[CAPITOLO 20]
17 settembre 1997
Erano circa le tre di notte, e Sandie provava in tutti modi a dormire, ma senza successo.
Ore prima aveva preso la melatonina, ma neanch'essa portò a grandi risultati.
Quella sera ebbe un brutto attacco di insonnia, si era svegliata da pochi minuti e faceva fatica a riprendere sonno, anzi, era come dissolto nel nulla.
Era seduta, la schiena era posata sullo schienale del letto, era tutto buio, e udiva dei piccoli sospiri, era Chloè che stava dormendo beatamente vicino alla sua mamma.
Accese la tv per avere un po' di luce in camera, guardò la bimba e la vide completamente abbandonata nel mondo dei sogni.
Sorrise.
Amava così tanto quella bambina, era la sua più grande gioia, l'essenza della sua vita, il suo respiro, si avvicinò per darle un bacio sulla fronte.
«Mamma ti ama tanto amore mio.» le sussurrò, e le diede un piccolo bacio sulla guancia.
La bambina emise un piccolo gemito e si girò dall'altra parte del letto.
Stellina ridacchiò a bassa voce.
Afferrò il telecomando posato sul comodino e cominciò a varcare sui canali presenti in tv.
Tra vari talk show, oppure puntate di soap opera mandate in onda vari giorni prima, emise uno sbuffo in segno di noia.
«Che due scatole.» disse scocciata, non aveva sonno, e voleva trovare il modo di riattivare il sonno, poiché il giorno dopo sarebbe andata a lavorare.
Fino a che non si fermò su un canale non appena vide una figura a lei conosciuta.
Quella di Michael.
Posò il telecomando, e i suoi occhi si incollarono sullo schermo proiettando quella che era un intervista rilasciata proprio il giorno dopo del funerale di Diana.
Di notte fonda la televisione proiettava programmi di vario tipo mandati in onda giorni o settimane prima. In modo tale che la gente che rimaneva sveglia nel cuore della notte, oppure semplicemente notturna, guardasse qualcosa. E Sandie ere una di quelle persone.
«Quando giungono i paparazzi. Michael Jackson dice di sentire un legame con la Principessa Diana. I paparazzi hanno cominciato a divenire parte della sua vita da quando era un bambino, il più giovane dei Jackson Five. É una superstar da ben tre decadi. A trentanove anni continua a cantare e danzare in tutto il mondo e i paparazzi lo seguono ovunque. Negli ultimi cinque mesi è stato in tour in Europa, esibendosi per più di due milioni di persone. La sera in cui Lady Diana morì, Michael Jackson annullò il suo concerto, ma gli ultimi due furono dedicati a lei. Egli non vanta Diana come fosse una sua amica stretta. Lei era una fan.» riconobbe la voce di colei che intervistava Michael. Era Barbara Walters, una nota giornalista che aveva intervistato note celebrità come Clint Eastwood, Sophia Loren, persino la nota primo ministro inglese Margaret Thatcher. Insomma, aveva tanta popolarità nel campo giornalistico per le celebrità.
«Incontrai la principessa per la prima volta al concerto a Londra. Lei era molto gentile, molto amorevole, dolce.» il suo cuore sussultò quando udì dopo tre anni la sua voce, una caratterista che non aveva mai dimenticato, era rimasta la stessa, delicata e profonda come il mare. Persino la sua bellezza, non era cambiato di una virgola, se non più maturo. Intravedeva il suo abbigliamento, una maglia bianca, con su una giacca nera con uno stemma dorato alla sua destra, il capello di federa e i suoi riccioli neri tra il viso.
Sandie guardò il suo viso, era spento e triste, persino i suoi occhi mormoravano tante parole.
Quegli occhi.
Dio se non li aveva dimenticati e amati allo stesso tempo.
Emise un sospiro di tristezza.
«Di cosa avete parlato?» domandò Walters.
«Avevo scritto una canzone intitolata Dirty Diana, non riguardava Lady Diana, riguardava quel genere di ragazze che seguono i concerti, o i clubs, sai, quelle che in genere vengono chiamate
groupies. lo ho vissuto con ciò tutta la mia vita.
Queste ragazze fanno tutto con la band, sai, ogni cosa che tu possa immaginare. Cosi scrissi
Dirty Diana, ma io la tolsi dallo show in onore dell'altezza reale.
Ella mi chiamò in disparte e mi disse: "Canterai anche Dirty Diana?" Così io risposi "No, l'ho tolta dallo show.", "No! Vorrei che tu la cantassi invece!", "Cantala canta quella canzone!"» Sandie ridacchiò, se lo ricordava come fosse ieri. Quando erano insieme Michael le aveva raccontato dell'incontro con Diana, e che per il suo compleanno lui le aveva permesso di parlare con lei al telefono.
Sospirò malinconica.
«Aveva molto senso dell'umorismo.» commentò la donna dal caschetto biondo.
«Sì certo. Mi disse che era un onore incontrarmi, lo le dissi: "E' un" onore incontrare te."» rispose il moro.
«Come hai saputo della sua morte?» fu qui che la curiosità di Sandie aumentò.
Chissà com'era stata la sua reazione.
Come lo aveva saputo, chi lo aveva detto.
«Uhm ...» mormorò «Mi ero appena svegliato, e ... il mio dottore ... mi dette la notizia.» disse diretto «Provai un immenso dolore, e cominciai a piangere. Il dolore... provai un dolore interiore.. nel mio stomaco, nel mio petto. Così dissi "Non posso sopportarlo...questo è troppo" Solo il messaggio e il fatto che conoscevo la sua personalità, poi oltre a ciò dissi "C'è un'altra molto presto, sento che accadrà, prega che non sia io, ti prego non lasciare che sia io" E poi Madre Teresa ...» Sandie poté solo immaginare la reazione forte di Michael.
Era un uomo molto molto sensibile, lo conosceva perfettamente, e probabilmente aveva avuto una reazione molto forte alla notizia.
Lo guardò con occhi lucidi a vedere la sua espressione completamente afflitta e sconvolta.
«Sei veggente? É questo che stai dicendo?»
Sandie aggrottò le sopracciglia.
Ma che ...
«Non voglio dire questo, ma l'avevo predetto prima.»
«E tu hai pensato potessi essere tu?»
«Si.» rispose «Ho vissuto così tutta la vita. La pressione dei tabloid, quel genere di pressione, non la pressione. I tabloid, i paparazzi, quel senso. Sono stato rincorso per tutta la mia vita, nascondersi, farla franca. Non puoi percorrere quella strada perché loro sono là, bene prendiamo l'altra strada e loro sono là, o se non ci sono ci andranno. Qualcuno direbbe "Aspetta! Questa persona merita la sua privacy. Non hai permesso di andare là!" lo ho girato il mondo correndo e nascondendomi. Io non posso fare una passeggiata in un parco. non posso andare in un negozio. Devo nascondermi in una stanza. Ti senti come in prigione.»
Michael ...
Provò un senso di compassione, infondo lui le aveva sempre riferito la grande pressione dei paparazzi e della stampa. Sandie all'epoca poteva intuire la frustazione e la paura nei suoi bellissimi occhi marroni. Scosse la testa pensando che doveva vivere una vita del genere. E non se lo meritava.
«Qual è stata la cosa più invadente? Qual è la cosa peggiore?»
«Loro arrivano fin dov'è possibile nascondere oggetti. Potrebbero far scivolare una macchina fotografica sotto la porta del bagno. Click click Click, tu: "O mio Dio!" E' successo.»
«Quando sei arrivato in questo hotel, sei dovuto entrare attraverso la cucina.»
«L'ho fatto per anni. Non ho mai visto l'entrata principale. Mai.» Sandie annuì in segno di conferma. Se lo ricordava bene, Michael entrava nei posti più nascosti dell'hotel, era andata in tour con lei, tante volte lui entrava o dalla cucina, oppure in una sala dell'hotel completamente sconosciuta.
«Hai mai provato a sorpassare i paparazzi?» domandò la giornalista.
«Sorpassarli?» ripeté Michael.
«Sì.»
«Loro ti seguono. Ci rincorrono con gli scooters.»
«Vi tagliano la strada?»
«Si. Ed io dico all'autista "Vai piano", entro dentro e dico «Vai piano.» E' accaduto diverse volte. Dico: "Ci ucciderà". Così lui salta fuori dall'auto e grida a queste persone.»
«Sai, c'è una controversia per cui tu fai affidamento sulla pubblicità per vendere i tuoi album, per i tuoi concerti.» disse la bionda cambiando argomento.
«Quando approvo qualcosa sì.» confermò il cantante.
«Ma non puoi sempre controllare la pressione. Non puoi approvare tutto. Tu non puoi attrarli più volte e poi chiuderli fuori.» Sandie a quella domanda così assurda spalancò la bocca scioccata.
Ma che cazzo significa!?
Allora io devo morire per delle foto?
La donna dalle iride verdi scosse la testa, e si contenne per non commentare ad alta voce con rabbia per paura di svegliare la bambina.
«Sì che puoi.» disse lui con sicurezza.
«Ok, in che modo? Come fai?»
«Così: "Questo è il tempo per voi" e "Questo non lo dovresti fare" Tu non dovresti dire: "Lui è un animale." Non dovresti dire "Lui è Jacko", lo non sono "Jacko'. Sono Jackson.» annotò alla fine.
«Come ti senti quando ti chiamano così?»
«Sì, Wacko Jacko, da dove è venuto fuori?
Un tabliod inglese. lo ho un cuore e provo dei sentimenti. Soffro quando mi fanno questo. Non è carino, non si fa. Non sono un wacko.» gli occhi di Michael dicevano qualsiasi tipo di parola e frase, e Sandie comprese che Michael era ancora l'oggetto per eccellenza per la stampa, si divertivano a prenderlo di mira e ferirlo e la cosa la faceva stare male sapendo che continuava a soffrire per colpa della stampa.
«Per Dio devono morire uno dopo l'altro.» commentò stellina con lo schifo in gola.
Come potevano commentare il suo aspetto e dando dei soprannomi tanto ridicoli e cattivi. Possibile che la gente guadagnava per questo? Per foto e cattiverie gratuite? Era così ingiusto.
«Ci sono certe cose di te che si dice tu faccia per attirare l'attenzione, Ok, le maschere, il comportamento misterioso.»
Ma che cazzo sta dicendo questa deficiente!? Dio santo é peggio di Oprah Winfrey! Ma che razza di osservazioni sono!? Ma ha un cervello?
Sandie contò fino a dieci, emanando dei sospiri profondi, ma vide Michael calmo, senza andare del panico e rispondeva con classe.
«Non c'è nessun comportamento misterioso. C'è un tempo, quando ho un concerto, in cui a me piace avere molta gente che viene e si gode lo spettacolo. Ma c'è anche un tempo in cui ti piacerebbe avere una vita privata, quando indossi il tuo pigiama e vai a dormire, Spegni la luce, e ti stendi. Quello è il tuo spazio privato. Tu puoi andare al parco, io invece non posso. Così ho creato mio parco privato a Neverland. Le mie giostre acquatiche, il mio teatro, il mio parco... quello è tutto per me. E' la mia gioia.»
Tu eri la mia gioia.
La luce dei miei occhi.
E mi fa male vedendo che stai soffrendo ancora ...
«Non vorrei offenderti, cerco solo di essere leale con te. Ma tu hai qualcosa di eccentrico nel tuo piccolo. Il modo in cui vesti, il modo in cui guardi, attira attenzione. L'apparenza. L'intera apparenza da quando sei cresciuto è stata più grande della tua vita, più estrema. Non pensi che i paparazzi li attragga tu stesso?»
«No ti prego. Lo ha detto davvero?» domandò Sandie sarcastica. E poté vedere Michael fare un segno con la giacca, come se si stesse coprendo. Come se si vergognasse del suo aspetto. E lei notò perfettamente, una lacrima le scappò dall'occhio destro «Michael ...»
«No, forse mi piace vivere così, vestire così. lo non voglio i paparazzi, sul serio. Ma se vengano, che siano gentili e che scrivano il giusto,
gentili nello scrivere.» puntualizzò la star con tono pacato e serio.
«Michael, è il ruolo del giornalista. Un giornalista può essere benevolo?»
«Gesù mio ... io sarei esplosa.» commentò ancora Sandie mettendo una mano sulla fronte.
«Essere benevolo?» ripeté Michael.
«Perché la stampa deve guardare a fondo nelle cose. Deve essere dura, tenace. Non può essere benevola.» puntualizzò la Walters.
«Ah certo, quindi io se sono una celebrità di un certo calibro le conseguenze che posso rincorrere oltre i paparazzi é la morte. Vero? Io devo morire perché la stampa é una bestia. Ottima osservazione.» commentò ancora Sandie sull'orlo di scoppiare.
Michael ridacchiò in modo nervoso.
«Hai visto cos'è successo a Lady Diana, e dimmi, dovrebbero esserci dei limiti. La star ha bisogno del suo spazio, del tempo di rilassarsi. Ha un cuore, è un essere umano.»
«Urlalo Michael. Ti prego.» disse stellina incrociando le braccia al petto.
«Tu hai cancellato i concerti quando hai saputo della morte di Diana.»
«Sì.» rispose il moro con tono triste.
«E quando hai tenuto un concerto, alla fine, tu l'hai dedicato a lei. Cosa volevi dire?»
«Nel mio cuore dicevo: "Ti voglio bene Diana. Splendi, splendi per sempre. Perché tu sei la vera principessa del popolo." E non ho detto questo in parole, ma l'ho detto per tre minuti mostrando una grande immagine sullo schermo della Sony, grandi, immensi schermi e la sua immagine era splendida e io orgoglioso quando la folla ha esaltato. Poi ho cantato Smile e Gone too soon.» raccontò Michael congiungendo le mani.
«Dicci qualche parola delle canzone, se puoi.» disse la giornalista.
«Splendidamente luminosa, qui un giorno é scomparsa una cosa. Te ne sei andata troppo presto.» recitò una strofa della canzone Gone to soon con tristezza, con lo sguardo verso il basso e l'espressione completamente addolorata.
Sandie si commosse, sentire quelle parole da parte di Michael fu come una carezza nel cuore, anzi, nell'anima.
Il suo cuore fece capovolte e poté sentire le farfalle nello stomaco.
Mise una mano proprio dove si trovava il cuore.
Pregando che lui fosse lì con lei, a raccontare ciò che stava dicendo nell'intervista.
Pregava che lui la guardasse con quello sguardo tenero e puro, dove pronunciava di essere amato.
Pregava di guardarlo negli occhi, di baciarlo e di toccarlo. Fare l'amore con lui ripetendo che la sua vita non aveva senso senza di lui.
Ma poi guardò in faccia la realtà.
Lui non era con lei.
Avevano perso ogni tipo di rapporto e contatto.
Lui era sposato.
Era diventato padre.
Stava continuando a vivere.
Non poteva più avere lui in alcun modo.
«Tu hai detto: "Sono cresciuto in una campana di vetro. Non permetterò che ciò accada a mio figlio" Tuttavia, quando tuo figlio è nato hai venduto le foto al National Enquirer e ad altre riviste europee, tabloids. Perchè l'hai fatto?»
Sandie spalancò gli occhi.
«Perché?» domandò Michael.
«Sì perché?»
«Perché c'era una sorta di gara.» rispose serio «Erano uscite alcune foto illegali. Illegalmente
qualcuno ha preso le foto di un bambino, milioni di dollari e ha detto: "Lui è il figlio di Michael".»
«Dio mio ...» mormorò stellina.
«E non era lui, se ben ricordo.»
«Infatti non era lui.» confermò «Così io ho preso le foto del bambino. Sono stato quasi costretto a prendere e sue foto. C'era l'elicottero sopra di noi. Sorvolava la mia casa, sorvolava l'ospedale, macchine, satelliti, ovunque. Perfino l'ospedale ha detto:"Michael, abbiamo avuto ogni genere di celebrità qui, ma non è mai successo niente del genere. E' incredibile". E così ho detto: "Ecco, prendi" e ho dato dei soldi in beneficienza.» raccontò il cantante con il peso nel cuore di aver fatto qualcosa che non voleva, nella quale si era sentito costretto a farlo.
«Così, piuttosto che, vuoi dire che te li sei buttati
alle spalle?»
«Sì, e ora vogliono farlo di nuovo e io non voglio. Forse io non voglio mostrarlo al mondo in questo modo. Voglio che abbia il suo spazio. Dove può
andare a scuola. Non voglio che lo chiamino 'Wacko Jacko". Non é carino. Loro chiamano il padre così. Non è giusto no?»
«Hai detto che non vuoi che tuo figlio sia chiamato "il figlio di wacko jacko" Come farai ad impedire che ciò avvenga?»
«Quello è il punto. Forse dovresti escogitare un piano per aiutarmi.»
«Tu sei suo padre.» lo fece notare la bionda.
«Ecco, ci risiamo.» fece le spallucce «Loro hanno creato questo. Loro pensano mai che io voglia avere un figlio, che io ho un cuore? Mi sento ferito. Perchè deve succedere anche a lui?»
«Sei felice di essere un padre?»
«Certo lo adoro.»
«Ti senti molto coinvolto con lui?»
«Sì.»
«Vorresti altri bambini?»
«Sì.» rispose con il sorriso.
A quelle domande e risposte, automaticamente lo sguardo di Sandie si spostò su quello di Chloè, dormiva e aveva un sorriso stampato in volto.
Chissà cosa stava sognando.
Forse stava sognando di stare su un bel castello dorato e di indossare un bellissimo vestito. Chi lo sa.
Ma non appena la guardò, la coccolò, pensando anche a Michael, il padre biologico della bambina. Sarebbe impazzito per Chloè, sarebbe diventata il suo motore di vita, l'avrebbe trattata come un principessa, curandola come un fiore, amandola come il dono più bello mai ricevuto.
Sandie aveva di fronte a sé il frutto del loro amore.
Ciò che rimaneva di Michael, era proprio quella bambina, perché in quel corpicino scorreva il sangue di Michael. E lo si percepiva, si percepiva perfettamente.
«Tu sei stato sotto i riflettori sin da quando tu stesso eri un bambino.»
«Sì.»
«Se tuo figlio mostrasse del talento. Ad ogni modo mostra qualche talento a nove mesi?»
«Bene, ti dirò.» raccontò «Quando lui piange, per farlo smettere di piangere, io devo fare una cosa.»
«Cosa?»
«Devo stare in piedi davanti a lui ballare.»
«Veramente?» domandò la giornalista stupita.
«Sì. E lui smette di piangere. Le sue lacrime diventano sorrisi. E lui é felice e sorride.» parlò con il sorriso, con l'emozione nella voce di parlare di suo figlio.
«E tu fai il moonwalk con lui?»
«Sì, ogni genere di passo.» iniziò a muovere le spalle «E lui smette di piangere.»
«E poi smette di piangere? Dovrai ballare molto.» disse lei con tono sarcastico, lui rise cogliendo l'ironia.
«Già, ballo molto.» il suo sorriso.
Dio da quanto tempo non vedeva il suo sorriso.
Era la cosa che più le mancava.
Sentire la sua risata.
Vedere il suo sorriso.
Pensò a quanto era bello.
A quando era diventato più bello.
Più andava avanti con gli anni e più diventava bello.
Si perse completamente in lui.
E non accadeva da quasi tre anni.
Sembrava che non fosse cambiato niente.
Michael era tutto per lei, e vederlo sorridere le bastava vivere. Faticò a non piangere. Poiché tutto era diventato un ricordo.
Perché ... perché doveva andare così? Perché?
«Michael, se questo ragazzino un giorno dicesse: "Papà, voglio andare sul palcoscenico" Dopo cosa succederebbe?» lui accennò una risata a quella domanda.
«Gli direi: "Aspetta, aspetta. Se sceglierai questa strada, piuttosto che questa, questa o quell'altra."»
«Glielo lasceresti fare?»
«Gli lascerei fare tutto. Direi, "Guarda ti aspetta tutto questo, e tutto questo, e questo. Sei pronto a sopportarlo?" E lui "Si, non vedo l'ora!" Allora gli direi "Vai. E che tu sia migliore di me."»
«Ma sapere cosa lo aspetta?»
«Lo saprà.» disse lui con sicurezza.
Sandie sospirò affranta ma malinconica.
Dopo tanto tempo aveva visto Michael in tv e una sua intervista.
I suoi sentimenti non erano svaniti, il suo cuore batteva ancora e aveva un forte desiderio di mollare tutto, andare in America e stare con lui.
Era un suo desiderio e sarebbe rimasto tale.
Perché Michael non era più nella sua vita.
E lei non era più parte della sua vita.
Guardò il tutto con tanta nostalgia e malinconia.
La nostalgia di un uomo che aveva amato con tutta se stessa, che l'aveva consumata dalla testa ai piedi, che si era persa per lui.
La malinconia dei loro momenti insieme, non solo quelli belli ma anche quelli brutti, come ad esempio le loro litigate. Ridacchiò solo al pensiero.
Lei aveva conservato tutto di lui, anche le cose più semplici, come i regali che le aveva fatto, ma in particolare, teneva custodita i loro momenti insieme. Aveva vissuto un amore meraviglio, degno e proprio di una favola. Era Michael il suo principe azzurro, ma l'incantesimo non durò a lungo, e da lì, capí che in realtà non poteva essere una favola.
Sospirò con un sorriso amaro, con la consapevolezza che l'avrebbe lasciato andare, era ormai innamorata di un altro uomo e per amare Vincent, doveva smettere di correre dietro di lui.
Guardare avanti, guardare il futuro.
Michael era diventato il ricordo più bello della sua vita, come la loro storia e tutto il resto.
Era perfettamente conscia, che se si sarebbe messa con un altro uomo, non avrebbe amato quell'uomo come aveva amato Michael. Perché con lui, era tutta un'altra dimensione.
BEVERLY HILLS, L.A
«Mr Vrachnos se lo ritenga necessario direi che non posso fare altro che accontentare la richiesta.» disse il notaio incrociando le mani.
«Ho avuto dei malori in questo periodo, e penso che sia arrivato il momento di fare un testamento. Ho paura che da un giorno all'altro io non potrei più essere qui, e voglio che le mie figlie stiano bene. Devono stare bene, e per questo devo stare tranquillo. Perciò, procediamo con la stesura del testamento.» Alexandre Vrachnos, da tempo aveva ricevuto dei malori, lo stesso lo aveva portato a dei ricoveri in ospedale, di cui completamente oscuri dalle figlie.
Non voleva che si preoccupassero per loro, e avessero ansia, dovevano stare bene e vivere la loro vita. Alexandre le aveva lasciare andare, ma non di certo abbandonate. Lui viveva solo ed esclusivamente per le sue figlie, nulla di più.
Accettò il fatto che loro erano cresciute, erano mamme e donne.
Sospirò con il fiato bloccato nella trachea al pensiero che non ci sarebbe stato più accanto a loro. Non le avrebbe viste mai più, ma il suo amore era così forte che quando sarebbe morto, si promise di mandare dei segnali alle loro figlie, mostrando la sua presenza, e che nonostante non sia presente fisicamente, lui sarebbe sempre stato con loro e dovevano andare avanti.
«Mr Vrachnos potrei farle una domanda personale?» domandò il notaio togliendo gli occhiali da vista.
«Mi dica.» disse.
«Ha per caso qualche male che richiede la scadenza di vita?» Alexandre scosse immediatamente la testa.
«No no, niente tumori né robe del genere. Ho avuto soltanto dei malori, mi é capitato di avere un infarto ma sono stato salvato per miracolo. Da lì, ho capito che non ho tanto tempo da vivere. Perciò sono qui a scrivere il testamento, prevenire é meglio che curare.» spiegò l'uomo con un nodo alla gola.
«Capisco.» il notaio gli diede un foglio, Alexandre prese una penna nera dalla sua tasca della giacca color biscotto e cominciò a scrivere.
Non era solo un testamento, quindi lasciare l'eredità alle figlie, ma sembrava di scrivere anche una lettera d'addio.
Alexandre si fermò ad un certo punto della stesura del pezzo di carta così sacro come il testamento.
Il pensiero che un giorno sarebbe morto e non avrebbe più visto le sue bambine lo lacerava.
«Mi scusi. Posso andare al bagno?» domandò.
«Sì, é infondo a destra.» indicò l'uomo.
«La ringrazio.» Vrachnos si alzò in piedi andando verso il bagno, si chiuse dentro e cominciò a piangere.
Pianse e pianse.
Non voleva morire.
Ma con quei malori che aveva avuto non gli restava tanto tempo da vivere. Era un segno.
Non aveva malattie, tumori, nulla del genere.
Era solo come si dice, la vecchiaia.
Si accasciò per terra pensando costantemente alle sue figlie.
«C-come faccio ... come faccio a lasciarle? I-io non sono pronto, non voglio morire. Non ora.» sussurrò tra le lacrime e congiunse le mani in segno di preghiera «Dio, se stai ascoltando le mie preghiere in questo momento. Ti prego, fa che io continui a vivere ancora per un po'.
Non voglio lasciare le mie bambine, hanno bisogno di me, e hanno solo me.
Sono la mia vita. Tutto ciò che ho. E voglio vederle sorridere, e sopratutto vedere i miei nipotini crescere, stare con loro e passare dei momenti indimenticabili. Perciò ti prego, dammi la forza di andare avanti, di combattere tutta questa situazione. Io ... io non sono pronto a morire un domani. Voglio ancora vivere, ti prego, fallo per le mie figlie e per i miei nipoti. Ancora un po', ti prego.» supplicò al Dio onnipotente di non morire, di stare ancora con le sue figlie e i suoi nipoti. Di non chiamarlo ancora e di vivere ancora un po' per stare con le persone che più amava di ogni cosa al mondo.
Si fece prendere dalla paura e sentì un piccolo malore in pieno petto.
Mantenne la calma e fece dei respiri profondi mentre mise una mano dove si trovava il cuore.
Ispirò, ed espirò.
Ispirò ed espirò.
Piano piano.
Senza che nessuno lo mettesse fretta.
E il dolore passò.
Emise un sospiro di sollievo.
Vrachnos ritornò dal notaio e l'uomo dalla giacca e cravatta gli dette un fazzoletto.
«La ringrazio.» ringraziò l'uomo afferrando un fazzoletto per asciugarsi gli occhi.
«É normale avere questo tipo di reazioni.» lui sospirò.
«Non sono un tipo che mostra facilmente le proprie emozioni, sono fatto così. Ma questa situazione ... cavolo. É dura. Io non sono ancora pronto. E so bene che morire fa parte della vita, ma non é il momento.» confessò con le lacrime agli occhi che non smisero di uscire e di scorrere lungo il viso.
«Ha mai affrontato questo argomento con le sue figlie?» domandò il notaio.
«Sì, ma ogni volta scoppiano a piangere, ci ho provato una volta ma non è finita bene. Ho provato a farla vedere come una cosa non negativa. Ma non c'è stato verso.» rispose con sincerità passando una mano sulla fronte.
«Sa cosa penso? Credo che non bisogna ricordare una persona defunta con le lacrime agli occhi, non mi fraintenda, ci sta piangere quando si hanno nei momenti no. Ma credo che bisogna ricordare una persona con i momenti belli che ha trascorso. Quelli divertenti ad esempio. Io non piango, anzi, sorrido, ma questo ovviamente é un mio modo di ricordare le persone defunte, il resto é tutto oggettivo. Dipende molto dalle sue figlie. Posso solo dirle, come lei già sa, che l'anima di una persona vivrà in eterno. Non morirà mai. Questo é certo Mr Vrachnos.» Alexandre sentiva i giorni contare e non voleva abbandonare ciò che aveva di più caro, la famiglia, sospirò pesantemente massaggiando gli occhi.
«Spero che le mie figlie mi ricordino del padre che sono stato, ma ripeto, queste sono mie sensazioni. Può darsi che morirò tra cinque anni, o dieci, io me lo auguro.» disse sedendosi sulla sedia «Ma ripeto, prevenire é meglio che curare. Le mie figlie e i miei nipoti arrivano prima di ogni cosa. Non si può mai sapere.» e riprese a scrivere di suo pugno il testamento, sentendosi meglio, sperando che la sua morte, sarebbe arrivata molto molto più in là di quando immaginasse.
BUON ANNO STELLINE!🎉❤️
E come iniziare l'anno nel migliore dei modi se non con un nuovo capitolo?
Cosa ne pensate? Fatemi sapere nei commenti.
Auguro a tutte voi e bellissimo e sereno anno, e come sempre, grazie per ogni cosa.
Iniziamo insieme questo 2024🫶🏻
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