[CAPITOLO 14]








BOSNIA

4 Agosto 1997



Diana, principessa del Galles, era partita da qualche giorno per dirigersi a Bosnia, in quel paese all'epoca era governata da una minaccia, le mine antiuomo, una piccola bomba esplosiva che veniva posizionata sottoterra.
E la principessa, amante e madre dei diritti umani e di pace, andò proprio lì, in Bosnia, cercando di essere di aiuto verso il prossimo.

Mesi prima conobbe un uomo, Ken Rutherford, aveva perso entrambe le gambe a causa dell'esplosione di una mina, conobbe Diana durante una cena, lei ascoltò attentamente la storia della vittima e aveva promesso che sarebbe ritornata se avessero avuto bisogno di aiuto.

E lei mantenne la promessa.

Fu richiamata poco dopo, da due anni era finita la guerra civile, ma le mine antiuomo non smisero di creare terrore nel paese.
Quelle piccole bombe nascoste sotto la terra, aveva ucciso almeno ottanta persone al mese tra cui anche bambini, di cui la percentuale era altissima. Quando venne chiamata, Diana accettò immediatamente. Il governo inglese provò a dissuaderla. Il viaggio era potenzialmente pericoloso. Ma lei aveva deciso esplicitamente di andare «Scordatevelo» disse «Ci andrò. Non ditemi cosa devo fare. Andrò da privata cittadina» Diana, con lo spirito ribelle, non ebbe alcun timore di dirigersi lì, con la consapevolezza che quelle armi erano ancora in vigore non si diede per vita, volò dritta in Bosnia a dare aiuto ai cittadini e alle vittime nonostante la disapprovazione del governo inglese.

Paul Burrel, maggiordomo e intimo amico della principessa, l'accompagnò, per il viaggio utilizzarono un elicottero degli Al Fayed.
Con sé portava per la prima volta un telefono satellitare, un gioiellino tecnologico che Dodi le aveva regalato perché potessero tenersi sempre in contatto.

In quell'angolo martoriato dei Balcani la principessa incontrò feriti e familiari delle vittime, delle varie religioni ed etnie. Il carattere "privato" della visita le evitò di ritrovarsi faccia a faccia con la presidente della Croce rossa serba, Mira Marcovic, moglie di Slobodan Milosevic, il leader di Belgrado accusato di crimini contro l'umanità per la pulizia etnica condotta dall'esercito jugoslavo contro i musulmani della Croazia, della Bosnia e del Kosovo.

Diana era semplice e bellissima, era vestita con jeans lunghi scuri, e una camicetta rosa.
Lei ascoltava, abbracciava, dava amore alle persone bisognose, per questo la gente l'amavano.
L'amavano perché era una di loro.
L'amavano per il suo stato di essere così buona, di mostrare l'affetto senza mettere filtri.
E lei era così.
Senza filtri.
E non aveva paura di nessuno.
Era come un angelo scesa dal cielo.

La jeep su cui viaggiavano scendevano dalle colline.
Diana controllava il telefono e non aveva ancora ricevuto nessuna chiamata, come se stesse aspettando che qualcuno la chiamasse.
«Non c'è tempo per coinvolgere gli americani Oslo è l'ultima conferenza prima del Trattato di Ottawa [1*] .» disse Lord Deedes, un amico della principessa.
«Ma la firma dell'America sarebbe fondamentale.» intervenne Diana.
«Ci sono troppi punti spinosi.»
«In realtà sono solo tre: deroga per il confine tra Corea del Nord e del sud, rinvio per l'entrata in vigore del trattato, e il problema delle mine intelligenti.» puntualizzò la principessa.
«Mine intelligenti?» domandò Paul con tono interrogativo.
«Durano sette anni e poi si distruggono.» sintetizzò la bionda.
«Significa ridefinire il concetto di mine antiuomo.» intervenne poi Lord Deedes.

L'occhio di Diana cadde verso un cimitero di Sarajevo era una distesa infinita di croci. La principessa vide una donna con un mazzo di fiori avvicinarsi al cancello.
«Aspettate, fermi la macchina.» ordinò la bionda, l'autista fermò l'auto.
«Diana.» disse Paul «Che volete fare?» domandò il maggiordomo.
«Voglio andare da quella donna.» rispose lei, saltò giù dal fuoristrada ed entrò anche lei, camminò fra le lapidi e la raggiunse.

La donna si era fermata a sistemare i fiori sulla tomba del figlio, morto a diciotto anni durante la guerra.
«Salve.» disse lei
«Pozdrav.» salve rispose la donna in bosniaco, un po' stupita sapendo che si trovava davanti a sé la principessa del Galles.
«Che cosa è successo?» domandò lei con tono dolce.
A quel punto la donna guardò la tomba, con occhi lucidi e un viso che esprimeva solo un emozione.
Dolore.
Il dolore di aver perso un figlio.
Di aver perso una parte del suo corpo.
Di aver fatto nascere una creatura, cresciuta e uccisa ingiustamente.
«Ovo što vidite je grob mog sina, poginuo je u ratu prije dvije godine ...» Questa che vedete è la tomba di mio figlio, è morto in guerra due anni fa ...
La donna guardò verso il basso, cercando di trattenere le lacrime.
Diana non aveva capito di quello che ha detto, guardò meglio la lapide, in basso c'era la foto di un ragazzo molto giovane, poteva essere del figlio di quella signora.

La principessa con istinto, le prese il viso tra le mani, la donna di conseguenza le accarezzò il suo.
«Mi dispiace ... mi dispiace tanto.» mormorò la bionda con tono rotto. Provando ad immedesimare in quella donna distrutta dal dolore, e solo a pensarci Diana poteva piangere piangere e piangere per ore.

Paul Burrel e Lord Deedes, guardavano la scena da lontano, sorridevano, rimasti ammaliati da una donna come Diana Spencer.
«Non esistono barriere linguistiche.» commentò Lord Deedes con tono serio, non staccando gli occhi dalla scena.
Diana, che consolava quella donna, e che quest'ultima si fidò di lei, sfogò il suo dolore e che Diana poteva solo accarezzarla e in qualche modo darle forza.
«È incredibile.» commentò Paul «È davvero incredibile, a volte mi domando che tecnica utilizza ad entrare nei cuori della gente, ma poi capisco che è semplicemente lei. Lei è così, è semplice, magnetica e tanto affettuosa.» Lord Deedes annuì con accordo.
«Due donne.» disse poi l'amico «Due donne dì nazionalità diverse, di ceti sociali diversi che si abbracciano in silenzio. Guardando questa scena da lontano, cerco di pensare chi altro avrebbe potuto farlo. E mi do una risposta proprio adesso. Nessuno» spiegò con tono determinato, sapendo che nessun altro essere umano avrebbe avuto lo stesso potere di diana verso le persone, soprattutto sui ceti sociali più bassi.
Nessuno sarebbe stata come lei.

Quell'istante memorabile fu fermato in una foto scattata da Paul Burrell [2*] , mentre la donna le tiene il volto tra le mani Diana e di spalle, dove si vedeva solo il caschetto biondo.
Un'altra foto che rimane memorabile di quel momento, fu quando la donna posò la testa sulla spalla di Diana e la principessa la consolava.
Si potevano chiaramente le loro espressioni, erano tristi, e quei momenti furono fermati in delle foto, che divennero una delle più famose e toccanti di Lady Diana.

~~

A Sarajevo, capitale della città, in un tugurio di mattoni e lamiere vide una ragazzina che aveva perso i genitori. Si prendeva cura del fratello e della sorella più piccola, cieca e denutrita.

Lontano dai fotografi Diana parlò con la ragazza, facendole raccontare la sua storia, poiché era rimasta senza una gamba.
«Ero in giro a cercare cibo e acqua, sembrava una giornata qualunque, come tutte le altre. Quando d'improvviso in una discarica scoppiò una mina, mi colpì la gamba destra e così ...» guardò le sue gambe, tra cui una era completamente sparita.
Diana con espressione triste mise una mano sul cuore.
«È terribile ... è così terribile, non è giusto, questo non è giusto.» mormorò la donna dal caschetto biondo con tono triste.
La ragazza fece le spallucce, come stanca di questa situazione.
Stanca di avere paura.
Stanca di non fare le cose più semplici.
Come ad esempio uscire di casa.
Era diventato un pericolo anche uscire di casa, passeggiare, oppure cercare i primi beni di necessità, per colpa di quelle mine, la vita dei cittadini era in pericolo, era diventata impossibile e Diana doveva fare qualcosa subito.

La principessa volle vedere la piccola cieca e la prese in braccio nonostante fosse bagnata di urina.
Era adorabile, e così piccola.
Nonostante non fosse in ottime condizioni, Diana la prese in braccio e la cullò. Forse fu il suo istinto materno a governare il cuore.
La principessa, essendo madre, aveva un fortissimo istinto materno verso il prossimo, soprattutto per i bambini.
E a lei non importava niente delle condizioni, voleva solamente dare amore.

Proprio come fece con le persone malate di AIDS, la storia di ripeteva.
Diana non credeva allo stigma, non credeva alle dicerie, pensava solamente che fosse solo ingiusto e crudele.
E quando Diana strinse la mano a quei pazienti malati di quel virus, i medici avevano cercato in tutti modi di fermarla e di dirle che rincorreva a pericoli di salute se toccava quelle persone.
Lei li ignorava, e parlava e abbracciava i pazienti.
Lady Diana, divenne così un simbolo di grande umanità.

Prima di partire la principessa pregò, e insistette, e si fece promettere dalla gente del posto e dai volontari che si sarebbero presi cura di lei. Mentre erano in volo verso Londra, Diana, aveva già deciso le nuove missioni. Ad ottobre, sarebbero andati in Cambogia e in Vietnam.
Quel che vide in Bosnia, la colpì più di tutte le sofferenze incontrate nei viaggi precedenti, e la fece piangere.
Le ferite che aveva visto erano orrende e lei voleva davvero fare qualcosa per impedire che accadesse ancora.








LONDRA





Nel frattempo Vincent e Sandie erano a casa di quest'ultima a fare le valige, poiché il giorno il dopo sarebbero partiti per due settimane a Sharm el Sheikh.
Erano in camera da letto, avevano addosso solo gli indumenti intimi, da poco avevano fatto sesso e dato che Chloè era andata a fare una passeggiata con la madre di Vincent, né avevano approfittato poiché rimasero da soli.

«Dunque ... vediamo se manca qualcosa.» disse la donna dei capelli neri controllando all'interno della grossa valigia se avesse preso tutto quello che le occorreva «Scarpe ci sono, borsette ci sono, le creme solari ci sono.» Vincent era steso sul letto, guardava il sedere della donna e si bagnò le labbra passando la lingua.
«In questo momento sto vedendo una bella visione davanti ai miei occhi.» disse lui con voce roca, Sandie capí e ridacchiò scuotendo la testa.
«Cretino, tu piuttosto hai preparato tutto?» lui si alzò dal letto, la afferrò per i fianchi portandola dalla sua parte per poi stendersi sul letto.
Lei accennò una risata.
«Dai Vincent, devo controllare se ho preso tutto.» lui iniziò a baciarle il collo.
«Abbiamo ancora tempo.» disse lui, ella sentì la sua eccitazione attraverso i boxer.
«Dio Vincent.» mormorò lei chiudendo gli occhi.
«Non posso farne a meno di te Sandie, io provo a fermarmi ma è più forte di me.»
«Siamo in due allora.» rispose a sua volta emanando un sospiro di piacere.

Lui le toccò la coscia in modo molto provocante, Sandie percepì il contatto erotico, le sue dita erano così delicate, e sentirle sulla coscia destra la mandava in estasi.
«V-Vincent ...» mormorò lei, lui la guardò profondamente negli occhi, le prese il viso con entrambe le mani buttandosi sulle sue labbra.
Le loro lingue si toccarono, bagnando le loro labbra, creando un vortice musicale di suoni.

Ma ad interrompere il momento fu uno squillo, era il telefono di lui, così interruppe quello che stava facendo per rispondere al telefono, che era posato sul comodino.
«Pronto?» domandò lui leggermente affannato.
«Tesoro mio.» era sua madre.
«Oh ciao mamma, tutto ok?.» domandò con tono preoccupato.
«Tutto ok, ma questo devo dirlo a te? Hai corso per caso?»
Cazzo ...
«Ehm ... si diciamo, io e Sandie stavamo giocando ad obbligo e verità, quando ho scelto obbligo mi ha obbligato di correre per tutta la casa.» la donna ridacchiò dall'altra parte del telefono scuotendo la testa.
«Siete proprio due bambini.» commentò lei.
«A proposito di bambini, Chloè?» domandò lui con tono serio.
«Tranquillo, sta bene. La sto trattando come una vera e propria principessa, sta giocando sulle giostre, siamo stati per i negozi, l'ho portata al McDonald, e ora siamo qui, al parco. È davvero una bambina molto molto dolce, e così timida. Oh, è adorabile. Mi sto innamorando di quella bambina e poi è così educata. Falle i complimenti a Sandie da parte mia, ha cresciuto un gioiello di bambina.» la donna dalle iride verdi sorrise a quel complimento, e si sentì onorata sentirlo dire dalla madre di Vincent, una donna perbene, elegante, raffinata e di altri tempi.

Capí che stava facendo un buon lavoro con sua figlia, la stava crescendo con amore e con la giusta educazione.
Era fiera di sua figlia.
Molto molto fiera.
«Ringraziala da parte mia.» disse Sandie a bassa voce. Lui annuì.
«Ha detto Sandie che ti ringrazia.» la donna dall'altra parte del telefono sorrise, e controllò con la coda d'occhio la bambina, che stava tranquillamente giocando sopra ai cavallucci dondolanti.
Provava a fare amicizia con qualche altra bimba, ma era così timida che subito abbassava lo sguardo e diventava rossa in viso.
La donna sorrise intenerita a quella bambina.

«A proposito Vincent, quando te la porto la bimba?» domandò la madre.
«Tra un oretta e mezza circa, se per te non è un problema, abbiamo quasi finito con le valige.» rispose il figlio.
«Oh bene, non c'è problema tesoro.» nel frattempo Sandie si avvicinò a lui, Vincent percepì la sua forte presenza sentendo le ciocche di capelli neri posate sulle spalle possenti di lui.

Era proprio dietro di lui.

Vincent le accennò un sorriso.
«Bene, vedi di tenere a bada Chloè mi raccomando.» la raccomandò.
«Stai tranquillo, quindi ora aiuti Sandie a sistemare la valigia?» Sandie allungo la mano verso i boxer di lui, proprio dov'era collocata la sua erezione, la mano con un colpo deciso tirò fuori dall'indumento il suo membro, e iniziò a massaggiarlo.

Vincent si bloccò.
Trattenne il respiro.
«U-uhm ... sì.» sì tappò subito la bocca.
«Bene, sono contenta che domani andrete a Sharm, ricordo ancora quella vacanza, avevi dieci anni e te ne innamorasti di quel posto. Sono davvero felice che torni in un posto fatato come Sharm el sheikh.» disse la madre con il sorriso, e Vincent gli scappò un gemito.
Spalancò gli occhi.
«Vincent tutto ok?» Vincent guardò Sandie ma lei aveva un sorriso compiaciuto, si morse il labbro inferiore e gli diede un bacio sulla spalla.
«S-si mamma, ho visto un insetto e mi sono spaventato.» mentì il ragazzo.
«Capisco, d'accordo io vado dalla principessa, ci vediamo più tardi.» si salutarono e una volta finita la telefonata Vincent si stese sul letto, avvolto tra il piacere che Sandie gli stava dando.
«Però ... è più caldo del solito eh? Mi piace.» disse lei con voce roca, a quel punto la donna gli si avvicinò all'orecchio del moro.
«Vuoi venire adesso o dentro di me Dottor Voorhees?» domandò lei mordendogli il lobo dell'orecchio.
Lui si morse il labbro inferiore.
«Dottoressa Vrachnos, m-mi sta provocando troppo.» disse lui emanando un gemito di piacere.
«È un reato dottor Voorhees? Perché se è un reato sarò bene felice di andare in prigione per coinvolgimento sessuale. Le piace la cosa?» a quel punto Vincent venne, sorprendendo la donna, accennando una risata leccandosi poi le labbra «Wow.» disse lei stupita «Mi hai dato ora la risposta dottore.» lui la guardò come la cosa più eccitante del mondo.

Si mise con sorpresa sopra di lei, la fece distendere per bene e le tolse gli indumenti intimi facendola rimanere completamente nuda.
«Dottorezsa Vrachnos, mi vuole acconsentire il secondo round?» lei sorrise.
«Ne farei anche mille.» rispose lei, e si avvicinò al suo viso per baciarlo «Scopami Vincent.» sussurrò, e lui scivolò dentro alla sua carne con tanta delicatezza, posando le mani sui fianchi di lei, iniziando così un secondo round tra il piacere fisico tra i due. Dove ad ogni spinta, ad ogni contatto, che sia un bacio, o una carezza. Aumentava dismisura.
Percependo poi un piacevole tepore tra i loro corpi, come se fossero sperduti nel deserto più caldo che esita.




Mezz'ora dopo



Sandie era vestita con un pantalone corto e il reggiseno, e Vincent si era vestito.
Erano in soggiorno a godersi una bibita fresca, entrambi bevevano la Coca Cola.
Sorridevano, e si guardavano teneramente come se fossero adolescenti.
Si piacevano.
Erano attratti.
E la cosa non li dispiaceva per niente, anzi.

«Allora, ricapitolando la giornata di oggi, siamo usciti. Siamo tornati a casa, mi hai aiutato a fare le valige, abbiamo fatto sesso due volte.» disse lei con tono provocante avvicinandosi a lui «E poi siamo qui, in cucina a bere un po' di coca cola.» lui la baciò sulle labbra.
«Le tue labbra sanno di Coca.» annotò il moro.
«Se è per questo anche le tue.» rispose lei a sua volta. Lui le fece la linguaccia.

«Vedrai, passeremo una bella vacanza. Io sono stato a Sharm quando ero bambino, e mi sono innamorato di quell'isola. È davvero spettacolare, poi è sicura per voi donne.» raccontò lui.
«Davvero?»
«Oh si vedrai, poi devi vedere l'acqua Sandie, dimentica Menorca, Sharm è tutta un'altra cosa. E vedrai che ci divertiremo, sarà una bellissima vacanza, e voglio che ti rilassi, soprattutto quello.»
«Ma voglio che ti rilassi anche tu.» lui la guardò dritto negli occhi.
«A me basta guardarti per sentirmi rilassato, io mi rilasso già a guardare il tuo viso, a stare con te, a toccarti, e parlare con te. Tu mi rilassi Sandie.» qualcosa dentro di lei scattò, era il battito del suo cuore, lo sentiva, tum tum tum tum tum tum, proprio come stesse facendo delle acrobazie.
Sapeva cosa le stava succedendo.
E le piaceva, non le dava fastidio, si lasciò completamente andare.

Fino a che non sentì una fitta nel petto, bloccando il suo corpo.
«Uhm ... Vincent, io vado un attimo in bagno, torno subito.» lui annuì e lei andò in bagno, chiuse la porta e iniziò a tossire.
Sentiva il suo stomaco andare a fuoco.
Il viso diventare sempre più bianco, e le mani che tremavano.
A stento faceva fatica respirare fino a che non cadde a terra completamente a peso morto.

Vincent udendo un rumore dal bagno di Sandie posò la Coca Cola e andò a vedere se andava tutto bene.
Bussò alla porta.
«Sandie, tutto ok?» non rispose, bussò un'altra volta «Sandie?» la chiamò, niente, silenzio tombale. Fino a che non decise di aprire la porta vedendo una scena che mai più si sarebbe dimenticato.
Sandie a terra, priva di sensi.

«Oh cazzo, no no no no.» si abbassò per prendere la testa di Sandie, era palla e tiepida «No! No Sandie!» iniziò a fare un massaggio cardiaco, e a stento dava dei segni.
Così fece la respirazione bocca a bocca, per poi tornare a fare il massaggio cardiaco.
«Sandie! Svegliati! Svegliati ti prego!» aveva il cuore a mille, la paura gli fermò la voce, le lacrime scorrevano lungo il viso. Doveva salvarla a qualunque costo.
Fece quel passaggio per ben due minuti, fino a che Sandie emise un respiro, si riprese, iniziando a vomitare, lui la fece alzare e l'aiutò a posare piano piano la testa lungo il gabinetto.
Mentre l'aiutò l'occhio cadde su un barattolo di farmaci.

Erano delle pillole energizzanti, e né era mezza boccetta, poi guardò l'altra parte del lavandino.
Melatonina a compresse, e poi compresse per il mal di testa.
Dio Sandie, ma cosa hai fatto?

Pensò che si fosse drogata di farmaci, ma in verità non era così.

Sandie finì di vomitare, era ancora per terra, stordita e che le girava la testa.
«Scusami Vincent.» disse lei, lui la guardò con sguardo preoccupato.
«Da quanto tempo prendi i farmaci?» domandò, lei lo guardò.
«Io non mi drogo di farmaci.» precisò la donna.
«Allora perché ti ho trovata stesa per terra priva di sensi? Sembravi morta cazzo!» lei sospirò.
«In realtà ... beh, quelle pillole le prendo per stare meglio, ma non ne faccio abuso, che sia chiaro, non mi drogo di farmaci. Io sono molto prudente e le prendo anche in orario.» Vincent spalancò gli occhi.
«Sandie.» la chiamò «Non mi dire che le prendi a stomaco vuoto ...» lei non rispose. Ma fece solamente un cenno con la testa «Ma cosa cazzo ti è venuto in mente!? Prendere questi farmaci, vitamine e antinfiammatori senza prima aver mangiato qualcosa! Sai bene gli effetti collaterali e sei un medico! Un medico cazzo!» le urlò contro «Sei impazzita!? Non puoi capire quanto mi sono spaventato! Mi sembravi morta ... davvero Sandie. Oh Dio santo ... per fortuna che Chloè non c'è.» la sua voce divenne rotta, Sandie lo guardò e aveva gli occhi lucidi.

Per un attimo le sembrò di essere in un momento parallelo.

Sandie era in camera sua, sistemando i vestiti e gli oggetti che aveva comprato la mattina con le ragazze.
Guardò il panorama, l'intera città era baciata dal sole e dai bellissimi rumori della città.
Sorrise.
Amava vedere nuove città, nuovi movimenti, nuove culture.
Era una ragazza molto curiosa, che amava imparare cose nuove.
Amava il sapere. Imparare e guardare il sapere.

Fino a che non sentì qualcuno bussare ferocemente la porta.
Sandie sussultò dallo spavento e corse ad aprire.
Era John, l'assistente di Ben.
Aveva l'affanno e il cuore che batteva come una maratona.
«John, ma che cosa-»
«Sandie! Abbiamo bisogno del tuo aiuto.» esclamò allarmato.
«Ma che cosa è successo?» domandò la ragazza, leggermente spaventata, e sentí pronunciare una frase che mai avrebbe voluto sentire.
«Michael è svenuto.»

Ella come una furia, arrivò di corsa insieme a John, con un kit del pronto soccorso, nella stanza di Michael.
Quando vide il suo amore accasciato per terra, privo di sensi. Per un attimo aveva toccato la morte con lo sguardo.
«Michael!» si mise per terra, gli prese il viso, era ancora caldo, aveva solo la testa arrosata. Prese il kit del pronto soccorso, tirò fuori una busta fredda contente del ghiaccio.
La diede a John.
«Appoggiala delicatamente sulla fronte, dov'è arrosato. Premi piano piano.» John obbedì.

Controllò il polso. Sospirò in segno di sollievo  «È ancora vivo, grazie Signore. Ma Dio Michael, ti devi svegliare!» gli scoprí il torace. 
«Apri le finestre!» urlò a Ben, era nel panico.
Le era capitato uno di questi momenti, anche con Ethan quando aveva attacchi di svenimento. Lo rianimava senza problemi.
Ma stavolta, non era Ethan ad essere steso per terra. Bensì Michael.
La giovane ordino a Ben di non avvicinarsi al cantante e di lasciare fare a lei.

Sandie posizionò le mani al centro del torace del ragazzo. Lo guardò e le lacrime scesero sul suo volto.
Aveva paura.
Una paura tremenda di non riuscire a farlo svegliare.
Ma doveva riuscirci.
Doveva vederlo svegliare e stare bene.

Con il palmo della mano, applicò una pressione verso il basso.
Continuò per cinque volte, ma Michael non reagì.
«Cazzo Michael! Ti prego!» urlò Sandie in preda al panico «Non devi mollare!» urlò.

Vedendo che la rianimazione non funzionava, provò con la respirazione a bocca a bocca.

Chiuse il naso del fanciullo, posizionò  la sua bocca sulla bocca del suo amato, e con un espirazione costante, effettuò due insufflazioni nella bocca di Michael.

Grazie alla respirazione a bocca a bocca, il cantante riprese conoscenza.
Cominciò a tossire, aprendo gli occhi.
Sandie rimase scossa.
Aveva salvato Michael.

Lo abbracciò dandogli un bacio sulla nuca.
«Amore, amore mio. Amore mio.» disse accennando un sorriso, ma la sua pressione le costò un terribile pianto.
Urlò talmente che si era spaventata.

Michael sentendo il corpo di Sandie, si tranquillizzò, si rilassò abbandonandosi a quel dolce calore.
Si lasciò cadere una lacrima sentendo i pianti della ragazza, chiuse gli occhi, con la speranza che non di non svegliarsi più.

Se lo ricordava come fosse il giorno precedente.
Certi momenti non li avrebbe mai dimenticati.
Ricordava Michael, steso per terra, privo di sensi e quasi morto, tutto per colpa dei farmaci.
Ricordava ogni particolare di quei tanti giorni dove lei lo aveva salvato dalla morte.
Ricordava lo spavento, le urla, e la paura di non riuscire a portarlo al respiro.
Ma poi, lo aveva sempre salvato.
E chissà se lui, aveva avuto altri svenimenti, chissà se aveva ripreso con i farmaci, lo sperò con tutta se stessa che non aveva ripreso a riprendere quelle dannate pillole.
«M-mi dispiace, la verità è che non riesco più a mangiare decentemente, e credimi. Non ne faccio abusi di farmaci. Tu sei bene che soffro i mal di testa e che prendo la medicina, che non riesco a dormire la notte e che devo prendere la melatonina, che la mattina mi sento stanca e devo prendere un energizzante per essere attiva la mattina e durante la giornata.» spiegò.
Vincent mise le mani sulle spalle.
«Ma vedi cosa succede se prendi le medicine a stomaco vuoto? Ti senti male.» Sandie sentì un'altra fitta allo stomaco e riprese a vomitare.
Vincent aiutò «Il tuo stomaco ha parlato da solo.» aggiunse

Poco dopo Vincent le diede un farmaco contro i dolori di stomaco, lo spasmex, e iniziò a stare meglio.
«Dio.» mormorò lei chiudendo gli occhi stesa sul divano.
«Come ti senti?» domandò lui.
«Meglio.» lui sospirò e le accarezzò la testa.
«Sandie.» disse lui, lei lo guardò «Non voglio più vedere una scena del genere, mai più. E ne ho viste tante nella mia vita. Ma oggi hai rischiato grosso, ti aiuterò anche con l'alimentazione.» lei sospirò.
«Non voglio essere un peso.» disse lei.
«Tu non sei mai un peso.» lui le diede un bacio sulla fronte «Ho promesso di aiutarti, e lo farò.» e lei sapeva di fidarsi ciecamente di lui, anche se si sentiva in colpa, ma sapeva che lui l'avrebbe fatta tornare come Dio comanda.






1] Il Trattato di Ottawa conosciuto come La Convenzione internazionale per la proibizione dell'uso, stoccaggio, produzione, vendita di mine antiuomo e relativa distruzione del 1997 sulla messa al bando delle mine antiuomo, è un trattato internazionale multilaterale che si propone di eliminare la produzione e l'utilizzo di
mine antiuomo in tutti gli Stati del mondo.

Fu firmato in Canada il 3 Dicembre del 1997.

~~

2] Queste sono le foto scattate da Paul Burrel, che sono diventate se non una delle foto più iconiche di Lady Diana per quanto riguarda nel campo umanitario.

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