Capitolo III. La guerra è iniziata


Musica consigliata: "Forever and Never" di Peter Gundry.

https://youtu.be/qnf8vATuWVY

Quando Samantha, l'Imperatrice di Obyria, entrò nell'ufficio imperiale, ossia quello di suo marito, non rimase per nulla sorpresa nel vedere insieme a quest'ultimo l'architetto e urbanista che capeggiava i lavori di ricostruzione di Obyria, ovviamente sotto l'occhio vigile e attento di Skyler.

L'uomo che Samantha aveva sposato era cambiato molto in quei lunghi quattro mesi. Se da un lato era diventato più cupo e meno incline ai sorrisi, dall'altro aveva preso molto sul serio il proprio compito e la guerra ancora silenziosa contro Grober e i Pagani.

Si trattava di un conflitto rimasto fino a quel momento privo di suono e di forma, simile a una nebbia venefica che attanagliava lo spirito di tutti in una morsa asfissiante. Sotto molti punti di vista erano già in guerra, solo che ancora non la si stava combattendo con le armi.

Erano i preparativi, il profondo respiro prima dell'immersione in quei neri abissi.

Per alcuni istanti scelse di non disturbare il marito e di osservarlo mentre continuava ad ascoltare l'architetto, un uomo dai tratti orientali e di aspetto gradevole, nonché mago specializzato nell'uso dei poteri magici al fine di svolgere meglio il lavoro.

Per fortuna l'impiego della magia a Obyria era qualcosa di quotidiano, altrimenti sarebbe stato un bel problema ricostruire tutto a mani nude o come solitamente facevano gli esseri umani.

Quattro mesi qui e ragiono già come una di loro.

«Mi sembra che i lavori siano a buon punto, dunque» riepilogò Skyler, accennando un lieve sorriso.

L'architetto annuì con aria fiduciosa. «Sì, Maestà. Se non ci saranno intoppi, penso che al massimo impiegheremo tre anni per ultimare tutto, quattro se invece dovessero sorgere problemi o...», l'uomo si rabbuiò e non vi fu bisogno di aggiungere altro.

L'imperatore scosse la testa con decisione. «No, non accadrà più una cosa come quella. I portali sono stati chiusi e rinforzati, non c'è più alcun modo per accedere a Obyria se non su esplicito consenso del sottoscritto.»

L'architetto, di nome Lyon, fece un cenno. «Riponiamo tutti la nostra fiducia in voi, Maestà.»

I due notarono poi Samantha e allora Lyon capì al volo, recuperando i progetti, riavvolgendoli e lasciando la stanza, dopo aver fatto a entrambi un rispettoso inchino.

Quando le porte si richiusero, Sam per alcuni istanti continuò a squadrare in silenzio il marito che era tale solo sulla carta.

Anche se nessuno osava spettegolare, tutti sapevano come andavano le cose: loro due dormivano in letti diversi ed era quasi una norma che il valletto spesso trovasse Brian sotto le coperte con Skyler, quando andava a svegliarlo di mattina presto come di consueto.

Samantha, a volte, non negava di provare fastidio per una simile situazione, ma non aveva il diritto di giudicare, non lei che era innamorata di un altro uomo e intratteneva con lui una relazione clandestina, alle spalle di una moglie fedele e di buon cuore che, tra l'altro, portava in grembo il primogenito di Cynder.

Quella donna non si meritava una cosa del genere, non quando era sempre gentile in primo luogo proprio con Samantha. Ultimamente lei faticava molto a guardare la compagna di Cynder negli occhi, perché sapeva di essere colpevole, una doppiogiochista ingorda e ingiusta.

Lui le aveva confessato di essere sinceramente attratto da quella splendida Ondina, di provare dei sentimenti per lei ancora non molto chiari, ma c'erano e Sam si stava frapponendo con egoismo tra essi e il reale oggetto di quell'attrazione.

Forse era nella sua natura di Fata quell'ingordigia, quel volere ad ogni costo primeggiare. Aveva ammaliato Cynder, anche se inizialmente proprio lui aveva tentato in ogni maniera di far restare la loro solo una tenera intesa, una semplice amicizia.

Skyler le aveva detto di non combinare pasticci con i Figli della Natura, così pure di non illudere suo fratello, ma le sue parole erano solo servite a infiammarle ancora più lo spirito.

Tuttavia, non era per parlare di quell'argomento che aveva raggiunto il proprio, di marito.

Evitò di sentirsi infastidita notando che Sky, nel frattempo, si era seduto alla scrivania e velocemente stava passando in rassegna un bel po' di scartoffie, sulle quali ogni tanto lasciava una svolazzante e incomprensibile firma.

Sam sorrise di sbieco. «Si vede proprio che eri un medico.»

«Lo sono tutt'ora, in teoria» replicò con voce distratta l'Imperatore. «A cosa devo la tua presenza qui?»

Da un po' di tempo aveva iniziato a comportarsi con lei con una specie di insensato e freddo distacco, cosa che nel profondo le faceva alquanto male. Non credeva di meritare un simile atteggiamento da parte sua, non gli aveva fatto niente e da quando erano sposati mai gli aveva messo i bastoni tra le ruote.

Aveva cercato di essere una moglie invisibile che faceva sempre di tutto pur di non dare noie.

Trattenne un sospiro. «Dobbiamo parlare, perciò gradirei tu la piantassi di scribacchiare. Mi piace guardare le persone negli occhi, durante una conversazione.»

Skyler si fermò e spostò le iridi cobalto su di lei. «Hai la mia attenzione.» Ripose intanto nel calamaio la lunga piuma bianca.

Lei esitò. «Non credo sia stata una buona mossa chiudere i portali. Va bene, abbiamo fatto in modo di far arrivare l'avviso a tutti i sovrannaturali nel mondo umano e di far entrare chi non era un possibile nemico e desiderava trovare rifugio qui, ma lo stesso...»

«Samantha, sai bene che non c'era altra scelta» la interruppe Skyler, serio. «Ora come ora siamo un bersaglio facile e la chiusura dei portali è una soluzione che più volte è stata adottata in passato, quando c'erano grosse emergenze.»

«Così però ci tagliamo fuori da soli.»

«Non appena avremo radunato abbastanza forze, i portali verranno riaperti. Hai la mia parola.»

Samantha si arrese, capendo che lui non aveva intenzione di darle retta. Skyler era caparbio, aveva imparato a conoscere molti lati del suo carattere che tempo addietro si era limitata a ignorare.

Sperava solo che quella fosse la scelta più giusta, tutto qui.

«Gli altri non hanno fatto sapere niente?»

«Chi, in particolare?»

«Sia mio fratello, Alex, Iago e Rick, sia James e il resto della squadra di soccorso. Vada per i primi, ma gli ultimi sarebbero dovuti tornare da un pezzo dall'Oltrespecchio.»

L'Imperatore sospirò. «Non è così strano, invece. Quel posto non è più come una volta e non è così semplice entrarvi e uscirne.»

«E se non dovessero farcela? Se fossero già morti?»

«Allora sarò io stesso ad andare laggiù e prendere a calci Grober.»

«Meglio che tu cominci a farci un pensierino» rimbeccò Sam, un po' alterata.

Skyler le lanciò un'occhiata penetrante. «Pensi di essere la sola a temere per loro? Pensi che io riesca a chiuder occhio ogni notte, al pensiero di così tanti miei amici in pericolo? Allora ti sbagli.»

«Ti sto solo dicendo che dovremmo pensare a un piano di riserva! Non possiamo abbandonarli e agire solo quando sarà già troppo tardi!» sbottò Sam.

Skyler si alzò, aggirò la scrivania e le giunse di fronte. Solo pochi centimetri li separavano.

«Purtroppo, ora come ora, il nostro compito è restare qui. A volte dobbiamo fare dei sacrifici, Samantha. Lo capisci questo?» La voce di Langford tremava, ma le sue parole erano sincere, spietatamente sincere. «Sapevano a cosa stavano andando incontro e hanno scelto lo stesso di rischiare. Possiamo solo sperare in un miracolo.»

Lei scosse la testa. «La speranza non porta a niente, dovresti saperlo più di chiunque altro.»

«Io so questo...» ribatté l'Imperatore. «A capo della missione c'è Dario e credimi, mi risulta molto difficile pensare che con uno come lui sia andato tutto in malora laggiù. Lo conosco da più tempo di quanto faccia tu, Samantha, e se almeno la metà delle cose che si dicono sul suo conto sono reali, allora Grober farà bene a guardarsi da lui. La cosa positiva è che non ha ancora riacquistato pienamente i poteri. Se sommiamo Dario a James, che insieme a Iago già una volta è quasi riuscito a uccidere una vera e propria divinità, possiamo star certi che torneranno.»

All'epoca in cui Skyler aveva collaborato con i Cacciatori di Miami, lo stesso periodo in cui si era ricongiunto a James e aveva conosciuto i fratelli Rivers, gli era capitato di sentire un Cacciatore veterano parlare di Dario e, nel farlo, chiamarlo l'Oscuro Carnefice.

C'erano poche cose che realmente sapeva sul conto di quel vampiro che sin dagli albori si era sempre mostrato riservato e poco desideroso di parlare del proprio passato, ma gli era stato sufficiente sentir parlare di lui a quella maniera per capire una cosa: era meglio non mettersi sulla sua strada e non provocarlo più del dovuto, perché altrimenti farlo avrebbe portato chiunque a spiacevoli conseguenze.

Persino uno come Askan, assai più vecchio di Dario, certe volte aveva dato l'impressione di provare un certo timore ed era sufficiente pensare a quel che era alla fine successo ad Arwin per comprendere che l'acqua cheta, a volte, davvero era capace di ridurre un ponte in pezzi.

Si poteva quasi dire che Dario, fino ad allora, si fosse limitato semplicemente a gingillarsi e a tener buono il lato oscuro che celava dietro quell'apparente calma.

Tutti avevano un angolo buio nell'animo, ma lui più di chiunque altro probabilmente. Tanti dei vampiri meno recenti tremavano ancora nel sentirlo nominare, doveva esser stato in tempi remoti un vero e proprio spauracchio, il lupo cattivo della situazione.

Per quanto riguardava Skyler, comunque, era certo di una cosa: Dario era il vigilante di cui Obyria aveva bisogno, ma non quello che si meritava.

Una voce cattiva e crudele nel profondo del giovane Imperatore non faceva che sussurrare di continuo che in fin dei conti Obyria si sarebbe meritata appieno un'apocalisse, un mostro come Grober al potere e solo per ricordarle tutte le volte in cui aveva sputato in faccia a coloro che avevano cercato di servirla e proteggerla.

Quante persone, angeli silenziosi sotto mentite spoglie, avevano dato la vita per Obyria? Quanti di loro avevano ricevuto meno di niente in cambio, se non odio e mancanza di empatia?

Lui stesso aveva fronteggiato da solo André e Arwin, molti anni prima, e solo nel tentativo di proteggere ciò che amava, così come Feridan Town che altro non era se non una frazione umana di Obyria, e come ringraziamento era stato condannato ed esiliato, chiamato traditore, mostro, demonio.

Era indubbio che Obyria non meritasse tanto disturbo, ma una promessa era una promessa e lui aveva giurato di proteggerla, perché in fin dei conti non c'era solo del marcio in quella loro società, v'era ancora qualcosa per cui valeva la pena combattere, innocenti che non meritavano tanta sofferenza a causa degli errori del passato.

Samantha scelse saggiamente di non continuare a tediare il marito e Skyler, dunque, le chiese: «Jonathan?».

Lei esitò. «Voleva stare con Sophie e non ho avuto il coraggio di dirgli di no. È affezionato a lei, lo sai.»

«Sono soli?» domandò di nuovo Sky, un po' perplesso.

Lasciare un bambino con una donna malata e che poteva avere bisogno in ogni momento di qualsiasi cosa non era una mossa saggia.

«No, c'è Brian con loro.»

Quando avevano deciso di rimboccarsi le maniche e aiutare chi era sopravvissuto, Brian si era offerto per primo di dare una mano come poteva, assistendo i più bisognosi e rendendosi sempre utile.

Una volta le aveva confidato di sentirsi certe volte inutile a confronto di persone come Skyler e tanti altri, per via della sua natura puramente umana, ma Samantha gli aveva risposto che in alcuni casi la buona volontà valeva molto di più di chissà quali capacità straordinarie.

Rispettava quell'uomo per aver avuto una mente aperta ed essersi adeguato a quel disastro, o ancora per esser stato fra quelli che si erano offerti di salvare suo fratello dalla prigionia.

Nel vedere però comparire sulle labbra di Skyler un lieve e spontaneo sorriso, Samantha provò qualcosa molto simile al fastidio.

Non che le importasse qualcosa, però con Brian lui si mostrava sempre premuroso e vitale, a differenza di quel che invece accadeva col resto del mondo, se si escludeva Jonathan.

Sarebbe stata ingiusta nel chiamare Skyler un padre non esemplare, ma in quanto al loro matrimonio ci sarebbe stato solo da piangere e ridere allo stesso tempo.

Fingevano di essere una coppia felice quando era l'esatto contrario. Che tristezza.

Skyler si fermò a poca distanza dalle porte, probabilmente voleva andare da Sophie per starle accanto.

«Quando domani ci recheremo a Benbenis, è quasi sicuro che non riceveremo una calda accoglienza.»

Sam deglutì a vuoto. «Cosa faremo se decideranno di farci la festa?»

Lui si voltò a guardarla. «Credo che la guerra vera e propria comincerà proprio laggiù, Samantha. Tua zia non rinuncerà al trono di sua spontanea volontà.»

La ragazza lo raggiunse. «Non abbiamo una forza militare sufficiente per dichiarare guerra proprio alle Fate, Skyler», gli ricordò. «Sarà un bagno di sangue e verremo sconfitti!»

Skyler sospirò. «Non se uccideremo in tempo Ellenya» replicò, guardandola dritto negli occhi. «È il solo modo che abbiamo per evitare uno scontro diretto. Il trucco è tagliare la testa al serpente.»

«Ma io non ho mai ucciso nessuno in vita mia!» sbottò Samantha.

Non le piaceva l'idea di ammazzare una donna che non conosceva, anche se era la causa per cui il resto della sua vera famiglia era stato spazzato via.

«Imparerai a farlo, allora» si limitò a rispondere Skyler, troppo serio per pensare che stesse scherzando o esagerando. «È un peso che porteremo insieme, Samantha.»

«Prima però cerchiamo di parlare con lei e risolvere in qualche altra maniera la faccenda.»

«Possiamo provarci, ma non illudiamoci: Ellenya per anni ti ha creduta morta e solo questo ti ha consentito di sopravvivere. Adesso che tutti sanno che sei stata l'unica a sopravvivere, oltre a Frederick e i suoi fratelli, lei farà di tutto per eliminarti. Ai suoi occhi sei un impiccio, Samantha. Tua zia si è schierata molto tempo fa con Grober e la sua posizione mai ha vacillato. Non ti restituirà il favore che stai cercando di farle.»

Il silenzio quasi religioso che era calato su di loro si interruppe quando James, dopo minuti trascorsi alla pari di secoli, riaprì gli occhi. Le sue iridi, in quel momento di un intenso cremisi, si fermarono sul capo della loro spedizione di soccorso.

In lontananza, oltre la valle di nera erba e la città di Specula ridotta al più lugubre silenzio, si stagliava l'immensa fortezza di pietra scura che solo fino a tempo addietro era appartenuta a re Petya. Le cose erano mutate di molto, da allora, e l'Oltrespecchio era infine caduto vittima dell'ombra sempre più minacciosa di Grober.

Ancora per molti era un mistero ciò che egli veramente volesse ottenere da quel disastro.

V'era dell'altro sotto, qualcosa al di là della volontà fin troppo filantropica di un mondo più giusto dove i Sovrannaturali potessero vivere alla luce del sole e non più nascosti. Quello stesso fine era oltremodo altruista per una creatura del genere, per colui che sulla Terra rappresentava il solo e unico Satana. Ciononostante, Grober non era affatto un folle come tanti lo ritenevano; il suo piano, così minuzioso, curato nei minimi dettagli, celava una mente acuta e limpida, tutt'altro che preda della pazzia.

«Anche lui è presente» disse James, il tono solenne e allo stesso tempo pregno di ansia. «Sento che ci sta aspettando, sapeva che saremmo venuti.»

Max deglutì a vuoto e guardò a sua volta Dario: «Com'è possibile che abbia previsto le nostre mosse fino a questo punto?».

L'altro vampiro trattenne un sospiro. «Non mi aspettavo nulla di diverso da un avversario come Grober, in tutta franchezza. È, o non è, la controparte del Diavolo? C'è qualcosa che il Diavolo non sappia? Mi avrebbe sorpreso il contrario.»

«Lo stesso mi sembra assurdo!»

Dario si scambiò una breve occhiata con James, poi fece cenno a Max di seguirlo e si allontanarono per parlare con un po' più di privacy; lo sguardo dell'immortale era serio, al momento non lasciava trasparire niente del suo attuale stato d'animo. Le volte in cui si era mostrato così serio erano poche, più di quanto la gente pensava.

«Se non te la senti, puoi restare qui. Non ti giudicheremo e io stesso non te ne farò una colpa. Non è una vergogna pensare alla propria incolumità, in tempi come questi.»

D'altro canto, non rientrava nei suoi obiettivi che Max si facesse seriamente male. Non avrebbe sopportato un simile colpo, l'ennesimo da incassare nel giro di pochi anni, specialmente dopo aver saputo tante cose sfuggitegli in passato che avevano alla fine condotto a quell'epilogo disastroso. Gli bastava già la prospettiva di dover per forza lottare contro il proprio figlio, non aveva bisogno di altri motivi per odiare sé stesso più di quanto già non stava facendo.

Max lo squadrò con una leggera nota furibonda: «Stai scherzando, vero?».

«Il tempo degli scherzi è finito, Maximilian» gli ricordò con aria cupa l'ex-Signore dei vampiri. «Sto solo dicendo che preferisco saperti al sicuro, anziché là dentro e in pericolo di vita.»

«Secondo te perché sarei venuto fin qui insieme a te e a James? Dimmelo, perché ora sono davvero curioso!»

«Le tue intenzioni mi erano chiare e lo sono anche adesso, ma vederti morire o restare ferito perché non sono riuscito a dissuaderti è un prezzo che non sono disposto a pagare. Grober e i suoi collaboratori più fidati non sono come un manipolo di ribelli di poco conto. Una volta che saremo là dentro, sarà come essere entrati all'inferno.»

Max lanciò una fugace e rapida occhiata a James, il quale intanto non aveva staccato gli occhi neppure per un istante dalla fortezza e pareva immerso in pensieri molto profondi e lontani.

«E lui, invece? Sei disposto a sacrificarlo, dopo tutto quello che abbiamo passato pur di tenerlo al sicuro e lontano da Grober?»

Dario non rispose subito, come a voler riflettere bene prima di parlare. «James non correrà pericoli, ormai è pronto per battersi ed è disposto a mettersi in gioco, fino all'ultima goccia di sangue. Onestamente non so quali ragioni lo spingano fino a una tale soglia di abnegazione, ma sa il fatto suo e ha già tenuto testa a Grober insieme a Iago. Ciò che è successo fino ad ora è anche affar suo e mi sembrava ingiusto non renderlo partecipe. Petya resta il suo bisnonno, fa parte della sua famiglia e hanno ancora molto di cui parlare prima che questa storia finisca.»

«Quindi io sarei l'anello debole?»

«No, Max» precisò Rio. «Sei il mio tallone d'Achille. Serve dire altro? Davvero non ci arrivi?» Non c'era arroganza nel suo modo di parlare, la sola cosa chiara era che pareva sul punto di perdere la famigerata pazienza.

Wildbrook restrinse lo sguardo. «Ti è costato parecchio ammetterlo, a quanto pare.»

«Non è il momento per discutere di certe cose» tagliò corto Dario, con un'insolita inflessione gelida nella voce. Max, però, la conosceva molto bene: di solito precedeva una strigliata di testa senza precedenti; non ci teneva a farlo arrabbiare, ma aveva sempre parlato con schiettezza e non intendeva iniziare a fare diversamente solo perché il mondo stava per andare in pezzi.

Il vampiro più giovane respirò a fondo. «Vengo anch'io.»

«Allora dovrai starmi vicino e non allontanarti mai, a meno che non sia io a dirti di farlo. Se ti dirò di andare via il più velocemente possibile, tu dovrai farlo. Su questo non intendo negoziare. Non sono in vena di concessioni, al momento.»

La sua risposta servì a chiudere l'argomento e Dario, perciò, tornò al fianco di James e gli disse che si poteva procedere.

Max si arrischiò a domandare come avrebbero fatto ad attraversare prima la città.

Fu l'ex-Ispettore Capo Wolf a rispondergli, lo sguardo scarlatto che non accennava a tornare al consono colore azzurro. Solitamente, ciò stava a significare che si stava appellando già dal principio ai poteri al completo, compresi quelli di natura oscura. James era il perfetto esempio di ciò che si otteneva mescolando Luce ed Oscurità.

«Non dovremo combattere finché non varcheremo la soglia di quel castello. Non sono gli Efialti i nostri nemici, ma chi ora li governa e li ha purtroppo ridotti in schiavitù. Eviteremo di uccidere, se potremo. Su queste terre è stato versato già fin troppo sangue e rischieremmo di coinvolgere anche i civili rimasti.»

«Il bello starà proprio nell'uscire da lì» concluse Dario, con una punta di macabra ironia. «È quello a preoccuparmi veramente, ma... se ce la giocheremo bene, riusciremo sicuramente a fare ritorno a Obyria intatti e con gli ostaggi vivi. D'altronde ormai siamo già belli carichi.»

La ragione per cui ci avevano messo così tanto era semplice: non si trovavano nell'Oltrespecchio solo per liberare Petya e gli altri, ma anche per eliminare più nemici che potevano e infatti, durante il lungo viaggio che li aveva condotti infine nelle fauci della bestia, non si erano dati pace e si erano battuti contro tutti gli alleati di Grober e, intanto, tentato di riportare la speranza nel cuore di quella povera gente troppo a lungo bistrattata e rimasta priva di supporto.

Lo dovevano ad ogni singolo Efialte morto o rimasto senza famiglia a causa dei piani di esseri privi di scrupoli e giudizio, tutti loro glielo dovevano. Era il minimo che potessero fare per rimediare alla cecità dimostrata negli anni passati.

«Con un po' di fortuna, ce la faremo tutti» concluse James, quasi sibillino. «Direi di proseguire, se non ci sono altri punti da chiarire. Dobbiamo sbrigarci e non è totalmente da escludere che per almeno uno di loro potrebbe già esser tardi, purtroppo.»

Le probabilità che uno dei loro compagni non ce l'avesse fatta erano molto alte. Di certo li avevano torturati e tormentati e Grober non doveva esserci andato leggero con Petya, l'uomo che sempre aveva continuato ad ostacolarlo.

Lui è sicuramente ancora vivo. Resta una risorsa preziosa per quel mostro, è uno di quelli che sono più utili quando respirano ancora — rifletté Wolf. «Mi chiedo se non avremmo fatto meglio a fare pressione sulla collaborazione di Dante in questa missione e convincerlo a seguirci. Forse, però, sarebbe stato poco saggio farlo avvicinare fino a questo punto a Grober.»

Max, il quale si era comunque fatto una certa idea di dove volesse andare a parare James, lo stesso chiese il perché di quell'affermazione. 

Fu Dario a rispondere: «Per quanto quell'Efialte sia per me una presenza sgradita, non posso non affermare con certezza che è tra i primi dieci della sua specie più letali e forti, in fatto di magia. Sfortuna vuole che alla fine sia stato lui stesso a cadere nelle tenebre. Gli unici motivi per i quali non ce lo siamo ritrovato come nemico è il fatto che Grober si sia azzardato a far del male alla sua gente; la seconda ragione è questa: Dante è fin troppo sveglio e previdente per non capire che a volte certe priorità vanno accantonate. Si è unito a noi perché preferirebbe morire, anziché stare dalla parte di certi tiranni. Non gli andava a genio la morale politica di Petya e credo preferirebbe sputare in faccia a Grober, piuttosto che inchinarsi a lui».

«Spero che Petya non abbassi la guardia, però. Non è detta che Dante rispetti gli accordi fino alla fine. Magari non prenderebbe neanche in considerazione il tradimento, ma assetato di vendetta com'è ci metterebbe poco per scatenare una guerra civile tra gli Efialti e si sa che le lotte intestine raramente vanno a finire bene per chi viene visto come un tiranno, seppur sempre un tiranno illuminato» osservò James, pensieroso.

«In effetti ho il sospetto che potrebbe giocare un tiro mancino al tuo bisnonno. Non è come Godric e non ha principi morali così rigidi e invalicabili. Sfortunatamente è sempre stato molto flessibile in quanto alla moralità. Risponde alla volontà di un solo dio, ossia se stesso.»

Non osava pensare alle conseguenze disastrose di un possibile tradimento, doppio gioco o ribellione su larga scala da parte di Dante; in quei quattro mesi molta era stata la paura di tornare e scoprire che quell'Efialte aveva deciso di rivoltarsi contro di loro come un'aspide velenosa.

Persino Godric e Iago lo temono, anche se non mi sorprende: è stato mentore di entrambi o quasi, ma nessun maestro rivela tutti i propri segreti e sceglie sempre di tenere per sé qualcosa. Non tutti sono come Godric e scelgono di lasciare in eredità all'allievo tutti i segreti del mestiere.

«Quando torneremo, dovremo stare in guardia e tenerlo d'occhio più che mai. Per quanto dia a vedere il contrario, Dante sa essere molto paziente ed elusivo, come un alligatore che attende in silenzio che la preda si avvicini.»

Wolf si permise di fargli una domanda: «Hai detto a Grace di fare quella cosa?».

«Sì, le ho dato il mio permesso e spero sia riuscita a portare a termine il compito.»

«Credevo non avremmo mai usato su un Efialte strumenti come quelli.»

«Anche io, ma Dante è troppo inaffidabile. Non c'era altro modo.»

«Petya non ne sarà contento. Odia quei bracciali.»

«È anche per la sua sicurezza che ho deciso di rischiare.»

Max li guardò a turno perplesso. «Di cosa diavolo state blaterando? Non sarà che...»

Dario lo guardò e amareggiato annuì. «Invece sì, è quello che pensi. Dopo la liberazione degli Efialti abbiamo scelto di riconvertire quei letali bracciali per una causa migliore rispetto a quella per cui erano stati progettati. In teoria dovevano servire per i detenuti e chi viene rilasciato sotto libertà vigilata, ma rendendomi conto del pericolo costante rappresentato da Dante ho deciso di farne indossare uno a lui.»

Wildbrook sbarrò gli occhi. «Che cosa? Ma sei impazzito? Lo sai benissimo cosa possono causare quegli affari! Rischi di farlo secco e basta!»

«Non se rispetterà gli accordi e non muoverà azioni offensive nei confronti della Resistenza. I nuovi bracciali sono stati progettati per gestire l'aggressività di un individuo nei confronti di chi non rappresenta per lui un pericolo. In poche parole: se Grace è riuscita a metterglielo, lo abbiamo in pugno e dovrà per forza comportarsi bene. In caso contrario la sua punizione sarà la morte tramite una micro-iniezione di veleno di Fiera, la stessa modalità con cui Misha quasi rimase ucciso quando per sbaglio il suo bracciale si attivò, tre anni fa.»

Max non poté non pensare che quello fosse un metodo crudele e disumano, qualcosa che pensava sarebbe stato Dario in persona a rifiutare a priori.

«Come puoi essere d'accordo con una cosa del genere? Non c'era un altro modo?»

James intervenne: «Sa quello che fa e sa bene che è rischioso, ma rischieremmo di più lasciando Dante completamente a briglia sciolta. Max, tu non immagini quanto sia pericoloso quell'Efialte. C'è una ragione se persino Godric ha paura di lui e Grober ha cercato per anni di tirarlo dalla sua parte. Dante un tempo faceva parte dei Sette Oscuri, un gruppo famigerato di Efialti caduti nelle tenebre che per un bel po' di tempo ne fecero vedere di tutti i colori al regno di Petya. In qualche modo vennero fermati, ma sono ancora vivi, tutti loro e Dante era il loro capo. Da quel che so poi si separarono e andarono per strade diverse, ma non riesco a immaginare cosa accadrebbe se lui decidesse di richiamare all'azione i suoi vecchi compagni».

Max rabbrividì d'istinto.

«La cosa davvero sorprendente» aggiunse James, quasi pensieroso, «è che quell'Efialte sia riuscito ad arrivare così in alto nonostante una grave mancanza».

«Mancanza?»

Fu l'ex-Principe a spiegare le parole di Wolf: «Dante sa celarlo molto bene e non dà a vedere questo handicap. Diciamo solo che non ha mai avuto la possibilità di sapere quale aspetto avessero i suoi cari, il suo allievo e tutti gli altri. È completamente privo della vista, da quello che ho capito. Me lo ha detto Godric e lui lo ha scoperto con una specie di tranello, perché nutriva da molto tempo dei sospetti e aveva bisogno di dissiparli. Chiese semplicemente al suo maestro di che colore fossero suoi abiti e Dante, per qualche ragione curiosa, aggirò la domanda e si arrabbiò non poco. A quel punto a Godric fu chiara la verità, ma non affrontarono mai l'argomento. Un problema del genere all'epoca, in un luogo come l'Oltrespecchio, avrebbe distrutto la reputazione di Dante e la sua credibilità, nonché il suo personale orgoglio. Gli Efialti sono un popolo molto fiero in cui spesso non c'è spazio per i più deboli o chi nasce con gravi difetti come la cecità».

Era possibile che forse anche quella difficoltà naturale avesse contribuito a rendere Dante ciò che era infine diventato. Forse parte della sua indole scontrosa e sempre all'erta era stata forgiata per semplice impulso e a scopo difensivo. Cieco o no, d'altronde, pochi si sarebbero azzardati a far saltare la mosca al naso a un uomo capace di far scempio del prossimo tramite la magia o una semplice arma.

«Mentre ero via, in quesi tre anni, ho appreso molte cose sugli Efialti. La cecità nella loro specie è ancora più rara, specialmente quella risalente alla nascita, ma chi ne soffre si riconosce dall'innaturale colorazione bianca dell'iride e un chiarore atipico delle pupille» spiegò James. «Eppure, nonostante tutto, ad oggi è diventato un Efialte temuto e famigerato. Non nego di stimarlo un po' per questo e forse, ora, dovremmo prendere esempio e capire che con la volontà quasi tutto è possibile.»

Nessuno più fiatò e in silenzio discesero la collina percorsa da una gelida brezza che sferzava i fili d'erba color inchiostro.

Sia James che Dario, nell'avvicinarsi sempre di più, percepivano la forte carica negativa proveniente dalla fortezza aumentare; la malvagità permeava l'aria, serpeggiava tra le vie silenziose e deserte di Specula, una città nella quale era giunto il caos a distruggere tutto.

Specula era andata in fiamme, proprio come Obyria, ma a differenza sua nessuno aveva cercato di fare niente per salvare gli abitanti.

Molti probabilmente erano fuggiti e si erano rifugiati altrove, forse nelle campagne circostanti, e altri invece erano rimasti barricati in casa nella speranza che l'angelo della guerra e del tormento chiamato Grober volgesse altrove lo sguardo e passasse oltre.

Forse tanti, alla fine, erano anche morti in quella interminabile e disperata attesa.

Impossibile che le schiere nemiche non avessero fatto scempio di tutto e tutti.

Specula era molto lontana dalla città una volta stata bellissima, uno splendido sposalizio di stili architettonici antichi e moderni con la costante della pietra nera utilizzata nella costruzione.

Vi erano aree rase totalmente al suolo, macerie ancora fumanti, nell'aria abbondavano fumo e polvere.

Il ritratto della desolazione che sempre seguiva la guerra come un'ombra. Fino ad allora avevano attraversato luoghi quasi sempre campestri o città minori e anche lì molto era andato distrutto, ma nulla in confronto allo spettacolo che avevano davanti in quel preciso momento.

Petya doveva aver pianto nell'aver visto la città che tanto amava venire distrutta fino a quel punto.

«E pensare che Obyria è nelle stesse condizioni» mormorò Max col cuore in gola, poi si fermò alla vista di un cadavere carbonizzato e rattrappito giacere nella cenere e nei detriti anneriti.

Le lacrime gli salirono rapidamente agli occhi non appena notò che quei resti stringevano fra le braccia accostate al torace qualcosa.

Si inginocchiò e si coprì la bocca, soffocando un singhiozzo.

Dario a sua volta si bloccò e lo raggiunse, posandogli entrambe le mani sulle spalle in un atto di vicinanza e condivisione della sua pena.

Fra le braccia dello scheletro deformato dalle fiamme e ancora saturo dell'olezzo provocato dalla combustione dei tessuti, v'era un cadavere molto più piccolo e quasi irriconoscibile, fuso ormai a quello dell'adulto. Forse si trattava di una madre che aveva cercato fino all'ultimo di proteggere il proprio bambino dalla guerra che, alla fine, si era presa entrambi.

Due delle tante vite spezzate brutalmente e senza valide ragioni ora giacevano dimenticate e prive di nome fra le rovine di una civiltà che forse non avrebbe retto anche a quell'ennesimo massacro, fra i tanti che avevano consumato gli Efialti.

«Non possiamo fare più niente per loro, Max» si arrischiò a parlare Dario, cercando di mantenere ferma la voce, ma il cuore gli piangeva di fronte a tale strazio. Lo riempiva di amarezza e anche rabbia il pensare di non aver potuto far niente per gli Efialti quando Specula era stata attaccata. Certo, era accaduto mentre lui era ancora molto debole, ma certe cose contavano davvero molto poco di fronte alla distruzione che stava osservando.

«Riesci a immaginare quanto debbano aver sofferto?» singhiozzò Max. «La pena di un genitore che cerca di salvare suo figlio inutilmente!»

Quell'esclamazione stridula per il pianto riecheggiò nel profondo silenzio di ciò che restava di Specula.

«Perché non cerchiamo di ammazzare Grober oggi stesso e non la facciamo finita qui?» proseguì implacabile Max, scattando in piedi e cercando di ripulirsi il viso dalle lacrime rosse.

«Perché rischieremmo di arrecare danno anche ad Alex» gli ricordò Dario, il tono calmo e ragionevole. «È un prezzo da non pagare, Max, lo sai. Non siamo certi di quali conseguenze ci sarebbero per Alex e Grober, te lo posso assicurare, non abbasserà più la guardia come ha fatto a Obyria.»

Max serrò i pugni e le unghie affondarono nei palmi delle mani. «Io sono affezionato a quel ragazzo, ma davvero la sua vita vale più di quella di tutte le persone che ora stanno soffrendo? Quanto ancora siamo disposti a perdere, prima che tutto questo si ripeta anche nel nostro mondo?»

«Questo dipende solamente da quanto ancora sarete disposti a opporvi alla marea che sta per inghiottirvi.» Una voce estranea, intrusa, si insinuò in quella conversazione che aveva appena raggiunto il massimo picco di drammaticità.

Max si irrigidì, mentre Dario e James subito tornarono ad avere l'aria di chi era pronto a battersi fino all'ultimo sangue.

Gli occhi seri e profondi del vampiro più anziano scrutarono il giovane uomo che in apparenza sembrava avere non molti anni in meno rispetto a lui; le iridi scure dell'ex-Principe della Notte sostennero lo sguardo castano più chiaro e tendente al verde del nuovo arrivato.

Non gli sfuggì affatto quel sottile e invisibile filamento che lo fece immediatamente sentire collegato all'individuo.

Di tempo ne era passato dall'ultima volta che aveva provato quella sensazione. Precisamente da quando... beh, da quando, di tanto in tanto, aveva avvertito la medesima cosa nel trovarsi fisicamente vicino a sua moglie mentre lei era gravida. Anche in quei momenti il legame di sangue fra lui e la creatura in grembo a Leda era stato percepibile, quasi un richiamo.

«Lorenzo, dico bene?», fu Dario il primo a parlare, senza alcuna inflessione particolare nella voce. Lui e il nuovo arrivato si stavano studiando a vicenda, per la prima volta faccia a faccia, senza più terze persone a ostacolarli. Padre e figlio per la prima volta uno di fronte all'altro.

Che a loro stesse bene o meno, la verità restava quella che era ed era ora di affrontarla.

Lorenzo piegò le labbra piene — così simili a quelle del vampiro che egli aveva di fronte — in un sorriso solo in apparenza amichevole.

«Vedo che l'età non ha intaccato le tue doti di attento osservatore.»



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