[Κεφάλαιο 59]








22 dicembre 1993



«Io devo fare quest'apparizione pubblica, non posso stare zitto.» disse il cantante battendo la mano sulla scrivania in segno di rabbia.
«Non ti stiamo proibendo di farlo, anzi, la puoi fare, ma non puoi rispondere alle accuse.» rispose Abraham.
«Ah, sentiamo e perché non dovrei farlo visto che i poliziotti sono venuti l'altra volta a fare le fotografie alle mie parti intime? Perché devo stare zitto?!» urlò il moro in preda alla furia.
«Te lo sconsiglio vivamente, se vuoi uscire in questa situazione devi seguire le nostre istruzioni. Lo capisci?» Michael sospirò in segno di arresa, infondo erano i suoi avvocati e si fidava di loro.
«D'accordo.» rispose «Anche se comunque la trovo un'idea che non condivido.» Cooper sospirò irritato, il cantante dal nervosismo giocherellò con la penna tra le dita muovendola tra i lati su e giù «Voglio che tutto questo finisca. Io non ce la faccio più, e solo con il vostro aiuto potete aiutarmi, ve ne prego. Non c'è la farei psicologicamente ad affrontare un processo.» supplicò.
«Allora segui le nostre istruzioni, fai quest'apparizione pubblica e vedrai che probabilmente la gente comprenderà la tua innocenza. Perciò ascoltarci Michael. Non essere così testardo.» lui annuì con il capo in segno di accordo, anche se aveva un brutto presentimento, come se tutta questa situazione non sarebbe finita bene.

Nel frattempo le testimonianze continuarono a dismisura, come se piovessero dal cielo.
Pearce, il procuratore della città decise di abbandonare l'incarico quando scoprì che alcuni investigatori e persone di alto rango che lavoravano con lui, offrivano cifre enormi ai testimoni pur di raccontare ciò che avevano visto, anche se erano bugie.
Pensò quindi che il suo lavoro fu solo una perdita di tempo e corrotto dai soldi.
Rimase disgustato da quel comportamento, non gli piacevano affatto le situazioni corrotte, anzi, le odiava.
Da quel momento era dalla parte di Michael, capí che quelle persone che aveva testimoniato erano solo dei grandi bugiardi, e di quanto fosse crudele testimoniare contro ad una persona che aveva dato tanta bontà a certa gente.
Il colpo decisivo fu il mandato di perquisizione diretto al cantante per fotografare le parti intime, era assolutamente contrario, ma fu obbligato a farlo.

Pearce era in macchina con la sua compagna, ella fumava una sigaretta, i suoi capelli erano volteggiati dalla brezza del vento invernale.
«Me ne dai una?» chiese l'uomo con tono neutro e profondo, fermando la macchina.
La donna gli diede la sigaretta, lui la posò tra le labbra.
«Hannah, per favore, me la puoi accendere?» lei accese l'accendino puntando la fiamma sulla punta della sigaretta, fino a che non si accese del tutto ispirando il fumo dentro ai suoi polmoni «Grazie amore.» disse il procuratore con dolcezza dandole un piccolo bacio a stampo sulle labbra.
Riprese a guidare tranquillamente, ogni tanto gli amanti si davano qualche carezza o carezza.
Fino a che un camion, che guidava ad alta velocità come un flash, li travolse in pieno, dopo di che per i due amanti ci fu il buio più totale.

Alexandre era in riunione con dei clienti molto importanti, quando un suo segretario bussò alla porta.
L'uomo dagli occhi dolci lo fece entrare, gli chiese di per venire fuori alla porta per comunicare una cosa molto urgente.
«Scusate signori, arrivo subito.» Alexandre uscì dalla sala, e il suo segretario gli disse che Pearce era stato coinvolto in un terribile incidente stradale, e che non si sapevano ancora le sue condizioni.
Mise una mano davanti alla bocca, sconvolto e scosso dalla notizia.
I suoi occhi erano lucidi, pensò al peggio.
Alexandre rientrò in sala, mortificandosi con i suoi clienti di rimandare la riunione ad un altro giorno.

Nel frattempo Sandie era all'università, e Nicole era a casa a badare a Nathan, Cheyenne era con lei, avevano fatto pace dopo quella discussione.
Stellina era in aula a prendere appunti attentamente mentre il professore spiegava il corso che stava seguendo, mentre Nicole e Cheyenne erano in soggiorno con suo figlio in braccio a guardare un talk show.
«Mamma mia che noia.» mormorò Nicole cacciando fuori della bocca uno sbadiglio.
«E pensare che dicono sempre le stesse cose.» intervenne Cheyenne.
«Onestamente guardando queste cose mi sento una vecchia di sessant'anni.» Nathan giocava con un pupazzo di Pimpi di Winnie di Pooh tra le mani, muovendolo su e giù con il sorriso. I genitori sorrisero vedendo il loro bambino giocare con allegria innocente.
«Che ne dici di cambiare?» domandò Cheyenne travolto dalla noia.
«Direi proprio di sì, perché mi sto per addormentare.» Cheyenne prese il telecomando e lo passò a Nicole, premette un tasto grigio per cambiare canale. Ne cambiò due o tre, ma non c'era nulla di interessante.
«Che palle.» mormorò Cheyenne, Nathan sorrise emettendo un gemito dolce «Anche tu ti stai annoiando vero piccolo?» il bambino sorrise.
«Persino Nathan sta dicendo "mamma, papà, mi sto annoiando".» intervenne la piccola madre con tono annoiato.
Fino a che non si fermò ad un canale dove trasmettevano le ultime notizie del giorno.
«Il procuratore di Los Angeles Pearce Nikolaou, è stato coinvolto in un terribile incidente stradale, l'impatto è avvenuto con un orrendo scontro tra le strade di Santa Monica, con un camion che andava ad alta velocità.
Non si sanno ancora le condizioni del procuratore, accanto a lui c'era la sua compagna Hannah Portman, una poliziotta, di cui anche le sue condizioni sono ancora ignote. Mentre il conducente del camion è morto sul colpo.
Al momento sono stati ricoverati alla UCLA Medical center.» il cuore di Nicole smise di battere, le vene le si congelarono.
Pensava di aver udito male.
Pensò che non poteva essere successa davvero una cosa del genere. Pearce era sempre stato un uomo attento con la guida.
«Nicole.» la chiamò Cheyenne «Quel procuratore non è un amico di tuo padre?» domandò per avere conferma. Lei annuì con il capo.
«Cheyenne, ti posso chiedere un favore? Puoi tenere Nathan? Io vorrei andare in ospedale a vedere come sta. Di sicuro c'è anche papà lí.» il suo tono era pacato, ma triste.
Infondo ere molto affezionata a lui, era stata una presenza molto bella e importante nella loro famiglia.
«Certo Nicole, dammi Nathan, penserò io a lui. Magari lo porto al parco per farlo distrarre.» lei sorrise con tristezza.
«Ti ringrazio Cheyenne.» egli le diede un bacio a stampo sulle labbra.




~~




Alexandre era in sala d'attesa, per sapere notizie del suo amico.
Muoveva il piede in segno di nervosismo, aveva lo sguardo rivolto verso il basso torturandosi le dita.
Era preoccupato.
Tanto preoccupato.
Infondo aveva passato gli anni giovanili con lui.
C'erano anche dei suoi colleghi di lavoro, in attesa anche loro di sapere le sue condizioni.

In silenzio pregava.
Pregava il Signore per farsi che non morisse.
«Papà!» una voce, alzò lo sguardo verso di lato e vide sua figlia Nicole raggiungerlo verso di lui.
Il padre si alzò, e abbracciò la figlia stringendola fortemente.
Nicole poté percepire la grande paura in lui, lo capí perfettamente.
L'abbraccio durò se non due minuti, il padre emise un sospiro e il suo viso era rosso e gli occhi pieni di lacrime.
«Papà ...» mormorò la figlia preoccupata.
«Ci tengo a lui, non voglio che muoia.» disse con voce rotta, soffiò il naso «Ho chiamato tua sorella, sta arrivando.» l'avvertì.
«Papà, andiamo al bar, prendiamo qualcosa. Così ti sentirai meglio.» propose la riccia.
«Grazie tesoro, però ora non voglio niente.» rispose con tono gentile.
«Papà almeno un caffè.» lui scosse la testa.
«No, voglio rimanere qui e aspettare che dicano sue notizie.» Alexandre sentì dei passi, era Sandie, che corse verso di loro raggiungendoli.
«Papà.» mormorò la ragazza «Ma che cosa sta succedendo? Io non ...» era sconvolta, non se lo aspettava minimamente una cosa del genere.
«Stellina, andrà tutto bene. Vedrai che starà meglio ne sono sicura.» le rassicurò Nicole.
«Anche Hannah è stata coinvolta, spero che non sia nulla di grave.» aggiunse.
«Lo spero anch'io.» intervenne Alexandre con tono preoccupato.
Si massaggiò gli occhi per poi sedersi sulla sedia.
«Sedete ragazze, aspettiamo.» disse, loro obbedirono, e aspettarono.
Un'attesa che sembrava una tortura.
L'attesa, era una tortura.

Nel frattempo a Neverland erano venuti i tecnici per montare l'attrezzatura per l'apparizione pubblica di Jackson, che si terrebbe verso l'ora di cena.
Michael era visibilmente preoccupato, aveva paura e non sapeva se quest'apparizione sarebbe servita a qualcosa.
Non sapeva se avrebbero cambiato opinione su di lui, se lo augurò con tutto il cuore.

Era in casa ad aiutare i tecnici, anche se loro rifiutavano più volte l'aiuto del cantante.
Era come se non volessero avere nulla a che fare con lui.
Si sentì frustrato, era stanco di quel comportamento da parte della gente.
Sospirò e andò verso i giardini di Neverland, da cui i ciuffi d'erba erano coperti di neve.
Camminava con passo lento, con le mani dentro alle tasche dei pantaloni, si diresse verso il lago dove esso era solo un ammasso di ghiaccio dove ci si poteva pattinare sopra.
Guardò quel lago con aria incantata, persino coperto di neve e di ghiaccio era stupendo.
Avrebbe voluto fare con piacere una pattinata con Sandie, lei sapeva pattinare.
Un ricordo lontano varcò nella sua mente.

«Sai, è qui che do sfogo alla mia rabbia e alla tristezza.
Danzando.
E tutto mi passa, divento una persona più forte.» ma poi vidi Sandie avvicinare in un angolo della sala verso un paio di scarpe da pattinaggio.
Le prese e mi guardò.
«Pattini?» domandò.
Ridacchiai.
«No, quelli sono di un'amica di mia madre, pattina e probabilmente li ha dimenticati qui.» dissi grattandomi la nuca.
«Posso provarli?» domandò in modo innocente e puro, come potevo dirle di no?
Si tolse le scarpe e si mise i pattini, andò verso il centro e stette ferma per qualche minuto, fino a che, non cominciò a pattinare.
Non credevo ai miei occhi.
Vedere Sandie pattinare era come vedere Michelangelo scolpire il David.
Mi incantai.
Venni rapito completamente mentre pattinava con tanta classe ed eleganza.
Vicino a me stava una telecamera appena su un enorme treppiedi che stata all'ingresso della sala, il punto perfetto per riprendere.
Così accesi la telecamera e registrai di nascosto.
Era un cigno.
Un cigno che ballava con tanta eleganza.
E volevo guardala per sempre.
Ero dietro alla telecamera e Sandie non si stava accorgendo di niente.
Faceva delle piroette perfette, precise e straordinarie.
Fino a che il momento magico, non si interruppe quando Sandie si accorse che la stavo registrando.
«Noo Michael, che fai?» domandò imbarazzata coprendosi il volto con entrambe le mani.
Ridacchiai intenerito.
«Ma sei così carina!» affermai sorridendo, e si fermò.
Era imbarazzata, lo notavo dalle sue guance colorirsi di rosa.
«Sai, è da molto che non pattino ... e-»
«E sei tremendamente brava.» la interruppi, e lei mi guardò quasi come se non fosse vero che era brava.
«Tu dici?»
«Io non dico mai bugie.» affermai con tono diretto «Mi hai lasciato completamente sorpreso, da quanto tempo pattini?» domandai curioso.
«Da quando avevo sei anni, ma poi smisi a quattordici anni a causa degli studi, e da lì non ho più pattinato. Però mi ricordo ogni mossa, ogni tecnica, perché per me il pattinaggio era lo sport più bello che c'era.» disse sorridendo e tornò a pattinare come un uccellino che volava.
E finalmente la vedevo sorridere.
Ed io avrei dato tutto pur di vederla sorridere per sempre.

Sorrise a quel ricordo, chi l'avrebbe mai detto che da buoni amici si trasformarono nell'amore più bello mai esistito sulla terra.
Era sempre stato innamorato di lei.
Sempre.
L'ha amata sin dall'inizio.
E ha continuato ad amarla pur negando i suoi sentimenti.
Per lui, Sandie rappresentava l'idea di aver una vita completa, realizzata con tutte le carte in regola. Gli aveva donato felicità e un amore incondizionato che solo lei poteva dare.
E nonostante le paure e i rischi che andavano incontro, si amavano.
Si amavano comunque.
E avrebbe fatto di tutto pur di vederla sorridere anche in momenti peggiori come quello che stava affrontando.
Lui poteva morire anche in quell'instante, ma sarebbe morto con il sorriso sulle labbra, perché era stato amato dalla persona che amava. E non da una donna famosa. Ma una donna come lei, Sandie Vrachnos, e ciò era la prova di una vita completa.
Bastava solo un figlio, e lui poteva morire anche all'instante.






Ucla medical center


Ore 5:56 p.m


Erano passate circa tre ore dall'incidente, e la famiglia Vrachnos non era ancora a conoscenza delle condizioni delle vittime.
Regnava un silenzio tombale tra padre e figlie, non voleva una mosca, e questo divenne un grande momento di tensione tra le ragazze.
Fino a che Nicole non si alzò dalla sedia.
«Sandie, ti va di andare al bar?» propose la sorella, ella annuì con il capo e si alzò dalla sedia.
«Papà vuoi venire al bar con noi?» domandò la ragazza.
«No, grazie ragazze.» rispose l'uomo, loro sospirarono in segno di afflizione, incamminandosi verso il bar che si trovava al piano terra.

Le sorelle presero il caffè con la speranza che la caffeina faccia il suo effetto di risvegliare l'umore, entrambe mangiarono una cornetto vuoto. Giusto per fare un break.
«Sono così preoccupata.» parlò Nicole «Non ho mai visto papà in quelle stato, è davvero brutto vederlo con quell'espressione triste in volto.» continuò con tono preoccupato.
«Io lo capisco.» rispose stellina con l'amaro in bocca «Perché infondo anche io ho provato le stesse emozioni che sta provando in questo momento.»
«Ti riferisci ad Ethan?» domandò la sorella.
Ethan ...
Era ancora una ferita fresca per lei, nonostante sia passato un anno da quel tragico giorno, per lei fu come se fosse ieri.
Ricordò perfettamente ogni dettaglio che successe in quella giornata.
La telefonata di Milly.
Le lacrime e le urla che aveva tirato fuori dal suo corpo.
E successe nel giorno della sua laurea.
Il suo cuore aveva ancora la crepa, che faceva fatica a rimarginare.
Per lei era stato più di un amico, era un fratello.
L'amico più bello che abbia avuto nella sua vita.
E gli mancava.
Gli mancava fortemente.
Trattenne le lacrime per non piangere.
«Sì.» rispose «Con la differenza è che non ho aspettato in ospedale per sapere le sue condizioni. Io perciò spero che Pearce non muoia, non voglio che papà soffra come ho sofferto io. Non voglio che prova le mie stesse emozioni.» disse con la voce spezzata.
Le fa ancora male pensò Nicole, infondo era il suo migliore amico, e una parte del suo cuore era volata con lui.
«Sai, vuoi sapere una novità?» disse la sorella minore.
«Dimmi.» disse Sandie con tono curioso.
«Si tratta dei genitori di Ethan, dopo la sua morte loro sono completamente impazziti. Claire ha tentato più volte il suicidio, e un giorno Paul la trovò in una vasca da bagno con le vene tagliate. Morí nel tragitto in ambulanza.
Paul invece impazzì totalmente, tante che ora è ricoverato in un ospedale psichiatrico.» raccontò Nicole, Sandie non ci poteva credere a quello che aveva appena sentito.
Da un lato era dispiaciuta per loro, erano comunque i genitori del suo defunto migliore amico.
Ma dall'altro, anche se provava a negarlo, ci fu dentro di lei una sorta di soddisfazione, come se volesse dire "Ve lo siete meritato"
Sorrise amaramente.
«Non devi sorridere Sandie.» riprese la riccia con tono serio.
«Non sto sorridendo.» obiettò la mora mangiando un pezzo di cornetto.
«Sì che lo fai, e non è bello Sandie.»
«Dio mio come ti impressioni facile mente Adelfì.» disse stellina con tono alterato.
«No, non è vero. Ti ho visto che stavi sorridendo, come se fossi contenta che una famiglia è stata rovinata.»
«Ti ricordo che quelli che chiami genitori sono stati la rovina Ethan. Loro lo hanno portato alla morte.» precisò la mora.
«Sarà così, ma non si sorride a queste cose Sandie.»
«Oh Gesù, non ho mica fatto un sorriso di felicità e detto "Evviva che bello" no, però ...»
Però se lo meritano.
Nicole vedeva che la sorella stava in qualche modo nascondendo una sorta di piacimento di quello che aveva raccontato. La conosceva perfettamente.
Non disse nulla, perché avrebbero litigato e non ne aveva la voglia.
«Va bene così Sandie, ho capito.» rispose Nicole con tono freddo.
Sandie alzò gli occhi al cielo.
Quando fa così è insopportabile.
Ci fu un grande silenzio tra le sorelle, standone per conto loro.
Ma Sandie faceva tanto fatica a nascondere la soddisfazione di aver saputo che quei genitori che avevano portato via il suo migliore amico erano andati fuori di testa. Perché furono la causa della morte di Ethan.

«Voi.» gli zii si girarono verso la ragazza «Voi brutti schifosi pezzi di merda!» cominciò «Siete le persone più orrende che abbia mai conosciuto in tutta la mia vita. Ethan soffriva per voi, vi amava più di ogni cosa al mondo, e ve ne siete fregati! Continuando a diminuirlo sempre di più! Ad intrappolarlo nelle vostre scelte del cazzo! Che manco siamo nel Medioevo! Se Ethan si è suicidato è principalmente per colpa vostra. Per colpa del vostro orgoglio, della vostra arroganza, della vostra cattiveria, non accettando le sue scelte. E per la persona che era, per i vostri progetti del cazzo! Avete perso un figlio. Ed è questa la punizione, dovete patire questo dolore per tutta la vita. E ve lo auguro, vi auguro di non trovare pace.»
«Sandie, basta.» intervenì Milly.
«Vi auguro di non trovare pace maledetti schifosi! Non dovete trovare trovare pace! Avete ucciso Ethan! Avete ucciso vostro figlio!» urlò la fanciulla dalle iride verdi cominciando a piangere.

E da quel giorno, la pace per quei genitori fu distrutta come un castello di sabbia. Non trovando la pace e presi dalla signora nominata follia.

Passò un ora, e le ragazze erano sedute vicino al padre, con un silenzio pieno di tensione. Nicole sentendosi troppo a disagio, decise di iniziare un discorso per sciogliere il ghiaccio della tensione.
«Papà, allora è deciso che alla vigilia di Natale la passiremo a casa nostra e poi a Natale a casa tua?» Alexandre si era completamente dimenticato che tra due giorni era la vigilia di Natale, e che sarebbero iniziate le vacanze estive.
Il padre in realtà voleva fare qualcosa di diverso, qualcosa che non faceva da anni.
«No.» rispose «Ho cambiato idea.» disse «In queste feste natalizie si ritorna ad Atene. Io ... vorrei tornare nel mio paese.» il suo tono sembrava quasi come se volesse supplicare di rivedere la sua patria nelle atmosfere più belle che esistano, quella natalizia. Immaginava già la sua Atene piena di luci natalizie, i negozi ricoperti di decorazioni e il Partenone illuminato dalla luce lunare per dare bellezza non solo al monumento, ma all'intera città.
«Papà, se è questo che vuoi, torneremo lì, oggi pomeriggio andrò in aeroporto a prenotare i biglietti del volo.» disse Sandie diretta.
Alexandre rimase neutro.
«Nicole.» la chiamò
«Si papà?»
«Porta Cheyenne.» disse «E Sandie.» chiamò la prima figlia «Voglio che venga Michael, lo voglio nel giorno di Natale e alla vigilia. Lo voglio in casa mia.» il cuore della ragazza perse un battito solo a sentire il suo nome, sorrise alla richiesta del padre e accettò ben volentieri la sua richiesta. Ma ad interrompere il discorso fu una dottoressa che si stava dirigendo verso di loro.
«Voi siete parenti del procuratore Nikolaou?» domandò la donna.
Era alta, robusta, capelli lunghi fino alle spalle color biondo cenere, dei lineamenti particolari e un corpo a forma di clessidra.
Alexandre si alzò dalla sedia appena sentì il cognome del suo amico.
«Io sono un suo caro amico.» disse «La prego, mi dica come sta.» disse in preda al panico.
La dottoressa fece un sorriso rassicurante.
«È fuori pericolo.» disse, Alexandre pensava di aver sentito male, invece no, il suo amico era salvo, e fu li che scesero le lacrime. Un mix tra felicità e paura.
«Oh mio Dio, grazie Signore.» mormorò l'uomo.
«Ha rischiato grosso, però l'abbiamo salvato appena in tempo. Però c'è una brutta notizia, la donna che era di fianco a lui è morta, ha avuto delle emorragie interne troppo gravi, non siamo riusciti a salvarla.» le ragazze sembravano che qualcuno le avessero staccato il cuore dal petto.
Hannah era morta.
Sapevano perfettamente, lo stesso Alexandre che Hannah era un grande amore per Pearce, la conoscevano ed era una donna molto premurosa e dolce.
Non sapevano cosa dire, le lacrime si fecero sentire sui loro volti.
«Mi dispiace molto.» mormorò la dottoressa.
«È possibile vedere Pearce?» domandò Alexandre.
«Per ora no, è meglio lasciarlo riposare, ma sicuramente domani si sveglierà. Vi chiedo solamente di informare i familiari delle vittime.» lui annuì e la dottoressa se ne andò.
Lasciando la famiglia Vrachnos in preda allo shock.
Da un fato erano contenti del fatto che Pearce si fosse salvato.
Ma dall'altro lato erano tristi per Hannah, non riuscivano ad immaginare la reazione dei Pearce della morte del suo amore.
Non l'avrebbe retta.







Neverland valley ranch


Ore 7:33 p.m




I tecnici finirono di montare l'attrezzatura per trasmettere in diretta le sue parole, per trasmettere a tutto in mondo la verità.
Nient'altro che la verità.
Michael era in salotto, da solo.
Guardava un punto fisso, e la sua espressione era cupa, con la tensione nelle vene e nel cuore.
Non c'era nessuno che gli diceva parole di conforto, era solo circondato da sguardi cattivi, pieni di disgusto.
Lui emanò un sospiro pesante.
Si alzò dal divano per andare verso la sua camera da letto che si trovava al piano superiore.

Il fanciullo entrò, chiudendo la porta a chiave, sentì un brontolio, era il suo stomaco.
Non aveva toccato cibo dall'inizio della giornata, stava saltando i pasti e non mangiava in modo regolare. Infatti aveva perso tanto peso.

Il cantante guardò un punto fisso, i suoi occhi si gonfiarono, divennero rossi e lacrimanti.
Chiuse gli occhi e strinse i denti assieme alle mani chiudendole a pugno.
Il moro a quel punto, scattò.
Incominciò a buttare per terra ogni oggetto che aveva di fronte a se, libri, quaderni, portapenne, portaoggetti, occhiali, bottiglie d'acqua.
Era completamente impazzito.
Ma non dalla follia, ma dal dolore.
Il dolore di essere visto come un mostro da tutto il mondo, quando poi aveva donato tutto se stesso per il bene di tutti, per i meno fortunati e per i bambini.
Voleva che sorridessero, che avessero una vita speciale, per lui erano fonte d'ispirazione per creare la sua musica.
Voleva la pace del mondo.
Ma l'invidia e la crudeltà della gente erano belve feroci, pronti a divorare senza lasciare resti della propria preda.
E la vittima era Michael.
Le belve erano i media.
Lo stavano uccidendo, mangiando ogni sua parte della sua immagine di artista e persona.
Lui era la vittima preferita dei Michael.
Il loro pupillo per eccellenza.

Scoppiò in un pianto isterico, come se gli facesse male il fegato. Si accasciò per terra coprendo il volto con le mani.
Non voleva vedere il suo aspetto.
Ne tantomeno che aspetto avesse quel giorno.
Non voleva saperlo.
E non voleva guardarsi allo specchio.
Si vergognava troppo, e la sua autostima era scesa fino in profondità quanto l'oceano. Ma di una profondità immensa.
Il viso si bagnò in fretta e le lacrime picchiettarono il colletto della camicia color rosso tenue bagnando i bordi.

Era solo allo stremo delle forze.
Non avrebbe retto più nulla.
Voleva solo che la situazione finisse al più presto e tornare alla vita di prima.

Pianse pianse e pianse.
E nessuno si degnò di andare a controllare il suo stato d'animo.
Le persone che erano in casa lo lasciarono lì, nella sua agonia, nel suo cuore spezzato gocciolante di sangue.
D'improvviso una fitta violenta passò per il petto, gemette dal dolore, posò la mano sul petto facendo dei e piccoli profondo respiri.
Piano piano il dolore svanì.
Il suo respiro era affannato e pesante, non stava bene. Non stava per niente bene.
E lui lo sapeva.




Ore 8:30 p.m



«Buonasera a tutti, questa è la CNN, stasera ci sarà in diretta dal Neverland Ranch di Jackson una sua apparizione pubblica per dire rispondere sulle accuse che gli sono state rivolte di recente.
Vi lascio la parola a Jackson.» disse una giornalista mettendo in collegamento il cantante.
Non solo la CNN trasmetteva, ma anche la
CBS, I'NBC e l'ABC  il suo messaggio in diretta.

Michael era lì, di fronte alla telecamera, in diretta in tutti gli Stati Uniti e il mondo intero.
Aveva una camicia rossa, solo quello si vedeva se non il suo viso leggermente teso.
Prese un minuto prima di cominciare a parlare.

«Sto bene e mi sento in forma. Come certamente saprete, terminato il tour sono rimasto fuori dal paese per sottopormi a un trattamento di disintossicazione dagli analgesici.
Questi medicinali mi erano stati inizialmente prescritti per combattere i dolori provocati dalla plastica ricostruttiva al cuoio capelluto.
Recentemente sono apparse notizie disgustose riguardanti il mio comportamento. Sono completamente false. Come ho sempre sostenuto, spero che questa terribile esperienza si concluda al più presto.
In questa occasione non risponderò alle false accuse contro di me, perché i miei avvocati mi hanno detto che non è questo il luogo adatto per farlo. Ma voglio dire che sono davvero sconvolto dal modo in cui i media, questi incredibili e terribili mass media, hanno trattato questa vicenda, senza mai perdere occasione per sezionare e manipolare le accuse in modo da avallare le loro conclusioni. lo chiedo a voi tutti di aspettare di sentire la verità prima di etichettarmi o condannarmi. Non trattatemi da criminale, perché sono innocente.
All'inizio della settimana sono stato costretto dallo sceriffo della Contea di Santa Barbara e dal dipartimento di polizia di Los Angeles a sottopormi a un esame umiliante. Un mandato ha permesso loro di guardare e fotografare il mio corpo compresi il mio pene, le natiche, la parte bassa del dorso, le cosce e tutte le altre zone che hanno voluto fotografare. A quanto pare cercavano pezzi di pelle scolorita, macchie o altro che provassero la presenza di una malattia della cute chiamata vitiligine, di cui avevo precedentemente parlato.
Il mandato mi invitava anche a cooperare con il loro medico nel corso degli esami per stabilire le condizioni della mia pelle, sostenendo che per nessuna ragione mi sarei potuto opporre alla visita e alle fotografie, e che se mi fossi rifiutato di collaborare avrebbero messo il mio rifiuto agli atti come indicazione di colpevolezza.
È stata una delle esperienze più umilianti che mai mi siano capitate, una cosa che nessuno dovrebbe mai essere costretto a provare. E terminata questa indegna perquisizione non erano ancora contenti, hanno voluto scattarmi altre fotografie. È stato un incubo, un incubo orrendo. Ma se devo passare attraverso tutto questo per dimostrare la mia innocenza, la mia completa innocenza, così sia.
Quello che ho sempre cercato è stato di aiutare migliaia e migliaia di bambini ad avere una vita migliore. Mi vengono le lacrime agli occhi quando vedo un bambino che soffre.
Non sono colpevole di quanto mi si accusa. Se sono colpevole di qualcosa, è di aver dato tutto ciò che potevo per aiutare i bambini di tutto il mondo.
E di amare i bambini, di ogni età e razza, di provare gioia nel vedere i loro visi innocenti sorridere. E di cercare di recuperare attraverso di loro l'infanzia che mi è stata negata. Se sono colpevole di qualcosa è di aver creduto in quello che Dio dice: Lasciate che i bambini vengano a me, perché a chi è come loro appartiene il regno dei cieli.
In nessun modo credo di essere Dio, ma cerco di essere simile a lui dentro il cuore.
Sono del tutto innocente e so che riuscirò a provare che queste terribili accuse sono false. Ancora grazie ai miei amici e al fan, grazie per il vostro sostegno. Insieme vedremo la giusta fine di questa vicenda. Vi voglio molto bene, Dio vi benedica tutti. A presto.»
Quattro minuti.
Quattro minuti di parole e di tristezza.
Tutti in diretta tv videro il cantante, la sua espressione triste, gli occhi lucidi, che a stento tratteneva le lacrime. Ascoltando le sue parole.

Aaliyah, la ragazza che aveva conosciuto in clinica, vide quella diretta, convinta sempre di più sulla sua innocenza.
Elisabeth Taylor, John, il suo manager, Nadia, Karen, Jennifer Batten, persino Kylie, il suo ex bodyguard vide la diretta del suo ex capo.

Dopo la diretta partirono dei sondaggi, e tutti i sondaggi effettuati dalla televisione e dai giornali americani indicarono una schiacciante maggioranza a favore della sua innocenza.
L'88% degli spettatori della prima emittente di New York si schierò per Michael innocente e i sondaggi di Current Affair TV rivelarono che il 78% era a suo favore.
Fu un grande risultato.

Il cantante si sentiva come aver scacciato un peso dallo stomaco.
Si sentì sollevato, con la speranza che la gente possa cambiare idea.
Mentre parlava gli occhi lucidi, a stento riusciva a continuare il discorso. Gli faceva troppo male.
Ma era fatta.
Aveva tirato fuori tutto quello che poteva dire.
Dimostrando di non essere colpevole di quelle accuse.

Sandie e Nicole, videro la diretta a casa, il padre decise che avrebbe vegliato su Pearce nel caso si fosse svegliato e mandò le ragazze a casa a riposarsi.
«I suoi occhi ...» mormorò Sandie.
«Lo so, li ho visti, stavano per piangere.» commentò la riccia.
«È tutto così crudele Nicole, lui non lo merita. Se solo la gente conoscesse davvero la sua persona. Non lo massacrerebbero così. È così triste.» disse la mora con tono dispiaciuto.
«Perché non vai da lui Sandie?» stellina si voltò verso di lei «Infondo, in questo momento ha bisogno di te. Va da lui.» lei non rispose, si limitò solo a alzarsi dal letto, prendere le chiavi della macchina e uscire di casa.

Si affrettò ad andare da lui, come se fosse in pericolo.
Ci mise meno di cinquanta minuti ad arrivare a Neverland, il cancello era aperto e c'erano due furgoni, probabilmente erano i tecnici.
Ella parcheggiò la macchina fuori al cancello della residenza, scese dalla macchina e corse verso la residenza del cantante. Vide delle persone portare casse, telecamere e fili elettrici.
Entrò in casa e non c'era nessuno.
Non sapeva dove si trovava e lo cercò.
Non era in casa.
Allora ideò che si trovasse fuori.

Lo cercò tra i giardini di Neverland, e alla fine lo trovò.
Era li, seduto sul prato vicino al lago, che stava giocherellando con i ciuffetti d'erba coperto di neve con le punta delle dita.
Accennò un sorriso e camminò verso di lui.
«Michael.» disse lei con tono dolce, egli spalancò gli occhi, si voltò ed era lei.
La sua Sandie.
La sua dolce e amata Sandie.
Lei si sedette vicino a lui, dandogli un dolce carezza sul volto.
Le sue lacrime scesero e Sandie le asciugò con le dita.
«Amore mio.» il cuore di Michael perse un battito sentendo quella parola.
La voce.
Il suono della voce di Sandie era uno dei suoni più belli che avesse mai sentito nella sua vita.
Sorrise appena, e dopo qualche secondo si buttò nelle sue braccia, finirono per trovarsi stesi sul prato.
Michael aveva la testa appoggiata sul petto della ragazza cominciando a piangere.
La ragazza con la tristezza sul volto accarezzò Michael con dolcezza, facendo dei teneri movimenti con le mani che sfioravano la sua testa.
«Sandie ... Sandie.» mormorò.
«Sshh sono qui amore mio, sono qui.»
«Tu mi credi vero?» lei lo guardò alzando uno sopracciglio «Tu credi alla mia innocenza? Tu lo credi vero?» domandò con voce spezzata, continuando a piangere.
Sandie gli prese il volto asciugando le lacrime, si avvicinò al suo viso per baciarlo sulle labbra.
Era un bacio dolce, lento, pieno d'amore.
Ed era quello che Michael ne aveva bisogno.
Fino a che Sandie non rispose alla sua domanda.
«Sei sempre stato innocente.»

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