato parecchio sull'argomento e probabilmente era così. Gesticolando, spiegò: «Tredar a un certo punto mise gli occhi su una donna mortale di Sverthian. Mi segui?».
«Sì.»
«Bene. All'epoca, Richard e Léonard avevano già incontrato Grober e accettato di patteggiare con lui pur di salvare Obyria. Quali implicazioni ci fossero, quello non lo so e spero che Iago e gli altri riescano a scoprirlo. Il punto è che, qualunque cosa sia successa, si ripercosse sulla prole semidivina di Tredar. Hai detto che Grober ha affermato che Iago era la progenie mortale di qualcuno. Gli ha dato dell'assassino fratricida. Questo cosa ci lascia intendere?»
Petya rifletté. «Non mi piace per niente.»
«Neanche a me, se può consolarti. Anche la stirpe di Tredar era coinvolta in questa specie di loop genealogico. La storia è condannata a ripetersi finché qualcosa non cambierà e imboccherà una via completamente nuova. Tutto torna, perché del padre di Iago e dei suoi fratelli dicevano che aveva nelle vene sangue divino, non era tanto per dire, era davvero così. I Rowinster vennero spazzati via, fatta eccezione per i tre figli dell'Imperatore Rhydian, ovvero Iago, Desya e Misha. Una vera sventura, eh?»
«È stato Grober, secondo te, a causare il malcontento e la guerra civile che poi esplose?»
«Ho forti sospetti che ci fosse il suo zampino, esatto.»
«Questo, però, non spiega il collegamento fra James e Adriel.»
«Ah, insomma, Petya! Hai più figli bastardi tu di Tredar in persona, dovresti esserci già arrivato! Cos'altro ha detto Iago nell'ultima lettera che ti ha mandato?»
«Che Tredar inizialmente cercò aiuto presso le Creature Celesti, prima di rivolgersi a Lucifero, che all'epoca già aveva abbandonato il Paradiso.»
«Ho parlato proprio con Lucifero per chiedergli ulteriori dettagli sugli eventi di quell'epoca e sai cosa è venuto fuori, dopo un po'? Adriel, pur essendo stata accolta dalle Creature Celesti, non era tale e tutti lo sapevano. Lei non era un angelo, Petya. Sono andato dunque da Michele e l'ho interrogato. C'è voluto un po' per farlo parlare, sai che è prevenuto come pochi altri al mondo, ma quello che ho scoperto mi ha mandato fuori di testa: quando Tredar si presentò da loro per chiedere un aiuto che alla fine non ottenne, prima di andarsene chiese di qualcuno che corrispondeva molto alla descrizione di Adriel. Michele ha aggiunto che Adriel era servita per tanto tempo come una specie di garanzia per la pace fra coloro che reggevano le sorti del mondo di Sverthian e di quello Umano. Fra gli dèi Sverthiani e gli angeli ci sono molte similitudini, ecco perché lei non faticò ad ambientarsi e a essere alla fine ritenuta una di loro.»
Petya deglutì. «Dici che Tredar la conosceva?»
«Non solo la conosceva. Disse che era sua sorella e di voler rivederla dopo tanto tempo, prima di andare. Michele a quel punto fu costretto a dirgli che era morta.» Godric fece una pausa. «Guarda caso, Brandon e Gwen Peterson ebbero due figli gemelli, un maschio e una femmina: James e Alice. Io penso, dunque, che si siano creati due rami ben precisi: uno la cui stirpe ha poi portato a Iago e i suoi fratelli, l'altro invece alle varie reincarnazioni di Adriel. Uno nacque per una maledizione, l'altro per volere di forze che vanno oltre quelle di chiunque altro. Tutto combacia perché sappiamo che gli Efialti non sono altro che generazioni intere di Sverthiani ripudiati dalla terra natia e sappiamo che Sverthian è la copia speculare del mondo Umano.»
Petya era incerto. «E come la mettiamo con Loki? Io, Ilya e Jasha siamo suoi figli.»
«Loki, semplicemente, mise gli occhi su una donna che discendeva dal ramo di Adriel. Questo ha portato a una nuova mescolanza fra le varie famiglie coinvolte. Comunque la si metta, James e sua sorella sono degli autentici semidei dal sangue ormai talmente rimescolato e indebolito che sono riusciti a passare per umani qualsiasi. O almeno, questo è quello che è successo a James. Di Alice non sappiamo altro, se non che venne rapita e fatta credere morta, solo per poi ricomparire come Padrona della Vita e della Morte e farci intendere che in un modo o nell'altro, è andata incontro al medesimo destino di suo fratello, anche se ora lottano per parti opposte.»
«Non mi piace questa storia, per niente» ammise il re.
Godric scosse il capo e sembrò esitare. «Io ho capito che sarebbe successo un bel casino da quando trovammo nel bosco tre neonati abbandonati a loro stessi. Sapevo che non avrebbero avuto una vita facile, ma mai avrei immaginato un tale disastro.» Esalò un lungo sospiro. «Avevo ragione io: non avremmo dovuto lasciarli a Somnius. Lo dissi a Dante: potevo tenerli io, li avrei cresciuti come se fossero stati miei, li avrei preparati in vista del loro destino. In quel modo, forse, sarei potuto tornare a casa anche io e lasciarmi alle spalle per sempre l'Oltrespecchio. Lui, però, mi disse che era molto meglio farli restare nell'ignoranza e decisi di dargli ascolto. Però so anche che ogni tanto passava da Somnius per vedere come se la cavavano quelle tre pesti, anche se non ha mai detto loro la verità e ha sempre mantenuto le distanze. Dopo un po' smise di andarci, credo lo fece perché forse si era pentito di averli ceduti in custodia a Somnius. Considerando che inizialmente voleva ucciderli per semplice pietà, direi che non andò poi così male.»
Petya lo guardò, amareggiato. «Perché non facesti come lui?»
«Perché, a differenza di Dante, io non sapevo dissimulare e non avevo il cuore di star lì per un po' e poi andarmene di nuovo, come se nulla fosse. Come se anni prima non li avessi per un po' accuditi come avrei fatto con i miei altri figli.» Godric sorrise appena. «Però, alla fine, le nostre strade si sono incrociate di nuovo. Non mi sembrava vero, sai? Ricordavo Iago come un neonato paffuto e mi ritrovai di fronte un ragazzino dallo sguardo di un adulto, un bambino che era cresciuto prima del tempo. Fu allora che decisi di fare qualcosa per loro di concreto e scelsi di offrire tutto il mio sapere sulla magia. Desya non aveva poteri e purtroppo questo non ci ha mai fatti avvicinare più di tanto, ma gli altri due...! Non so se lo sapevi, però Misha stravedeva di più per Dante. Credo apprezzasse che fosse uno di poche parole.»
«Questo non lo sapevo, in effetti» commentò il re. «Iago, invece?»
«Be', lo sai. Un giorno, di punto in bianco, mi chiese se poteva chiamarmi papà. Ero così felice che mi fece quasi male al cuore. Era come se lui avesse capito cos'era ai miei occhi, senza che gli dicessi niente. Gli anni passarono e poi... poi tutto andò a rotoli: Iago si lasciò sedurre dal lato oscuro e io troppo tardi me ne accorsi. Non vedevo perché non volevo vedere, perché ero convinto che fosse troppo sveglio e intelligente per lasciarsi corrompere dall'Oscurità, ma non avevo considerato la sua fragilità, il suo perpetuo desiderio di proteggere i suoi fratelli a qualsiasi costo. Solo di recente ha ammesso di aver iniziato a ragionare su certe cose per via di cosa era successo con la moglie del suo datore di lavoro, per così definirlo.» Godric sembrava restio a continuare.
Petya si accigliò. «Cosa era successo?»
«Quella stronza si approfittava del fatto che in quel castello lui fosse alla stregua di uno schiavo privo di diritti e di dignità. Ogni tanto lo mandava a chiamare nelle sue stanze e... puoi immaginare cosa accadeva. Era costretto a obbedirle e a soddisfare i suoi capricci, perché altrimenti sapeva che lui e i fratelli si sarebbero ritrovati su una strada. Se solo me lo avesse detto avrei fatto qualcosa. A volte penso che per tale ragione abbia sviluppato quella sua insensata paura per i legami e per le relazioni. In fin dei conti sono cose che ti segnano, no? Dio santo, aveva solo diciotto anni!»
«Ma se lo avesse detto a te, avresti potuto aiutarlo.»
«Andiamo, Petya! Parli come se non conoscessi Iago e non sapessi com'è fatto! Orgoglioso com'era ed è ancora, preferirebbe morire piuttosto che ammettere una cosa simile e di aver bisogno di aiuto!»
Calò il silenzio, poi il re chiese: «Prima o poi dovrà sapere la verità. Come hai detto tu, non è un caso che sia tornato a Sverthian. Vuol dire che qualcosa dovrà pur cambiare».
«Mio padre» rispose Godric, «una volta mi confidò un segreto che Rhydian, a sua volta, aveva affidato a lui: quando Iago, Misha e Desya nacquero, il progetto era di suddividere il vasto impero di Sverthian. Iago era destinato al trono dei troni, quello sotto la cui giurisdizione si trovavano I Dodici Regni; Desya ad amministrare i Continenti Minori, ovvero le regioni di Baladèl, Lèardan, Àresven, Dàmers, Hybers e Marvesia. Misha, invece, avrebbe avuto il compito forse più difficile. Sarebbe stato l'ago della bilancia per eccellenza, perché a lui sarebbe spettato il compito di comandare sul Continente d'Ombrascura».
«Ma quelle sono le terre dei Græber!»
«Certo che lo sono, ma sta di fatto che la consorte di Rhydian fosse la primogenita di Re Hangar, il signore dei Græber. Per suggellare la tregua fra i popoli fu stabilito, come di consueto, di unire le due casate, come garanzia per una pace che alla fine, però, non valeva un bel niente. La poveretta non venne mai del tutto accettata come legittima imperatrice e moglie di Rhydian. In fin dei conti, poi, lui stesso era il figlio bastardo del suo predecessore e fu costretto a uccidere il fratellastro per salire al trono. Per farla breve, non molti fecero festa quando si venne a sapere che l'imperatrice presto avrebbe dato alla luce ben tre eredi. I nobili a sfavore di Rhydian colsero la palla al balzo e diedero inizio a molte rivolte. Alla fine riuscirono a sottrarre il potere alla famiglia imperiale.» Godric si morse il labbro inferiore. «Non so cosa accadde, so solo che qualcuno portò in salvo i tre principi subito dopo la loro nascita. In caso contrario sarebbero stati assassinati, indifesi com'erano. Poi niente, un giorno io e Dante stavamo tornando da una delle nostre missioni, ricordo che ci lasciammo quasi le penne, era un drago bello tosto quello che ci era toccato. Udimmo quello che ci parve il pianto di un neonato. Lui mi disse di lasciar perdere, io invece insistei e seguii il suono. In una cesta c'erano loro, avvolti in delle coperte, ma comunque infreddoliti e forse prossimi a morire di freddo e fame.»
L'Efialte sospirò ed estrasse qualcosa dalla tasca dei jeans scuri, per poi mostrarla al re: una catenella e appeso ad essa c'era un anello d'argento su cui era incastonata una pietra con impresso qualcosa.
«Fra le coperte che racchiudevano Iago c'era questo. Riconoscemmo subito lo stemma dei Rowinster e facemmo due più due in un battibaleno. Erano gli ultimi della loro casata, i principi che si pensava fossero ormai andati perduti per sempre. Invece erano là e il loro destino dipendeva da noi. Ricordo come fosse ieri quando Dante fu a un passo dall'ucciderli. Era convinto che tanto, prima o poi, qualcuno sarebbe tornato per cercarli e finire il lavoro iniziato con Rhydian e la moglie, ma io lo pregai di risparmiarli. Gli dissi che c'era speranza per loro, che non poteva macchiarsi le mani di sangue innocente. Riuscii a convincerlo e purtroppo, per ovvi motivi, toccò a lui ospitarli. Non sapeva niente su come si accudisse un neonato, non era ancora sposato e non sopportava i bambini in generale, perciò toccava a me badare a tutti e quattro.»
Petya sogghignò. «Sai che spasso vederlo svalvolare!»
«Non osavo riderci perché sennò penso che mi avrebbe staccato la testa» ammise divertito Godric. «Però, quando molti anni più avanti venni a sapere che stava per diventare padre, lo presi in giro per giorni. Sapessi come si incazzava tutte le volte!»
«Peccato mi sia perso lo spettacolo.»
«Già. L'anno dopo sei arrivato tu e Iago... be', morì.» Godric si ravviò i capelli corvini. «Lo ammetto: non mi sei mai piaciuto granché, Petya, e le circostanze in cui saltasti fuori non furono di certo un punto a tuo favore. Sapere che Iago era morto per permettere a te di tornare a vivere mi fece restare a bocca aperta e mi indignò profondamente. Senza contare che non avevo idea di come avesse potuto un umano entrare nel nostro mondo e fare quello che aveva fatto Jasha.»
Petya deglutì. «Puoi non crederci, ma per madrina avevo e ho tuttora Nostra Signora Morte in persona, ossia Azrael.»
«Dimmi che stai scherzando.»
«Invece è così e credo fu per questo che Azrael scelse di aiutare mio fratello. Come sai bene Iago venne trafitto da un dardo creato nell'Aldilà, un'arma che persino Iago non sarebbe riuscito a contrastare. Quand'ero piccolo non sapevo che ad allevarmi era la Morte in carne e ossa, la chiamavo madre. So di esser stato amato da lei, per quanto sembri assurdo. Cosa non farebbe una madre per suo figlio?»
«Peccato che per salvare il proprio abbia dovuto uccidere il mio» gli fece notare Godric, un po' brusco. «Non prenderla a male se questo mi fa un po' incazzare, Petya.»
«No, no. Posso capirti.»
Godric fece un cenno con la testa, poi si alzò. «Be', io ora vado a riposare.»
«E poi cosa farai?»
L'Efialte si fermò a pochi passi dalla porta. «Non ho un granché da fare, perciò... ritengo giusto che sia io a tentare di far ragionare Desya. Magari non posso salvarlo dall'Oscurità, ma posso comunque aiutarlo a non smarrire la via. Misha se n'è andato perché sono rimasto a guardare senza far niente. Non farò lo stesso errore e so che spetta a me il compito di aiutarlo. Dante ha già troppe gatte da pelare.»
Petya si alzò e lo raggiunse. «Allora lascia che venga anch'io.»
«No, assolutamente no.»
«Godric, l'Oltrespecchio è nelle mani di Grober adesso! Non puoi farcela da solo!»
Godric, però, abbozzò un sorriso sghembo ed enigmatico. «Dimentichi che sono stato l'allievo del Signore degli Oscuri, l'uomo che tramandò a gran parte degli Stregoni del Buio i Sette Anatemi del Dolore. Pur non avendoli mai usati, li conosco tutti perfettamente, compresi Neferio e Rasya. Diedero non poche noie a te per primo.»
«Sono maledizioni pericolose, Godric! Persino Dante raramente le scagliava su qualcuno!»
«Errata corrige, Petya: Dante era restio a usare Neferio su qualcuno, perché in fin dei conti quella maledizione è una condanna a morte troppo sadica e lenta. Quando i Sette Oscuri erano all'apice del potere il Primo Anatema in voga era Rasya, non Neferio, e ti assicuro che Dante ne faceva uso spesso, specie per liberarsi di persone scomode.»
Benché gli Anatemi fossero sette, il primo – Morte – era in realtà costituito da una biforcazione: Neferio era il lato di esso più terribile e disumano, una lenta marcia verso una morte inevitabile e alla quale non v'era rimedio; chi la scagliava non era poi capace di risolverne le conseguenze. Rasya, che riprendeva il nome dall'omonima entità, invece era la morte rapida e quasi indolore. Consisteva nello strappare via la vita – e alcuni sostenevano che lo stesso accadesse all'anima – di una persona. Quello era uno dei motivi per i quali Dante era diventato così forte e temibile: più si evocava il Primo Anatema, più ci si fortificava e sprofondava, purtroppo, nelle Tenebre. Coloro che usavano Rasya, per certi versi, in modo graduale distruggevano anche se stessi.
In ogni caso, neanche con gli altri Sei Anatemi c'era da scherzare. Simboleggiavano ognuno una maniera diversa e crudele di procurare sofferenza e dolore al prossimo, e i Sette Oscuri erano gli Efialti che erano riusciti a padroneggiarne uno a testa alla perfezione.
Non era un caso che Dante fosse diventato il loro capo, in fin dei conti cosa c'era di peggio della morte, della sconfitta definitiva alla quale nessuno poteva sottrarsi? Con la morte non si poteva tergiversare, non si guariva da essa, non c'era un modo per recuperare quel che andava perso.
Probabilmente Dario era venuto a risapere dei Sette Anatemi e, consapevole di quanto Dante potesse rivelarsi pericoloso e letale, scelto di prendere drastiche precauzioni.
Ora che Dante però era libero dal bracciale che lo teneva sotto stretto controllo, v'era solamente da sperare che non decidesse di tornare alla vecchia via.
Certo, il suo cuore era tornato al suo posto, ma restava un grosso rischio lasciare un Efialte come quello in libertà, specie quand'era imprevedibile.
Petya esitò prima di parlare ancora: «Secondo te è cieco sin dalla nascita, o c'è dell'altro dietro?».
Tutti e due sapevano che era vero. Entrambi avevano capito da tempo, nonostante Dante avesse comunque saputo dissimulare alla perfezione il proprio handicap.
Godric scosse il capo, pensieroso. «Non saprei. Voglio dire... io lo conosco da quand'ero un bambino e non me ne sono accorto subito. L'ho capito quand'ero ormai un uomo fatto e finito e avevo collezionato un bel po' di indizi e ipotesi. Non ho mai usato tirare in ballo il discorso esplicitamente. Se lo avessi fatto, avrebbe negato con convinzione.» I suoi occhi neri tornarono a guardare il re. «Perché me lo chiedi?»
Questi sospirò. «Perché, Godric, ho sempre trovato sospetto il suo non voler mai parlare del proprio passato. Voglio dire: tu sai niente di chi era prima di diventare il tuo maestro? Sappiamo qualcosa della sua giovinezza? Perché non ha mai voluto parlarne e tuttora si arrabbia sempre quando si prova ad accennare alla questione? Secondo me è troppo, troppo strano.»
Godric rifletté. «Purtroppo la sua famiglia non è più tra noi. Magari i suoi genitori ne sapevano qualcosa. Certo è che ora come ora tentare di contattarli sia impossibile, e comunque rischioso.»
Il sovrano si fece sconsolato. «Ho perso i miei privilegi in certi ambiti da quando Azrael è stata soppiantata, altrimenti avrebbe potuto darci una mano.»
«Resta solo un'opzione, ma si dà il caso che sia anche quella meno raccomandabile. Non ci tengo a farmi risponder male da lui gratuitamente.»
«Potrei provarci io.»
«Potrebbe tentare persino Gesù Cristo in persona, per quel che gli riguarda, e tanto sono sicuro che neanche a lui risponderebbe» commentò Godric, con una punta di nero sarcasmo. «Ancora non capisco perché ti interessi tanto del suo passato. In che modo potrebbe esserci d'aiuto?»
«Perché qui le coincidenze iniziano a esser troppe e l'entità nota come Rasya era collegata a Grober, in un modo o nell'altro. Questo lo so da un bel po' di tempo, anche se ho sempre reputato tutto una leggenda, o qualcosa di simile. Eppure adesso ho la certezza che Grober non avrebbe mai colto l'occasione per insorgere contro di noi, se non fosse stato sicuro di avere qualcuno a dargli man forte, un alleato degno di esser definito tale. Non è una cosa campata per aria che sia anche il dio della morte e dell'Aldilà Sverthiano, sai? Ne era il signore incontrastato, certo, ma quale sovrano esercita la propria volontà direttamente?»
Dallo sguardo di Godric capì che stava seguendo il suo ragionamento.
«Io avevo Desya e Misha, quando ero ancora sul trono. Richard era il mastino di Arian e Reida e a sua volta aveva l'Oscuro Carnefice dalla propria parte. Dario è un uomo che rispetto e stimo, credimi, ma all'epoca bastava pronunciare questo soprannome per far rigare dritto un vampiro o qualsiasi altra creatura che era a conoscenza di Obyria e, specialmente, del Principe della Notte che governava con il pugno di ferro e non perdonava coloro che andavano fuori dai binari. Chi osava sfidare la sua autorità, prima o poi sapeva che il Capo delle Guardie di Richard sarebbe venuto a regolare i conti.»
Godric deglutì. «E questo cosa c'entra, però, con Rasya?»
«Non ci arrivi? Avanti, pensaci!»
«Ci sto pensando e mi sembra praticamente assurdo, Petya!»
«Eppure ha senso» ribadì il sovrano.
L'altro Efialte si chinò in avanti e disse, sottovoce: «Mi stai velatamente suggerendo che, a parer tuo, Rasya potrebbe esser collegato a Dante?».
«L'eremita che conobbi a Sverthian, Godric, mi disse questo: la mitologia che avvolge la figura nebulosa di Rasya sostiene che questa terribile entità era capace di sottrarti al mondo dei vivi, certo, ma non come ad esempio è solita fare Azrael. Lei ha la sua falce, Rasya invece non aveva armi, niente di niente. Rasya ti chiamava a sé per seguirla nell'Aldilà servendosi, semplicemente, degli occhi. Uccideva a vista, Godric! Proprio come accadeva a coloro che guardavano negli occhi la Gorgone e venivano tramutati in pietra!» Vide che Godric ancora non era convinto, ma non demorse. «Ti sembra un caso che proprio lui padroneggi il Primo Anatema, quello più terribile e difficile da controllare e scagliare? Ci vuole uno stregone oscuro di grande abilità, uno molto potente, per quella maledizione! Non ti sembra strano che un altro dei pochi a saper farne quel che gli pare e piace, sia proprio Grober?»
Godric deglutì a vuoto, pallido come un cencio. «Questo... Questo li renderebbe alla pari, almeno per quel che riguarda la tecnica, l'abilità e la forza offensiva.»
«Esatto. E comunque, Dante stesso ha ammesso che Grober negli anni abbia ripetutamente cercato di reclutarlo e di tirarlo dalla propria parte. Sappiamo che non è una divinità che tollera un no come risposta, eppure neanche dopo l'ennesimo rifiuto lo ha punito o, non so, torturato o persino ucciso, anche se avrebbe potuto farlo benissimo. Persino con Alex non si fa scrupoli a usare le maniere forti! Cosa ci dice questo?»
«Be', che Dante possa forse esser per lui della massima importanza.»
«Precisamente, e magari è tassativo che debba convincersi da solo a prendere le sue parti. Con lui non può usare la forza bruta, né la tortura psicologica. Deve avvicinarsi di sua spontanea volontà, ma so che Grober ha cercato o cercherà ancora di indirizzarlo verso la strada sbagliata. Può dare comunque una spintarella alla sorte.»
«Oh, andiamo! Sappiamo che lo odia a morte!»
«Così come odia anche noi.»
«Dante odia tutti, e questo è sì e no di dominio pubblico! Lo sanno pure i sassi!» protestò Godric.
«Eppure mi hanno detto che era scosso, quando l'hanno visto arrivare insieme a te, la notte in cui Specula è stata rasa al suolo.»
«Chiunque lo sarebbe stato!»
«Non di certo il Signore degli Oscuri. È fra quelli che disprezzavano il proprio popolo per aver permesso a me di governare su tutti quanti e non è che stesse simpatico a tanti neppure quando era... be', quando ancora poteva esser reputato una brava persona. Il suo stesso clan lo rispettava come figlio di Aries, meno come persona in sé per sé. Che avessero un valido motivo o meno, sta di fatto che Dante non ha mai avuto ottime ragioni per essere affezionato ai suoi simili. Circolava voce che fosse stato maledetto sin dalla nascita, Godric, e dopo lo sterminio dei Figli di Rasya tanti sostenevano che c'era da aspettarselo, considerando chi era stato a prendere il comando dopo la dipartita di Aries. Tanti erano convinti che fosse stato Dante ad attirare la sventura sul suo clan. Dicevano che i suoi genitori avevano scelto l'esilio dopo un evento orribile che era stato lui a causare. Cornelius stesso, una volta, mi disse che Aries e sua moglie avrebbero fatto molto meglio ad annegare il loro unico figlio, anziché permettergli di continuare a vivere.»
Godric non osò interromperlo.
«La domanda è: che cosa accadde per portare tanti Efialti a credere che lui fosse in ogni caso una minaccia, persino un mostro? Cosa in lui li spaventava, e spaventa ancora, per spingerli a evitarlo? Dubito si trattasse delle sue abilità da guerriero, sai?»
Era innegabile che vi fosse un nesso, per quanto sottile.
Non era questo però a turbare Godric. Con un filo di voce, questi chiese: «Cosa succederebbe se decidesse di passare dalla parte di Grober?».
«Se è come credo che sia,» ribatté gravemente Petya «allora subirebbe lo stesso destino al quale potrebbe andare incontro Alex. Ci sarebbe la morte ad attenderlo, Godric, perché solo così Rasya potrebbe davvero tornare e riunirsi al suo padrone.»
«Dio, no... no, no, no!» mormorò Godric, quasi terrorizzato alla sola idea che potesse accadere una cosa simile.
«A fronte di tutto ciò, credo sarebbe meglio tenerlo d'occhio, per il suo stesso bene. Non va lasciato da solo troppo a lungo. Non sappiamo quali mezzi potrebbe usare Godric al fine di persuaderlo. È subdolo e determinato, so che ha persino osato chiamare in causa una pratica barbara e incivile come l'Empia Evocazione. Sta radunando anche molti Specter e questo mi fa pensare che prima intenda aggredirci sul piano psicologico e sentimentale. Abbiamo tutti i nostri demoni interiori, tutti noi abbiamo subito una tragica perdita e abbiamo conti in sospeso che mai verranno saldati.»
Godric scosse la testa, sembrava sul punto di piangere. «N-No, non può... non può spingersi a tanto! Non può essere fino a tal punto disumano! È disgustoso e immorale! È giocare sporco!»
Petya strinse le spalle, demoralizzato. «Eppure con Iago lo ha già fatto. Pur di averlo fuori dai giochi con la massima certezza, si è servito di uno Specter, e non uno qualsiasi: ha richiamato dalla tomba Misha, Godric, e uno Specter non si ferma finché non avrà compiuto il dovere per il quale il suo evocatore lo ha disturbato dal suo sonno di morte.» Non aveva il coraggio di proseguire, ma doveva farlo. «Quello che temo, è che per piegare la volontà di Dante, per spingerlo alla disperazione e all'obbedienza, potrebbe evocare il suo personale demone capace di distruggerlo come nient'altro al mondo: la piccola Yvaine, sua figlia.»
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