Capitolo VI. Ai posteri l'ardua sentenza
Musica consigliata: "The Nocturnal" di Peter Gundry.
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Andrew e Iago rimasero a terra, lo sguardo del primo rimase a fissare a occhi sbarrati le fiamme smeraldine incenerire l'erba poco lontano da loro, solo per poi divampare, ancora e ancora. Un brivido gli corse lungo la colonna mentre il suo sguardo cercava freneticamente la creatura responsabile di quel disastro.
Grober aveva deciso di giocare ancora più sporco e di appellarsi alle doti da mutaforma di Misha, al drago dormiente.
Vide la bestia volteggiare nel cielo, sicuramente prossima allo scendere di nuovo in picchiata nel tentativo di eliminarli. Era spaventoso.
Iago spronò il vampiro a rialzarsi e tutti e due risalirono di corsa fino a raggiungere l'entrata della caverna. «Corri, corri! Sta per tornare!» L'Efialte, però, rimase appositamente indietro e sollevò entrambe le mani: «Rag'nar-va'er!». Una luce argentata inondò l'ingresso della grotta per alcuni attimi, poi sparì.
Fatto ciò, lo stregone si voltò ed evocò all'ultimo una barriera magica per respingere l'ennesima fiammata.
Non appena il fuoco verde si scontrò con lo scudo lucente, un boato assordante risuonò nell'aria.
L'Efialte mosse le braccia e indirizzò altrove, più lontano che poté, le fiamme del drago.
In lontananza udì un'esplosione e la terra tremò.
Sollevò gli occhi e non perse di vista la gigantesca creatura nera come l'inchiostro, fatta eccezione per due occhi nei quali riluceva un'innaturale luce verdastra.
Dev'esserci un modo per batterti!
Già, doveva esserci qualcosa, ma come si poteva annientare uno Specter? Un essere che era già morto e non provava più né dolore, né altro?
Rabbrividì nel sentir provenire dal drago un basso e minaccioso sibilo che lasciò presto spazio a un vero e proprio ringhio, un ruggito gutturale. Il verso di almeno cento bestie tutte assieme.
«Misha... ti prego...»
Si sentì uno stupido nel parlargli, pur sapendo che suo fratello non era là dentro e non poteva ascoltarlo.
Alle sue spalle Andrew invano batté i pugni contro la barriera che impediva a lui e agli altri di intervenire e li teneva al sicuro.
«Iago, non puoi batterlo da solo!»
L'Efialte non lo ascoltò e corse di nuovo a valle, giù verso il pendio in fondo al quale aveva lasciato la propria spada.
Doveva almeno tentare!
Arrivato lì la raccolse e si abbassò in tempo per evitare l'ennesima fiammata.
Quando si rimise su, però, una lunga e appuntita coda lo percosse e spinse lontano diversi metri; cadde a terra rotolando e gli ci volle qualche istante per riprendersi.
Ignorando il dolore, si rimise in piedi tremante e continuò la frenetica corsa. Uno slancio ed afferrò l'arma, poi si voltò per fronteggiare la bestia.
Non doveva pensare che dietro alle spoglie di essa c'era suo fratello. Quello non era Misha, non davvero. Era solo il suo corpo privo di volontà, un nemico qualsiasi.
Per alcuni istanti posò gli occhi su un punto della gola del drago, in basso: da lì, sotto uno strato più sottile della coriacea pelle ornata di piume corvine, si intravedevano le fiamme vorticare e ardere in attesa di essere rilasciate. La prassi voleva che quello fosse uno dei punti deboli di quelle creature.
Forse, se avesse colpito lì...
Ma come ci arrivo? Di certo non rimarrà fermo ad aspettare! Dovrei arrampicarmi, ma...
Rise del proprio piano così stupido e incosciente.
Misha non gli avrebbe mai permesso di avvicinarsi.
Evocò di nuovo la barriera magica quando il fuoco verde venne indirizzato verso di lui.
Un altro boato, più violento del primo. Iago, per un istante, poté giurare di aver appena sentito lo scudo di luce stridere, emettere un rumore simile a qualcosa che si stava incrinando pericolosamente.
Non avrebbe retto a un altro attacco, non quando non era nel pieno delle forze.
Nel frattempo, Andrew, Alex e Frederick stavano cercando in ogni maniera di infrangere la barriera che li teneva bloccati nella grotta.
«Riproviamo con la magia, tutti insieme. Ora come ora Iago non si è ancora ristabilito e i suoi poteri di certo ne risentono» propose Alex.
«Ma come facciamo ad annullare l'incantesimo?» chiese Andy.
Rick, alla fine, buttò lì la prima cosa che gli venne in mente: «In alcuni casi basta recitare la formula al contrario».
«E qual era?»
Lex tentò di ricordare le parole pronunciate da Iago per evocare la barriera. Si agitò e sbuffò. «Era... era...» Ragionò ancora. «Re'av-ran'gar! È questa la formula al contrario! Proviamo, forza!»
«Conta anche come la si pronuncia» gli ricordò Andrew.
«Non mi sembra il momento di puntualizzare su certe cose! Dobbiamo tentare e basta, non abbiamo tempo per questo!» sbottò l'altro. «Iago è là fuori, a un passo dall'esser incenerito! Me ne frego meno di un accidente se...»
Si interruppe udendo l'ennesimo ruggito risuonare nella valle.
Mandò a quel paese tutto e provò: «Re'av-ran'gar!».
Sia Andrew che Frederick sussultarono appena quando si accorsero che la barriera aveva dato segni di cedimento, seppur per pochi secondi.
Si scambiarono un'occhiata tutto, fuorché rasserenata. Non era normale, per niente, e lo sapevano.
«Che cavolo ci fate ancora lì? Aiutatemi!»
Si riscossero e decisero di rimandare a dopo certe congetture. Imitarono Alex, pronunziarono l'incantesimo così come aveva fatto lui. Un tentativo, due, tre, finché la barriera non si infranse come vetro sottile e sparì in una lieve coltre di fumo bianco. Quando si fu diradato, Collins e Rivers si accorsero che Alex era già corso fuori.
«Maledizione! Così si farà ammazzare anche lui!» Andrew immediatamente lo seguì e tentò di raggiungerlo. «Alex, aspetta!»
Non c'era verso di fermarlo. Correva come una lepre in direzione del drago e dell'Efialte e quel che era peggio, era che dalla grinta con cui sfidava le sue labili forze, aveva tutta l'intenzione di sfidare la belva.
Non può farcela da solo!
Non c'era la certezza assoluta che Alex non fosse sulla lista nera di quell'essere.
Iago, intanto, aveva provato invano ad accorciare la distanza fra sé e il fratello trasformato.
Ogni volta era stato respinto, con violenti colpi di coda, zampate o imponenti fiammate.
Come vide accorrere in suo soccorso Alexander, però, trovò la forza necessaria a rialzarsi. In un lampo fu accanto al vampiro e gli afferrò le spalle. «Alex, come diavolo hai fatto a...» Non gli fu dato il tempo di terminare la frase: la bestia alata balzò in avanti, decisa ad aggredirli.
Prima che Iago potesse far spostare o riparare in alcun modo il suo amico e allievo, quest'ultimo si fece avanti con una sicurezza senza precedenti.
Per quanto bizzarro e inquietante, aveva l'aria di uno che sapeva cosa stava facendo.
«Smettila, Misha! Basta!» tuonò, spazientito.
Andrew, Frederick e Iago rimasero dov'erano. Sui loro volti dove regnava il terrore v'era anche un che di istupidito.
Il tempo pareva essersi fermato e il drago, per primo, s'era acquietato immediatamente. Ora fissava Alex e malgrado le sue bestiali sembianze la confusione era ben visibile nei suoi tratti ferini, negli occhi verdi e scintillanti che all'improvviso parevano aver riacquisito un barlume di ragione.
Dal canto suo, il vampiro dagli occhi d'argento si era limitato a seguire l'istinto, la voce che gli urlava di proteggere gli altri, a cominciare dal suo caro maestro, ad ogni costo, persino quello di tentare l'impensabile.
Il muso del drago si fece più vicino, così tanto che Lex riuscì a percepire il suo respiro incandescente sul volto; i suoi lunghi capelli dorati venivano sollecitati dal torrido fiato della belva, ma per il resto sarebbe potuto passare per una statua, tanto era immobile.
Si diede dello stupido, aspettandosi da un momento all'altro di essere attaccato, poi però il temibile Specter si ritrasse ed emise un verso che somigliò molto a un mostruoso e infernale uggiolio.
Proprio come quando Andrew gli aveva mostrato il rosario, si accucciò e non diede segni d'aggressività.
Sul viso di Iago, così come su quello di Collins, piano piano si fece largo una terribile e angosciata consapevolezza.
Una reazione come quella di Misha non era stata casuale.
Si riscossero quando il drago, senza alcun preavviso, sbatté le possenti ali e si librò in volo, in alto nel cielo plumbeo, per poi allontanarsi e sparire fra le scure nuvole.
Alex respirò profondamente, come se fino ad allora fosse rimasto in apnea. Scosso e spiazzato si voltò a guardare Iago, ma egli non proferì parola e si scambiò un'occhiata con Andrew.
Che i loro timorosi sospetti fossero fondati?
Frederick raggiunse Woomingan. «Che ti è saltato in testa? Poteva ucciderti!» Non avrebbe voluto essere così duro e diretto, ma la paura in quei pochi attimi era stata troppa.
«Be', non l'ha fatto» si limitò a replicare Alexander. «Per un po', se il Cielo vorrà, non si rifarà vivo. Conta questo.»
«Ma...»
«Rick, dacci un taglio» intervenne Iago. «Per fortuna siamo tutti vivi. Per ora dovremmo limitarci a esser grati alla fortuna sfacciata di Alex.»
Eppure tutti e quattro sapevano che si era trattato di qualcosa di ben diverso dalla fortuna.
Misha si era ammansito come se Alexander fosse stato il responsabile della sua sepolcrale evocazione, il che dava molto da pensare.
Lex si massaggiò una tempia, poi disse al maestro che doveva parlargli un attimo e doveva farlo in privato.
Iago, dunque, lo seguì lontano dal resto del loro ristretto gruppo e gli si fermò appresso.
«C'è qualcosa che desideri dirmi, Alex?» chiese, cercando di non sembrare la quintessenza di un Inquisitore spagnolo. Il punto, però, era che la faccenda iniziava ad assumere connotati particolarmente sinistri.
«Sì, in effetti» rispose l'altro. «Mentre dormivo, ho... ho avuto un'altra visione, l'ennesima. Riguardava Kyran.»
L'Efialte deglutì e con un cenno lo esortò a proseguire.
«Era tutto molto confuso, ma so per certo questo: non resta più molto tempo, Iago. Dobbiamo cercare di affrettare il viaggio. D'ora in avanti, direi di non fermarci se non quando siamo veramente stremati. So di chiedervi forse troppo, state già soffrendo abbastanza tutti e facendo non pochi sacrifici, ma se vogliamo riportare Kyran a casa da vivo, allora vi prego di fare un ultimo sforzo.»
Iago represse un brivido. Pensare a suo nipote lo angosciava ogni benedetta volta, ma lo sguardo di Alex in quel momento lo fece stare ancora peggio.
«Sicuro che non ci sia nient'altro? Sai che so ascoltare» insisté, pregando che finalmente accettasse quella metaforica mano protesa atta solo ad aiutarlo. «Se vuoi confidarti, puoi farlo senza alcun timore.»
Alex, però, scosse il capo e sorrise lievemente. Quel sorriso, però, non riuscì neppure vagamente ad illuminare i suoi stanchi e spenti occhi.
«No, Iago. Niente.»
«Alex, ti prego, se...»
«Sbrighiamoci a ripartire, prima che scoppi un altro temporale» si sbrigò a concludere il vampiro, superando il maestro per comunicare agli altri la decisione appena presa.
Come lo ebbe fatto, non gli sfuggì lo sguardo intenso e penetrante del suo fidanzato.
Per sottrarsi ad esso, a quegli occhi ai quali stava diventando sempre più ardua impresa mentire, disse che sarebbe andato a radunare i loro pochi effetti personali.
Risalì la ripida collina — ora scivolosa per via della pioggia recente e del fango che essa aveva originato — poi entrò nella grotta e si fermò a poca distanza dall'ingresso, appoggiandosi con la mano alla parete rocciosa e umida.
Ripensò allo sguardo del drago, del povero e sfortunato Misha assoggettato al crudele volere di Grober, e si chiese perché la bestia avesse reagito in quel modo quando lui si era fatto avanti e gli aveva urlato di cessare subito l'attacco.
In cuor proprio sospettava la verità. Per lui non era un mistero, in fin dei conti. Quando Grober tornava a far pressione su di lui per mezzo di orride visioni, incubi infernali e quant'altro, a volte accadeva che quella crudele divinità si mostrasse nelle sue vere e spiazzanti sembianze.
In tali circostanze, Alex restava sempre spiazzato di fronte a una simile somiglianza.
Tutte le volte era come guardarsi in uno specchio, o quasi.
Sapeva che Grober lo faceva per destabilizzarlo, ma sapeva anche che doveva esserci un minimo di verità in tutto ciò.
Grober lo aveva definito un ladro, un semplice custode di un corpo che in realtà non gli apparteneva e alla fine Alex aveva compreso il significato di quelle parole, almeno in parte.
Il dio sverthiano necessitava in primo luogo di un corpo da occupare, ma fino ad allora aveva trovato solo contenitori provvisori. Desiderava quello di Alexander perché qualcosa lasciava intendere che gli era destinato da molto tempo.
Una volta Grober aveva detto di aver tentato molte volte di riappropriarsi di ciò che gli apparteneva, ma non ci era mai riuscito, per un motivo o l'altro.
«Adesso, però, capisco che in realtà era solo questione di avere pazienza, di dover attendere» aveva continuato, guardando Alex con quegli inquietanti occhi dalle sclere nere e le iridi di uno splendente colore ambrato, le pupille ridotte a sottili schegge oltre le quali c'era solo il buio totale. «Gli altri non erano completi, mancava sempre qualcosa a ognuno di loro. Il tuo predecessore è riuscito a respingermi all'ultimo secondo, ma ha pagato caro e la cosa divertente è che non ho dovuto alzare un dito. Se n'è occupata la polizia di Topeka, guidata dalla legge degli Uomini.»
Lex ricordava di aver trasalito, seppur in sogno ogni sensazione era parsa vivida e concreta. Era rimasto inebetito quando aveva capito a chi andava riferendosi Grober. James gli aveva parlato della nonna della sua migliore amica, una certa Amelia Spencer; la nonna della ragazza era morta assassinata proprio a Topeka e per mano di Winston Fawkes, un efferato pluriomicida che poi era stato catturato e condannato a morte.
La sorella di quell'uomo, Annabelle, in seguito a un simile scandalo si era allontanata dal fratello in carcere e dedicata alla propria famiglia, cambiando persino il cognome da nubile in Williamson.
James, non molto tempo addietro, aveva aggiunto un particolare che solo dopo un bel po' di ricerche era riuscito a estrapolare da quelle tristi vicende. Quel particolare aveva sconvolto Alex non poco: Annabelle Williamson aveva sposato Roger Woomingan, il quale era nientemeno che il nonno paterno di Alexander, uomo che quest'ultimo non aveva avuto modo di conoscere, perché morì a causa di una forma particolarmente aggressiva di tumore, cosa che aveva spinto Daniel a diventare medico.
Daniel non aveva mai saputo la verità sullo zio, gli era stato detto che era morto da giovane in un incidente stradale, senza però che la madre si fosse mai dilungata in eventuali dettagli.
Sapere che nella sua famiglia vi fosse stato un serial killer aveva senza dubbio sconvolto Lex, poi però molti dubbi si erano accumulati nella sua mente, finché Grober non aveva confermato in maniera indiretta le sue ipotesi: Winston Harrison Fawkes aveva agito sotto l'influsso malvagio di Grober, il quale forse lo aveva portato alla pazzia e spinto a perpetrare quei delitti.
Quel perfido dio pagano, come se non bastasse, aveva alla fine aggiunto: «Come vedi, Alex, non sei stato il primo della tua famiglia ad avere un incontro ravvicinato con una camicia di forza».
Si era risvegliato madido di freddo sudore e non riuscendo a dormire era andato a farsi un giro, per riflettere e farsi forza.
La tragedia era parte integrante della sua famiglia, della stirpe infame generata da William Esper, figlio dell'altrettanto sventurato Richard, il Principe della Notte.
Reietti, pecore nere, apolidi maledetti dagli dei, questo erano tutti loro. Lui, però, avrebbe infranto per sempre quella ruota della sventura e messo fine a quella storia. Lui sarebbe stato l'ultimo e avrebbe a qualsiasi costo trascinato con sé nella disfatta Grober. Non sarebbe più stato versato sangue innocente.
Tirando un lungo sospiro, fece alcuni passi avanti, ma si fermò percependo uno sguardo su di sé. Lo avrebbe riconosciuto ovunque e in qualsiasi circostanza.
Rimase calmo.
«A volte sai ancora risultare inquietante, lo sai?» disse, cercando di suonare scherzoso.
Andrew si avvicinò e fermò al suo fianco. «Che cosa è successo là fuori, Alex?»
«Pagherei a saperlo, credimi.»
«Non fingere ignoranza. Se Iago ha rinunciato a farti il terzo grado, io invece sono deciso a scoprire cos'hai in mente di preciso. Tu hai un piano che noi non conosciamo, del quale non facciamo parte. Ti sfido a negarlo, Alex.»
L'altro vampiro deglutì e scosse la testa. «Sei sempre così sospettoso!» esalò, sorridendo amaramente.
Andy, allora, si mosse avanti e arrestò solo quando gli fu di fronte. Cercò il suo sguardo. «Lex, non è uno scherzo quello che sta succedendo. Qualunque accordo ci sia fra te e James, invito tutti e due a riflettere bene e a cambiare idea, finché siete in tempo.»
«Io e James non abbiamo nessun accordo» replicò semplicemente Alexander, in maniera tranquilla e convincente. «So di non essere la persona più affidabile e degna di fiducia, lo so bene, ma per una volta ti prego di fidarti di me, senza fare domande né pretendere risposte che non posso darti. Vorrei poterlo fare, ma non posso.»
«Cosa?» Andrew era attonito. Che diamine significava quell'arabesco di parole sentenziose e sibilline? «Mi prendi in giro, per caso?»
Alex tornò a guardarlo di scatto, a occhi spalancati. «Certo che no» rispose con un filo di voce, davvero preso alla sprovvista.
Collins scosse il capo e alla fine gli cinse il viso — quel viso così smagrito e di un pallore malsano per un vampiro — con le mani. Lo guardò negli occhi. «Io non voglio perderti. Mi capisci? Non voglio e basta.»
Non gli piaceva quella nota vagamente rassegnata che vedeva volteggiare in quegli occhi spenti e stanchi. Non gli piaceva quella sua tranquillità innaturale.
«Ti prego, Alex, confidati almeno con me. Io so che nascondi qualcosa e... credo di sapere perché non vuoi dirci niente: forse è il tuo modo per proteggerci, per proteggere me, ma così stai solo peggiorando le cose. Vogliamo aiutarti, solo questo!»
«State già facendo fin troppo» rispose laconico Alex. «Non chiedo nulla più di quanto già non mi stiate dando. Non posso farlo.»
«Invece puoi e devi!»
«No, Andrew. Non spetta a voi sopportare il peso di scelte che solo io ho fatto. Magari sarà stato tutto inutile, magari invece no. Ai posteri l'ardua sentenza, giusto?» Si scostò. «Ora dammi una mano a sistemare qui. Ci aspetta un bel po' di cammino e il tempo che avevamo a disposizione inizia a scadere. Troviamo Kyran, poi... poi si vedrà. Prima di partire, ricordatevi di bere un altro po' dell'estratto che ci ha dato Virginia. Non possiamo più rischiare spiacevoli incontri.»
Estrasse dalla borsa da viaggio la fiala consegnatagli dalla Principessa della Notte e la passò ad Andrew. Quest'ultimo per qualche secondo rimase attonito, poi strinse le labbra e fece come gli era stato detto.
La fortezza di Specula era quasi del tutto priva di illuminazione. Tanti erano gli angoli bui dai quali ci si sarebbe potuti aspettare di veder comparire da un momento all'altro mostri deformi e assetati di sangue, e tanto era il dolore che si percepiva fra quelle mura.
Oltre a ciò, regnava un gelo insolito nella reggia. Sembrava di stare in un castello costruito nel ghiaccio, più che nella pietra.
La cosa più inquietante di tutte, l'unica a non esser mai cambiata e che ancora riusciva a far correre un brivido lungo la schiena di Dario, erano le vetrate. Lo avevano sempre inquietato, ma non appena si era reso conto che le scene raffiguratevi erano cambiate, ecco che un insolito terrore aveva fatto capolino nel suo cuore di solito impavido.
Scene di morte, di desolazione, piene di sangue e massacri, di sofferenza e demoni tra le fiamme.
Quello era l'inferno e Satana era ormai molto vicino.
Ogni passo annullava sempre di più la distanza fra l'ex Principe e il mostro che stava andando a sfidare.
Nonostante il timore e l'ansia, tuttavia, i suoi passi erano sicuri, seppur prudenti; la mano che reggeva la spada non osava tremare, i suoi occhi vigili spaziavano ovunque, pronti a catturare il minimo movimento sospetto nelle tenebre che lo attorniavano.
Le vetrate, intanto, gettavano sul corridoio un orribile e destabilizzante tinta scarlatta, rossa come il sangue, tetra e soffocante.
Altri passi ed ecco che vide le porte della sala del trono. Oltre di esse percepiva una sensazione di pericolo che avrebbe saputo riconoscere ovunque. Per anni l'aveva sentita, commettendo però l'errore madornale di sottovalutarla.
Grober era là dentro.
Un bel respiro e fece per aprire le porte, ma esse lo precedettero e si spalancarono lentamente, producendo un suono strascicato, pesante e lugubre.
Sapeva che era lì. Ovviamente Grober a sua volta aveva avvertito la sua presenza.
Dario entrò e lo vide di fronte a una delle gigantesche vetrate, immerso totalmente nella luce sanguigna da essa filtrata.
Una visione agghiacciante, da incubo, ma quello non era un brutto sogno, bensì la realtà.
Rinfoderò velocemente la spada, perché non era lì soltanto per tentare l'impossibile, ma anche per parlare a quattrocchi con quel mostro.
V'erano dubbi nel suo cuore che necessitava di dissipare.
Entrò completamente e le porte si richiusero di colpo alle sue spalle.
Una cosa era certa: era in trappola e non ci sarebbe stato scampo per lui. Lo scontro era inevitabile.
Nel riflesso della finestra accanto a Grober catturò un particolare che gli fece balzare il cuore in gola: il riflesso, infatti, era molto diverso dal demonio che lo stava guardando a sua volta. Anche l'ombra proiettata sulla parete alle spalle della crudele divinità non corrispondeva affatto.
Tutto nell'Oltrespecchio si rivelava per ciò che realmente era.
La sua espressione non dovette sfuggire a quel diavolo incarnato, il quale sorrise appena, gli occhi azzurri che luccicavano maliziosi e sornioni, criptici e crudeli.
«Qualcosa in particolare ti turba, Dario?»
Dario però non stava guardando direttamente Grober, bensì quel riflesso differente e in un certo senso agghiacciante.
Era come temevano, allora. Tutto finalmente cominciava ad avere un senso, specialmente l'accanimento della divinità sverthiana su Alex.
Come avevano potuto non capirlo prima?
Fissò ancora quegli occhi completamente neri e quelle iridi di un brillante color oro, quasi ambrato. Quel gelido sguardo da rettile, quel viso che nella sua apparente bellezza traeva solo in inganno e celava un animo malvagio e privo di pietà.
«Non è carino fissare le persone. Non te l'hanno mai insegnato?»
Dario recuperò la propria grinta e restrinse lo sguardo. «Ma io non sto guardando una persona, o sbaglio?» lo apostrofò glaciale.
Grober sogghignò e i suoi occhi ebbero un guizzo di perfidia. «Oh, come siamo aggressivi stamani! E dire che una volta eri solito trattarmi come un figlio, o un nipote al quale eri particolarmente affezionato!»
«Chiudi quella boccaccia, o sarò io a sigillartela» lo avvertì il vampiro, minaccioso come mai era stato prima. Detestava quell'essere con tutto il cuore, con tutta l'anima. «Ci hai presi in giro anche troppo a lungo, non credi?»
«Vi siete presi in giro da soli. Io ne ho solo approfittato.»
«Di' quello che vuoi, ma non avrai il ragazzo. Stavolta non andrà come vuoi tu.»
Grober vibrò una fredda e bassa risata. «Hai proprio ragione! Sarà lui a venire da me di sua spontanea volontà, infatti.»
«Continua pure a sognare» lo schernì Dario. «Fosse piaciuto al Cielo che avessi preso la decisione per conto mio di annientarti, tanti anni fa.»
Il dio del caos rise di nuovo. «Avresti soltanto accelerato il processo. Se mi avessi ucciso quella volta in cui mi catturasti a Feridan Town, adesso Alex sarebbe già nelle mie mani e sotto il mio controllo. A quest'ora, se solo tu avessi avuto il fegato di farmi uccidere, sarei già tornato ad essere me stesso e avreste imparato tutti da tempo la lezione che presto vi impartirò.»
«Ah! Non hai il diritto di impartire alcun tipo di lezione, tu!» ringhiò Dario, furioso. «Te lo dico io cosa succederà: perderai e te ne tornerai alla voragine oscura dalla quale sei strisciato fuori. Questa è una promessa!»
«E chi sarà l'eroe così impavido da realizzare un simile volo pindarico? Tu? Davvero pensi di poter essere alla mia altezza?» Grober schioccò la lingua con disapprovazione. «Aveva proprio ragione Arwin: sei un arrogante, viziato principino che non ha ancora capito qual è il suo posto nel mondo.»
Dario non si lasciò scalfire e sorrise di sbieco: «Cosa c'è, Grober? Per caso ti brucia che io abbia ucciso il tuo amichetto del cuore?».
L'altro restrinse lo sguardo. «Bada, vampiro insolente. Attento a come parli.»
«Altrimenti cosa? Credo di aver già perso tutto quanto, non pensi?»
«Per tua informazione, avrei ucciso io stesso Arwin in ogni caso, una volta che avesse adempiuto al suo compito. Solo uno stupido avrebbe lasciato a briglia sciolta una creatura priva di morale come lui.»
«Senti chi parla!»
«Io non faccio quello che faccio perché mi diverte farlo.»
«Ah, no?»
«No, affatto» rispose Grober, sollevando il mento nella chiara posa di chi scrutava dall'alto il proprio interlocutore al fine di intimorire e ammonire. «Ho le mie precise ragioni, ma dubito che tu e gli altri potreste mai comprendere. Non perderò neppure un secondo del mio tempo per esporvi le mie ragioni e farvi capire che quanto sto facendo sarà solo a fin di bene.»
Dario, scosso, si rese conto che quelle non erano le parole di una creatura folle e priva di senno, ma il discorso di qualcuno che sapeva benissimo cosa voleva e quali erano gli obiettivi da perseguire.
Quali che fossero i suoi piani, Grober era convinto di essere nel giusto, ma non c'era nemico peggiore di chi non riusciva a vedere i propri errori e credeva di agire in nome di una buona causa.
Erano i nemici più pericolosi, quelli che vedevano le persone pronte a fermarli come i soli ed unici cattivi.
Non avrebbe mai cambiato idea, né sarebbe tornato sui propri passi. Per lui erano loro a sbagliare.
Grober si avvicinò, i passi che non producevano alcun suono sul pavimento.
«Sai, Dario, io vengo da una famiglia... molto complicata, ancora più complessa di quella toccata al povero André che ha avuto per anni l'infelice compito di convivere con me nello stesso corpo.»
Il vampiro non lo perse di vista. Con la mano sull'elsa della spada, continuò a seguirlo con occhi attenti e penetranti.
«Tu, più di chiunque altro nella Resistenza, dovresti capire fin troppo bene cosa significa amare la propria famiglia e ricevere in cambio solo disprezzo e solitudine. Dovresti sapere cosa si prova a essere cacciati via perché ritenuti dei mostri, una vergogna per il resto della famiglia. Un'esistenza da reietto non ti è affatto estranea, per anni hai vissuto come tale.»
«Non proverò mai compassione per te, se è quello che speri.»
«Io non cerco la compassione, né comprensione. Voglio solo che mi lasciate stare, tutti quanti voi. Lasciate che le cose facciano il loro corso, per il vostro bene. Fatelo e questa guerra terminerà qui, oggi stesso. Perseverate e non avrò altra scelta se non eliminarvi, uno dopo l'altro. È questo che vuoi? Mandare a morte le persone a cui tieni, come ad esempio Max?»
«Non osare mettere in mezzo Max.»
L'altro, però, strinse le palpebre, come concentrato nell'udire un suono che solo lui poteva sentire. «Oh, senti come ti batte all'impazzata il cuore, non appena lo si nomina! Che tenerezza!»
«Basta con queste stupidaggini.»
«Qui non parliamo di quisquilie, per niente» replicò Grober. «Non è un battito completamente puro e immacolato, però, sai? Sento anche tanto rammarico, una lotta interiore, una punta di odio vecchio di decenni. È per qualcosa che ha fatto, vero? Ti ha deluso e fatto del male. Ti fidavi di lui e ti ha ripagato col tradimento. Eppure, lo stesso non vuoi che gli accada niente. Di certo non desideri che faccia la stessa triste fine di Gareth, spero! Lui sì che è morto per amore! Un vero cavaliere, al contrario tuo che invece gli hai sottratto la vita senza batter ciglio. Ah, eccolo qua! Adesso lo sento molto bene, il rimorso! I sensi di colpa ti logorano l'anima come un'orda di lupi si diverte a fare a brandelli un agnello indifeso, e la cosa davvero triste è che non fai niente per metter fine allo strazio. Potresti, ma non vuoi. Pensi di non meritarlo e forse è davvero così. Cosa potrebbe mai meritare un uomo che ha sterminato la propria famiglia, a cominciare da colui che ha contribuito a dargli la vita?»
Dario estrasse la propria spada. «Ora ne ho abbastanza!»
«Potrei andare avanti tutto il giorno» cinguettò Grober. «Di cose da scovare nella tua anima nera che lotta per tornare alla purezza iniziale ve ne sono a iosa.»
«Piuttosto: non la riconosci, questa?» Il vampiro sogghignò quando vide Grober concentrarsi sull'arma e restare attonito. «Mi chiedo dove tu abbia preso un simile cimelio.»
«Un regalo di Richard, tanto per restare in tema.»
«Avrei dovuto immaginarlo» commentò il dio sverthiano. Per quanto lottasse per non darlo a vedere, era molto più che semplicemente infastidito.
«Noto una vaga ombra di inquietudine. Tu e questa spada siete vecchi amici, per caso?»
«Te l'ho già detto: attento a provocare.»
«E io ti dico che non mi fai alcuna paura.»
Le porte si spalancarono alle spalle di Dario. Quando quest'ultimo si voltò, attirato dal trambusto, vide James avvicinarsi a loro.
Grober sorrise. «Ma guarda chi c'è! È sempre un piacere rivederti, James!»
Wolf gli rivolse una gelida occhiata. «Non ci sarà alcuno scontro, non oggi. Dario, dobbiamo andare. Vieni con me.»
«Non credo proprio» intervenne il loro nemico. «Vedi, James, il tuo amico qui presente ha lanciato una sfida e ora ne affronterà le conseguenze.»
«Allora mi batterò al suo posto.»
«Per quanto sia un pensiero nobile, il tuo, non accetterò di battermi con il suo paladino. Ci sono ostacoli che non sempre gli altri possono superare al nostro posto.»
James tuttavia agì come al solito prontamente e con decisione: afferrò un braccio all'ex Principe della Notte e, con la sua buon vecchia bussola stretta nell'altro pugno, fece sparire entrambi.
Attorno a loro la sala, e con essa Grober, scomparve, sostituita dalla collina dalla quale erano discesi per raggiungere Specula.
«Gli altri sono già tornati nel mondo umano. Per recarci a Obyria dovremo attendere l'apertura dei portali. Purtroppo Skyler si è visto costretto a farli chiudere tutti per sicurezza. Farò recapitare un messaggio all'Imperatore dal mio Pheryon. Sono tra le poche creature capaci di superare barriere di quel tipo.»
Dario annuì. «Perché mi hai impedito di battermi?»
James parve sconvolto dalla sua domanda. «E me lo chiedi? Mi sembra ovvio.»
«Prima o poi succederà ancora.»
«Meglio poi che prima, per quel che mi riguarda.»
«Come siete riusciti a salvare Askan e gli altri?»
James sospirò. Nel suo atteggiamento era ancora ben visibile l'influenza del lavoro che aveva svolto per alcuni anni in qualità di Capo Ispettore. «Devo dirti una cosa.»
Era in arrivo una brutta notizia, senza dubbio.
«Ti ascolto.» Dario non era sicuro di voler sapere di che si trattava, ma rimandare sarebbe servito a ben poco.
«Petya è ancora vivo, ma in pessime condizioni. Lo hanno torturato a lungo e nel suo caso mi fa arrabbiare ancora di più. Non meritava di attraversare di nuovo un simile inferno, non dopo quello che gli fece suo fratello.»
«Si riprenderà?» chiese il vampiro, ansioso.
«Non lo so, sono sincero.»
«Che ne è stato degli altri?»
«Askan dovrebbe riprendersi, anche se se l'è vista brutta anche lui.»
«Resta solo Desya.»
«E qui iniziano le cattive notizie» convenne James. «Mi sono preso personalmente la briga di cercarlo. Ho seguito la scia che percepivo della sua presenza, ma la cella era vuota. Sono uscito da lì ed ecco che finalmente l'ho visto. Cristo... ancora non ci credo!» Fece una pausa. «Per fartela breve... Desya è... è ancora vivo... ma è caduto nelle Tenebre, Dario. Sappiamo cosa significa.»
Il vampiro spalancò gli occhi. «Non può essere» esalò. «Come avrebbe mai potuto cadere nelle Tenebre? Non lui!»
«Quel che conta, è che Iago non dovrà saperlo, non ancora» proseguì Wolf. «È già abbastanza carico di preoccupazioni e responsabilità, non reggerebbe sapendo che l'ultimo fratello che gli è rimasto ora si è schierato con il nemico. Le torture di Petya e Askan sono state atroci, ma quelle di Desya devono averlo portato al punto di non ritorno, forse alla pazzia. Non ho avuto il coraggio di affrontarlo e sono riuscito a sottrarmi alla lotta. Poi... poi sono venuto da te e quando ti ho visto sul punto di ingaggiare una lotta con Grober mi sono sentito mancare. Era troppo pericoloso e ho sentito cosa ti ha detto. Lui fa così, Dario. Lui si approfitta del nostro dolore, scava dentro di noi e ci rinfaccia tutto, ci fa credere che non possiamo essere migliori di ciò che siamo, ma sai che non è vero. Non sapevo cosa sarebbe successo se ti avessi lasciato fare e ho deciso di non volerlo scoprire.»
«Come faremo ad aiutare Desya?»
«Non credo ci sia un modo, Dario. Pensaci bene: hai mai visto qualcuno fare marcia indietro dalle Tenebre?»
Tutti e due erano a conoscenza dell'esito di tale quesito: non c'era un ritorno. Chi cadeva nella voragine, non ne usciva più. Chi ci provava, probabilmente finiva come Misha: disperato, privo di amici, convinto di non avere più una via di uscita.
Misha era morto quando aveva cercato di tornare sui propri passi e compiere una buona azione, per quanto estrema.
Dario notò che James pareva aver attraversato letteralmente l'inferno. «Sei ferito.»
«Sì, uh... ho fatto finalmente la conoscenza della mia terrificante sorella gemella!» James si finse pimpante. «Sarebbe preferibile non invitare tutti e due al cenone di Natale, non so se poi uno di noi due finirebbe per fare la fine del tacchino arrosto!»
Sapeva che doveva curare quelle ferite e anche in fretta, e lo avrebbe fatto, ma per il momento era troppo sconvolto da tutto quello che aveva visto e sentito.
Sua sorella era l'Incantatrice, questo era stato appurato, e non sembrava propensa a fare marcia indietro.
«Non voglio ucciderla» continuò James, incoraggiato dal silenzio dell'altro, «ma lei potrebbe non darmi altra scelta. Lei sarà una Bestia, ma io resto la Bestia del Nuovo Mondo e non le permetterò di distruggere tutto quello per cui ho lottato».
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