Capitolo X. Il Mostro si risveglia
Musica consigliata: "Bury my heart" di Peter Gundry.
https://youtu.be/e-gi_adNb7U
Nei seguenti cinque giorni di viaggio per Alex fu purtroppo impossibile pianificare una fuga, a meno che l'obiettivo non fosse quello di farsi scoprire da Iago e gli altri suoi compagni.
Ormai avevano quasi del tutto superato la fitta e intricata foresta di Baladràn, mancavano — secondo i calcoli dell'Efialte a capo del gruppo e della mappa che si era procurato presso un villaggio prima di addentrarsi nei boschi — almeno altri tre giorni di cammino per uscirne e raggiungere i confini del Regno Madre e finalmente dirigersi verso il porto più vicino, così che sarebbero potuti imbarcarsi e solcare le pericolose acque del Mare Nero, chiamato anche Græberdan.
Il percorso era abbastanza problematico e faticoso, in certi punti la foresta era così fitta da rasentare un labirinto composto da alberi giganteschi, arbusti e tutto quello che si sarebbe potuto trovare in un luogo del genere.
Di notte, poi, aggirarsi da quelle parti faceva correre brividi lungo la schiena di tutti loro, tanto quel posto pareva lugubre e inospitale; quando le tenebre calavano, i boschi parevano animarsi di colpo, gli animali notturni uscivano dalle tane e uccelli di specie sconosciute al gruppo intonavano tetre e cantilenanti melodie, accompagnando la loro traversata.
Il quinto giorno, quando ormai il buio era prossimo a calare nuovamente su tutto quanto, Iago stabilì che si sarebbero fermati per qualche ora e avrebbero atteso le prime luci dell'alba per proseguire.
Per tutto quel lasso di tempo, raramente si erano rivolti la parola; Andrew, poi, aveva scelto pressappoco di ignorare Alex, parlandogli di rado e quasi sempre senza ottenere risposta alcuna, cosa che lo incoraggiava ancora di più a tacere, testardo e orgoglioso com'era. Neanche le ramanzine che Iago un paio di volte si era permesso di sciorinargli — senza ovviamente farsi sentire da Alex — erano servite a farlo ragionare, incentivando invece il suo silenzio e la sua convinzione che quei due fossero destinati a essere come due cuori e una capanna.
Alex, naturalmente, ignorava la faccenda e ancora non aveva avuto il coraggio di chiedere spiegazioni all'Efialte, il quale a sua volta aveva fatto di tutto pur di non sfiorare il discorso.
Il povero Frederick, già abbastanza preoccupato per le sorti di suo fratello e anche quelle del loro gruppo, in una situazione simile iniziava a dare i primi segni di profonda insofferenza, pur continuando a tacere. Come aveva imparato fin troppo bene, nelle questioni di coppia meno gente si azzardava a metter becco e meglio era.
Eppure, quando vide Alex abbandonarsi con la schiena contro uno dei tanti enormi alberi secolari e scivolare fino a terra con una stanchezza fin troppo palese e preoccupante, si permise di avvicinarsi a Andrew e di parlargli.
Il vampiro dagli occhi verdi e il cuore al momento ribollente di rabbia sia per esser stato forse lasciato per la seconda volta da Alexander, sia per tante altre questioni lasciate in sospeso, gli rifilò una breve occhiata, prima di guardarsi attorno e cercare di servirsi dei propri sensi ultra-sviluppati per capire se quella era una zona abbastanza sicura o meno.
«Lungi da me voler prendere le tue parti o le sue» iniziò Rick, «ma credo che stiate facendo una gran confusione per qualcosa che potrebbe risolversi, se solo cercaste di parlare faccia a faccia e, soprattutto, con calma, senza urlarvi addosso come cinque giorni fa».
Capiva il punto di vista di Andrew, poteva comprendere che si sentisse deluso e arrabbiato, ma in quel modo non avrebbe ottenuto niente e comunque, per quel che riguardava Frederick, questi era convinto che Alex avesse restituito a Andrew l'anello e dunque sospeso la loro promessa di matrimonio per ragioni tutto, fuorché legate a un tradimento o a questioni futili.
Ormai aveva imparato a conoscere quell'uomo, quanto bastava a fargli capire che le sue azioni avevano sempre un significato e mai sarebbero state compiute per ferire Collins.
Non ottenne alcuna risposta, ma non si fece scoraggiare.
«Andrew, per favore, parlagli. State male entrambi e si vede da un miglio. Non esasperare la situazione così, perché altrimenti prima o poi finirai per pentirtene e forse, allora, sarà troppo tardi per tornare indietro.»
«Grazie tante» commentò Andrew, tagliente e sarcastico. «Ora mi sento molto meglio, dico davvero!»
«Non sono in vena di confortare nessuno, al momento. Voglio solo aprirti gli occhi e farti tornare alla ragione» replicò Frederick, sincero e diretto. «Insomma, qui tutti sanno che ti ama e tu sei l'unico ad aver iniziato a dubitarne e solo perché ti ha restituito l'anello di fidanzamento. Un anello è solo tale, Andrew, non vuol dire che insieme ad esso abbia sradicato anche i propri sentimenti per te. Ti ama e lo ha dimostrato più volte. Come fai a non vederlo? Come puoi pensare che lo abbia fatto per ferirti o...»
Andrew, accennando con fare secco a Iago senza farsi vedere, lo interruppe: «Chiedilo a tuo zio. Non dirmi che non ti sei accorto di niente, Rick! Non dirmi che non vedi come lo guarda! Come faccio a sapere che Alex non lo guarda allo stesso modo, ogni volta che gli dò le spalle?».
Frederick si trattenne dallo sbattere la testa contro l'albero più vicino. «Ma insomma! Ti ascolti quando parli?»
«Mi ascolto eccome e so di cosa sto parlando! Chiedilo a Iago, se non mi credi! Vedremo cosa risponderà!»
«Se c'è una cosa che mio zio non farebbe mai, sarebbe intromettersi in una coppia per scopi personali! Alex è suo allievo, Andrew! È normale che ci sia fra loro intesa e affetto!»
Andrew per qualche istante non disse niente, poi: «Invidio la tua purezza d'animo, Rick, e non scherzo. Mi ricordi certe volte Cynder. Tutti e due pensate che il resto del mondo ragioni con la vostra logica, quando invece non è così, purtroppo. Se vuoi un consiglio, però, datevi tutti e due una bella svegliata. Il mondo è un posto crudele e orrendo che non perdona l'ingenuità».
Rivolse un'altra occhiata penetrante e rancorosa a Iago, il quale scelse saggiamente di non dargli tela e, invece, si chinò di fronte ad Alex per assicurarsi che stesse bene. Il cuore gli sprofondò nel constatare che pareva stare sempre peggio, anche se aveva avuto modo di osservare che i peggioramenti maggiori avvenivano sempre dopo che il vampiro si ridestava dai suoi sonni ormai sempre agitati.
Era come se qualcosa, durante quelle ore di riposo e inerzia, gli risucchiasse le forze e la vita stessa un po' alla volta e quel qualcosa, quasi sicuramente, rispondeva al nome Grober.
Forse Alex ormai era troppo stanco per respingere i suoi attacchi e stava davvero gettando la spugna.
«Ehi» lo apostrofò, cercando di fare un mezzo sorriso incoraggiante. «So che ultimamente va tutto a rotoli, ma le cose si aggiusteranno, vedrai.»
L'altro non rispose subito. Ormai era a corto di risposte da propinare e con le quali celare le sue intenzioni ormai chiarissime. Era stanco di mentire a tutti e tre; stanco di parlare di un lieto fine che lui sapeva non ci sarebbe stato per quella spedizione.
«Ne dubito, Iago» replicò, cercando di ricacciare indietro il groppo in gola che quasi gli impediva di respirare. «Credo che ormai questo sia il famoso capolinea.»
«Sciocchezze.» L'Efialte agitò una mano e scacciò quella sua risposta. «Non è assolutamente il capolinea, per nessuno di noi, neanche per te. Questo è... be'... vedilo come un inizio molto arrancante e paludoso destinato però a migliorare col tempo.»
Alex scosse il capo e puntò altrove gli occhi spenti e circondati da ombre non proprio rassicuranti che sbattevano in faccia al prossimo la sua stanchezza fisica e forse pure mentale.
Iago si prese un attimo per osservarlo con attenzione e notò che la sua pelle iniziava a presentare un colorito spento, quasi grigiastro e del tutto privo di colore, spaventosamente in contrasto coi capelli dorati.
Se avesse dovuto descrivere con poche parole il vampiro che aveva di fronte, avrebbe definito Alex un guscio vuoto, o prossimo a esser tale.
Sospirò e si scostò i capelli dal viso sfuggiti alla mezza coda in cui li aveva raccolti alla bell'e meglio. «Di nuovo ti chiedo se c'è qualcosa che vorresti dire a me e agli altri. Se magari c'è un particolare di cui dovremmo essere a conoscenza. Alex, se devi dirci qualcosa, diccela ora, prima che sia troppo tardi per aiutarti. Ti prego, tu non... non sei costretto a sopportare alcun fardello da solo. Ci siamo noi al tuo fianco, per questo ti stiamo accompagnando: per aiutarti, e tu hai bisogno di aiuto.»
Ricevette, tuttavia, solo un desolante silenzio.
«È ovvio che abbia ragione, come lo è che non rivelerai un bel niente, neanche sotto tortura» sentenziò abbattuto.
Non era così semplice dare una mano a qualcuno che non voleva essere aiutato. Non potevano forzare Alex, non era un bambino stupido ed era pur sempre libero di scegliere da solo, eppure il suo stato generale gli urlava di andare contro certi principi morali e di farlo per il bene di tutti, in primo luogo di Alexander stesso.
Vedendolo stanco e spossato non ebbe il coraggio di insistere. «Riposa, dai. Ne parleremo dopo.» Gli strinse una spalla ma senza che se ne accorgesse, il suo gesto parve di più una carezza, che una semplice e amichevole stretta qualsiasi.
Alex, rendendosi conto di tutto questo, lo richiamò, poi: «Fino ad ora ho cercato di ignorare la faccenda, ma non ci riesco più, perciò... Di cosa parlava Andrew? Sai, quando ha detto che ora avevi la strada libera, o qualcosa di simile».
Qualcosa in quell'Efialte era decisamente mutato, anche se non sapeva definire con esattezza la natura di tale cambiamento.
Iago si morse il labbro inferiore, iniziando nel frattempo a sudare freddo.
«Uh... non saprei» mentì. «Sai com'è fatto: quando è arrabbiato tende a straparlare!»
«Sì, però lo stesso non posso non pensare che qualcosa mi stia sfuggendo» insisté perplesso il vampiro. «Insomma, parlava di un argomento ben preciso e tu mi sembravi un bel po' arrabbiato e teso.»
«Be', non volevo che ti urlasse addosso a quel modo. Sia perché mi sono affezionato al mio allievo, come ben sai, sia perché non sopporto certe sceneggiate in sé per sé.»
Alex, vedendolo in difficoltà, rinunciò e scossa la testa, cercò di sorridere: «L'affetto è ricambiato, Iago. Di questo puoi starne certo». Si odiava per star mentendo così a tutti loro, specialmente a Iago e Andrew, ma non vi erano alternative.
Non poteva permettersi di lasciarsi sviare e non appena si sarebbero addormentati tutti e tre, ne avrebbe approfittato per proseguire da solo il viaggio. Probabilmente avrebbero cercato di seguirlo e raggiungerlo, ma non era detta che avrebbero fatto in tempo a riprenderlo. D'altro canto, aveva imparato a celare la propria presenza in maniera volontaria, durante l'addestramento cui l'aveva sottoposto Iago; certo, in tal modo avrebbe fatto ricorso alla magia oscura, ma ormai non era stato ridotto tutto a una questione di male minore e bene superiore? Ebbene, quello sarebbe stato in assoluto il male minore.
Per un attimo volse gli occhi verso Andrew che ancora stava parlando sottovoce con Frederick.
Non posso andare via senza prima avergli lasciato del sangue con cui affrontare il viaggio di ritorno — rifletté. Però non voglio nemmeno usare Iago come se fosse una specie di distributore di sangue. Sarebbe una mossa da carogna.
Quello sì che era un bel problema. Tuttavia...
Frederick è un Efialte solo per metà e da quel che so il sangue delle Fate non è dannoso per i vampiri, anzi!
Restava però un grosso salto nell'ignoto. Per quanto le tossine nel sangue di Frederick fossero sicuramente edulcorate e non così potenti come quelle, ad esempio, di Iago che era un Efialte puro, ciò non significava che non restasse un bel margine di rischio. E comunque, anche in quel modo la sua sarebbe stata una mossa da perfida carogna. Neanche Frederick era una sacca di sangue formato deluxe!
Perché dev'esser sempre tutto così complicato? Accipicchia!
Non voleva di certo che Andrew morisse per intossicazione.
Magari... potrei lasciare una fiala con il mio sangue all'interno. Qualche goccia dovrebbe bastare a neutralizzare l'effetto delle tossine di Efialte.
Convinto da quell'idea, passò a sondare il resto del piano di fuga e si chiese come avrebbe fatto ad ottenere un gran vantaggio sugli altri in quanto a distanza e velocità. Quella foresta era davvero intricata e si correva il costante pericolo di perdercisi; lui, poi, non era propriamente in forma e più i giorni trascorrevano più gli sembrava di andare a rilento. Avrebbe avuto bisogno, in teoria, di un cavallo o qualcosa di simile, ma dove diamine avrebbe trovato suddetta bestia in un cavolo di bosco? Era come voler beccare un'ape in fondo all'oceano!
Odio Sverthian — pensò sconsolato Alex. Nel Signore degli Anelli e roba simile la facevano sempre facile con viaggi del genere! Sono così scomodi e certe volte privi di senso!
Si massaggiò le tempie e trasferì l'attenzione su un altro problema non indifferente: Iago e Frederick avevano il sonno abbastanza pesante, quando non erano di guardia e riuscivano a chiuder occhio per qualche ora, ma Andrew? Era un vampiro e i vampiri erano famosi per il loro cosiddetto sonno di morte, ma contrariamente a quel che si pensava, ci voleva davvero poco per farli svegliare e attirare la loro attenzione. Andrew, tra l'altro, era sempre stato uno particolarmente attento e sempre sul chi va là, perciò in caso del minimo rumore si sarebbe svegliato immediatamente, poco ma sicuro!
Non riesco a pensare a come reagirebbe se mi vedesse e facesse subito due più due.
Per un attimo nella sua mente riaffiorarono due fiamme verdi in un pallido viso reso ferino dalla rabbia e dall'odio. Talmente quell'immagine era ancora vivida nella sua memoria, da farlo sussultare immediatamente; per semplice riflesso si portò una mano al collo, dove per un attimo avrebbe giurato di aver sentito di nuovo quelle dita gelide e dalla forza spaventosa serrargli la gola e impedirgli di respirare.
Erano mesi che non ci ripensava più, eppure ecco che quel ricordo era tornato a tormentarlo.
Reagirebbe in quel modo, se scoprisse che sto pianificando di fuggire senza di loro?
Si trattenne dal sobbalzare quando notò che Andrew lo stava guardando coi suoi occhi scrutatori e penetranti, quasi a voler sondare la sua anima e la sua mente. Per un secondo Alex temette di esser stato già colto in flagrante ancor prima di essersi dato da fare.
Cercò di restare calmo e di fingere di non averlo notato a sua volta, ma ciò divenne quasi impossibile nel momento in cui capì che si stava avvicinando.
Col cuore che batteva all'impazzata, nel senso peggiore del termine, si disse di smetterla di fare il finto tonto. Provò a rimettersi su, ma Andrew lo raggiunse proprio allora e lo trattenne, così da non farlo alzare.
Si sedé al suo fianco e per attimi che trascorsero come un'eternità non proferì parola.
Alex sentiva il suo sguardo addosso e non fu semplice trattenersi dal torturarsi le mani o fare qualunque altra cosa che lo aiutasse a smaltire la crescente ansia.
Non voleva litigare ancora, questo era più che ovvio.
Andrew, intanto, giocherellava con la spada: tenendo la punta acuminata conficcata nel terreno, faceva roteare l'elsa su se stessa dando dei colpetti con le dita alla lama. Tale azione produceva dei giochi di luce incoraggiati dagli ultimi bagliori del pallido tramonto che riusciva debolmente a filtrare attraverso la boscaglia sopra le loro teste.
Benché quello non fosse un gesto in sé per sé intimidatorio, Alex si rese conto di non sentirsi a proprio agio.
E dire che le cose tra di loro erano andate bene fino a qualche mese addietro...
Come abbiamo fatto a ridurci di nuovo così? — si chiese Alex e tale domanda avvalorava soltanto la sua personale tesi, ossia che per Andrew rappresentasse più un problema che un piacere.
«Senti...» iniziò Andrew. «Mi... mi dispiace per quello che ho detto qualche sera fa. Il punto è che... non ci ho visto più quando mi hai restituito l'anello e non mi piaceva il resto del discorso che stavi facendo. Mi rendo conto, però, di aver esagerato.»
Alex si chiese se stesse facendo sul serio e finì per odiarsi per aver formulato un tale, malfidato pensiero.
Certo che Andrew era sincero, che domande!
«Non fa niente» replicò, non sapendo cos'altro dire.
«Invece è l'esatto contrario e lo sai bene.»
«Se fosse come dici tu, avrei detto ben altro, no?»
«Posso elencarti almeno cinque volte in cui hai scelto di non parlare per non ferirmi, Alex.»
Malgrado la stanchezza fisica, Lex si rimise in piedi, appoggiandosi all'albero. «Smettila con queste sciocchezze.» Avrebbe dato via l'anima pur di avere la forza di recuperare arco e frecce e andare in giro per sondare il territorio circostante e stare di guardia, come all'inizio del viaggio. Sapeva, tuttavia, di non esserne più in grado. Questo, insieme al disagio che attualmente provava nello stare vicino a Andrew, lo fece quasi sentire in trappola, in un certo senso. Cercava di scacciare i ricordi brutti, ma continuavano a tornare e a inondarlo come una marea inarrestabile.
Passato e presente si alternavano in flash accecanti, sommati ad altre rimembranze che era certo non fossero sue.
Serrò gli occhi e si portò una mano alla tempia, un inutile gesto atto a placare tutto quanto.
Un corridoio immerso in una luce calda e purissima, poi due braccia forti e salde lo attirarono a sé. «Sei tornato, il resto non conta.» Quell'uomo dalla voce molto familiare posò un bacio sui suoi capelli e lui, subito dopo, incerto e malfermo, rispose all'abbraccio, ma intanto sapeva di star piangendo, lacrime irrefrenabili di cui non conosceva la causa. «Ora sei al sicuro, fratellino» lo rassicurò la voce, eppure dentro di sé sapeva che non era vero. Non era al sicuro, soprattutto fra quelle braccia. Mai lo sarebbe stato. Chi faceva del male una volta, lo avrebbe fatto di nuovo.
La voce era quella di Iago, ma Iago non gli aveva mai fatto del male.
Che sta succedendo?
«Alex, che cos'hai?» Andrew lo riportò al presente. Visibilmente preoccupato, cercava di farlo restare ancorato alla realtà. «Tremi come una foglia!»
‟Lasciami entrare."
Alex sussultò percependo quella voce, tale e quale alla sua, sussurrargli quella breve frase all'orecchio, come se Grober fosse dietro di lui e serrando le dita sulle sue spalle stesse cercando di tentarlo.
‟Lascia che i ricordi fluiscano."
No, non voglio! Sono troppo orribili!
Malgrado il piano che si era prefissato, ancora una volta si ritrovava spiazzato da quelle rimembranze. Era impossibile tollerarle davvero, assistervi ed esserne i protagonisti allo stesso tempo e intanto conservare un po' di sanità mentale.
«Che succede?»
Trasalì quando la voce nei ricordi si palesò anche nella realtà: volse gli occhi verso Iago e rimase interdetto quando al posto dell'Efialte solito, vide invece un uomo tale e quale a lui con alle spalle un corridoio luminoso e antico, una veste bianca e un mantello dorato, lunghi capelli biondi, occhi chiari che però sapeva esser bugiardi.
Alex arretrò fino a cozzare con la schiena contro l'albero alle sue spalle.
«N-Non ti avvicinare» disse, quasi sull'orlo di un pianto isterico.
Andrew lanciò un'occhiata all'Efialte. «Che gli hai fatto, si può sapere?» chiese, già abbastanza innervosito dalla situazione. Iago, però, rispose stizzito che non aveva fatto assolutamente nulla ad Alex. «Gli ho solo parlato!»
«Allora perché pare quasi che tu lo abbia preso a bastonate?»
«Non lo so, va bene?» rimbeccò spazientito Iago, solo per poi allarmarsi nel riconoscere sintomi che aveva già visto in precedenza. Si avvicinò di corsa ad Alexander e lo scosse per le spalle. «Ehi, ehi! Su, respira, Lex! Forza!»
«Che cos'ha?» chiese nel panico Andrew.
«È già successo una volta, mentre si trovava nell'Oltrespecchio: una specie di crisi isterica seguita da... no, no, no! Alex!» Il diretto interessato, però, crollò fra le sue braccia come una bambola di pezza inanimata. Lui per fortuna ebbe per la seconda volta i riflessi pronti e lo sostenne.
Sollevò lo sguardo verso Andrew e si scambiarono un'occhiata tesa e preoccupata.
Non andava per niente bene. Non sarebbe dovuto accadere un'altra volta.
Drew non disse niente e prese con sé Alex; si inginocchiò e gli sostenne il capo con l'avambraccio. Per un secondo i suoi occhi incrociarono quelli sbarrati e sconvolti di Frederick, poi spostò la mano libera su una guancia del vampiro privo di sensi e la ritrasse immediatamente.
«È freddo come il ghiaccio» disse. «Non era così da mesi, da quando è stato chiaro a tutti che la sua condizione di vampiro fosse anomala. Cosa gli sta succedendo?»
«La prima volta è successo perché all'improvviso ha iniziato a ricordare cose accadute in realtà a Richard» ragionò Iago, malgrado fosse lui stesso sul punto di piangere per la frustrazione. «Stavolta però sento che c'era qualcosa di diverso. Non era così terrorizzato e confuso.»
Sospirò e si passò velocemente una mano sulle guance. «Erano i ricordi di qualcun altro e sono sicuro che spesso questi flash di un'altra vita siano influenzati dall'ambiente circostante. Le casualità iniziano a essere davvero troppe.»
Se solo fosse stato certo del periodo risalente a quelle memorie, avrebbe potuto chiedere aiuto a James per effettuare un viaggio nel tempo che ponesse finalmente fine a tutti i dubbi e le incongruenze, ma non avevano niente tra le mani. Niente di sicuro, solo ombre e fumo ingannevole negli occhi.
«Erano i ricordi di Grober?» chiese Andrew, capendo finalmente la sua allusione. «Ma... Ma quindi...»
«Sì. È come sospettavo dall'inizio, da quando Zelda mi ha confessato i piani di André.»
«Allora perché ha avuto quella reazione quando ti sei avvicinato?»
«Perché» replicò tetro Iago, «probabilmente io, o forse James, siamo più coinvolti nella faccenda di quanto avremmo mai potuto pensare e Grober vuole che anche noi ricordiamo un passato che abbiamo dimenticato. Forse vuole punirci, o meglio, punire qualcuno che è legato a noi e forse ha fatto qualcosa di sbagliato nei suoi confronti».
‟Assassino fratricida!"
Sussultò quando venne trapassato da una folata di vento gelido e quella voce — quella di Alex — sibilò al suo orecchio tale orribile accusa.
‟La sua sporca progenie mortale verrà cancellata!"
«Iago?» tentò Andrew, vedendolo sconvolto e quasi assente.
Frederick accorse, non tollerando oltre quel che stava accadendo. «Zio, che succede?» Iago sembrava in preda a un'emicrania violenta e dolorosa. Rick deglutì, nel panico. «N-Non è la prima volta che gli succede, m-ma ha sempre preso una medicina per farlo passare!»
«Allora dagliela, che aspetti?» sbottò Andrew.
«Non l'ha portata con sé!» rimbeccò stridulo Frederick. «Non ha avuto il tempo di procurarsene una scorta, fra una cosa e l'altra!»
Scosse Iago. «Zio, ti prego, cerca di resistere!» Fu inutile: l'Efialte, proprio come era successo ad Alex, perse i sensi quando l'emicrania si fece troppo intensa e dolorosa. «Oh, Dio! Perde sangue dal naso!»
Non era un buon segno, non lo era in generale e ancor meno in una situazione del genere. Mentre Andrew e Frederick impotenti assistevano a tutto questo, altrove, nel Regno Parallelo, James subì la medesima sorte di Iago mentre era intento a parlare con tre sue vecchie conoscenze.
Per fortuna Tyrian, colui un tempo conosciuto sotto il nome di Lavender Boy, lo raggiunse e gli impedì di cadere a terra e farsi male alla testa, sotto lo sguardo attonito e atterrito di sua moglie, Amelia, e quello consapevole e sconvolto di Lucifero.
Alex si risvegliò e lo fece in un luogo immerso nell'oscurità. Le sue dita si chiusero e nel farlo serrarono in una debole morsa frammenti di pietra, sabbia nera e minuscoli ciottoli d'ogni tipo.
Riaprì gli occhi e si mise parzialmente su, quanto bastava a non restare col viso a ridosso del terreno.
Faceva freddo, laggiù.
Sollevò lo sguardo fino a incontrare l'alto soffitto di pietra di una grotta. Un gocciolio indistinto e scandito da un ritmo lento e regolare risuonava da qualche parte.
Ma dove mi trovo?
Barcollante si alzò del tutto e ringraziò la propria vista di vampiro che gli consentì di distinguere bene dove metteva i piedi. Fu allora che si rese conto di essere scalzo e di avere addosso soltanto una lunga veste bianca come il riflesso di luna, stretta in vita da un'alta e sottile cintura di aureo metallo e con due spacchi sui lati alquanto generosi che lasciavano poco spazio all'immaginazione; le sue caviglie erano cinte da una sorta di bracciali d'oro puro, e così pure le braccia, appena al di sotto della spalla sinistra e dell'avambraccio destro.
I capelli, invece, erano rimasti intatti: biondi e lunghi, come li aveva lasciati prima di perdere i sensi.
Per poco non calpestò quella che gli diede l'idea di essere una spada in piena regola.
Si accigliò, si chinò e la raccolse cautamente, impugnandone l'elsa dorata. Pareva forgiata con un metallo particolarmente lucido e, stranamente, semi-trasparente, leggero come il titanio e resistente come l'acciaio melanio.
Appena l'ebbe impugnata, l'arma si illuminò e lui percepì una scarica elettrica strana correre lungo il braccio e poi nel resto del corpo. Né dolorosa né spiacevole, anzi tutt'altro.
Era come se sapesse che quella spada gli apparteneva.
La sua attenzione, però, fu presto ghermita dalla consapevolezza di trovarsi a pochi centimetri di distanza da una specie di lago sotterraneo: non si estendeva per chissà quanti metri, ma pareva talmente profondo da risultare nero come l'inchiostro. La superficie, di tanto in tanto, gorgogliava e dava vita a bolle d'aria che poi subito dopo scoppiavano.
Alex si rese conto di averne paura, eppure non riusciva ad arretrare. Era bloccato.
Reticente allungò il braccio armato e con la punta della spada tentò di punzecchiare quelle acque insolitamente oleose e dense, simili al petrolio. Da esse stillava un odore penetrante e insopportabile, il peggiore che Alexander avesse mai percepito con l'olfatto.
La spada si rifiutò di andare oltre e di sfiorare anche solo per un istante il lago; schizzò via dalla sua mano e ricadde alle sue spalle, da qualche parte nella grotta.
Successe tutto in fretta: dalla superficie nera di quella poltiglia emerse quella che il vampiro capì essere una mano sporca di quella disgustosa sostanza; le dita ghermirono il suo polso con forza inaudita e lo strattonarono avanti con la chiara intenzione di farlo cadere dentro la pozza.
Subito dopo due mani afferrarono le sue spalle saldamente e riuscirono a tirarlo via e farlo allontanare.
Col cuore che batteva all'impazzata, Alex si voltò ed ebbe un sussulto non appena si rese conto di conoscere il proprio salvatore.
«Ma cosa...» biascicò.
L'uomo, la perfetta copia di Iago, o forse di James, lo stesso che aveva visto nelle proprie allucinazioni, aveva uno sguardo triste e colpevole.
Alex arretrò. «C-Chi sei?»
L'altro non disse niente e per un attimo trasferì gli occhi chiari e cristallini sul lago nero. «Non so più cosa sono. Un ricordo, o forse ciò che la tua gente chiama fantasma. Questo, invece, possiamo definirlo... il Limbo personale di Grober, e anche il mio. Siamo intrappolati qui da millenni: io incapace di salvarlo e rimediare al mio crimine, lui di risalire da quelle infauste acque e di salvare se stesso. È stato l'Altro a condannarci, conosceva bene le nostre debolezze, i miei rimpianti. Non ha gradito la reticenza di mio fratello e non lo lascerà mai andare. Siamo destinati a restare qui per sempre.»
Di nuovo guardò la superficie melmosa del lago.
«Inutilmente cerca di riemergere. Ci prova da quando sono stato io a farvelo cadere dentro. Quella volta tornò su, ma solo in parte. Il vero Grober è imprigionato là dentro e l'Altro lo ha punito per l'eternità lasciandolo immerso in quella poltiglia, destinato ad annegare per l'eternità senza che io possa raggiungerlo e aiutarlo. Lui annega e io devo restare a guardare, rivivere il suo assassinio fino alla fine dei tempi.»
Alex, benché sconvolto, in un angolo della propria mente capì di non essere sorpreso fino in fondo e di conoscere l'uomo che aveva di fronte: «Tredar».
L'altro serrò le palpebre a quel nome. «Quando riacquistò la memoria di quanto era accaduto qui, mio fratello perse il senno e divenne il Distruttore. La parte malvagia del suo essere, la cattiveria che era riuscita a penetrare dentro di lui mentre era immerso in queste acque, riuscì ad affiorare e a prender possesso di lui, lo portò alla pazzia. Quella parte logorata del suo essere è stata dilaniata in tre brandelli: uno di essi si trova qui, il secondo è prigioniero dell'Oscurità che lo sottopone a torture e supplizi eterni, l'altro invece riuscii a salvarlo in tempo, a portarlo lontano dal male originato a Sverthian, sul Monte Arnak, nei suoi anfratti più bui e inospitali.»
Tredar fece una pausa.
«Tentai di contrastarlo, chiesi aiuto a una entità che apparteneva al tuo mondo. Il suo nome era Lucifero, ma lo conoscete anche come l'Angelo Caduto.»
Alex non lo interruppe, ansioso di sapere.
«Fu l'unico a rispondere al mio appello. Tentai di trovare aiuto nel Regno Celeste, ma venni cacciato e persino deriso, mi consideravano inferiore e indegno della loro attenzione. Lucifero invece si offrì di prestarmi soccorso e insieme tornammo a Sverthian. Ci fu una battaglia che durò giorni e giorni, per lui non fu semplice. Conosceva mio fratello, venni a sapere che nel tuo mondo aveva assunto una nuova identità, il suo nome era Satana, l'Oppositore. Lui e Lucifero erano diventati amanti, poi però mio fratello peggiorò e Lucifero fu costretto ad allontanarlo, spinto anche dai suoi seguaci, i Demoni: a loro non piaceva Grober, li terrorizzava, era dotato di una crudeltà che persino i Demoni non riuscivano a tollerare.»
Tredar deglutì a vuoto.
«Lottammo contro Grober strenuamente e lui, alla fine, ne uscì sconfitto. Ricordo ancora quel momento fatale: lo afferrai per le spalle e Lucifero lo trafisse a morte, lo privò della vita. Il suo corpo si ridusse in un cumulo di cenere, ma...» Fece una pausa. «Fra di esse vedemmo qualcosa: una minuscola creatura che si lamentava e agitava, inerme e indifesa. Io e Lucifero portammo via quel bambino e sulla Terra, sotto le sembianze di viandanti, lo affidammo a una tribù Celta. Era tutto ciò che restava di mio fratello, del vero Grober, della sua parte più innocente e benevola, quella che io avevo quasi completamente distrutto quando l'avevo annegato nella Fonte dell'Oscurità, quella alle tue spalle.»
Alex, scosso dopo quel racconto dal sapore mitologico, epico e amaro, chiese cosa ne fosse stato poi del bambino.
Tredar si sedé su una roccia stancamente. «Lui crebbe, sano e forte come mio fratello. Lo osservai diventare anno dopo anno un uomo che visse con la convinzione di essere un Celta a sua volta. Poi, però, quando andai a cercarlo per presentarmi finalmente a lui e dirgli la verità, venni a sapere che il territorio era stato invaso, c'erano stati degli scontri con l'esercito Romano e lui era stato catturato e deportato, come altri suoi compagni sopravvissuti. Per il divertimento di quel popolo venne condannato all'Arena, a esser giustiziato là dentro sotto gli occhi di migliaia di Romani esaltati dal sangue e dalla sabbia, ma sopravvisse, divenne una bestia ammaestrata, un gladiatore, il campione di Pompei.»
Alexander lo guardò a bocca spalancata. Dunque il suo primo antenato in assoluto era stato un gladiatore? Quello sì che andava oltre ogni sua immaginazione.
«Quando fu condotto a Capua per battersi in onore di un'importante festività romana, il lanista che lo aveva addestrato e lo stimava come guerriero, come premio per le vittorie durante i giochi gli concesse buon vino e una donna con cui giacere. Quella notte concepirono l'unico figlio che quell'uomo ebbe in tutta la propria breve esistenza; parlarono a lungo, a lui piaceva parlare con gli altri e la compagnia altrui e la prostituta scoprì delle sue origini celtiche. Ciò le tornò utile in seguito: si era presa a cuore quel gladiatore che nonostante le apparenze feroci era di buon cuore; desiderando di scappare dalla propria vita di meretrice, scelse di fuggire e il destino la condusse alla tribù dell'uomo. Lì diede alla luce il figlioletto, ma lei morì poco dopo il travaglio.»
Tredar era più rattristato che mai.
«Diversamente da mio fratello, la sua parte pura e incontaminata non era immortale e la sua vita venne recisa quando rimase ferito durante uno scontro, a Capua. Lo vinse, venne curato, ma non ce la fece e morì di infezione a ventitré anni. Tra i suoi confratelli che piansero la sua morte, ve n'era uno che in particolare bramò per i restanti cinque anni della propria esistenza di incontrare l'uccisore di Lucius, così era stato chiamato il Celta dai Romani. Cassius, il suo confratello, nonché secondo alcuni amante, morì a sua volta nello scontro contro il responsabile della dipartita di Lucius, ma riuscì a trascinare con sé l'avversario nelle gelide braccia della morte. Il Fato però aveva già lanciato i propri dadi e Cassius, a sua volta, lasciò quel mondo dopo aver avuto una figlia da una schiava del lanista, una donna che come lui proveniva dal popolo dei Galati e la quale si era innamorata di lui, in segreto e alla spalle del loro padrone. Egli fu clemente e risparmiò la vita alla bambina, ma non appena ella divenne una fanciulla fu venduta a un lupanare, un bordello.»
Per qualche ragione, Alex pensò a Andrew. Possibile che...
No, sarebbe troppo pazzesco!
Eppure sapeva di aver ragione.
«Cosa accadde, poi?»
«Le generazioni si susseguirono, ogni tanto rinascevano entrambi, si incontravano e poi perdevano ancora: il Portatore e il suo Guardiano, quest'ultimo sempre incaricato di vegliare sul primo e impedirgli di cadere nelle mani di Grober, della sua essenza più malvagia che anche dopo la morte non smise di commettere atti orribili e di andare alla ricerca della sua metà mancante col solo desiderio di tornare ad essere con essa un tutt'uno. Lui la cerca, la cerca da millenni, e il Guardiano gli impedisce sin dal principio di ghermirla.»
Tredar fece per continuare, ma fu interrotto da una voce che Alex conosceva bene, una voce che amava, di cui iniziava a sentire di nuovo la mancanza nonostante i recenti trascorsi.
«E finché il Guardiano esisterà e continuerà a tornare, l'Oscurità non riuscirà mai a vincere.»
A bocca aperta il giovane vampiro vide arrivare un uomo dai capelli corvini e gli occhi verdi che subito ricondusse a Andrew. Era lui, eppure non lo era, era qualcun altro.
Tredar accennò al nuovo arrivato: «Gylar era un abitante di Sverthian, un mortale. La sua storia venne narrata per secoli tramite antiche canzoni ormai andate perdute: il mortale che si invaghì di Grober, all'epoca il dio più benevolo di tutti, ma anche il più schivo con le creature mortali. Sapevo della loro tresca da tempo e andai a cercarlo, gli chiesi di seguirmi nell'impresa che verteva a contenere la furia distruttrice di Grober, di colui che amava e aveva ormai perso se stesso. Gylar combatté con audacia, ma morì nello scontro; eppure questo scatenò una reazione, deformò il Fato, lo rese il paladino del suo amore perduto che fino all'ultimo cercò di liberare dalla morsa dell'Oscurità. Ella da millenni è in lotta con l'Erede di Gylar, si contendono la Scintilla perduta di Grober. Ogni volta che Lei perde, si vendica uccidendo le spoglie che non è riuscita a riavere indietro».
Gylar annuì, con aria mesta. «Il mio ricordo rimase tuttavia intrappolato qui. Non sono come Tredar, uno spettro, ma una semplice rimembranza che Grober ha conservato di me. Non potendo nuocermi direttamente, si accontenta da millenni di tormentare queste mie vuote vestigia capaci però di provare terrore e dolore. Mi odia per aver cercato di assassinarlo, per aver tentato di liberare il suo prigioniero più prezioso. Non smetterà mai di detestarmi, né di tentare di annientare il vero Guardiano.» Fece un passo avanti e prese per le spalle delicatamente Alex. «Qualunque cosa tu possa sentire o vedere, quali che siano le proposte seducenti o struggenti di Grober, non cedere, non dar loro ascolto. Confidati con colui che è venuto al mondo con lo scopo di proteggerti e guidarti. Non inseguire le ombre.» Fece risalire una mano fino al suo collo e sfiorò il suo mento in maniera quasi affettuosa, il tocco delicato e benevolo.
I suoi occhi verdi, un attimo dopo, saettarono verso la Fonte dalla quale provenne un orribile sciacquettio, o ancora un gorgoglio terrificante. La riva del lago si bagnò di acqua melmosa e nera, due mani disperatamente vi si aggrapparono nell'inutile tentativo di far riemergere il resto del corpo.
Un grido risuonò dietro le spalle di Alexander.
Gylar, dunque, tornò a parlargli: «Per lui ormai è troppo tardi. Non riuscirà mai a liberarsi, non dopo tutti questi millenni. Non dargli ascolto», disse, l'espressione talmente seria da sembrare funerea.
Tredar si agitò. «Gylar, portalo via da qui. Riconducilo da dove è venuto. È in pericolo e Lui potrebbe arrivare qui da un momento all'altro!»
L'uomo fece un cenno di assenso e afferrò un braccio ad Alex, il quale era talmente intontito da tutto quanto, che non poté opporsi e si lasciò condurre mansueto lontano dal lago, attraverso il ventre del Monte Arnak, o meglio della sua fedele riproduzione.
Finalmente giunsero nei pressi dell'uscita, oltre di essa splendeva una luce accecante.
«Ricorda le mie parole: non ascoltare Grober né le sue promesse. Farà di tutto per ingannarti e indurti a seguirlo nelle Ombre» disse Gylar, per poi spingerlo fuori dall'uscita. Proprio quando la luce stava per risucchiarlo via, qualcosa lo trattenne e tirò indietro con ferocia.
Fu costretto a voltarsi e incontrò due iridi dorate lampeggianti di rabbia racchiuse in due occhi completamente neri, immersi nell'oscurità.
«Avresti dovuto accettare le mie condizioni, piccolo bastardo.»
Il suo risveglio fu violento: Alex scattò in avanti, come qualcuno che aveva rischiato di annegare e finalmente poteva liberare i polmoni dall'acqua che li ostruiva. In lui v'era tanta angoscia e fin troppa confusione, e anche qualcos'altro, qualcosa che non gli permetteva di respirare sul serio.
Qualcuno lo afferrò e gli impedì di agitarsi ulteriormente, lo fece distendere di nuovo.
«Alex, ti prego, sta' giù!» lo implorò la voce di Andrew. Appartenevano a lui le mani che tentavano di placare la sua agitazione. «Calmo, calmo! Shh!»
Alex si lamentò, impotente, incapace di riprender fiato e capire cosa fosse successo. Di nuovo dei flash gli apparvero davanti agli occhi, risalenti a quando era stato portato in manicomio e inutilmente cercava di farsi ascoltare, di far capire a quegli infermieri che non era pazzo, che stava dicendo la verità, che erano tutti quanti in grave pericolo.
Le dita di Andrew serrate sulle sue braccia forzate a terra gli ricordarono le cinghie con cui era stato legato, pur di farlo stare fermo mentre gli iniettavano un calmante.
Andrew, col cuore in gola e lo sguardo appannato, sollevò gli occhi su Iago, che si era ripreso una decina di minuti prima e nonostante tutto si era subito preoccupato per la condizione di Alex, il quale aveva continuato a lamentarsi e agitarsi, preda dello svenimento che era parso quasi una paralisi del sonno o simili e del tutto innaturale e forzata da qualcosa, o qualcuno.
Poi si era ripreso e ora eccolo lì ad agitarsi nella sua stretta come una serpe che era stata data alle fiamme.
«Che cosa facciamo? Non si calma!» fece disperato Collins, tentando nuovamente di tener fermo Alex e placare quella sorta di crisi di panico, o d'isteria.
Era una situazione orribile quella e lui si sentiva incapace di agire o pensare.
«Ha la pelle che scotta, Iago!»
Frederick intanto si decise ad aiutare il vampiro dagli occhi di giada. «Alex, ti prego, sta' fermo! Così starai solo peggio!» disse, il cuore spezzato per quella scena quasi da film dell'orrore.
Iago, invece, pareva paralizzato. «Io... Io non so cosa fare» ammise, per poi fissare a occhi sbarrati Alexander liberarsi dalla stretta degli altri due e girarsi di lato, emettere suoni orribili, di qualcuno che stava soffocando.
«Cristo santo!» esclamò Andrew, terrorizzato. Batté dei colpi sulla schiena dell'altro che tossiva e annaspava. Un attimo dopo, Alex sputò fuori qualcosa che era tutto, fuorché sangue o fluidi corporei comuni: materia liquida, sempre, ma melmosa e scura, sembrava petrolio.
Un conato, un altro ancora. Non accennava a fermarsi, come se i suoi polmoni fossero stracolmi di quella roba.
In un atto di semplice afflizione Alexander serrò debolmente una mano sui vestiti di Andrew, implorandolo in silenzio di aiutarlo, di metter fine a tutto quanto in una maniera o nell'altra.
Iago, con sguardo lucido, fece violenza su se stesso ed estrasse la propria spada, avvicinandosi con delle intenzioni molto chiare, spinto da quanto aveva visto a fare la scelta che da tempo si era limitato a rimandare.
«Andrew, Frederick, spostatevi» disse, cercando di tener ferma la voce, ma persino la sua mano non riusciva a smettere di tremare.
Collins lo guardò attonito. «Che cosa pensi di fare? Metti via quella dannata spada, per l'amor di Dio! Sta male, non lo vedi?»
«Peggiorerà e basta, Andrew!» sbottò l'Efialte. «Non possiamo aiutarlo, se non nell'unico modo possibile! Non posso permettere che Grober lo prenda! Se ora Alex potesse parlare o rendersi conto di quel che sta succedendo, sarebbe d'accordo con me!»
«Ma sei impazzito?» sbottò Frederick, il quale intanto cercava di far respirare Alex. «Zio, non ti permetterò di ucciderlo! Dovrai passare sul mio cadavere!»
Andrew sguainò a sua volta la propria spada. «O sarò io a danzare sul tuo, a questo punto» sibilò, puntando la lama lucente in faccia a Iago.
Era chiaro che ormai fossero arrivati a un punto di rottura, a un pericoloso bivio: la morte di Alex e di tutti gli altri che dipendevano dalla sua sopravvivenza, ma la salvezza del resto del mondo, oppure la caduta di ogni singolo essere vivente nelle Tenebre, e solo perché avevano scelto di risparmiare poche vite e barattarne altre a loro volta innocenti.
«Se non lo faccio», spiegò spazientito Iago, «moriremo tutti quanti!».
«Così ucciderai anche Skyler e gli altri!» tuonò Andrew. «Non ti permetterò di ucciderli, o di fare del male ad Alex!» Un altro passo avanti. «Getta subito quella spada, o giuro che sarò io ad ammazzare te!»
«Sei solo un egoista» ringhiò Iago, perdendo la pazienza. Con un gesto secco della mano lo sbalzò via servendosi dei poteri, poi avanzò e fece per trafiggere Alex, ma Andrew subito recuperò e riuscì a fermare la lama prima che essa raggiungesse il vampiro ora inerme.
Negli occhi di Andrew Collins, in quei fatali attimi, riaffiorarono le fiamme che lo avevano reso il nuovo Mostro di Hanging Creek. La bestia rimasta fino ad allora dormiente, riemerse dal proprio antro con ferocia e rabbia.
«Adesso» sibilò lentamente il giovane non-morto, «mi hai veramente stancato».
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