Capitolo XLIX. Inevitabile


Musica consigliata: "Experience" di Ludovico Einaudi.

https://youtu.be/gVdWERbsrb0

«Max, giuro su Dio che se non mi lasci andare all'istante, te ne faccio pentire finché campi!» Dario indisse di nuovo un tira e molla con Max per far sgusciare via il braccio dalla presa del vampiro più giovane, ma quest'ultimo gli negò ogni occasione di liberarsi e poi, stremato e spazientito, si fermò e si voltò a guardarlo. «Smettila di fare i capricci» disse, serio come la morte. «Non capisci che sto cercando di farti del bene?»

«Sei tu a non capire!» protestò Dario. «E comunque ti ho bandito e sei ancora qui!»

«Me ne andrò appena avremo trovato tuo padre. Va bene? A quel punto lascerò Obyria e tutto il resto.» Ormai erano quasi arrivati, d'altronde. 

«Scusate?» Una voce li fece voltare e videro una giovane ragazza con addosso la tipica divisa bianco argentata dei domestici del Palazzo Imperiale. 

«Sì?» incalzò Max.

«La signora Collins mi ha chiesto di riferirvi che vi attende per parlarle e...»

«Come faceva a saperlo?»

Dario roteò gli occhi. «È fra le streghe migliori che esistano. In un modo o nell'altro lei sa sempre tutto.» Non riusciva a togliersi dalla mente l'idea, però, che Sophie li avesse forse spiati. Di trucchi e incantesimi del genere ve n'erano molti, d'altronde. Sperava solo di sbagliarsi, perché altrimenti avrebbe significato anche che sapeva che lui aveva appena bandito Max.

E solo Dio sa se questo stronzo non sia il cocco di Sophie.

Iniziava a comprendere vagamente l'antipatia ben risaputa che Godric provava nei confronti di Maximilian e a non condannarla più come aveva fatto in passato, persino di recente.

Spinse via Wildbrook e parlò direttamente alla domestica. «Si trova nelle sue stanze, giusto?»

«No, Altezza. Ha detto che vi avrebbe attesi nel Giardino d'Inverno. Ha insistito per andare lì, visto che si sentiva meglio e aveva bisogno di fare due passi in tranquillità.»

E quale location migliore per una probabile lite in piena regola, pensò sarcastico Dario. Ringraziò brevemente la giovane e agguantò per la maglietta Max. «Andiamo, forza. Almeno non dovrò aver a che fare con Rodrigo. È già qualcosa.»

Max lo guardò. «Non esserne così sicuro. Potrebbe trovarsi lì con lei.»

«Devi sempre fare il menagramo, fammi capire?»

Non smisero di bisticciare per tutto il tragitto e quando finalmente giunsero nel cuore del Giardino d'Inverno, si chetarono solamente quando videro Sophie attenderli a pochi passi dalla vetrata che avvolgeva a mo' di sfera tutto il lussureggiante spazio verde.

D'ora in avanti ricorderò questo posto nel peggiore dei modi. Dario fece un bel respiro e quando fu lì lì per parlare, l'anziana strega si voltò a squadrare entrambi. Era seria come poche volte la si era vista e questo non lasciava presagire niente di buono. Restrinse lo sguardo e aiutandosi con il suo fedele bastone da passeggio raggiunse i due. Le sue iridi color giada erano fisse su Dario. «Lestofante di un succhiasangue mezzo ispanico» esordì rabbiosa. «Come hai osato decidere al mio posto per la mia vita?»

«Oh, mamma» si lasciò sfuggire Maximilian, atterrito.

Dario, invece, rimase a fissare Sophie con aria scandalizzata, le labbra spalancate. «Bel ringraziamento per averti salvato la pelle» replicò poi secco, un bel po' offeso. «Scusa se volevo farti del bene e per una volta far uso come si deve delle capacità che mi son ritrovato fra capo e collo! Scusa, eh!»

«Al diavolo! Avevamo stabilito che le cose andavano bene in quel modo!»

«E io ti avevo detto a più riprese che non ero d'accordo, specialmente per via di quali ripercussioni la tua morte avrebbe avuto su Andrew!», perse la pazienza il non-morto. «Tra non molto perderà la persona che ama e tu eri decisa a rifilargli anche questa pugnalata! Non potevo restare a guardare sapendo che avevo il potere di fare qualcosa! Va bene?»

Sophie per la prima volta si zittì e non riuscì a controbattere. Come avrebbe potuto, d'altronde?

Non andava dimenticato che Dario, dopo la morte di Scarlett, era diventato in un certo senso anche una sorta di genitore affidatario di Andrew. Era l'uomo che tanti anni prima aveva giurato di proteggere l'ultimo erede dei Thorne a costo della vita, di prendersi cura di lui e spalleggiarlo fino alla fine, compito che restava indifferente e impassibile persino di fronte al raggiungimento dell'età adulta. Non si trattava solo di un dovere morale. Era un legame potente e indissolubile che in maniera contorta non consentiva a chi faceva quel giuramento di venir meno ad esso. Se anche non fosse stato così, Dario ugualmente avrebbe fatto di tutto e di più per facilitare la vita al figlioccio. Cosa ancora più importante: gli voleva bene. Serviva altro per spiegare la situazione?

Max schiarì la voce e dopo essersi accostato all'altro vampiro, gli scoprì di nuovo la manica e mostrò il marchio alla strega, ignorando i tentativi di Dario mirati a liberarsi dalla sua stretta. «È per questo che l'ho costretto a venire da te e... beh, pensavo che con te ci fosse anche Carvajal» spiegò, rimanendo tuttavia sbalordito quando l'anziana maga non parve del tutto presa alla sprovvista. Sembrava quasi esserselo aspettato per tanto tempo e aver ricevuto solo una tetra conferma. Sospirò. «Rodrigo Carvajal è qui, in effetti. Abbiamo parlato fino a poco fa e poi ho deciso di salire fin quassù per schiarirmi le idee» disse rauca. «Vuole parlarti, Dario, perciò... beh, vedi di non fare come al solito la primadonna e di ascoltarlo. Rimandate a un altro momento i problemi di famiglia. Ti basta solo dirlo e lui ti darà una mano. È qui per questo.»

«Non ho intenzione di star a sentire un bel niente» la rimbeccò Dario, risoluto. Rifilò un'occhiata penetrante e furiosa all'ex. «Quanto a te: preparati a fare i bagagli e a pagarla cara. Avrai presto mie notizie, te lo assicuro.»

Wildbrook incassò. «Va bene, ma prima comportati da adulto e parla con tuo padre.» Gli stava bene l'esilio e tutto quanto, e gli premeva ben altro al momento.

«Ah, sì» intervenne Sophie, gelida. «Giusto di questo volevo parlarvi.»

«S-Se non sono indiscreto, come... come...»

«Maximilian, sono una strega ormai decrepita e so come tenere d'occhio certi miei amici con troppi grilli per la testa.»

«Ci hai spiati, dunque?»

«Sì, Dario. Vi ho spiati perché mi è stato riferito che tu, dal nulla, sei andato da Max e lo hai preso a schiaffi di fronte a un cortile intero di persone. Scusa se la cosa mi ha fatta allarmare, considerando le prodezze di cui ti sei reso responsabile di recente. Non ti si può lasciare solo un attimo ed ecco che dai di matto.»

Dario si sentì pervadere dalla collera e dall'indignazione. Puntò l'indice contro l'ex-fidanzato. «Questo stronzo mi ha preso per i fondelli per undici maledetti anni! Quaranta, sommando i decenni in cui pensavo di conoscerlo e di avere dalla mia parte una persona fidata! Ora so di aver fatto bene a lasciarlo e mi pento solo di non averlo mollato la prima volta che l'ho trovato a fare sesso con un altro nel nostro letto! Lui e Askan hanno agito alle mie spalle come se fossi stato un marmocchio incapace di badare a me stesso e tu, adesso, hai persino il coraggio di difendere lui?!» La voce solo per un attimo gli tremò.

Sophie guardò brevemente un abbattuto Max, poi sospirò con molta lentezza, senza scomporsi. «Mi sorprende che abbia confessato ogni cosa, in effetti» disse a mezza voce. Quelle parole furono come uno schiaffo per Dario. «A-Aspetta...», il vampiro si avvicinò. «T-Tu lo sapevi? S-Sapevi che lui...?»
Lei ritenne inutile fingersi all'oscuro della questione. «Non farne una tragedia. Non hanno mica cospirato per ucciderti, d'altronde. E poi... l'ho saputo solo l'anno scorso, dopo... beh, dopo gli eventi di Hanging Creek, e comunque non avrebbe avuto senso dirtelo, non dopo tanti anni in seguito alla vostra separazione. È stato Askan a parlarmene. Pensavo che riferirti tutto sarebbe stato solo affondare una lama in una ferita mai guarita completamente. Mi domando perché mai Maximilian te lo abbia detto proprio ora.»

Dario era incredulo e sconvolto. «Non posso crederci» esalò. «E io che pensavo che gli amici dovessero dirsi tutto. Che stupido sono stato!»

«Askan non gli ha mai detto di innamorarsi di te, nel caso ti fosse affiorato un simile dubbio. I sentimenti di Max nei tuoi confronti erano reali, lo sappiamo tutti e due. L'ho capito sin dalla volta in cui me lo presentasti, tu che non presentavi mai a nessuno i tuoi partner. Mi fece un'impressione ben diversa rispetto a Cassian. Quello lì non mi era mai andato a genio e ti avevo detto a più riprese che non era la persona giusta per renderti felice. Se vogliamo parlare di disonestà, allora Cassian è l'esempio giusto da portare in esame. Ne eri totalmente succube e il peggio è che te ne eri reso conto dopo cinque anni di relazione. Gli importava solo di avere un bel trofeo tra le mani, nient'altro. Perdonami se non posso mettere in alcun modo Max al suo stesso identico livello.»

Dario restrinse lo sguardo e i suoi occhi scuri saettarono sull'ex. A bella posta evitò il discorso su Cassian. «Mi ha detto tutto solo perché aveva la coscienza sporca. Certo, prima di farlo mi ha persino proposto di sposarlo, ma dettagli! Che bel matrimonio sarebbe stato, sul serio! Basato su una bugia ben orchestrata della quale ero il solo a essere all'oscuro! Ma in fin dei conti... le menzogne e i tradimenti fanno parte del mio corredo genetico.»

Sophie alzò gli occhi al cielo. «Oh, insomma! Se solo permettessi a quell'uomo di spiegarti come andarono davvero le cose...»
«Non voglio sentire le sue scuse. Non mi interessano. Non dopo cosa è stato capace di fare a mia madre e a me.» Dario sorrise in modo forzato. «Penso proprio che si troverà bene con voi due, con te e Maximilian. Avete tante cose in comune.» Scoccò un'ultima occhiata all'altro vampiro. «Fino al tramonto, ricordalo. Appena il sole sarà calato non voglio più vederti qui. In caso contrario ti attenderà una morte estremamente dolorosa.» Fece per andarsene di gran carriera dal Giardino d'Inverno.

Eh, no, mio caro, pensò Sophie, restringendo gli occhi fino a ridurli a pericolose fessure color giada trasudanti ira e indignazione. Stavolta mi stai a sentire e lo farai fino in fondo. Ne ho abbastanza. Max le fu vicino. «Sophie, non dovresti agitarti così! Non sei ancora...»
Lei però gli diede un colpo di bastone sul torace. «Fatti in là, figliolo, o le prendi anche tu!» Lo sorpassò e poi raggiunse Dario. Talmente il suo sguardo era pericoloso e ferino che persino uno come lui, per semplice istinto, si ritrovò a fare un passo indietro, due, tre, finché non venne costretto contro la parete di vetro cristallino e concavo dalla strega, la quale gli menò il bastone dritto in faccia. «Tu sei la persona più stupida, viziata e ingrata che abbia mai conosciuto!»

«Sophie...»

«Taci, Wildbrook! Avrei parecchio da dire anche su di te!» Il biondo ammutolì. «Oh, finalmente» borbottò adirata Sophie, per poi raddrizzare la schiena e battere il bastone sull'erba. Sembrava la statua di un cavaliere con la spada rivolta verso il basso. Persino abbigliata in modo semplice e senza alcun orpello addosso era ancora maestosa e rigida come un'aquila su una montagna. I suoi occhi indissero una breve lotta silenziosa con quelli di Dario, i quali a loro volta mandavano faville. Mai li si era visti schierati su poli opposti, su fronti avversi, non fino a tal punto, non con una tale acredine nello sguardo. La donna fece un secco cenno con la testa in direzione di Max. «Guarda quell'uomo» ordinò al vampiro. Lui, però, non si mosse. Si chiedeva a che gioco stesse giocando la strega. «Guardalo» ripeté lei. «Immediatamente.»

Dario, per farla contenta, scoccò un'occhiata gelida e ricolma di avversione all'oggetto della discussione. «Dunque?» incalzò in un sibilo. Chiunque altro avrebbe indietreggiato e forse avrebbe persino iniziato a correre per aver salva la vita udendolo parlare a quel modo, ma non Sophie. Lei, senza dire alcunché, gli afferrò con poco garbo un braccio e lo forzò a voltarsi perché potesse guardare bene in faccia Max. Quest'ultimo era spiazzato e si chiedeva cosa stesse combinando la strega. «S-Sophie, ti prego... f-forse non dovresti...»

La donna lo ignorò. «Dimmi chi è. Dimmi cosa vedi, avanti.»

«Un bugiardo traditore» ringhiò Dario, il gorgoglio sommesso di una belva feroce pronta a balzare e ad azzannare la preda. «Abbiamo finito?»

«Non ho neppure iniziato» lo rimbeccò Sophie, altrettanto gelida e pericolosa. «Lui è molto più di questo e se osi anche solo insinuare il contrario, ebbene sei a tua volta un traditore bugiardo e un ipocrita della peggior specie. Prova a negare e ti assicuro che persino la macchina della verità più desueta riuscirebbe a sentire la menzogna nelle tue parole!»

Giuro su Dio e sul Diavolo che me la paghi, pensò il vampiro nel frattempo, occhieggiando il povero Max che non sapeva come muoversi e aveva una mezza idea di darsela a gambe seduta stante.
La sua parte razionale gli urlava che non era colpa di Wildbrook, che non poteva prendersela con lui anche in quel momento, ma il suo lato bestiale corroso da un dolore mai sopito e dalla rinnovata delusione partorita dal sapere di esser stato ingannato, invece, reclamava vendetta, sangue sparso sull'altare di una soddisfazione personale tanto perversa quanto egoista. Sembrava aver dimenticato tutto quanto, ogni singola cosa, ogni giorno trascorso nell'arco di undici anni al fianco di Maximilian. Sentiva solo la rabbia. Lo accecava, lo rendeva sordo e folle. Eppure, malgrado l'ira, era incapace di vedere con chiarezza ciò che lo circondava, tante erano le lacrime che gli affollavano gli occhi, ma era tanta anche la determinazione a non versarne neppure una.

«Nessuno qui pretende che tu lo perdoni né che torniate insieme, anche se... Dio! Come eravate belli! Purtroppo ormai sono pochi quelli ancora vivi che sono stai testimoni oculari di tutto quanto, ma sì: eravate belli. Solo vedendo mio nipote e quel testone che ha scelto di amare ho provato altrettanta tenerezza e mi piange ancora il cuore se ripenso a cosa è stato capace di separarvi. Potevate diventare più forti insieme, ma è meno faticoso il voltarsi le spalle e dirsi addio, non è vero? Eppure gli eventi vi hanno di nuovo messi l'uno di fronte all'altro, come quando tu, una sera di tanti anni fa, hai sentito lo sguardo di quest'uomo addosso e hai scelto, senza un motivo, di sederti di fronte a lui e parlargli. Sei stato tu a sceglierlo, Dario. Tu e nessun altro. C'erano sicuramente persone che si sposavano meglio con i tuoi gusti, tuttavia hai scelto un giovane vampiro imbranato con gli occhiali che se ne stava in disparte e aveva tutta l'intenzione di passare inosservato.»

Nessuno dei due ebbe l'umiltà di ammettere una semplice cosa: il ricordare quella sera era doloroso, era logorante, forse inutile.

«Non siete più quelli che eravate più di quarant'anni fa. Tu non sei il narcisista allergico alle storie a lungo termine che adorava fare il bastian contrario e comportarsi da idiota, e lui non è più il ragazzo sprovveduto che cercava solo di essere accettato dalla vostra comunità e di esser soprattutto amato. Se siete cambiati, che vi piaccia o no, lo dovete l'uno all'altro e viceversa. Le cose non sono andate bene. Può capitare, succede a tutti ed è successo anche a voi.»

Sophie si mise di fronte a Dario e lo squadrò duramente.

«Tu vedi un traditore, dici? Io vedo qualcosa di ben diverso. Vedo un uomo che sin da subito, da prima di farsi avanti e confessarti di provare del tenero per te, ha accettato quello che eri, le tue ombre, non solo la patina scintillante e civettuola che tutti vedevano. Lui sapeva tutto, Dario. Tutto. Ne era al corrente, ma non è scappato come molti altri vampiri giovani e inesperti come lui avrebbero fatto. È rimasto, ha lottato per averti, per avere specialmente la tua approvazione, per fare in modo di essere al tuo livello, degno del tuo amore che, diciamocelo sinceramente, gli hai lesinato per un bel po' di tempo. Non ti fidavi perché Cassian ti aveva mostrato il lato più crudele in una persona che professava di amarti. Perché eri solo quanto lo era Max, eri alla deriva, ti stavi uccidendo poco alla volta con l'estratto di Fiori del Buio.»

Dario quasi boccheggiò. «C-Cosa? M-Ma io... io non... come... tu...»

«Pensavi che non lo sapessi? Credevi non fossi al corrente delle volte in cui ti iniettavi nelle vene quel veleno, preferendolo al nutrirti? Non ti curavi del rischio che stavi correndo, non ti importava di vivere né di morire. Parole di Grace e del povero Wade Thorne, queste, non mie. Dio solo sa quante volte Wade mi aveva detto, prima del tuo incontro con Max, che il tuo atteggiamento lo preoccupava e aveva paura che una volta o l'altra qualcuno gli avrebbe riferito che avevi fatto qualcosa di stupido e definitivo. Non sapevo mai cosa dirgli e avevo il suo stesso timore. Avevamo paura che un giorno avresti deciso di ammazzarti di proposito e probabilmente così sarebbe andata a finire. Le premesse c'erano. Te lo si leggeva negli occhi.»

Dario ammutolì. Non si era aspettato che Sophie avrebbe scelto di colpire così a fondo.

«Ebbene sì» continuò lei, «Mr. Perfezione si drogava. Giocava alla roulette russa con la morte e sperava di perdere, perché ammettere di aver bisogno di aiuto era troppo per un orgoglioso testardo come lui. Perché è più facile arrendersi, invece di lottare e rialzarsi. Dico bene? Fa comodo dar ascolto a quella voce insistente che ti ripete che non meriti niente e sarebbe molto meglio per tutti se sparissi dalla faccia della Terra.»

«Davvero gentile da parte tua, mi complimento» la apostrofò glaciale il vampiro. «E ti definisci mia amica?»

«Sì, stupida sanguisuga! Mi definisco tua amica e non sai quanto attualmente mi costi farlo! E non per il tuo passato da baldracca, tesoro, o perché hai ammazzato la tua famiglia al completo o permesso alla crudeltà di Richard di plasmarti a sua immagine e somiglianza, come si è potuto vedere con la messa al bando di Maximilian! Mi vergogno per te, provo vergogna al tuo posto in un momento in cui sei incapace di capire che stai mandando a farsi benedire tutto quello per cui hai lavorato! Sei sempre così bravo a dare una mano a chi ne ha bisogno! Sei bravo a risolvere i problemi degli altri, ma quando si tratta di te stesso... beh, mio caro, sei più cieco di un pipistrello a mezzodì! Fai un disastro dopo l'altro e ti cacci da solo nei pasticci, per poi flagellarti e convincerti di non meritare un bel niente! Un circolo vizioso della malora!»

«Ho sentito abbastanza.»

«Invece non ho ancora finito. Per una volta nella tua vita, Dario, tieni chiusa quella bocca e ascolta chi ha avuto la possibilità di invecchiare sul serio e capire come va il mondo! È inevitabile per te ragionare da persona giovane e sciocca. Sei morto a trent'anni, non a cinquanta!»

Sophie guardò Max, poi di nuovo l'altro vampiro.

«Quest'uomo ti ha aiutato quando pochi altri avrebbero avuto il coraggio e la costanza di farlo. Per tacere della pazienza, poi! Persino io avrei alzato le mani e ti avrei detto di restartene a bollire nel tuo brodo, ma non lui. Lui, sbattuto in un manicomio per le stesse ragioni per cui tu sei stato diseredato e disconosciuto dalla tua famiglia, conosceva bene la sofferenza, l'ha vista nei tuoi occhi e ti ha dato una mano. Ti ha accudito quando sei stato catturato e torturato mentre eri in missione per conto di Atlas! E io so che si trattava di Arwin, anche se mai l'hai ammesso! Lo fece in modo da poter seguire i piani di Grober che prevedevano di frammentare la tua psiche, indebolirla fino a renderla penetrabile e facilmente assoggettabile, ecco perché lo fece! E avrebbe funzionato, ma Grober non aveva previsto Max, un vampiro qualsiasi privo di doti formidabili che è stato capace di farti smettere per sempre con la dipendenza dai Fiori del Buio, a superare l'anoressia e la paura che provavi sempre anche solo quando qualcuno cercava di abbracciarti. Ricordi, per caso, cosa allora tu gli facesti promettere?»

«La mia mente vacilla.»

«Solo quando le pare. Gli dicesti che se mai tu fossi diventato qualcuno che non eri e non sei, lui te lo avrebbe dovuto sbattere in faccia, avrebbe dovuto farlo, a costo di essere brutale. Ti avrebbe dovuto ricordare chi sei veramente e che hai una scelta, ossia di non tornare a essere un mostro. Ora ricordi o ti serve una bastonata in testa per farlo?»

Quello fu l'ennesimo colpo che Dario non ebbe modo di schivare. Non ce la fece a parlare o ad arrabbiarsi, perché... era la verità. Era proprio ciò che aveva detto a Max. Eccome se lo ricordava. «Q-Questo non vuol dire niente e...»
«Oh, no, signorino! Questo vuol dire un bel po' di cose!» lo interruppe Sophie, furibonda. Non era diversa, al momento, da un avvocato spassionato intento a sciorinare un'arringa in tribunale. «Gli facesti promettere tutto ciò e poi ecco che ti sei arrabbiato, hai dato di matto quando ti ha detto chiaro e tondo che stai diventando esattamente come Richard, come l'uomo che ora odi per averti allontanato da Gareth e averti spinto spesso ad atti di gran crudeltà in suo nome. Al tuo posto farei pace una buona volta con il cervello, sai? Non siamo i soli a credere che tu stia perdendo il controllo! Lo pensano tutti, solo che nessun altro, a parte quest'uomo, ha avuto il coraggio di dirtelo in faccia per primo. Ha mantenuto la promessa, non l'ha mai dimenticata e arrampicarti sugli specchi serve a poco!»

Dario ebbe l'impulso di scappare da quella stanza, dallo sguardo di Max puntato a terra e che invece avrebbe voluto sentire addosso. Avrebbe voluto vederlo arrabbiarsi, dirgli che era uno stronzo e che aveva solo fatto ciò che lui stesso gli aveva chiesto di fare quarant'anni addietro, ma invece taceva. Taceva, tenendo due dita premute sugli occhi semichiusi, e il silenzio era più assordante di un tuono rombante nel cielo.

Sophie sembrava lottare per non piangere e per restare ferma nella propria severità. «Askan gli chiese di salvarti perché per lui, malgrado tu stesso ti fossi convinto che era passato dalla parte di Arwin, eri come un figlio. Ti ha salvato dalla crudeltà di suo fratello e poi da te stesso, e tu per anni hai finto di non ricordare niente di tutto ciò, anche se ti ripetevo sempre che non potevi condannare qualcuno a priori solo perché ha per parente un mostro. Askan ha solo dato una spinta a Max, poi il resto è venuto da sé. Dove saresti, ora, se Max non avesse insistito? Dove saresti se avesse scelto di cercare qualcuno meno problematico e più facile da amare, da cui esser amato di rimando? Te lo dico io dove saresti: nella tomba! E mi pare che ti abbia salvato la vita anche mesi fa, se non sbaglio. Secondo te chi è stato ad avvertire Godric? Chi ha detto a quell'Efialte che Arwin era giunto nelle tue stanze per assassinarti? Chi è rimasto, ancor prima, al tuo capezzale? Chi ha sopportato di vederti morire per colpa del veleno di Ghoul e ti ha assistito in ogni maniera, anche se avrebbe avuto tutte le ragioni del mondo per mandarti a quel paese? Non lo ha fatto perché ti amava e ti ama ancora. Lo ha fatto perché è un brav'uomo, lo stesso uomo che tu hai fatto fiorire ed emergere, quello che ti ha restituito una ragione per tornare a vivere, non solo esistere! Non a caso è un infermiere impeccabile, forse più umano di tanti altri umani che fanno il suo identico lavoro!»

«Parliamo della stessa persona che una notte ho visto sbattersi uno sconosciuto nel nostro letto?» replicò tagliente Dario. «Ha commesso quell'errore due volte, non una. Dovrei essergli grato anche per avermi messo le corna, dimmi?»

«Ne ha pagato abbastanza il prezzo» lo rimbeccò Sophie con durezza. «Più di quanto tu immagini. Non puoi sapere fino in fondo come sia proseguita la sua vita dopo la vostra separazione. Non puoi permetterti di giudicare e di credere che solo tu abbia sofferto e passato giorni d'inferno.»
La strega osservò Max allontanarsi e dare loro le spalle, lo sguardo puntato al di là del cristallo.
«A dirla tutta, se non ci avesse messo lui lo zampino, il defunto Daniel Woomingan mai avrebbe conosciuto da vicino l'uomo che poi divenne suo marito. Fu lui a dire a James che doveva avere più coraggio e se James non ci fosse stato, probabilmente Alex non avrebbe mai ammesso i propri errori, mai avrebbe avuto il coraggio di amare mio nipote o forse... le cose sarebbero andate un bel po' diversamente. È vero, da allora c'è stato tanto dolore, ma c'è stato anche amore, c'è stata speranza e c'è stata la rinascita. Io sono grata a Max perché senza volerlo, senza immaginarlo, ha contribuito a costruire una parte importante della storia di tutti noi. E tu, mio caro amico, lo odi non per averti mentito, ma perché non ha lottato abbastanza per tenerti stretto a sé, per il bene di entrambi. Lo odi perché si è arreso e ti ha lasciato andare. Smettila di trovare scuse in continuazione e affronta il vero problema, una buona volta. Una volta fosti tu ad ammettere che per quanto amassi tua moglie, dentro di te sentivi sempre un vuoto assordante. Dicesti di sentirti alla pari di un rompicapo privato dell'ultimo e fatidico tassello. Un orologio privo di ingranaggi, ecco come ti definisti. E ora dimmi di nuovo che sto sbagliando, se ne hai la faccia.»

Dario contrasse la mascella in maniera caparbia. I suoi occhi, però, continuavano di tanto in tanto a saettare in direzione di Maximilian. I loro sguardi si incrociarono una sola volta, ma il più giovane subito distolse il proprio.

Sophie prese a camminare per il giardino, in mezzo ai fiori colorati e dal soave profumo. «È proprio vero che un Padrino rispecchia spesso chi gli è stato affidato, non è forse così? Sono abbastanza vecchia da sapere perfettamente che Markus e Scarlett non ti scelsero a caso. C'è sempre una bussola invisibile che indirizza la scelta di due genitori in questo frangente e ora, proprio come allora, non mi sorprende che venisti scelto, fra tanti altri che avrebbero potuto fare un giuramento così solenne e viscerale. È un legame secondo solo a quello di un padre nei confronti di suo figlio e spesso si tende a essere o complementari o di indole simile.»

«Scusami?» incalzò il non-morto, alquanto infastidito.

«Hai commesso lo stesso errore di Andrew e neanche te ne sei reso conto. Serve ricordarti dove ha portato, forse? Come te lui si è aggrappato a una stupidaggine, a una ragazzata. Ha scelto un pretesto sbilenco e infantile per nascondere e sfogare il dolore inferto da ben altre ferite. Odiava Alexander per averlo abbandonato, per non aver lottato al suo fianco nel momento del massimo bisogno. Non si odia una persona che prima si spergiurava di amare per certe piccolezze. Tu non sei tipo da odiare qualcuno per simili stupidaggini risalenti, per giunta, a ormai tanti anni fa.» Sophie incrociò le braccia. «Sei il Principe della Notte più amato e popolare, rivale solo di quell'imbecille di Richard, e poi ti perdi in un bicchiere d'acqua. Puoi negare a Max tutto quanto: il tuo perdono, la tua comprensione, la possibilità di rimediare agli errori che ha commesso, ma non di lottare per una causa che sostiene da quasi quattro anni e che lo ha messo di fronte a scelte difficili quanto le tue. Gli devi almeno questo, così come il tuo rispetto. Se non altro rispettatevi a vicenda.» Si voltò e si avvicinò di gran carriera a Max. «E tu! Tu!» Il poveretto non riuscì a schivare il colpo di bastone che gli giunse dritto sul naso. «Sei un idiota almeno la metà di quanto lo è lui!» La strega di nuovo parlò a Dario. «Revoca la messa al bando di questo cretino immediatamente. Fallo o vattene e unisciti a Grober. Tanto vale che tu lo faccia, perché qui dentro non vogliamo un tiranno capriccioso che ragiona con la rabbia. Vogliamo il Principe della Notte che per una buona volta sceglie di scendere in campo accanto al proprio popolo!»

Dario sospirò pesantemente. «Mi sembra di aver fatto tutto quello che potevo e di star continuando a farlo.»

«A me non sembra affatto, invece, e non c'è bisogno che tu uccida Orfeo. Ricorda cosa ti disse Atlas prima di cederti il potere: in quanto autorità suprema dei vampiri di Obyria hai la facoltà, in momenti di estrema necessità, di reclamare la patria potestà su tutti i tuoi simili e ridurli all'obbedienza. Sei o non sei un telepate? Questo ti dà solo un ennesimo vantaggio! Impara a far tesoro dei consigli del tuo predecessore. Come uomo Atlas era un rettile, come Principe non sarà stato uno dei migliori, ma conosceva bene le antiche leggi e le leggende più arcane sul conto della corona che attualmente sei tu a indossare. E se non dovessi farcela, chiedi aiuto a Petya. Lui da solo è riuscito per secoli a tenere sotto controllo i propri sudditi e a fare in modo che non incappassero in guai seri con i Cacciatori. Se lui ha potuto celare a tutti noi gli Efialti, persino a farci credere che si trovassero ancora imprigionati nell'Oltrespecchio, allora tu puoi richiamare al dovere i vampiri appartenenti alla stirpe di Orfeo e far capire loro chi comanda. Sarebbe anche ora, tanto per dirne una!»

Il non-morto sbatté le palpebre, mezzo intontito. «In realtà sono un Empatico. So usare la telepatia solo in certi casi e...», all'occhiata di Sophie, tuttavia, deglutì. «V-Va bene, ho afferrato il concetto.»

«Meno male. Vedo che stai tornando ad azionare il cervello. La prossima volta che ti andrà in cortocircuito, però, giuro che mando al diavolo il buonsenso e ti scaglio addosso tutte le fatture che conosco. Sia chiaro.» La strega sospirò, stremata. «E la messa al bando?»

«A meno che non voglia passare da pagliaccio, mi vedo costretto a dirti che...»

«Stai già facendo la figura del pagliaccio. Peggio di così si muore. E comunque esiste una cosa chiamata capacità di cambiare opinione su un dato argomento. Ce n'è anche un'altra che so hai elargito a persone meno meritevoli di Maximilian, ovvero il perdono. Hai perdonato tanti in passato, non vedo perché tu non possa fare uno sforzo con lui.»

«Evidentemente la lama è andata più a fondo del solito.»

«E chissà perché, vero?» Sophie squadrò il vampiro con durezza. «Falla finita di sparare scemenze e trovate un punto d'incontro. Ne ho abbastanza e fino a prova contraria mi risulta che Max non abbia infranto alcuna legge. O sbaglio?» Dario ammutolì. «Appunto. Sei un idiota patentato. Un idiota con il potere, questa è la cosa grave.» Sophie si rivolse a Maximilian. «Quanto a te, Casanova, tieni a mente che è la prima e l'ultima volta che ti faccio da scudo con questa furia distruttrice qui vicino», accennò con il capo a Dario. «E nel caso dovesse finire tutto a suon di bisboccia, ti avverto: sarò io a evirarti se ti azzarderai a tradirlo una terza volta. È un errore che in passato feci anch'io, non lo nascondo, ma questo perché mi venne imposto di sposare un uomo che non amavo. Gli volevo semplicemente bene e quando ho incontrato qualcuno che mi ha davvero fatto girare la testa, ecco che ho ceduto alla tentazione. Tu, però, hai insistito con lui perché ti desse una possibilità, perché ti permettesse di dimostrargli che si sbagliava sull'amore e che esiste qualcuno disposto a fare di tutto per rendere una persona felice. Sei stato tu a volerlo al tuo fianco a qualsiasi costo e poi, come un imbecille, per ripicca, lo hai ferito nel modo peggiore. Nessuno di voi due è innocente ed è ora di trarre una sacrosanta lezione dal passato. La storia serve a questo, a insegnare a non commettere sempre gli stessi sbagli, a migliorare. Dove saremmo senza la storia, senza sapere chi siamo stati?»

Quei due le facevano venire le palpitazioni. Le sembrava ieri quando una sera li aveva visti fare i piccioncini nel corridoio e presi in giro dicendogli che erano oltremodo sdolcinati.

«Non mi interessa come deciderete di rappacificarvi, mi basta solo che non vi ammazziate a vicenda o che non facciate una delle vostre solite sceneggiate. Già in troppi spettegolano sul vostro conto, se proprio devo essere franca.» La sfuriata le aveva restituito la solita grinta. In fin dei conti l'aveva rimandata per troppo tempo e quei due si erano proprio meritati entrambi una strigliata con i fiocchi. Sospirò e si massaggiò le tempie. «Di fronte alla guerra, alla possibilità di morire un giorno non lontano sotto le armi del nemico e alla scomparsa di amici e persone care, certe rivalità, certe incomprensioni, vengono meno. Parlate come se doveste morire stanotte stessa. Parlate davvero, come non avete fatto per anni e anni. Fino ad ora vi siete limitati soltanto a bisticciare come due bambini, se vi conosco come credo di conoscervi. Parlate, è il primo passo per risolvere un problema.»

Dario finalmente si arrischiò a guardare negli occhi l'altro vampiro. Sapeva di dover accontentare, se non altro, Sophie. Sapeva che lei, altrimenti, non gli avrebbe dato pace e gli avrebbe rinfacciato che era un vigliacco fino alla fine, e il loro rapporto si era già abbastanza incrinato. Davvero, però, c'era ancora qualcosa che andava detto? Sophie aveva parlato per tutti e due, d'altronde.

Lui al momento era confuso e non sapeva dove sbattere la testa, non dopo aver richiamato alla mente, con l'aiuto irruente di Sophie, tutta la verità, non solo quella che la sua mente aveva scelto deliberatamente di rimembrare. Sapeva solo che l'anello di fidanzamento di Gareth bruciava sulla sua pelle come avrebbe fatto il crocefisso su una persona posseduta da un demone. Magari non sfrigolava né altro, ma bruciava e per questo, anche se gli fece male farlo, se la sfilò dall'anulare sinistro. Forse più tardi l'avrebbe indossata di nuovo, ma attualmente sentiva di non esserne degno perché in parte sapeva di aver scelto Gareth di impulso, troppo in fretta. Lo aveva scelto perché pensava che in tal modo avrebbe smesso per sempre di arrovellarsi, credeva che i dubbi su Max si sarebbero sopiti per sempre, ma non era stato così. I sensi di colpa parlavano più di mille parole.

In ansia osservò Sophie allontanarsi. «Dove stai andando?» le chiese, lievemente allarmato.

Lei si voltò. «Ho intenzione di fare due chiacchiere anche con la tua controparte più alta e muscolosa. Ci sono un paio di cosette che ho bisogno di mettere in chiaro con Dante e no, non sei autorizzato a sapere di quale argomento si tratta. A tempo debito lo saprai.» Proseguì spedita. «Oh, dimenticavo: rimarrete qui dentro finché non avrete chiuso per sempre le faccende in sospeso fra voi due.»

«Che cosa?» fecero in coro i vampiri.

«Avete sentito molto bene» tagliò corto la donna, uscendo dal Giardino d'Inverno. Dario attese di sentirla allontanarsi, poi corse all'entrata e cercò di aprirla, ma scoprì che qualcosa la bloccava. Non si trattava della serratura. Riusciva a percepire il sentore di magia. «Fantastico! Rimarremo qui fino al prossimo millennio, a quanto pare!» esclamò, prendendo inutilmente a calci la porta. Non era abbastanza ferrato per competere con gli incantesimi di Sophie, lo sapeva fin troppo bene.

Tornò indietro e si lasciò cadere sull'erba, accavallando le gambe e incrociando le braccia. «Fanculo.» 

Max imprecò tra sé. «Cazzo e io che avevo già intenzione di passare da Vera e Rose per far loro un saluto prima di chiudere per sempre con Jake» si lamentò. Era affezionato a Rose e alla piccola Vera, specialmente a quest'ultima. Fino al ritorno di Jake era stato lui a crescerla insieme alla donna con cui si era visto costretto dagli eventi a condividere l'amore per Andersen. 

Dario non avrebbe mai e poi mai ammesso di aver appena avvertito un certo fastidio udendolo pronunciare quelle parole. «Beh, prima o poi dovranno per forza farci uscire da qui.»

Max si ravviò i capelli biondi e si mise a gironzolare per il giardino. Si fermò. «Jake ha detto una cosa. Ha detto che quando si è deciso ad affrontare con te il fatto che io... insomma, che l'avevo lasciato, Dante è intervenuto e gli ha detto in poche parole che le sue erano accuse infondate e che in realtà fra me e te non c'era stato niente, mentre eravamo nell'Oltrespecchio. Perché mai ti avrebbe dovuto coprire le spalle?» Non era affatto vero che non c'era stato alcunché di fisico o sentimentale, per niente, e lui, alla fine, lo aveva confessato a Jake, dicendogli che probabilmente doveva aver inteso male le parole di Dante.

Memore del passato aveva scelto di essere sincero, a costo di risultare brutale. Nessuna bugia era liberatoria come lo era la verità.

L'altro vampiro si strinse nelle spalle. «Onestamente non ne ho idea. Ha lasciato senza parole anche  me.»

«Jake lo sa, comunque. Alla fine gliel'ho detto io.»

«Oh, bene. Dovrò guardarmi sul serio le spalle visto che gli ho rubato il suo osso preferito.»

«Te l'ho già detto: se anche non ci fossimo rivisti, lo avrei lasciato comunque. Non poteva andare avanti in quel modo.»

Dario sbuffò. «Toglimi una curiosità: sei sempre stato un tipo geloso. Come me mai ti è piaciuto condividere, perciò perché alla fine sei sceso a un simile compromesso con Jake e Rose?»

Wildbrook esitò, osservando le prime gocce di pioggia bagnare la vetrata del giardino. «Perché non volevo perderlo come avevo perso te. Mi dissi che se per avere Jake avrei dovuto arrendermi alla presenza di Rose, allora così avrei fatto. Già una volta avevo perso chi amavo per via del terzo incomodo e allora... beh, mi convinsi che in fin dei conti c'era di peggio, che non era poi così male. Insomma, Rose è una donna fantastica, di compagnia, ed è stato divertente vederla bestemmiare mentre dava alla luce Vera. Ero grato che io mai avrei dovuto preoccuparmi di certe cose.»

Rio deglutì e per la prima volta sentì il bisogno di essere sincero con qualcuno, anche se si trattava del suo ex-fidanzato. Aveva bisogno di dirlo, di lasciare che quella verità finalmente emergesse. «Io non volevo dei figli. Mai voluti e sei stato tu a farmi cambiare opinione a riguardo. L'adozione fallita che tentammo, in fin dei conti, ne è la prova concreta. Il fatto è che però, in seguito, dopo essermi sposato, dopo anni di matrimonio, Leda un giorno ha iniziato a buttare lì di volere un bambino. E io pensai: ‟Cazzo, ci risiamo ". Me l'aspettavo, anzi lo temevo sin da quando la vidi accostare l'orecchio alla pancia di Scarlett per ascoltare Andrew muoversi là dentro. Riuscii quasi a sentir germogliare in lei quel desiderio proibito, e nel nostro caso malsano, di maternità, ma speravo con tutto il cuore che non avrebbe mai sollevato la questione. Invece lo fece e... fu una delle rare volte in cui litigammo per davvero. La verità è che il nostro matrimonio fu sul punto di disintegrarsi, anche se le avevo detto e ridetto che stare con uno come me avrebbe significato che avremmo trascorso tutta la vita senza mai avere una famiglia vera e propria. Era il prezzo da pagare, ma lei non voleva pagarlo. Io allora le proposi di tentare con l'adozione, ma Leda mi ricordò cos'era accaduto l'ultima volta.»

Fece un bel respiro.

«In tanti mi avete chiesto perché incolpo me stesso per la sua morte. Ebbene, lo faccio perché decisi di accontentarla pur di non perderla. Non volevo restare da solo, specie da quando ero stato scelto come Principe della Notte, e in fin dei conti amavo quella donna. Mi dissi che sicuramente non avrebbe funzionato e che tanto valeva provarci per appurare una volta per tutte la dura realtà del vampirismo. Se anche avesse funzionato, lei era forte, una strega capace, poteva farcela. Non poteva andare tutto sempre storto, giusto? Mi sbagliavo, ovviamente, e so che qualcuno ci mise lo zampino. Di sicuro c'entrava Grober, ogni scusa per lui è buona pur di rendermi la vita maledetta, ma il punto è che a rimetterci non fui io, ma Leda. Lei che in fin dei conti voleva solo diventare madre e rendermi padre, anche se sono la persona più inadatta a un simile ruolo, e mi vergogno al solo pensiero di dire ad anima viva tutto questo quando mi viene domandato perché non mi decido a incontrare Fedra. Insomma... prima o poi vorrebbe sapere per forza com'è venuta a mancare sua madre e io come potrei risponderle senza il rischio di perdere anche lei? Sarei costretto a dirle che suo padre è un uomo crudele ed egoista che ha scelto di mettere a repentaglio la vita di sua moglie pur di non restare da solo. Dovrei dirle che sono debole e meschino, diverso da ciò che tutti gli altri vedono. Mi odierebbe per aver sacrificato Leda come uno sprovveduto, e non credo riuscirei a sopportarlo. Il veleno di Ghoul sarebbe niente se paragonato all'odio di mia figlia, lo stesso odio che io una volta provavo per l'uomo che mi aveva cresciuto e trattato come uno scarto della nidiata perché ero il bastardo di famiglia. Quell'odio mi spinse a ucciderlo. Ho detto che fu un incidente, ma non con lui. Non lo fu affatto. Volevo ammazzarlo eccome dopo che mi aveva di nuovo ribadito che non sarei mai stato niente ai suoi occhi, se non la sua vergogna più grande. Il punto è che poi persi il controllo. Avevo digiunato per settimane, pensando che in tal modo forse... non lo so, sarei tornato normale. Quando però vidi e assaporai il sangue di quell'uomo, in me la coscienza si spense e affiorò un mostro sanguinario che ne voleva ancora, di più.»

Non credeva avrebbe mai confessato tutto quanto a qualcuno, men che meno a Max, eppure eccolo lì ad ammettere verità scomode per la prima volta dopo fin troppi anni di menzogne. 

«Pensavo che con il ritorno di Gareth le ombre se ne sarebbero andate, che sarei stato al sicuro, ma la verità è che non lo sarò mai. Non importa quanto lontano io mi nasconda, in quali braccia scelga di trovare riparo. Le tenebre fanno parte di ciò che sono sempre stato.»

«Eppure è solo quando cala la notte che nel cielo spuntano le stelle più luminose» si lasciò sfuggire Max, stupendosi per primo di un tale accesso di poeticità. «Voglio dire... senza il buio non esisterebbe la luce. In fin dei conti nessuno di noi è privo di ombre nel cuore. È normale averne e sarebbe strano l'esatto contrario.»

Dario sorrise amaramente. «Credo fosse questo a piacermi di te: sapevi sempre trovare il lato positivo in ogni situazione, in chiunque. Ci riuscisti persino con me che ero un caso perso.»

«È una cosa che faccio tutt'ora» si permise di correggerlo Max. «Non smetterò mai di farlo.»

«E di amarmi, invece? Smetterai mai di amarmi e ti deciderai a trovare qualcuno con meno complessi e una vita meno incasinata?»

«Non lo so. Forse sì, forse no. Non so nemmeno se sopravvivrò alla guerra, figurarsi cosa accadrà dopo.»

Dario deglutì. «So che vuoi chiedermelo, perciò... fa' pure. Chiedilo.»

«Perché hai tolto l'anello?»

Ormai tanto vale essere onesto fino in fondo.

«Perché hai sempre avuto ragione. Perché ti amo ancora e non sai quanto detesti me stesso per aver continuato a farlo anche mentre ero sposato con Leda o mi sono ritrovato di nuovo fra le braccia di Gareth. Di gente nella mia vita ce n'è stata tanta, ancor di più nel mio letto, eppure con te è stato diverso tutto quanto dall'inizio alla fine, e anche oltre. Anche adesso. E so che devo affrontare la questione con Reth, essere sincero con lui, pronto a perderlo per sempre. Merita una persona che possa essere sua completamente e renderlo felice.»

Max trattenne il fiato, ma lo lasciò finire. Sapeva che c'era un ‟ma", qualcosa di spiacevole dietro l'angolo. 

«E poi... sento di dover comunque fare lo scambio degli occhi. Esisto per una ragione ben precisa, non per gentile concessione di chissà quale divinità benevola. Sono un semplice salvadanaio in attesa che il martello venga calato per permettere a Rasya di riprendere il potere. C'è troppo in gioco perché le cose vadano diversamente. Lucifero ha ammesso che se Sverthian continuerà a non avere un'entità della morte pronta a occuparsi dei defunti, prima o poi il precario equilibrio crollerà completamente. Rasya deve tornare, deve rimettere a posto ciò che ha lasciato in sospeso, e questo significa che io e Dante dovremo uscire di scena una volta per tutte. Lo sappiamo entrambi e credo di essere pronto a fare il salto che fino ad ora mi ha sempre terrorizzato. È inevitabile, tanto vale sorridere alla morte di rimando, piuttosto che piangere disperati. La bestia nella buia foresta dalla quale mi nascondo sin da quando sono tornato in vita si avvicina ogni giorno che passa, mi sembra quasi di sentirla, certe volte. Sento i suoi passi felpati seguirmi, i suoi occhi fiammeggianti trapassarmi la schiena. Prima o poi balzerà in avanti e io non farò niente per fermarla.»

Quella belva lo spaventava, sarebbe stato sciocco e presuntuoso a sostenere il contrario. Lo spaventava così tanto da ridurlo alla paralisi totale.

«Pensavo di poter avere un lieto fine, ma forse... forse i finali positivi hanno disparate maniere di palesarsi. Magari è l'unico che io meriti realmente e di cui abbia bisogno. Anche per questo devo affrontare Gareth: lui pensa che io non debba arrendermi, che io debba lottare e vincere questa lotta contro il mostro nella foresta, ma è una menzogna che racconta a se stesso pur di restare forte. Sta facendo la stessa cosa che una volta era Jacopo a fare: lui credeva che sarei sopravvissuto alla tisi, che sarei tornato a stare bene, me lo ripeteva tutti i giorni mentre lentamente morivo, e poi alla fine sono morto sul serio. Avevo vinto una guerra a sedici anni, ma quello era un nemico che non conoscevo, più forte di me, più agguerrito di quanto lo fossi io all'epoca. Mi sentivo un peso per Jacopo, una fonte di sofferenza per l'uomo che amavo e per il quale avevo accettato di venir cacciato di casa dalla mia famiglia. Adesso di nuovo mi sento un fardello per chi mi sta accanto. So che a nessuno piace vedermi così, vedermi lasciar andare la presa un po' alla volta, ma non ho altra scelta. Di nuovo è il bene superiore a venir prima di tutto il resto.»

Max ricacciò indietro un singhiozzo. Sapeva che cercare di convincerlo del contrario sarebbe stato vano ed era stanco di discutere con lui inutilmente. «Vuoi che ti faccia compagnia mentre aspetti il mostro?» chiese con un filo di voce. 

Dario esitò. Cercava di parlare, ma la risposta continuava a morire dentro la sua gola. «A-Anche se Jacopo mi rimase accanto nelle ultime ore di vita, per mesi rimasi da solo. Il medico diceva che era pericoloso restarmi vicino e allora venni confinato. Stavolta non voglio farlo. Non voglio stare da solo mentre un po' alla volta me ne vado. Voglio che qualcuno mi rimanga vicino per tutto il tempo e mi dica che tutto andrà bene, anche se non è vero. Voglio credere fino all'ultimo a questa bugia, perché sarà sicuramente migliore della verità.» Si era arrischiato a chiedere a James cosa sarebbe accaduto se lui avesse deciso di permettere a Rasya di riprendersi la propria identità e la risposta non era stata delle migliori. Sarebbe stato difficile, a volte intollerabile. Sarebbe stato come essere una bottiglia che mano a mano veniva svuotata e poi riempita con qualcosa di diverso.

Non proprio una passeggiata e lui non se la sentiva di percorrere in totale solitudine quel viale del tramonto.

«Se è ciò che hai deciso, allora... allora ti chiedo di permettermi di farlo, di aspettare insieme a te questa belva. Non rimarrai da solo, se non è ciò che desideri.» Piangeva e non si vergognava a farlo apertamente, come poche volte era accaduto. Ciò che stava provando era indescrivibile, atroce. Si era augurato che mai più si sarebbe sentito a quel modo, ma stava succedendo di nuovo.

Dario avrebbe voluto dire che no, non gli avrebbe chiesto una cosa del genere, se non altro per impedire che si verificasse lo strazio avvenuto mentre si era ritrovato a morire per colpa di un morso di Ghoul, ma la sua testa fece un cenno ben preciso, un gesto che parlava al suo posto.

Si passò una mano sotto gli occhi. «Voglio solo che tu mi prometta una cosa» disse. «Che quando accadrà, poi tu... tu andrai avanti. Voglio che tu lo faccia anche per me, va bene? In fin dei conti le persone muoiono tutti i giorni, fa parte della vita. Io voglio fare finta di essere un comune mortale che come tutti quanti aspetta che il conto alla rovescia si fermi. Voglio credere di essere una persona qualsiasi che va incontro a un destino inevitabile e naturale. Mi rifiuto di pensare a me stesso nelle vesti di un condannato che attende il capestro.»

Max non ce la fece più e lo strinse forte tra le braccia, soffocando come poteva i singhiozzi che lo scuotevano da capo a piedi. Fu allora che Dario a sua volta si concesse di piangere senza l'ombra alcuna di rabbia o risentimento. Pianse e basta, e ammise di aver forse avuto sempre e solo bisogno di questo: di un abbraccio, di qualcuno che lo stringesse solamente e si offrisse di portare insieme a lui un peso che ad ogni passo si faceva più pesante e intollerabile.

«Scusa se ho detto cose orribili» singhiozzò. «Neanch'io mi riconosco più.» Nascose il viso nell'incavo del collo di Max. una parte di lui infantile e terrorizzata continuava a sperare che prima o poi si sarebbe sicuramente svegliato dall'incubo e avrebbe compreso di trovarsi altrove, forse persino in una vita diversa dove gli era stato concesso di essere felice, di vivere una vita piena. Lo aveva sempre sperato. 

Max scosse il capo. «Non fa niente. Non importa» mormorò. «Ne avevi il diritto.» Gli dispiaceva solo che Sophie avesse scelto di essere un po' troppo dura e severa con Dario, così tanto da aver ricordato a entrambi eventi spiacevoli che li avevano sì avvicinati, ma anche fatti soffrire. Cose che avevano scelto di dimenticare. «Non sei un tiranno. Dico sempre una marea di cazzate, lo sai.»

«Siamo in due, credimi.» Dario si scostò e non volle più pensare ad altro, se non a quel momento, a quel breve intervallo di pace prima della vera tempesta. Una tempesta ben diversa dal temporale che infuriava fuori dal Giardino d'Inverno. Ebbe un attimo di esitazione prima di posare le labbra su quelle di Max. Gli era grato per aver finalmente capito fin dove si spingeva la sua volontà di vincere una volta per tutte contro Grober e le Tenebre. Gli era grato di non aver cercato di convincerlo a ripensarci, ma di aver semplicemente accettato i fatti per ciò che erano. Assurdo pensare che fosse stato il dolore a farli finalmente procedere sulla stessa lunghezza d'onda, ma in un certo senso era come se avessero rimediato alla volta in cui lui aveva varcato la soglia del loro appartamento dicendo che quello era un addio, che ormai era finita tra di loro.

Aveva raccontato menzogne e si era reso ridicolo, respinto fino alla fine quei sentimenti che mai si erano spenti fino in fondo, solo per poi tornare ad abbracciarli e scoprire che erano più forti di prima, meno propensi a lasciarlo andare.

‟Baciami e sarò il tuo rifugio da ogni tempesta."

Gli parve di risentire le parole che tanti anni prima Max aveva pronunciato, le parole con cui lo aveva convinto a rischiare tutto e a rimettersi in gioco. Le sentì riecheggiare nella mente come un lontano eco che andava sempre più avvicinandosi. 

E Max, intanto, non poté che pensare che il perdono fosse delicato e caldo come gentili lacrime di gioia sulle guance. Dario lo aveva perdonato, anche se in silenzio, tramite lo sguardo e la semplice richiesta di non essere abbandonato nel momento peggiore in assoluto della sua vita. Gli aveva chiesto di stringergli la mano mentre attendeva un mostro invisibile e affamato, e lui, seppur con dolore, pur con tanta fatica, lo avrebbe fatto. L'amore nei confronti del vampiro che stringeva fra le braccia sempre sarebbe valso tutto quanto, sofferenza compresa.

Erano semidistesi tra i fiori colorati del Giardino d'Inverno, immersi nel loro profumo simile a quello del paradiso che tanto avrebbe voluto costruire l'uno per l'altro e mai erano riusciti a terminare. Si baciavano e stringevano, le loro dita intrecciate e alla frenetica ricerca della forza che potevano cedersi a vicenda, e andava bene anche così. Andava bene amarsi anche se il mondo stava collassando e crollando su se stesso.

Max si ritrasse appena e si fermò per osservare Dario, i suoi lunghi capelli dai riflessi mogano che serpeggiavano tra i fiori, i suoi occhi intrisi di attesa e disperazione. Chiuse le palpebre quando le sue dita affusolate gli sfiorarono una guancia. «Che tu ci creda o meno, in tutta la mia esistenza non sono mai stato con qualcuno in un campo di fiori.» Rio si sporse e avvolse un braccio attorno al suo collo. «Vieni qui» gli sussurrò, accogliendolo fra le gambe, preso da lui proprio come lo era stato decenni addietro.

Forse era quello il senso di un anello di fidanzamento o persino di una fede nuziale: un cerchio che si ripeteva e mai si fermava, un turbine d'eventi che ogni tanto tornavano a verificarsi e a rafforzare il legame, che fosse nella buona o nella cattiva sorte.

Ben presto i loro sospiri appena sussurrati si mescolarono al rumore della pioggia che batteva contro il cristallo che li proteggeva dal resto del mondo, dal tempo stesso, dal mostro che silenzioso attendeva tra gli alberi dell'oscura foresta.

N.d.A

Beh, signori... prepariamoci. La sottotrama di Dario, per ora, si è conclusa. Dopo questo capitolo, fino a quello finale, i riflettori torneranno principalmente su Alex e Andrew, e in generale la Resistenza. Ora conosciamo la scelta che Dario infine ha deciso di fare in campo sentimentale e bellico. Ora mi direte sicuramente: "ma come, finalmente sembra aver fatto pace col cervello e ora tu lo mandi a morire?". Io, come sempre, rispondo che ormai dovrebbe essere chiaro che niente con me è mai detto fino all'ultimo istante. Non scordiamo che Sophie ha deciso di parlare con Dante e non si sa ancora cosa si siano detti. James potrebbe persino sbagliarsi. Insomma, vi prego, niente torce né forconi xD
Comunque davvero, non mi aspettavo che alla fine Max avrebbe prevalso su Gareth. Ero indecisa, ecco, ma poi ho veramente ripensato a tutto quello che è successo fra Max e Dario, a ciò cui stavano rinunciando, e mi son detta: sarei un'idiota a non dare loro una chance per rimettere tutto a posto. Un po' come per gli Aldrew e i Bryler, d'altronde. Ho capito che Gareth non poteva comprendere fino in fondo Dario, non come invece fa Max. Max in fin dei conti ha avuto modo di conoscerlo meglio, di conoscere il Dario del presente che è ben diverso da quello che Reth una volta aveva amato. Insomma, sono una coppia troppo ricca di spunti per gettarla via così, tutto qui.

Bene, detto ciò, aggiungo che il prossimo capitolo è già in fase di scrittura e ho deciso di fare un piccolo spoiler: terraferma. Se ricordate le parti precedenti, allora sicuramente avrete già capito cosa vuol dire questo indizio.

Alla prossima, dunque!

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