Capitolo L. Nella terra delle ombre
Musica consigliata: Dark Ambient Melodies di Atrium Carceri (Playlist).
https://youtu.be/LptTKfrHSi4
Andrew cercò di non essere troppo apprensivo mentre si assicurava che Alex non fosse ferito e non avesse riportato danni gravi.
«Hai freddo?» gli chiese, scostandogli i capelli fradici e ancora grondanti di acqua. Non aiutava che lì stesse tirando un vento piuttosto forte e per nulla gentile. «A-Aspetta. Dammi un attimo e tornerai asciutto.» Le mani gli tremavano mentre evocava l'incantesimo che aveva imparato a padroneggiare alla perfezione. Un trucco per asciugarsi quando non ci si poteva permettere di restare bagnati come pulcini. Il nervosismo dovette tradirlo, perché funzionò solo in parte, ma sempre meglio di niente.
Alex lo lasciò fare e si guardò indietro, verso i frammenti della nave, i pochi che erano giunti fino a riva, spinti avanti dalle onde che ancora si agitavano furiosamente a largo della spiaggia composta quasi interamente da pietre e impietosi scogli. Una lattiginosa e fredda nebbia aleggiava su tutto quanto. Quel luogo spettrale doveva essere per forza il Continente d'Ombrascura.
In un modo o nell'altro ce l'avevano fatta ad arrivare a destinazione, ma Andrew non poteva non domandarsi come avrebbero fatto a tornare indietro ora che la nave giaceva sul fondo del Mare Græberdan. Aleryn e Sardan li avevano aiutati entrambi ad arrivare fino a riva. Non fosse stato per loro, probabilmente tutti e due sarebbero annegati.
Ancora non riusciva a capacitarsi della violenza della tempesta che si era abbattuta su di loro. Era stato un inferno e poi... poi era arrivata un'onda più grande delle precedenti, più forte. Andrew ricordava tutto in modo confuso: lo schianto sciaguattante, quella sorta di mostro d'acqua che aveva chiuso le fauci sul veliero, mandandolo in frantumi e provocando un caos indicibile. Poi ricordava di esser stato trascinato giù dalla corrente e poi... poi più niente.
Aleryn lo aveva rianimato e lui si era ripreso, tossendo acqua, solo per poi subito guardarsi attorno alla ricerca di Alex. Grande era stato il sollievo quando lo aveva visto lì, a poca distanza dai loro due compagni di viaggio. Andy lo aveva stretto forte a sé e infine eccoli lì, entrambi con gli occhi puntati sulla collina rocciosa che saliva e svaniva nella nebbia, rendendo impossibile il compito di immaginare cosa ci fosse più in là.
«Siamo arrivati, quindi» mormorò Alex.
Andrew di riflesso gli strinse una mano e lo aiutò a tornare in piedi, senza lasciarlo andare. «Sì. A quanto pare ci siamo.» Non gli piaceva l'espressione del compagno, simile a quella di un condannato che per la prima e ultima volta si era fermato a osservare il patibolo sul quale sarebbe dovuto salire, andare incontro alla fine.
Che mi piaccia o meno, ormai non si torna indietro, rifletté Drew, rabbrividendo.
Lasciò andare la mano di Alex e sguainò la spada Sangre, disegnando brevi e sibilanti cerchi scintillanti nell'aria. Sentiva di dover tener alta la guardia perché, quant'era vero che amava Alex e non avrebbe permesso a nessuno di fargli del male, tanto lo era che quel posto non desiderasse nessuno di loro laggiù.
«Beh, vado a vedere cosa c'è oltre la collina» sentenziò deciso. Guardò Aleryn e Sardan. «Voi restate qui con Alex.» Gli premeva di più che lui restasse al sicuro, esattamente dov'era.
«Cosa? No! Voglio venire con te» protestò Alex, quasi aggrappandosi al suo braccio libero.
«Ha ragione» intervenne Sardan. «Separarci in questo posto è la cosa peggiore che potremmo fare. È molto meglio restare uniti.»
«Io credo che vada salvaguardata la sua sicurezza, prima di tutto» insisté duramente Andrew. «Non sappiamo cosa ci sia lassù e non voglio che lui rischi la vita a vuoto.»
Aleryn fece per controbattere, ma venne interrotta da Alex che disse al marito di ricordare la promessa che gli aveva fatto quasi dieci giorni addietro. «Lascia che venga con te» ripeté poi. «Ti prego.» Non pareva disposto a lasciarlo andare in alcun modo. Andrew non ce la fece e cedette. «Va bene. Va bene, andiamo insieme.» Fece per aggiungere che sarebbe stato meglio per lui far uso della sua spada, ma si bloccò vedendo che il fodero era vuoto. «Dov'è finita?»
Alex si strinse nelle spalle. «Credo di averla persa nella tempesta. Quando Sardan mi ha accompagnato fino alla riva, la spada già era scomparsa.» Non aveva difese, non per se stesso, almeno.
Andrew deglutì. «V-Va bene, allora... allora stammi vicino e non ti allontanare.»
E fu così che iniziarono a salire sull'impervia e frastagliata collina di roccia. Ben presto vennero inglobati dalla nebbia e Alex, a un certo punto, rischiò di cadere. Il compagno riuscì a riprenderlo in tempo. Se solo non si fosse sentito stremato dopo il naufragio e con il prolungato digiuno, avrebbe persino preso sulle spalle Lex in modo che non si sforzasse troppo. Lo vedeva indebolirsi, la sua pareva una caduta libera in pieno stile.
Il primo a giungere sull'altopiano brullo e quasi del tutto privo di vegetazione fu Sardan, seguito poco dopo dagli altri tre. Il cielo sopra le loro teste era scuro e nuvoloso.
«Come potrebbe qualsivoglia forma di vita sopravvivere in un posto simile?» chiese Andrew, attonito. «Non ci sono piante, c'è solo roccia, polvere e... boh, credo dei licheni o roba simile!» La sua voce riecheggiò sì e no nell'aria che lo circondava.
«Abbassa la voce» lo redarguì Aleryn, cupa. «I Græber non sono socievoli, nel caso l'avessi dimenticato.»
«Qui non vedo anima viva, perciò rilassati.»
«Non vuol dire che più avanti non possa esserci un centro abitato. Se è vero che sono alleati di Grober, allora sapevano che prima o poi ci saremo fatti vivi. Ci stanno aspettando.»
Andrew fece una smorfia. «Beh, mi auguro che almeno abbiano preparato un bel barbecue per darci il benvenuto.»
«Un che cosa?» chiese Sardan.
«Uhm... una specie di festa di benvenuto. Dalle mie parti si fanno sempre quando una famiglia nuova arriva in un quartiere e...», Drew sventolò una mano. «Lascia stare.»
«Voi umani siete esseri davvero bizzarri» concluse Aleryn, dubbiosa. «E avete termini buffi.»
«Fino a prova contraria io non sono umano» precisò Andrew, il quale dubitava che i vampiri potessero esser ancora definiti creature umane.
Sardan inarcò un sopracciglio. «E allora cosa sei? Una trota?»
Alex vide il marito far per dare una delle sue tipiche rispostacce e allora, soffocando una risata, gli strinse gentilmente il braccio per invitarlo a lasciar perdere. «Diciamo solo che i vampiri come noi sono di specie differente da quella umana, tutto qui» spiegò in soldoni agli altri due. «Piuttosto... voi non dovevate essere le nostre guide?»
Aleryn sospirò. «Non ci siamo mai addentrati così in questi territori di Sverthian» ammise, «ma se il vostro amico è stato preso in ostaggio dalla Signora dei Græber, allora è molto probabile che si trovi nel suo palazzo».
«E dove sarebbe 'sto palazzo, di grazia?» tagliò corto Andrew con fare burbero. Quel posto era talmente monotono da fargli venire voglia di urlare.
«Mi sembra che sia situato nell'entroterra, sulle montagne.»
«Perciò ci vorranno ancora giorni, anzi settimane intere, prima di arrivare fin laggiù.»
«È probabile.»
«E come faremo ad arrivarci, se neppure sappiamo dove ci troviamo ora? Per non parlare della nebbia!»
Alex esitò. «I-Io so come arrivarci.» Andrew tornò a guardarlo. «È come se dentro di me conoscessi già la strada. Senza contare che... ho la sensazione d'esserci già stato qui.»
Andy fu costretto ad ammettere di aver avuto la stessa impressione. «Perciò... è qui che Richard e Léonard giunsero.» Ormai era una certezza, lo sapeva. «Mi chiedo solo cosa abbiano fatto poi.»
«Probabilmente ebbero a che fare con Grober. Non c'è altra spiegazione.»
«È ciò che accadde» intervenne Aleryn, senza aggiungere altro.
«Oh, grazie» borbottò fra sé Andrew. «Questo sì che spiega tutto.»
Sardan lo squadrò. «Alex ha più volte sognato i ricordi delle sue vite precedenti. Tu, invece, fino ad ora non hai detto nulla in proposito. Che ne è dei tuoi sogni?»
Andrew serrò di più le dita sull'elsa della spada. Che ne era dei suoi sogni? Probabilmente avrebbe dovuto chiedergli cosa ne fosse stato, piuttosto. «Se ne sono andati a fanculo, proprio come la mia speranza. Ecco cosa ne è stato di loro» replicò rauco, le labbra che tremavano.
Alex lo guardò rattristato, ma non osò fiatare. Si sentiva responsabile del suo umore pessimo e della sua poca fiducia nel domani. Più che mai lo asfissiava il pensiero costante di essere nient'altro che un peso per Andrew, anche se quest'ultimo si ostinava a ribadire sempre il contrario. Alexander non sapeva come altro definire un individuo ormai non del tutto capace di proteggersi da solo e badare a se stesso in una situazione pericolosa e difficile come quella che stavano affrontando loro. Ormai gran parte dei suoi ricordi erano andati perduti e molti altri ancora si facevano via via più sfumati, sbiaditi e lontani. Svanivano davanti ai suoi occhi e lui, impotente, li guardava retrocedere nelle ombre dell'oblio. Andrew si impegnava come poteva a contrastare quella progressiva amnesia, cercava sempre di aiutare Alex a ricordare, ma per quanto si sforzasse di dare una mano, la memoria del suo compagno che comprendeva le rimembranze dell'intera vita di un uomo di quasi trentadue anni, andava frammentandosi in maniera inesorabile.
Lex si fece infine coraggio. «Diglielo, Andrew. Ti prego, diglielo.»
Il suo sposo respirò profondamente e decise di dargli retta. Avrebbe risposto solo perché era stato Alex a insistere. «A volte faccio sogni strani. Sogno cose che so per certo di non aver visto né fatto.»
«Ovvero?» incalzò Sardan.
Andy rallentò il passo ed esitò. Non se la sentiva di rievocare sul serio uno degli ultimi sogni che aveva fatto. In realtà si era trattato di un incubo, considerando ciò che aveva visto e che ancora era impresso a fuoco nella sua mente.
I suoi occhi si diressero ad Alex che lo affiancava. Sembrava più affaticato del solito, reggersi in piedi per miracolo. L'ultima volta che lui lo aveva visto così male, alcuni giorni dopo aveva ricevuto una visita in carcere culminata nella disperazione quando Dario gli aveva detto che Alex era morto dopo aver lottato fino all'ultimo contro il tumore.
L'unica cosa che davvero rimpiangeva, delle tante accadute l'anno addietro, era di non esser stato lì accanto ad Alexander. Certo, non avrebbe comunque potuto fare alcunché per salvarlo, ma sempre meglio di come era andata a finire.
«Un uomo che sembrava la copia di Alex si trovava di fronte a me. Era... era più o meno proprio come lui in questo preciso istante. I capelli, però, erano neri, proprio come gli occhi. Ricordo le iridi dorate e splendenti. Avverto ancora la sensazione di sangue caldo sulla mano mentre... mentre affondavo una spada nel suo corpo. Mi guardava e basta, mi guardava come se non si fosse aspettato affatto un'azione del genere da parte mia, e io... mi sentivo morire, percepivo le lacrime bagnarmi il viso. Continuavo a chiedermi, dentro di me, perché fossi dovuto arrivare a tanto. Mi domandavo se magari non avrei potuto trovare un altro modo, una soluzione migliore. Mi sembra che con me ci fosse qualcun altro, ma non ci ho fatto caso.»
Fu Alex a precedere Sardan e Aleryn: «Gylar».
Andy lo guardò. «Cosa?»
«Gylar. I ricordi che hai visto, Andrew, erano quelli di Gylar. Hai assistito, attraverso le sue memorie, agli ultimi istanti di vita di Grober. Probabilmente insieme a te, anzi a lui, c'erano Lucifero, Tredar e Rasya. Furono loro ad assassinarlo, lo fecero insieme. Uno a uno lo ferirono a morte con una spada, la stessa che Dario ti ha ceduto e che, a sua volta, aveva ricevuto in custodia da Richard.» Sapeva quelle cose non solo perché erano state le ombre di Tredar e Gylar a raccontargliele, ma anche perché le aveva viste a sua volta in sogno. Ormai tante cose gli erano purtroppo chiare, mancavano solo alcuni tasselli, ma era vicino, molto vicino a scoprire che cosa era avvenuto quando Richard e Léonard si erano recati a Sverthian secoli addietro.
Più i ricordi di sua proprietà svanivano e più riacquisiva le rimembranze che erano appartenute a coloro che lo avevano preceduto.
«Credo che ciò che ferì di più Grober, quel giorno, fu la presenza di Gylar a quella congiura. Non credo si aspettasse un simile epilogo. Lui... lui, nonostante tutto, nonostante ciò che era diventato, amava Gylar, anche se era un mortale e per tanti motivi erano incompatibili. Gylar era ormai l'ultimo, sottile filo che lo teneva ancorato a quel poco di buono e giusto che in lui era rimasto. Quando quell'uomo lo tradì, quando affondò la lama nella sua carne, fu allora che qualcosa, in lui, forse si spezzò per sempre. Anche io ho rivissuto quei ricordi e ciò che ho sentito dentro di me era una cosa sola: il dolore, e non intendo quello fisico. Lo conoscevo fin troppo bene, anche io lo avevo provato.»
Era stato molto simile alla sofferenza che lui stesso aveva avvertito quando aveva letto la lettera di Andrew. Poche parole erano state capaci di ridurlo in pezzi, lo avevano spinto al suicidio. Non aveva potuto non provare empatia nei confronti di Grober e a parer suo... nessuno avrebbe dovuto mai soffrire a quel modo. Non lo augurava ad anima viva, neppure a Satana.
Si accostò e strinse una mano al marito. Era così felice di poter finalmente definirlo tale. «Non faresti mai una cosa del genere a me» disse, rassicurandolo. «Capisco la tua apprensione, ma non lasciarti condizionare da ricordi che non ti appartengono, Andrew. Tieniti stretti i tuoi. È importante che tu lo faccia.»
Andrew sorrise amaramente. «Quali ricordi, però? Non tutti sono belli.»
«Tutti quanti. Le tue esperienze sono ciò che hanno favorito la tua trasformazione in uomo, Drew. Nel bene e nel male, tu sei ciò che rimembri.»
Oh, beh... allora siamo davvero spacciati, pensò Andrew in un accesso di autentico sconforto e sì, anche di mancanza di fiducia in se stesso. Ultimamente si sentiva vacillare a ogni passo, incerto se proseguire o arretrare.
Strinse forte la mano di Lex. «Se le cose stanno davvero così, allora io e Gylar abbiamo in comune più cose di quanto mi piacerebbe ammettere» affermò poco dopo. «Tutti e due ci siamo rivelati due assassini traditori. È una fortuna che non potrò mai avere figli, se non altro questa scia maledetta, in qualche maniera, si esaurirà per sempre.»
Il lieve sorriso di Alex svanì. «Non sei un traditore né un assassino. Andrew, non devi pensare queste cose di...»
«Non ricordi neppure cosa ho fatto. Come puoi dire che non sono un traditore né un assassino, se nemmeno riesci a ricordare cosa ci ha condotti fin qui?» Andy subito si odiò per quella risposta e odiò ancora di più Alex quando si rese conto che non era arrabbiato e che aveva scelto, semplicemente, di farsi scivolare di dosso tutto quanto, di permettergli ancora una volta di usarlo come una specie di feticcio antistress. «Non molto tempo fa mi avresti preso a calci se ti avessi risposto così.»
Alex sospirò. «Allora direi che non molto tempo fa non fossi un granché come persona» constatò.
«Invece ti sbagli.»
«O-Okay. Va bene. Mi fido del tuo giudizio.»
Drew sentì qualcosa dentro di lui esplodere come un petardo. Si fermò e fronteggiò il compagno. «Incazzati con me! Arrabbiati, porca di quella puttana! Prendimi a schiaffi, fa' qualcosa! Cazzo!»
Rimpiangeva tutte le volte in cui si era lamentato di quanto Alex, in certi momenti, si fosse rivelato petulante e puntiglioso. Rimpiangeva tutto quanto e si odiava perché lo tormentava il pensiero che quello che aveva di fronte non era più Alex, il vero Alex, ma un fantasma, qualcuno che gli somigliava e basta. Si odiava per pensare una cosa simile perché sapeva che non era colpa sua, che non lo stava facendo apposta e che forse, in un angolo del suo subconscio, era Alex a soffrire di più per via di quella storia.
Soffriva e lui... lui non poteva fare niente. Non poteva aiutarlo. Non poteva salvarlo. Non poteva fare niente, se non stare a guardare, e non lo sopportava. Non tollerava di sentirsi fino a tal punto inutile e impotente, proprio come era accaduto con sua nonna e, ancor prima, con sua madre. Sentiva di esser tornato un inerme ragazzino costretto a udire sua madre piangere in salotto dopo esser stata picchiata e insultata da Clay.
Perché non riusciva mai a fare niente per le persone che amava? Perché, quando avevano bisogno di lui, lui non c'era mai o non era mai abbastanza?
Aleryn si avvicinò. «Adesso calmati, per favore» disse cauta. «Arrabbiarsi non serve a niente.»
«Lo so che non serve a niente» replicò Andrew, quasi ringhiando. «Lo so benissimo, ma penso di avere ancora il fottuto diritto di urlare quanto tutto faccia schifo. Ho il diritto di soffrire perché l'uomo che amo si sta spegnendo poco a poco! Ho il diritto di incazzarmi e di sentirmi in colpa per averlo addirittura incoraggiato a fare questo viaggio!»
Alex deglutì. «Sei... sei anche stanco, dopotutto. Non ti nutri da un po' e dopo il naufragio hai esaurito le forze.» Prima che Andy potesse controbattere e dire che i problemi erano ben altri, Lex si rivolse alle divinità e avanzò una richiesta un po' audace: chiese loro, infatti, se fosse possibile a uno dei due cedere un po' del proprio sangue a Andrew, quanto bastava a farlo rimettere in sesto.
Sardan arricciò il naso. «Non so se siamo commestibili o meno» replicò acido. «E non so nemmeno quali effetti potrebbe avere il nostro sangue su uno della vostra specie.»
«Se è per via del sottoscritto, non dovete preoccuparvi. Voglio solo che aiutiate lui, nient'altro» insisté Alex con calma. «Vi prego, fate almeno un tentativo. È stremato e sta già soffrendo abbastanza in ogni maniera possibile. Per favore... siate buoni e aiutatelo.» Era chiaro che la sua apprensione fosse sincera, così come quell'atteggiamento di pura abnegazione. Gli si leggeva negli occhi che non gli importava delle proprie sorti, ma solo di quelle di Andrew, dell'uomo che amava.
Persino Sardan parve infine vacillare e sentirsi quasi in colpa. Schiarì la voce. «Aleryn?»
Lei sospirò. «Va bene, va bene. Proviamoci.»
Alex non aveva voluto saperne di nutrirsi come Andrew si era visto costretto a fare. Aveva rifiutato fino all'ultimo di assaggiare anche solo una goccia del sangue di Aleryn, ripetendo di non averne bisogno e che l'importante era che fosse Andy a mantenersi in forze.
Thorne aveva preferito non discutere oltre e quindi avevano proseguito con il viaggio finché non avevano scorto una piccola città situata a poca distanza dalla scogliera verso ovest.
Si erano fermati ed eccoli ancora lì, incerti se superare le porte della città o andare avanti aggirandola semplicemente.
Mentre Andrew era impegnato a discutere con Sardan, Alex prese coraggio e finalmente intervenne, parlando ad Aleryn: «Quella città si chiama Volk, giusto?»
Calò il silenzio. La dea rispose solo dopo interminabili atti di silenzio: «Sì, esatto. Ti dice qualcosa?»
«Sì, in effetti, ma non so se sia una cosa positiva o meno» ammise Woomingan, perplesso. Sentiva che quella città poteva aver a che fare con Richard e Léonard, ma non bisognava dimenticare che probabilmente non erano i benvenuti e non sarebbero stati accolti pacificamente.
Trasferì lo sguardo sulla scogliera, sotto di essa il mare che come al solito era inquieto e spruzzava una scura e verdastra schiuma a ridosso del nero fiordo. Senza dire una parola in più si avvicinò e poi si sedé su un grosso masso ricoperto da una strana tipologia di scuri licheni. Respirò profondamente e non subito si accorse che Andrew si era fermato accanto a lui, in piedi e incerto su cosa chiedere o come.
«Sto cercando di pensare» spiegò Lex. «Voglio ricordare. Sento che quella città è significativa, sento che dobbiamo indagare, Andrew, prima di passare oltre.»
«Potrebbero catturarci e consegnarci direttamente a chi intende fare la festa non solo a Kyran, ma molto probabilmente anche a noi» rispose Andy. «Non so quanto ne valga la pena. Insomma... in fin dei conti... chi se ne importa di cosa è accaduto o meno a due persone vissute secoli prima di noi! Davvero è così importante?»
«Sì, Andrew. È fondamentale, anzi. Se non riusciremo a scoprire cosa avvenne tra Richard, Léonard e Grober, allora non potremo neppure dare un senso a quanto sta accadendo. Devo sapere perché e, soprattutto, quali fossero i piani di Richard con esattezza.»
Più ragionava e più considerava assurdo che un uomo come il defunto Esper avesse voluto farsi aiutare da Grober, pur sicuramente al corrente della sua pessima fama. Non aveva senso, qualcosa stonava in quella storia. Troppi dettagli non tornavano.
Decise di dar voce a tali dubbi: «Prendi con le pinze ciò che sto per dirti» disse lentamente.
Andrew si avvicinò di più. «Cioè?»
«Io... io inizio a pensare che forse Richard, ancor prima di partire, avesse già messo in conto di non poter salvare Arian e Reida. Sapeva che erano condannati, che era troppo tardi per cambiare il corso degli eventi. No... no... Richard non giunse fin qui per trovare una soluzione a un problema che era chiaramente un vicolo cieco. Aveva qualcos'altro in mente.» Sbuffò. Si pentiva di non aver mai chiesto delucidazioni in merito al carattere e alla persona che era Richard all'unico che avrebbe potuto rispondere a tale quesito, ovvero a quello che un tempo era stato il capo delle sue guardie personali. Forse sarebbe stato tutto più facile da indovinare e dedurre.
«Tanto per fare un esempio: stando a quello che in quest'ultimo anno abbiamo scoperto, Alan il Pazzo era proprio il nipote di Richard, il figlio di Reida. Lei e Richard andavano d'accordo, almeno così ci hanno detto, eppure Richard non mosse un dito quando si trattò di salvare il nipote dall'ignoranza umana ed evitare che la popolazione di Hanging Creek lo impiccasse. Richard era ancora vivo, all'epoca, Drew. Sopravvisse a tutti gli altri Esper, fu l'ultimo della famiglia a morire. Non ti sembra strano?»
Andrew si morse il labbro inferiore. «Magari non era a conoscenza dei fatti» tentò.
«Il Principe della Notte che non è a conoscenza di ciò che accade a suo nipote?» gli fece eco Alex, sarcastico. Sembrava aver ritrovato un po' di grinta. «Andiamo, Andy! Sappiamo che una persona di quel rango, se vuole, può venire a conoscenza di tutto sul conto di tutti. Richard sapeva benissimo cosa stava accadendo a Hanging Creek o come diavolo si chiamava quella città secoli fa. Lo sapeva, ma non fece niente. Perché?»
Una cosa, però, la sapeva: Richard aveva avuto un figlio con una cugina acquisita che era morta dando alla luce il bambino. Il giovane Esper, tuttavia, non aveva fatto in tempo a dare neppure un nome al figlioletto perché la matrigna lo aveva assassinato a sangue freddo tagliandogli la gola. Era stata lei a disporre del neonato e non si era più saputo niente di lui finché Richard non aveva incaricato Dario, il capitano delle guardie, di indagare sul destino dell'unico erede di sangue che avesse avuto. La ricerca si era conclusa quando, a furia di scavare, il suo braccio destro aveva scoperto che il bambino pareva esser morto di malattia poco dopo la nascita.
La presenza di Alex era uno schiaffo in faccia a ciò che tutti avevano sempre creduto sul conto del piccolo Esper, come quasi un anno prima Godric aveva confermato e spiegato.
Alexander, dunque, scelse con cura le parole che stava per pronunciare: «Se io... se io avessi avuto un figlio e qualcuno, senza alcuna pietà, me lo avesse strappato dalle braccia mentre agonizzavo sul pavimento e soffocavo nel mio stesso sangue, una volta tornato dalla tomba come vampiro avrei sicuramente cercato una sola cosa: giustizia. Vendetta, anzi» disse lentamente, senza far caso all'espressione affranta di Andrew, senza rendersi conto di avere eccome un figlio, anche se non lo ricordava più.
«A volte il dolore porta un genitore alla paralisi totale» ritentò Andrew. «La vendetta non risolve niente, Alex. Lo so bene. Non riavvolge il tempo, non cancella gli eventi, gli anni che sono andati perduti. Porta solo altro male, altro dolore. È come curare una ferita con del succo di limone. Non credo che Richard non avesse considerato tutto questo.»
«Eppure ho la sensazione che non fosse propriamente un uomo abituato a ragionare a mente fredda» insisté Alexander. «Da quel che ho capito, Andy, era impulsivo, agiva spesso di pancia.»
«Dillo e basta, Lex.»
«E se non avesse salvato Alan appositamente? Se avesse fatto la stessa cosa con Arian e Reida? L'occasione fa l'uomo ladro, Andrew. Richard è morto convinto che suo figlio fosse stato abbandonato a se stesso, privato dell'affetto di una famiglia, di un futuro, di suo padre. Non credo che un dolore del genere possa essersi attenuato nel tempo, probabilmente si è ingigantito e forse, inconsapevolmente, un po' alla volta Richard ha iniziato a odiare i fratellastri. Sognando ho assistito a molti eventi del suo passato come essere umano e la sua esistenza è stata un continuo travaglio da quando sono entrati in scena la matrigna e i fratelli acquisiti. Lo avevano ridotto a uno schiavo, lo ammazzavano di lavoro giorno e notte. La sua vita fu un vero inferno fino alla sua morte. Aveva trovato l'amore e lo aveva perduto, e in più gli era stata sottratta la possibilità di essere padre e di vedere suo figlio crescere. Aveva tutte le ragioni del mondo per bramare un minimo di giustizia e quando Arian e Reida vennero imprigionati e condannati a morte... beh... vide finalmente un punto molle nel quale piantare il pugnale. Dario mi ha detto che sapeva essere subdolo e crudele all'occorrenza e non ragionava quando si trattava di questioni che lo toccavano da vicino, e anche Petya una volta lo ha ammesso. Io dico che è possibile, Andy.»
Andrew deglutì. Le parole di Alex avevano gettato un'ombra sinistra sulla figura di Richard in parte ancora avvolta nel mistero. Un'ombra che mostrava un lato di quell'uomo del tutto nuovo e malevolo. Possibile che quell'uomo fosse arrivato a odiare fino a quel punto la propria famiglia? Era mai possibile affermare prima di amare delle persone e poi, dal niente, cambiare rotta? Che Richard, in realtà, avesse sempre mentito ai fratellastri e li avesse odiati sin dal principio?
Loro avevano avuto tutto e a lui era stato sottratto ogni privilegio, ogni diritto. In effetti c'erano tante ragioni per cui desiderare vendetta.
Beh... non bisogna dimenticare che se la intendeva con Allaire, che non era propriamente uno stinco di santo, e che furono loro a creare il Necromantia Averni. La negromanzia dell'inferno, significa questo il titolo del grimorio.
E ormai era appurato che Grober era conosciuto con il nome più altisonante e bieco di Satana.
Potevano essere coincidenze, certo, eppure...
«Se aveva in mente qualche scherzetto di pessimo gusto, allora perché coinvolgere Léonard? Perché salvare l'impero che Arian e Reida avevano costruito?» chiese, deciso a non voler dar credito a delle ipotesi campate per aria. «Poteva fregarsene e cogliere l'occasione per svignarsela e ricominciare una vita altrove.»
«Non credo» lo contraddisse Alex. «Anche lui aveva contribuito alla creazione di Obyria, d'altronde. Lui fondò il Regno della Notte e fu sempre lui a scrivere almeno la metà delle leggi che ancora oggi vigono a Obyria. Quell'impero era il suo cuore, Andrew. Non poteva permettere che andasse distrutto con la morte di Arian e Reida. Voleva salvarlo, questo è certo.»
«E Léonard?»
«Sappiamo che probabilmente, in qualche modo, discendeva da Gylar. Tu stesso sei una sorta di guardiano per me, giusto? Non avrebbe potuto chiedere a nessun altro di seguirlo in una simile impresa e forse... non lo so... forse lo tenne all'oscuro fino all'ultimo di ciò che realmente intendeva fare.»
«Se anche fosse come dici, non sappiamo ancora cosa accadde. E comunque non spiega perché si sia recato qui, su Sverthian, per proporre un patto a Grober. Arian e Reida sarebbero morti comunque, non doveva far altro che sedersi e aspettare che gli eventi facessero il loro corso. È una teoria con troppi buchi di logica e di trama, Lex. Non sta abbastanza in piedi, a mio parere. C'era dell'altro.»
Cosa, però? Cosa aveva realmente spinto Richard fino a Sverthian, al cospetto di Grober, la divinità più malfamata da quelle parti?
A meno che...
«Siamo sicuri che tramite Grober non intendesse arrivare a qualcun altro? Se conosceva un po' Sverthian, le sue tradizioni, la mitologia e quant'altro, allora sapeva anche chi aveva sotto il suo controllo. Questo farebbe cadere la tua ipotesi che intendesse vendicarsi e torneremmo all'ipotesi iniziale, ovvero che in realtà il viaggio fosse davvero a fin di bene.»
Alex colse al volo l'allusione. «Rasya.»
«Esatto. Sappiamo, però, che Rasya all'epoca era scomparso già da molto tempo. Il punto, però, è che non si spiega come abbia fatto Grober a trattare con Richard, visto e considerato che era morto anche lui. La sua era una forma puramente spirituale, nessun corpo. Come lo spieghi?»
Alexander esitò. «Molti rituali in onore di Grober si basavano sulla magia del sangue. L'ho letto in un libro prima del naufragio. Quel tipo di magia è potente, certo, ma pericolosa. Forse... forse Richard fece uso del proprio ed è stato allora, solo allora, che Grober ha capito chi era realmente quell'uomo e cosa significava: l'occasione che aveva atteso per millenni finalmente era arrivata e lo aveva fatto di sua spontanea volontà.»
Andrew annuì, pensieroso. «E questo potrebbe aver instaurato un legame fra Grober, Richard e i suoi discendenti, di conseguenza. Quindi anche con te.»
«È così che non è riuscito a perderci di vista tutti quanti per secoli e secoli, forse» osservò Alexander.
«Quindi» proseguì Andrew, «potremmo aver scoperto il modo in cui interagirono. Resta da scoprire perché».
«Potrebbe davvero essere che Richard stesse in realtà cercando Rasya e avesse scelto di chiedere a Grober, visto che erano divinità quasi complementari e comunque l'una vicina all'altra. Tenebre e morte camminano sullo stesso sentiero, d'altronde.»
«Magari intendeva compiere un ultimo e disperato tentativo per salvare dalla morte i suoi fratelli.» Alex si morse il labbro inferiore. «In fin dei conti solo la Morte può disfare il proprio operato.»
«Ma allora perché non rivolgersi ad Azrael? Secondo le leggi del Mondo Ultraterreno, Lex, a lei spetta il dominio sulle creature della Terra e quindi di Obyria.» Iago aveva spiegato a Andrew e ad Alex, una volta, che le leggi del Mondo Ultraterreno erano rigide e chiare. Era improbabile che una divinità estranea avrebbe potuto in alcun modo intromettersi nell'operato dell'Angelo della Morte. «Oppure c'era di mezzo qualcos'altro. Forse erano stati maledetti, e sappiamo ormai chi è il responsabile dei Sette Anatemi. Non è da escludere che Rasya avrebbe realmente potuto far qualcosa per Arian e Reida.»
«Ma se anche Richard fosse riuscito a trovarlo, come avrebbe potuto convincerlo a fare un'eccezione del genere? Sarebbe come... non lo so, chiedere a Dio in persona di non fare ciò che fa di solito o pretendere da parte sua uno strappo alla regola.»
«E Rasya non sembrava quel tipo di divinità capace di perdonare l'arroganza» disse Alexander. «Non godeva di buona fama.»
«Puoi dirlo forte.»
Sobbalzarono e si voltarono a guardare Sardan. Talmente si erano immersi nelle congetture, da aver dimenticato di non essere soli. «Cosa?» incalzò Andrew.
Sardan si trattenne visibilmente dallo sbuffare. A Andrew iniziava seriamente a dare sui nervi quell'atteggiamento, ma doveva stringere i denti e sopportare. Non c'era cosa peggiore dell'aver bisogno, poco ma sicuro.
«Ho detto che Rasya non godeva di buona fama, proprio come affermato da voi. In tutta franchezza è un mero eufemismo. Non c'era divinità a cui quel tipo stesse simpatico. Un po', lo ammetto, influiva molto che fosse... beh, un dio straniero, e ancor prima un Essere Celeste che aveva voltato le spalle alla famiglia e alla propria natura. Per questo suscitava in noi sdegno. Senza contare che... insomma, aveva praticamente lasciato indietro anche i suoi figli e la consorte. La verità era che non teneva a nessuno se non a se stesso e al potere che si era conquistato.»
Andrew si accigliò. «Ma... vi riferite alla compagna con cui diede origine alla stirpe dei Figli di Rasya?» chiese perplesso.
Sardan sbatté le palpebre. «Non sapete niente di niente, vero?»
Drew restrinse lo sguardo. «Senti un po', simpaticone...», si avvicinò per fronteggiarlo. «Non sappiamo niente perché non eravamo di certo nati all'epoca! E questa situazione ci è capitata fra capo e collo, quando francamente io e Alex, a diciotto anni, pianificavamo solo di andare al college e sposarci! Quindi no, non sappiamo niente e per questo stiamo chiedendo!»
Alex lo raggiunse e gli strinse piano un braccio. In silenzio lo pregò di calmarsi e di avere pazienza.
Sardan parve voler darsi una ridimensionata. «Non mi riferisco a quella sua famiglia. Mi riferisco alla sua prima sposa e ai loro figli, e badate che non erano pochi. I più famosi, tuttavia, sono tre in particolare: Morfeo, Icelo e Fantaso. Ancor oggi restano i Signori del Reame Onirico, ovvero dove i sogni risiedono, insieme a Incubi, Succubi e molte altre creature. Probabilmente l'idea di recarsi a Sverthian venne in mente a Richard in sogno. Di chi fu l'opera non saprei dirlo, ma fossi in voi mi augurerei che non si trattasse di Fantaso. È famoso per le visioni e i sogni ingannatori. Si diverte parecchio a manipolare e raggirare i dormienti.»
Alex era attonito. «Un attimo... stai suggerendo che forse uno di loro potrebbe aver ispirato tramite i sogni Richard?»
«Esattamente.»
«E c'è persino la possibilità che si trattasse di un inganno?»
«Di nuovo: esatto.»
«Ma perché mai uno di loro avrebbe dovuto ingannare Richard? Perché intromettersi, in primo luogo?»
«Non saprei» replicò Sardan, cauto. «Ma... so che alla morte di Rasya, subito dopo la sua scomparsa improvvisa iniziarono a correre voci sinistre.»
«Quali voci?» incalzò Andrew.
«Alcuni... alcuni dicevano che uno dei tre finì per tradirlo e rivelare a qualcuno, qualcuno che magari stava ospitando nel proprio corpo Grober in persona, come uccidere Rasya. Molte di queste dita puntate convergevano su un'unica figura: Fantaso. Lui era sempre stato un po' la pecora nera. Morfeo e Icelo erano più responsabili e prendevano molto seriamente il loro ruolo. Rasya li aveva istruiti molto scrupolosamente, dicendo loro di sfruttare le innate capacità che possedevano e avevano ereditato da lui. Fantaso, però, è sempre stato uno dalla testa dura. Gli piaceva fare quel che gli pareva e non dava ascolto neppure ai genitori.»
Andrew era confuso. «Io credevo che fossero figli di...»
«Gli umani hanno plasmato gli dèi a seconda delle loro preferenze e credenze, ma non significa che quanto affermato dalla mitologia corrisponda alla verità.»
«Ma Rasya era una divinità della morte. Ha ben poco a che fare coi sogni» intervenne Alex.
«Un tempo era stato ben altro» si permise di ricordare a entrambi Aleryn, appena aggiuntasi alla conversazione fra i tre. «Fra i suoi pari e simili era un angelo capace di conferire pace a tutte le creature nel sonno. Vegliava sul loro riposo e si assicurava che fosse sempre sereno e privo di affanni. Poi osò invaghirsi di una creatura mortale e con ciò ebbe inizio l'epurazione perpetrata da Michele affinché i Nephilim venissero cancellati dalla Terra. I figli bastardi di Rasya si salvarono, pare, ma lui dopo quegli eventi voltò le spalle al Regno Celeste. Si alleò con gli Olimpi e fu così gradito fra di loro che venne persino integrato nel Pantheon. Presso i Greci divenne noto con il nome di Hypnos e le cose per un po' andarono bene, ma l'odio che ancora provava lo corruppe tanto da trasformare infine il sonno in riposo eterno. Era diventato come colei che non solo era sua sorella ed era nata insieme a lui, ma che poi era diventata anche la sua compagna: Azrael.»
Alex e Andrew si guardarono a bocca aperta.
«Un attimo» biascicò il secondo, «erano fratelli e si sposarono lo stesso?»
«Non era raro» replicò Sardan con semplicità. «Molte divinità convolavano a nozze con dei consanguinei. A differenza di voi umani, non dobbiamo temere eventuali difetti genetici. Siamo al di sopra di cose come la malattia.»
«Nel cristianesimo queste cose sono proibite» insisté Andrew. «Insomma...»
«All'epoca neppure si parlava ancora di cristianesimo.»
«Sì, ma...», Andy sbuffò. «Lasciamo stare.»
Alex decise di ignorare la questione. «Perché mai Fantaso avrebbe dovuto tradire suo padre?»
«Per lo stesso motivo per il quale fu lui ad aiutare Grober ad asservire Rasya: l'invidia nei confronti dei fratelli, specialmente Morfeo. Va detto che tanti pensassero che Rasya e Azrael avessero una sorta di preferenza per lui. Era senza dubbio il più dotato fra i tre, e aveva fatto tesoro di ogni insegnamento dei genitori.»
«In poche parole era il cocco di mamma e papà» snocciolò Alex, senza alcuna ironia nella voce. «E questo alla lunga, forse, diede sui nervi a Fantaso.»
«È ciò che tutti pensano. Non sorprende che poi gli diedero la colpa anche della morte del padre. Nessun altro era più vicino a Rasya dei suoi figli e forse Fantaso disapprovò la separazione dei genitori e il fatto che Rasya scelse di vivere fra i mortali e costruirsi una famiglia.»
«I Figli di Rasya, giusto?»
«Precisamente.»
«Come venne a mancare, dunque? Cosa accadde?»
«Sappiamo solo che venne assassinato. Nessuno di esterno alla famiglia volle mai parlare dell'accaduto con gli altri. Tutto ciò che sappiamo sul conto di Rasya termina qui. Sappiamo però che le sue discendenze proseguirono, si ramificarono, ed è così che siamo arrivati ai suoi veri e soli eredi. Uno di loro nacque a Sverthian, l'altro sulla Terra, come ormai sapete, e il resto è storia.»
Sardan si decise a rivelare la propria ipotesi: «A mio parere venne tolto di mezzo non solo come punizione per la congiura a danno di Grober, ma anche perché non potesse interferire con i piani dei suoi seguaci e di mio fratello stesso. Sapevano che morto Rasya, il Mondo Ultraterreno e le Terre dei Morti sarebbero andati incontro a un disequilibrio e ciò avrebbe potuto favorire l'apertura di una falla nell'intero sistema. Attraverso quella crepa hanno varcato i confini e cominciato l'opera. È per questo che non invidio i suoi Eredi. Non hanno scelta se non rinunciare ad ogni cosa e permettere al loro antenato di tornare in vita prima che tutto finisca di crollare su se stesso».
Fantaso doveva aver probabilmente fatto il lavoro sporco per Grober inducendo Richard a gettarsi direttamente fra le braccia dell'ultimo essere al quale si sarebbe dovuto avvicinare. Un patto era stato sicuramente stretto e tale patto era infine ricaduto sulle spalle dell'ultimo discendente, se si lasciava fuori dal conteggio Anthony Woomingan.
Andrew finalmente riuscì a trovare un senso a tutto quanto e dentro di sé, in un angolo del suo subconscio, sapeva che le cose erano andate in quel modo. Lo sapeva e ciò lo portò infine a posare lo sguardo su Alex. «Non stiamo andando semplicemente a salvare Kyran, vero?»
Alex non lo guardò e rimase in silenzio, ma l'altro capì lo stesso. Capì che il patto fra Grober e Richard per secoli aveva preteso un pagamento rimasto in sospeso, vista la crescente acredine del Signore delle Tenebre nei confronti di tutti loro, specialmente Alex e la famiglia dalla quale egli discendeva.
«Lo sapevi da prima che partissimo. Tu... tu lo sapevi già» insisté Andrew.
Di fronte alla verità che non era stata pronunciata ad alta voce, ma che si rifletteva comunque negli occhi pieni di lacrime di Alexander e nella sua espressione colpevole, le poche speranze che erano rimaste a Andrew si dissolsero del tutto.
Realizzò di aver accompagnato in quella terra delle ombre Alex, la persona che amava di più al mondo, solo per scoprire che in realtà lo aveva portato a morire. Era come averlo consegnato direttamente a Grober in persona.
Non c'era mai stata una reale possibilità di uscirne entrambi vivi.
«Non è come pensi» rispose finalmente Alex. «Credimi, Andrew: non è come credi.»
«E allora dimmi come stanno le cose. Parla, Alex, o giuro che mi ammazzo direttamente adesso! Almeno non dovrò stare a guardare mentre vai a rotta di collo verso la morte!»
Andrew non sapeva come sentirsi. Insomma, era stato ingannato di nuovo. Per secoli era stato indotto a pensare che quella fosse solo una missione di salvataggio atta a scoprire anche la verità su molti retroscena importanti, e invece si era trattato semplicemente della marcia di un condannato a morte verso il patibolo, e lui... lui stesso aveva tenuto in mano le catene di Alex. Lo aveva persino incoraggiato a intraprendere quel viaggio!
Non era diverso dall'indurre una persona in cima a un grattacielo e già con istinti suicidi a gettarsi nel vuoto. Non era differente dall'avvicinarsi a quella persona sull'orlo del baratro e darle una spinta.
Come aveva fatto a capire tutto? Gli era bastato realizzare che la situazione di Rasya e Grober presentava punti in comune: entrambi avevano scelto come paladini, come vittime sacrificali atte a permettere loro di tornare sul campo di battaglia, i rispettivi discendenti. Da quel che avevano detto Sardan e Aleryn, Dario e il suo Efialte erano destinati alla morte, e ciò significava che la sorte di Alex non sarebbe stata diversa. Era condannato anche lui, forse lo era stato sin dal primo vagito che aveva emesso.
Lui morirà e io non potrò farci niente. Non potrò fare niente neanche stavolta.
Osservò le due divinità che li avevano accompagnati fino ad allora. Non ebbe bisogno di chiedere per capire che anche loro sapevano, sempre avevano saputo.
L'unico idiota a esser rimasto fuori dalla festa, a quanto pareva, era solamente lui. Chissà come, non era sorpreso.
«Wow» disse, lo sguardo pieno di lacrime, ma il viso invece era furioso. «Certe cose non cambiano mai, vero?»
Una parte di lui, quella impulsiva, rabbiosa e poco incline alla tolleranza, continuava a sussurrargli che le dinamiche fra lui e Alex erano state stabilite sin dalla prima volta che si erano parlati. Alex gli aveva mentito tanti anni prima e lo aveva fatto ancora. Diversamente da ciò che aveva provato da ragazzo, Andrew al momento sentiva solo il cuore spezzarglisi nel petto. La colpa non era di Alex, non in quell'occasione. La colpa era solo sua. Lui lo aveva incoraggiato, lui lo aveva accompagnato fin laggiù e forse... forse Alex, capendo che non era forte come voleva far credere, gli aveva mentito per proteggerlo dalla verità e dal dolore.
Se l'era andata proprio a cercare.
Alex deglutì e si terse le guance dalle lacrime. Si rivolse ad Aleryn, in particolare: «Non c'è ragione per cui lui...», scosse la testa. «Non so in che modo, ma penso sia meglio che lui faccia ritorno a casa. Non merita di assistere. Non lo permetterò.» Era stato un egoista a trascinare Andrew in quella missione suicida. Era stato un egoista a pretendere che gli rimanesse accanto fino all'ultimo secondo.
Forse la verità è che non so amare. Non ho mai saputo amare.
Doveva fare quella cosa da solo. Non poteva più costringere gli altri a farsi carico di una responsabilità che era soltanto sua.
Andrew, però, mise in chiaro che non aveva intenzione di andarsene. Lo chiarì nell'attimo in cui sguainò la spada e impugnò l'elsa rivolgendo la lama contro se stesso, dritto al cuore. Sostenne lo sguardo dell'altro vampiro. «Non credere di poter liquidarmi così» disse, davvero arrabbiato. «Non spetta a te decidere e io voglio restare qui! L'ho promesso, l'ho giurato a me stesso a e a te! Abbiamo detto che saremmo arrivati fino in fondo insieme, no?!»
Preferiva morire in quell'istante, ammazzarsi direttamente, piuttosto che tornare a casa e vivere sapendo di non aver fatto niente per fermare Alex. Non sarebbe vissuto anche con quella colpa sulla coscienza, l'ennesima.
«Te l'ho già detto, Alex: non me ne vado da qui senza di te.»
Aleryn cercò di fare un passo avanti in modo da disarmarlo, o almeno provare a farlo, ma Andrew la notò e premette di più la punta della spada sul proprio torace. «C'è altro che dovrei sapere?» chiese a tutti e tre. «Ormai è inutile nascondermi la verità!»
Perché Grober non aveva più provato a fargli del male, a torturarlo come aveva fatto quando l'aveva intrappolato in quell'incubo orrendo? Perché era ancora vivo, visto che era rimasto solo lui a guardare le spalle ad Alex? Cos'altro c'era sotto?
«Dimmi cos'altro hai promesso a Grober! Ti sei già consegnato a lui, non è così?!»
«Andrew, ti prego...»
«No, Alex! Sono io a pregarti di dirmi che cazzo sta succedendo qui! Dimmi la verità o giuro che lo faccio sul serio!»
Era una situazione sul filo del rasoio. Una bomba era ormai destinata a esplodere da lì a pochi secondi. Alex non ragionò. Si decise a dirgli tutto, non volendo rischiare che finisse sul serio per uccidersi, ma all'ultimo fu Aleryn a venire in suo soccorso: approfittando della distrazione momentanea di Thorne, gli si avvicinò di soppiatto e con uno scatto felino riuscì ad afferrargli le mani. Godendo di una forza fisica superiore alla sua, non fu difficile forzarle entrambe a dirottare la traiettoria della spada. Un istante più tardi atterrò Andrew con un bel gancio e gli fece perdere i sensi.
«C'è mancato poco» mormorò tra sé. Sollevò lo sguardo su Alex. «Ormai è inutile sottoporlo a tutto questo, l'hai detto anche tu.» Gli si avvicinò. «Se hai stretto un patto con Grober, allora lo rispetterà, è obbligato a mantenere la parola data. Andrew sarà al sicuro e in salvo. Lo tratterremo in qualche maniera, tu va' avanti e fai ciò che devi.»
Sapeva di apparire insensibile e crudele, ma quel che andava fatto era chiaro a lei, come lo era a Sardan e soprattutto ad Alexander. Non c'era modo di rimangiarsi una promessa come quella che c'era in ballo e Woomingan in primo luogo sapeva che se avesse avuto ripensamenti e si fosse sottratto all'accordo, il primo a risentirne sarebbe stato Andrew.
Non era solo l'amore a impedirgli di infrangere il patto. Aveva scelto Andrew per un compito importante che lui non sarebbe presto stato più in grado di svolgere. Lo aveva scelto affinché portasse al suo posto un fardello sì pesante, ma essenziale. Sarebbe stato quel fardello a proteggerlo da Grober, visto che le condizioni secondarie dell'accordo valevano solo quando entrambe le parti erano in vita. Lui, però, presto non ci sarebbe stato più, e a quel punto l'uomo che amava avrebbe corso di nuovo un pericolo mortale.
«So che lo sarà» rispose rauco, abbozzando un sorriso spento. «Quando si riprenderà, anche se non vorrà ascoltare, ditegli lo stesso che mi dispiace di avergli mentito. Ditegli c-che... che all'inizio ero davvero convinto che ce l'avremmo fatta a superare tutto questo insieme.»
Si era realmente illuso di poter un giorno lontano svegliarsi e pensare che era tutto finito, che era ancora vivo; aveva sul serio sorriso al pensiero di tutti i giorni in cui, al risveglio, avrebbe visto Andrew accanto a lui riposare sereno. Si era illuso che insieme sarebbero riusciti a ricostruirsi una vita, un futuro, ma si era sbagliato.
L'unica cosa che aveva potuto fare, era stata di escogitare un modo per impedire a Grober di eliminare Andrew e rendere il Padre delle Tenebre, allo stesso tempo, vulnerabile. Grober avrebbe riavuto indietro il proprio corpo, le proprie vere sembianze, i poteri, ogni cosa.
Tutto questo in cambio di un miracolo, di una preghiera finalmente esaudita: restituire a Andrew la vita. Permettergli di tornare alla normalità, di non dover più nutrirsi di sangue per vivere. Magari, un giorno, quando finalmente sarebbe riuscito a guardare avanti e amare ancora, in qualche maniera avrebbe potuto avere dei figli, la possibilità di vederli crescere, di invecchiare e non dover essere costretto a vedere tutti coloro che amava morire mentre lui sarebbe sempre rimasto giovane e immortale.
L'impostore che regnava sui morti del Mondo Ultraterreno era ai servigi di Grober e non sarebbe stato difficile fare un piccolo scambio, uno strappo alla regola. Il procedimento avrebbe avuto luogo solo e soltanto quando la dimensione dei morti e dei vivi si sarebbe aperta per reclamare lui. Solo allora sarebbe stato possibile fare in modo che l'anima di Andrew facesse ritorno al legittimo proprietario, rendendo nulla la trasformazione in vampiro, la morte che anni prima l'aveva intrappolato in quel limbo di tenebre. Sarebbe stata questione di pochi cruciali istanti.
In quanto agli altri Sigilli connessi a Valknut, se tutto era andato fino a quel momento secondo i piani, ognuno di essi era già stato liberato dal legame con i rispettivi Portatori grazie a James. Wolf aveva sfruttato gli anni che ancora gli rimanevano da vivere per far sì che Skyler e gli altri non dovessero affrontare le conseguenze di ciò che accadeva solitamente a un Portatore se il legame con il Sigillo si infrangeva. Proprio come Alex, James aveva scelto da solo come andarsene per favorire il ritorno di Tredar, e aveva deciso di farlo proteggendo le persone che gli erano care. Parlando con lui, Alex aveva capito che avevano molte cose in comune, che condividevano un unico obiettivo: porre fine per sempre alla faccenda e scongiurare il disastro.
Cos'erano, dopotutto, due misere vite come le loro, se confrontate con la sopravvivenza dei loro amici, delle loro famiglie e probabilmente del genere umano? Non erano che granelli di polvere, forse.
«Ditegli di vivere non solo per se stesso, ma perché ha promesso di proteggere mio figlio e pensare al suo futuro. È diventato suo padre sposandomi, e un padre non abbandona mai i propri figli. Ditegli di ricordarmi per la persona che sono stato, non per l'ombra che è stato costretto a portare fin qui sulle sue spalle.»
Non voleva essere dimenticato fino in fondo e svanire completamente. Sarebbe stato vivo, seppur in modo diverso, fintanto che qualcuno si sarebbe ricordato di lui, di chi era stato. Nessuna immortalità batteva quella consacrata dai ricordi.
«Ditegli che lo amo» concluse, «e ho finalmente ripagato il mio debito, anche se non ricordo più cosa ci ha portati fin qui».
C'era tuttavia una cosa che Alex si era guardato bene dal nominare apertamente nel patto stipulato con il Diavolo. Non aveva mai detto né promesso che anche il Sigillo di Valknut sarebbe stato compreso nello scambio. Aveva detto solo ‟avrai me", non ‟me e il Sigillo", ed era importante specificare in accordi del genere tutto quanto, senza lasciare nulla al caso. Grober, però, si era rivelato talmente ansioso di concludere la trattativa e innervosito quando Alex aveva chiesto l'immunità per il compagno, da non essersi reso conto che un semplice vampiro era riuscito a raggirarlo.
Valknut sarebbe stato al sicuro con Andrew. Andy avrebbe consentito al Sigillo di restare intatto, ospitato da un'anima realmente degna di custodirlo, e Valknut avrebbe consentito al proprio ospite di sopravvivere, di essere intoccabile.
Non gli importava di aver venduto se stesso a Satana, se in cambio di quel sacrificio a fin di bene l'uomo che amava sarebbe sopravvissuto e addirittura gli sarebbe stato permesso di tornare a essere umano e con una reputazione di nuovo limpida grazie al perdono imperiale elargito da Skyler. Quello che presto avrebbe fatto ritorno a Obyria sarebbe stato un Andrew innocente e con un reale futuro per il quale lottare. Sarebbe tornato a essere quella persona splendida capace di arrossire per un complimento e versare lacrime limpide, che fossero di gioia o dolore. Un Andrew che avrebbe fatto tesoro di ogni istante e grazie all'affetto di chi gli voleva bene sicuramente si sarebbe rialzato dopo la tragedia.
Era abbastanza forte e in gamba da poter farcela.
Alex si avvicinò e inginocchiò accanto al marito privo di sensi. «Addio» sussurrò, sigillando quella parola con un ultimo bacio sulle labbra. Una silenziosa promessa, in un certo senso. Non sarebbe stato proprio quel bacio a risvegliarlo dalla morte, ma lo avrebbe fatto l'amore incondizionato che Alex provava per lui. Lostesso amore che gli stava dando la forza di scostarsi e rimettersi in piedi, di ringraziare per l'aiuto Aleryn e Sardan e poi congedarsi anche da loro.
Furono l'amore e la speranza che Andrew potesse un giorno tornare felice, libero dal peso che lui era stato in quegli ultimi tempi di agonia, a convincerlo a proseguire verso la città di Volk. Lì si sarebbe consegnato. Non aveva lasciato niente al caso e sapeva che vi bazzicavano sempre i soldati al servizio della regina di quelle lande desolate e sapeva che lei, Syrma, signora delle Terre dell'Ombra, lo stava aspettando.
N.d.A
Mi scuso se a un certo punto ho inserito uno "spiegone", ma non potevo fare diversamente e dovevo assolutamente introdurre, a questo punto dei fatti, la questione del Regno Onirico e, soprattutto, il personaggio di Morfeo, perché prima o poi... beh, lo conosceremo di persona, e in realtà si è già palesato a modo suo, come si vedrà nel capitolo successivo in cui ci sarà lo scambio degli occhi. In questo, invece, finalmente sappiamo cos'ha in mente di fare Alex, anche se ancora resta un mistero su cosa vorrebbe fare sul serio in seguito. Se conosciamo Andrew come lo conosciamo, però, sappiamo che non lo lascerà fare e non mollerà l'osso facilmente. È vero che Grober si è fatto mettere nel sacco da un cavillo, comunque, e non è affatto un bluff. Grober deve la gran parte della sua sedicente "onniscienza" alle spie e agli alleati che possiede, ma in sé per sé non ha una risposta a tutto e quando si tratta di riavere indietro ciò che pensa gli appartenga, lascia poco spazio alla ragione e molto, invece, alla fretta. Quindi sì, Alex lo ha fregato XD
Detto ciò, ormai manca pochissimo alla fine e non nego che "Tenebre" è stato davvero tosto da scrivere, e sicuramente lo è stato leggerlo. Avrei voluto dare più spazio alla mitologia, per così definire i retroscena degli dèi, ma per quello ci sarà tempo nel libro seguente che, probabilmente, dividerò in due parti.
Bene, ora me ne vado, prima di farmi tagliare la testa a fronte del piano di Alex finalmente svelato xD Alla prossima!
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