[Κεφάλαιο 58]
15 dicembre 1993
NEVERLAND
Pearce Nikolaou, il procuratore distrettuale della contea di Los Angeles, permise di ottenere la promessa che Jackson potesse tornare da Londra a Neverland senza paura di essere arrestato. Riemergendo dall'ambiente ovattato della clinica e tornando in California dopo una settimana dall'apparizione pubblica della sorella LaToya,
Michael fu colpito dall'immensa eco mediatica che stavano ricevendo le accuse contro di lui. Nel Regno Unito, il "Daily Mirror" indisse un concorso, Spot the Jacko, in cui i lettori potevano vincere una gita a Disney World se avessero indovinato dove Jackson sarebbe comparso in pubblico, mentre un altro giornale riferì che l'artista si trovava in una clinica europea per sottoporsi a una serie di interventi estetici che lo avrebbero reso irriconoscibile.
Era diventato un circo dell'orrore.
Michael, quando arrivò a Neverland, trovò la meta del suo personale.
Tra le persone che più conosceva e che aveva istaurato un rapporto d'amicizia, se ne andarono.
Si sentì un'altra volta ferito, e la sua fiducia verso le persone diminuiva a dismisura.
Ma Iris e Candice non abbandonarono Michael, non se ne andarono come avevano fatto gli altri, anzi, erano pronte a stargli vicino in un momento così delicato per lui.
Il moro quando rivide le due donne sorrise, pensando che almeno c'era qualcuno che non lo aveva abbandonato del tutto.
Iris e Candice lo accolsero a braccia aperte, ma nonostante ciò il suo cuore e la sua anima erano a pezzi. Lui era distrutto.
Quel giorno seppe che la polizia venne diverse volte a Neverland per perquisirla mentre lui era in tour con la speranza di trovare delle prove, ma non trovarono nulla che provasse la sua colpevolezza.
La polizia inoltre, portò vari membri del personale di Jackson a fare degli interrogatori.
Le due donne raccontarono che una metà della gente avevano raccontato delle bugie, pugnalando alle spalle il loro capo, affermando che Michael era un criminale e malato sessuale, tra quelle persone, era Kimberly, la sua cameriera.
Da sempre aveva odiato Michael e lavorava da lui solo per la paga mensile, aveva raccontato le bugie più disgustose che avessero mai sentito, con un odio profondo nella sua espressione e nella sua voce. Kimberly era una donna cattiva, priva di ogni sensibilità, facendo del male al prossimo non con la violenza fisica ma verbale. Iris raccontò di quanto lei la prendesse di mira, sia per il suo carattere che per il suo fisico. Tante volte Kimberly aveva parlato male del suo capo quando lui era in casa, ma la ragazza dal cuore gentile l'aveva sempre contrastata rimproverando la donna con tono difensivo.
Michael scosse la testa, non sapeva minimamente e neanche aveva notato la cattiveria di Kimberly, intuì che fosse una grande attrice, ad una faccia d'angelo nascondeva il diavolo che era in lei.
Anche se Iris e Candice confessarono che alla fine di ogni interrogatorio davano una somma di denaro.
Era tutto più chiaro.
Le donne raccontarono che oltre alle false testimonianze, l'altra metà delle persone lo avevano difeso tra cui Candice e Iris, il giardiniere Josè, attuale compagno di Iris.
Lo avevano difeso delle domande più impertinenti per quanto riguardava Michael e l'argomento di cui era accusato. Rimanendo sempre fedeli alla sua innocenza.
Michael ringraziò le donne di averlo difeso, pensò che allora non tutta la gente che aveva intorno era cattiva.
Ma Candice, raccontò un inedito particolare al suo capo.
Ad arrivare a testimoniare fu chiamato Ben, il suo ex manager, alla quale aveva testimoniato contro di lui. Durante i racconti osceni, il manager aveva preso il coraggio di mettere in mezzo Sandie.
Naturalmente lo fece per vendicarsi della coppia.
Raccontò inoltre che il procuratore generale andò in escandescenza quando sentì il nome di Sandie, a quanto lei seppe, quel procuratore conosceva Sandie, lui era un caro amico del padre della ragazza, aveva visto crescere le figlie.
Il procuratore non crebbe per nulla a quella testimonianza.
Le vene di Michael si gonfiarono come palloncini, va bene vendicarsi di lui, lo accettava anche se con rammarico, ma perché mettere di mezzo Sandie? Perché metterla in mezzo in una situazione alla quale non centrava nulla? Aveva voglia di andare sotto casa sua e di prenderlo a botte. Ma si controllò anche se per lui fu difficile.
Il cantante si alzò della sedia, camminando intorno al salone, cercando di stare calmo e di non prendere il controllo.
Alla fine riuscì a non fare una strage di poveri oggetti malcapitati.
Potevano fargli del male quanto potevano.
Tranne a Sandie.
Per lui non andava toccata, o sarebbe diventato peggio di un leone.
Si chiedeva se Sandie sapesse di questo particolare, sperava di no.
La chiamò quel giorno, ma non rispose, pensò che stesse a lavoro, e sperava che l'avrebbe chiamato più tardi. Non fu così.
Quel giorno Michael era a tra i prati di Neverland, camminava lentamente come se la sua mente fosse annebbiata dai suoi pensieri.
Aveva un viso spento.
Perso nel vuoto.
Le mani dentro alle tasche del giubbino rosso della North Face, affondando i suoi piedi coperti da scarpe da ginnastica nella neve.
Ormai l'inverno era arrivato in America e la neve regnava su l'intera nazione.
Il cantante afferrò un po' di neve tra le mani, cominciando a giocare come un bambino, fece una pallina di neve per poi palleggiare leggermente, fino a che la palle non si ruppe ritornando nel suo stato originario.
Così si abbassò verso terra disegnando con l'indice un grande cuore, aggiunse due lettera in basso.
M e S.
Sorrise vedendo quelle iniziali.
«Per sempre e infinito.» mormorò.
Michael andò verso l'altalena che si trovava vicino ad un albero, il sedile era coperto di neve e lui la pulì semplicemente facendo un gesto lineare verso sinistra con la mano.
Si sedette, e pochi secondi dopo iniziò a dondolare, lentamente.
Si sfociò nei suoi pensieri, l'altalena aveva quel grande potere di mandare l'individuo che era poggiato sulla giostra in un altro mondo, e di rendere l'atmosfera rilassante poiché si percepiva l'aria dell'ambiente.
Michael chiuse gli occhi, cercando di pensare alle cose belle.
Pensò ai momenti più belli che aveva passato con Sandie in tour, alle volte in cui avevano fatto l'amore, alle volte in cui si sono supportati l'uno per l'altro, alle volte in cui si sono pianti a vicenda, alle volte in cui si sono urlati a vicenda, alle volte in cui lui le aveva bussato alla porta per fare pace, alle volte in cui lei aveva bussato alla sua di porta per trovare un rifugio nelle sue braccia. Alle volte in cui avevano parlato d'amore, di sogni e di futuro.
Un sorriso compare sulle labbra di Michael, mentre dondolava sentendo l'ebbrezza invernale.
Quella ragazza era così speciale e amorevole, che quel giorno dove LaToya lo accusò pubblicamente di essere un pedofilo, lo chiamò nel cuore della notte per sapere come stesse.
I due parlarono tutta la notte, e Michael stette molto meglio dopo quella telefonata. Si tranquillizzò grazie a lei, alle sue parole e alla sua voce.
La voce di Sandie era come il sole, trasmetteva energia, tranquillità, e positività.
Ma lui voleva le sue mani sul suo volto, per riscaldarlo, voleva le sue labbra per sentirsi amato.
Ma lei non c'era.
Che stava conducendo la sua vita senza interruzioni.
E gli andava bene così, finché conducesse la sua vita e la sua libertà era felice.
Certo, non aveva perso per niente i contatti con lei, anzi, moriva dalla voglia di vederla, e lei non sapeva che era tornato in America.
Voleva farle una sorpresa.
~~
Abraham Cochran, Beau Foster, e Matthew Baker erano gli avvocati difensori del cantante. Lo aspettavano con ansia nel suo ufficio. Tutte e tre vestiti in giacca e cravatta.
Abraham era un uomo di cinquant'anni di bell'aspetto, con delle piccole rughe sulle guance, sotto le occhiaie e sulla fronte, era un uomo che traspareva fiducia in volto.
Beau, invece aveva sulla soglia della quarantina, con occhiali da vista quadrati sul volto in cui sembrava il tipico avvocato americano.
Infine Matthew, il più giovane, trentacinque anni, sembrava essere un tipo molto ingenuo, come se fosse alle prime armi del mestiere.
Guardava l'orologio ogni due secondi come se fosse in ansia di incontrare il suo cliente.
Il cantante entrò nel suo ufficio, togliendosi il giubbotto per appenderlo nell' attaccapanni.
«Buongiorno a tutti.» disse il moro.
«Mr Jackson.» dissero in coro, Michael sorrise impacciato avvicinandosi a loro per stringere la mano dei suoi avvocati.
Michael si sedette comodamente sulla sedia, con davanti una scrivania con tanto di fogli e penne.
«Ci sono novità?» domandò il cantante congiungendo le mani.
Gli avvocati si guardarono tra di loro, preoccupati, e leggermente ansiosi per quello che gli dovevano comunicare.
«Michael, purtroppo non ci sono buone notizie. Siamo venuti con urgenza per dirti una cosa importante.» prese la parola Beau sistemandosi la cravatta.
«Mi devo preoccupare?» a quella domanda Abraham sospirò pesantemente, posando la cartella sul lato dei gambali della sedia «Il dipartimento di polizia di Los Angeles e Santa Barbara ci ha mandato una perquisizione.»
«U-un altra?» domandò preoccupato.
«Si ma non si tratta di perquisire Neverland.»
«E allora che cosa devono perquisire?» domandò il cantante cercando di capire, ci furono vari secondi di silenzio.
«Te Michael.» rispose Matthew «Domani la polizia verrà qui, per fare un esame corporale cercando di trovare delle macchie dovute alla tua malattia dermatologica in parti del tuo corpo descritte da Jordan Chandler. Gli agenti avranno il diritto di fotografare e filmare le parti del tuo corpo, tra cui pene, ano, natiche, fianchi e qualunque altra parte del corpo. In più il mandato dice di cooperare con il loro medico per verificare le condizioni della pelle. E se non saranno soddisfatti, faranno altre foto.» Michael sentendo quelle parole per un attimo pensò di avere le orecchie difettose, si congelò, come se il sangue avesse smesso di circolare nel suo corpo, il suo cuore smise di battere, divenendo pallido in volto.
Davvero siamo arrivati a questo?
Davvero?
Non può essere vero ...
Michael iniziò a tremare e scuotere la testa, come ste stesse avendo un attacco di panico.
Si alzò dalla sedia per aprire la finestra, per avere un po' d'aria, Matthew andò da lui cercando di farlo calmare incitando dei respiri profondi.
«Stai tranquillo Michael che-»
«Tranquillo? Io dovrei stare tranquillo? No! No cazzo!» si scansò bruscamente dall'avvocato per camminare avanti e indietro nel suo ufficio nelle mani tra i capelli «Ma voi vi rendete conto che cosa mi faranno? Vi rendete conto si o no? Mi faranno delle fotografie del mio corpo, ed io dovrò stare nudo davanti a loro come un verme! Io non voglio! Non voglio farlo, no!» esclamò.
«Michael se ti rifiuterai di farlo sarà una prova di colpevolezza portata in tribunale e così ci sarà un processo. Non hai altra via d'uscita Michael, lo devi fare. Sempre che tu sia innocente.» mormorò Beau Michael sbattè la mano sulla scrivania facendo sollazzare l'avvocato.
«Io sono innocente!» urlò.
«Allora dimostralo cazzo!» urlò Abraham «Se sei innocente dimostrarlo, anche se farai la peggiore delle esperienze, ma dimostra a tutto il mondo che sei innocente. E non penso che ti faccia piacere che la situazione si trasformi in un processo penale.» disse con tono serio.
«N-no ... no.» mormorò Michael sottovoce, aveva la pelle d'oca e muoveva la punta del piede in segno di nervosismo «C'è altro da sapere? Oltre a questo?» domandò il cantante con voce nitida.
«No, però ti aggiorneremo quando ci saranno novità e verremmo da te.» lui non rispose, rimase immobile come una statua, non muoveva un muscolo, emanava solo dei piccoli e sensibili respiri.
Non avrebbe mai immaginato di trovarsi ad una situazione del genere.
Si domandò sempre la stessa parola. Perché?
Dopo tutto quello che aveva fatto per gli altri, per i bambini di tutto il mondo. Voleva donare agli sfortunati un sorriso. Donava i giocattoli per vedere il luccichio di felicità negli occhi di quelle creature piene di purezza pur non volendo vedere un bambino piangere, e di non permettere che i bambini soffrissero di un'infanzia mancata come aveva sofffeto lui.
Aveva sempre donato amore, solo amore.
Ma la troppa bontà verso il prossimo, lo aveva portato nell''oblio, perché se si era troppo buoni con il prossimo, la gente ti pugnalava alle spalle, mostrando tanta cattiveria verso quella persona.
Gli veniva voglia di urlare, di piangere, ma aveva pianto troppo per tanto tempo che le sue lacrime erano finite.
La sua espressione era priva di luce, di felicità, c'era solo dolore in volto.
Dopo una lunga conversazione, gli avvocati se ne andarono lasciando Michael solo e nella sua agonia.
Doveva affrontare una prova molto umiliante per lui, e che mai avrebbe dimenticato.
Ma se era un modo per dimostrare la sua innocenza, allora sarebbe disposto anche a tagliarsi le vene in diretta.
Due giorni dopo
Il 18 dicembre del 1993, al Neverland Valley Ranch, Jackson fu costretto a stare i piedi, nudo, su una pedana rialzata, per venticinque minuti, mentre la parte inferiore del suo corpo veniva ritratta da ogni angolazione possibile per poter mettere a confronto gli scatti con la descrizione dei genitali del cantante fornita dal ragazzino che lo aveva accusato, Jordan Chandler.
Michael rischiò di svenire diverse volte, fu solo la presenza di Arnold Klein, il suo dermatologo, nella stanza a dargli la forza di superare la prova più umiliante della mia vita.
Alla fine la procedura si rivelò un buco nell'acqua. Mentre diverse macchie causare dalla vitiligine sulle natiche di Jackson e una sul suo pene corrispondevano in maniera approssimativa alla descrizione di Jordan, Michael non era circonciso come aveva rivelato il ragazzo.
La prova per il cantante, fu straziante come una tortura.
«Abbiamo finito per oggi, ritorneremo solo se queste foto che abbiamo scattato riterranno soddisfatte. Buona giornata.» i poliziotti se ne andarono lasciando Michael ancora nudo, Klein andò verso di lui con un accappatoio bianco, lui lo prese e lo indossò, scese dalla pedina, con il tremolio per il corpo, le lacrime agli occhi che volevano a tutti costi uscire.
Ma alla fine, scoppiò.
Le lacrime regnavano il suo viso, rendendolo bagnato e unto. Klein lo abbracciò accarezzandogli la testa.
«M-mi sono sentito così ... così ... oh mio Dio!» esclamò in preda allo shock tra le lacrime «È stata un umiliazione, non auguro a nessuno di patire quello che sto attraversando! Mi sono sentito un verme. Spero che le foto bastino e non vengano più.» il dottor Klein, sentendo quella dolce voce del suo paziente in preda alla disperazione più totale di aver subito la prova più umiliante della sua vita lo rendeva triste, voleva fare qualcosa per lui, almeno per togliere quelle lacrime dal viso.
Michael si coprì di più con l'accappatoio.
«Mi vergogno ...» mormorò «Mi vergogno di me stesso. Mi viene lo schifo solo a guardare una parte del mio corpo.»
«Non dire così Michael.» rispose il dottore.
«Invece si! Mi vergogno di me, mi hanno rubato la mia dignità e ogni mio orgoglio. Mi sento nudo su tutto.» rispose il cantante «I-io volevo solo dare amore al prossimo, volevo donare la felicità ai bambini per vivere un'infanzia spensierata, cosa che mi è stata proibita da bambino. Io volevo solo aiutare ... Perché mi hanno ripagato così? Subendo tutto questo inferno, perché tutte le persone che avevo intorno mi hanno tradito? Davvero si fa a tanto per avere soldi? A questo punto se qualcuno propone di uccidermi per soldi lo fanno senza problemi. Ma io non ce la faccio più, questo è troppo, io non posso reggere tutto questo. Non riesco neanche a guardarmi allo specchio, anzi penso da oggi in poi non lo farò mai più.» Michael si incamminò verso la sua camera, con le lacrime che non smettevano di scorrere il suo volto.
Si sentì un essere che non meritava di vivere.
Che non meritava nulla dalla gente.
La sofferenza che stava provando era enorme, era come se avesse ricevuto tante frecce conficcate nel petto, e che il suo corpo sanguinava lentamente procurando un male dentro alla sua anima indescrivibile.
I media stavano peggiorando la situazione, ingrandivano i fatti quanto la costruzione di un palazzo.
Sputavano sui giornali, e tv le notizie più bizzarre e false messe in circolazione.
Quando si trattava di lui, e delle accuse erano irremovibili e difficile da metterli a bada.
Non aiutavano per nulla, piuttosto ti mandavano a fanculo continuando il loro lavoro sporco, infondo sparlare e gossippare delle celebrità era il loro lavoro.
Michael si sentì in gabbia spinata, dove le spine erano appuntite da tagliare la carne. Si sentiva proprio come un agnello pronto al macello.
Lui era l'agnello, il macellaio con l'ascia splendente erano le persone che gli avevano fatto del male.
[...]
Sandie Vrachnos era alla Ucla Medical Center a lavorare con una nota cardiologa la dottoressa Gladys Hall, nonché sua insegnante di diagnostica cardiologica.
Gladys la prese sotto alla sua ala sin dall'inizio, vedeva in quella ragazza il desiderio di coronare il suo sogno, e di una grande voglia di imparare.
Le propose di lavorare da lei, la ragazza accettò subito con entusiasmo.
Si dimostrò una ragazza molto precisa nel suo lavoro, aveva tanto talento con il filling tra dottore e paziente, ogni volta che Sandie doveva visitare qualcuno, il cliente rimase le ore a parlare con lei poiché aveva una grande capacità di mettere a proprio agio le persone.
Gladys la osservò anche negli interventi, era molto attenta e sicura di ciò che stava facendo, il lavoro che aveva fatto con Michael durante il tour l'aveva aiutata tantissimo nel suo campo lavorativo. La sua autostima come dottoressa era cresciuta ed era sempre pronta ad aiutare il prossimo. In più Sandie era una studentessa eccellente, interveniva spesso alle lezioni, e studiava in modo maturo e preciso.
Nei corsi che frequentava si creò in un batter baleno una grande invidia nei suoi confronti, nonostante ciò Sandie non pensò agli altri cosa pensavano, pensò molto di più a se stessa e al suo percorso. Ormai il suo nuovo obiettivo era quello di diventare una cardiologa a tutti gli effetti.
Sandie era sulla scrivania a prescrivere una medicina per una signora anziana.
«Allora, deve prendere la Nitroglicerina tutti i giorni, almeno due volte al giorno, mi raccomando non deve prendere altri farmaci. Solo quello che ho prescritto signora.» la Nitroglicerina era un farmaco usato per gestire lo scompenso cardiaco congestizio associato all'infarto, per il trattamento della pressione alta durante gli interventi chirurgici, e per trattare alcune forme di dolore toracico.
«La ringrazio dottoressa, è davvero molto gentile.» disse la donna anziana prendendo il foglio piegandolo a quattro mettendolo poi in borsa.
«Si figuri, ci vediamo al prossimo controllo. Mi raccomando signora, si riguardi.»
«Senz'altro.»
Sandie rimase sola, incominciò a leggere a posto alcune carte, tra cui ricette di medicine e cartelle cliniche.
Gladys entrò, e sorrise alla vista della ragazza ancora a lavorare.
«Sandie, non sei stanca? Stai lavorando da questo pomeriggio, in più è anche tardi.» disse con tono gentile.
«No no, io starei giorno e notte qui, mi piace prendermi cura delle persone.» rispose stellina accennando un sorriso.
È davvero una cara ragazza pensò la dottoressa.
«Mi fa davvero piacere che adori questo lavoro, ma devi anche fare altre cose tesoro. Come ad esempio stare con la tua famiglia oppure vedere il tuo ragazzo.» Sandie si bloccò all'ultima frase.
"Vedere il tuo ragazzo"
Tra i suoi vari impegni di lavoro, e gli studi Sandie non aveva avuto il tempo di fare una telefonata a Michael dopo quello che era successo con la sorella, ma nonostante ciò non aveva mai smesso di pensarlo. Nemmeno per un istante.
Si domandò come stesse, se il percorso in clinica stesse procedendo bene.
Gli mancava.
Gli mancava da morire.
Gli mancava tutto di lui, era un mese che non lo vedeva e ciò la faceva intristire, non era per nulla abituata. Anzi, si era abituata a lui, a tutto quello che avevano trascorso insieme a lo tour.
Lo amava.
Lo amava profondamente.
Sospirò con la malinconia in gola, spostando una ciocca di capelli.
«Ho detto qualcosa che non va?» domandò Gladys con tono preoccupato.
«Eh? No no no, anzi sto bene.»
«Sei stanca Sandie, torna a casa. Finisco io qui, okay?» annuì con accordo senza opposizioni, sbadigliando in segno di stanchezza.
Erano circa le undici di sera, nonostante avesse finito di lavorare verso ora di cena, nel tragitto di ritorno incontrò una sua vecchia amica di università.
Andarono a mangiare fuori in un fast food, parlando del più del meno e delle strade che avevano intrapreso le due ragazze.
Passò una serata diversa, le aveva fatto bene distrarsi dallo studio e dal lavoro stando con una sua ex compagna di università.
Si sentì in qualche modo contenta, poiché non usciva con qualcuno da tempo tempo.
Dopo la morte di Ethan Sandie era rimasta completamente sola, anche se in qualche modo aveva ancora i rapporti con le sue amiche costruite in tour. In quel mese si legò tanto a Nadia, che viveva nel cuore dell'America, New York e si promisero che si sarebbero rincontrare presto.
Sandie camminava verso il corridoio del suo edificio, quando poi, i suoi occhi videro una figura coperta davanti alla porta di casa sua.
La ragazza aveva il cuore a mille dalla paura e gli occhi sgranati.
«C-chi siete?» domandò con la paura nella sua voce, quando poi l'uomo spostò lievemente il suo travestimento, Sandie gli mancò un battito quando vide dopo un mese, il volto di Michael «Oh mio Dio! Amore mio!» disse correndo verso di lui per abbracciarlo «Oh Michael, che bella sorpresa, ma da quando tempo sei-» la ragazza si interruppe percependo un tremolio, Michael stava leggermente tremando, ella si staccò dall'abbraccio e gli diede la mano «Ma tu stai tremando. Aspetta, adesso entriamo dentro.» la fanciulla tirò fuori le chiavi di casa dalla sua borsa, incastrò la chiave nell'entrata della porta, la girò verso di lato fino a sentire un click, Sandie aprí la porta piegando la maniglia di ferro.
I due ragazzi entrarono, appena Sandie chiuse la porta accese luce, Michael tolse il travestimento e il suo sguardo parlava.
I suoi occhi parlavano.
Sandie guardò la sua espressione, era come se avesse incontrato la morte, aveva uno sguardo che spezzava il cuore di ogni essere umano.
Era angosciato, scoraggiato, a tratti funereo.
Non lo aveva mai visto uno sguardo così triste avvolto nel tormento.
Gli prese la mano, ed era lievemente tremolante.
«Siediti sul divano Michael, ti preparo qualcosa da mangiare.» ordinò la fanciulla con tono dolce.
«No.» disse il moro con una voce che sembrava un sussurro «Non voglio niente.» Sandie sospirò «Amore devi mangiare qualcosa, se vuoi ti faccio le patatine fritte a te piacciono tanto.»
«No, non voglio niente.» ripeté.
«E invece ti preparo lo stesso qualcosa da mangiare, ora siediti sul divano Michael.» Michael si sedette sul divano, i suoi occhi erano vuoti, pieni di shock da quello che aveva subito quel pomeriggio.
Mentre Sandie gli preparava qualcosa da mangiare a volte si girava per guardarlo, egli aveva gli occhi su un punto fisso della casa, come se stesse guardando il nulla.
«Senti Michael.» parlò per attaccare un discorso «Perché non mi racconti un po' com'è andata in clinica? Sei stato bene?» non rispose, era immerso nel silenzio più totale.
La ragazza preoccupata per il suo stato d'animo, abbandonò quello che stava facendo dirigendosi verso il cantante.
«Amore mio.» lo chiamò dolcemente prendendogli la mano «Che cosa è successo? Perché sei così triste?» Michael qualche secondo dopo si rifugiò nelle braccia della ragazza iniziando a piangere con voracità.
«Sandie! Sandie!» la chiamò tra i pianti come un bambino impaurito, il suo pianto era potente, più potente di quando potesse immaginare. Sandie lo strinse a sé, dandogli dolci carezze, non lo aveva mai visto così in preda alla tristezza, le sue lacrime sostituivano le parole.
Non c'è dubbio, è successo qualcosa.
«Michael, dimmi, qualcuno ti ha fatto del male?» domandò la ragazza cercando di capire il motivo del suo dolore.
Michael si staccò dall'abbraccio per asciugare le lacrime con la punta dell'indice, soffiò il naso e il suo respiro era affannato.
Sandie gli fece regolare i respiri.
«Michael, con calma, quando te la senti mi dici che cosa è successo. Io posso aspettare anche tutta la notte, ma non posso vederti così, fa male. Vuoi che faccia qualcosa per te?» egli scosse la testa, ma lui appoggiò la testa sulla spalla della ragazza, come se stesse cercando attenzioni, Sandie lo baciò sulla fronte e sul viso bagnato dalle lacrime «Quanto odio vederti così.»
«Ed io odio me stesso.» rispose il moro.
Sandie scosse la testa.
«No, non dire così, tu sei l'essere umano più bello che ci sia su questa terra.»
«Per te, ma per gli altri non è così.» il ragazzo si alzò dal divano girovagando per il salotto «Mi descrivono come un mostro, un malato perverso che abusa i bambini, uno strambo per certi aspetti. Sbiancato, un drogato. La gente questo pensa di me. Ed oggi è stato uno dei giorni più brutti della mia vita.» il suo passo si fermò di fronte alla ragazza «Oggi ho avuto un altro mandato di perquisizione, ma non hanno perquisito Neverland, ma me. Sono stato costretto a stare nudo per venticinque minuti, che per me sembrano state due ore, di fronte ai poliziotti che facevano fotografie su alcune parti specifiche del mio corpo. Volevano parti di pelle scolorita, macchie che indicassero la presenza della mia malattia. Mi riferisco alla vitiligine ovviamente.
Inoltre il mandato mi invitava a cooperare con il loro medico per vedere le condizioni sulla mia pelle. E diceva esplicitamente di non rifiutare, Perché se lo avessi fatto, lo avrebbero utilizzato come prova di colpevolezza.
Mi sono sentito così ...» si bloccò ad una certa del racconto, non voleva ricordare le emozioni negative che aveva provato, ma invano «Non ti saprei dire a parole come mi sono sentito. È stato orribile, un vero incubo. Non auguro neanche al peggior nemico l'esperienza indegna che ho avuto oggi. Perché credimi, osservare i poliziotti fotografare le mie parti intime, per un'accusa che non ho mai commesso è umiliante. Molto umiliante. Ho sentito la mia dignità andarsene via in quel momento, non avevo più niente. Solo un forte senso di vergogna e insicurezza.» Sandie rimase scioccata del racconto del ragazzo, non si sarebbe mai aspettata che la polizia americana arrivasse a certi livelli, aveva un'espressione ar di poco disgustata, scosse la testa e le vene gli si gonfiarono dalla rabbia per quello che avevano fatto a Michael.
«I-io non so che cosa dire. È disgustoso, davvero disgustoso. Hanno superato il limite stavolta.» Michael non disse nulla, rimase in silenzio, massaggiando la testa.
«Lo penso anch'io, hanno varcato il limite, e credimi sto perdendo la forza di combattere. Voglio solo che questa situazione finisca al più presto perché io sono al limite Sandie, non c'è la faccio più. Voglio che finisca! Basta! Sono stanco di vedere le espressione delle persone schifate da me, e della gente che mi sparla alla spalle!» urlò. «Kimbely, la mia ex cameriera ha testimoniato contro di me, e anche Ben lo ha fatto! Dimmi, tu lo sapevi?» a quella domanda Sandie si sbiancò.
Rimase in silenzio.
Lo sapevo pensò il cantante.
«Chi tace acconsente.» rispose poi il fanciullo.
«Michael ... ascolta io-»
«Ascolta un cazzo!» la interruppe «Dovevi dirmelo! Ogni volta che sai qualcosa di negativo che mi riguarda ti chiudi, non mi dici mai niente. Mi sono stancato che tu nasconda delle cose importanti. Me lo dovevi dire!» disse Michael con tono arrabbiato.
«Se non te l'ho detto c'è un motivo!» ribatté la ragazza.
«Sandie, perdonami, ma trovi sempre un motivo io non ce la faccio più a sentirti sempre delle scuse. Lo sai che quello che ha detto Ben è grave? Ti ha messo in mezzo ad una situazione alla quale tu non centri proprio! E lo so che lo fatto per vendicarsi, è palese. Ma Dio Sandie! Perché rimanere in silenzio? Sempre, sempre, sempre ogni volta che succede qualcosa! Ti avverto, se mi nascondi un'altra volta una cosa importante tu non mi vedrai mai più.» l'avvertì, aveva detto quello che pensava, era stanco che Sandie si rifugiasse nel silenzio in situazioni del genere.
Era serio in volto, ma stanco di essere sempre l'ultimo a sapere le cose.
Sandie sospirò abbassando lo sguardo, si sentiva in colpa di non averlo detto prima e di averlo nascosto.
«Perdonami, non ti nasconderò più niente Michael.» mormorò.
«Me lo auguro.»
«Ti fidi di me non è vero?»
«Ormai sei l'unica persona di cui mi possa fidare, non posso più fidarmi di nessuno. Nemmeno della mia famiglia, non puoi capire quando ho sofferto quando mia sorella ha fatto quell'apparizione pubblica. E tu sai com'è andata, ero in clinica e ho guardato tutto in diretta, le persone vicino a me si allontanavano o mi guardavano male, mi sono sentito uno schifo, veramente uno schifo!» riprese a piangere coprendo il volto con le sue mani, Sandie andò verso di lui per prendergli le mani ma lui la scansò «No! Non voglio che tu mi guardi, non guardarmi.»
«Michael ...» si accasciò per terra, continuando a piangere.
«Ti prego Sandie, non guardarmi, mi vergogno così tanto.» supplicò Michael con il tono di un bambino, Sandie aveva le lacrime agli occhi, non sopportava di vederlo così, e capí che la sua insicurezza era aumentata ancora di più dopo quell'esperienza.
Lei si chinò verso di lui, gli prese le mani dolcemente per vedere il suo volto.
I suoi occhi ... quegli occhi meravigliosi erano bagnati da un fiume di avvilimento, gonfi dai troppi pianti e il suo viso ormai divenuto una cascata di acqua salata.
Sandie avvicinò il viso per incontrare quello di Michael, le labbra della ragazza baciarono le tempie, la sua bocca sfiorò le lacrime, e le sue labbra si bagnarono delle lacrime del suo amore. Come se volesse asciugare il suo volto, non lo fece con un banale fazzoletto di carta, ma con le labbra.
Sandie lo baciò per tutto il viso, guance, mandibola, mento, fronte, ovunque dove c'erano le lacrime.
Quando poi lo baciò sulle labbra, il cuore di Michael sussultò, era da un mese che non baciava Sandie, e sentire di nuovo le sue labbra riapparì in un certo senso la voglia di continuare a vivere.
Bastava solo un bacio per sentirsi vivo.
«Sandie ...» mormorò il moro, la ragazza continuò a coccolarlo con amore. D'un tratto gli occhi di Sandie luccicarono come stelle, trattenne le lacrime, non vederlo per un mese fu dura per lei. Voleva raggiungerlo a Londra in quella clinica, ma il lavoro e lo studio le avevano proibito costantemente.
Lei lo prese a se per abbracciarlo e lo strinse forte.
«Non hai idea.» parlò «Di quanto mi sei mancato.» continuò «Sai, non te l'ho mai detto, ma da quando ti ho conosciuto mi hai dato un senso alla mia vita. Uno scopo ben preciso, quello di amarti e renderti felice. E credimi mi si spezza il cuore vedere le tue lacrime, e la tua anima tormentata dall'agonia.
In qualche modo ti darò la mano per farti rialzare ogni volta che cadrai, e la forza combattere tutta questa merda. Perché io voglio vederti sempre felice, voglio vedere quel sorriso così contagioso e luminoso che ti rende l'uomo più bello che esista sulla terra. Sarò pronta a darti tutto il supporto e l'amore di cui avrai bisogno, basta chiamare semplicemente il mio nome ed io correrò da te.
Io non posso vivere senza colui che ha dato un senso alla mia vita. Io sono nata per amare te, sono nata per te. Per conoscerti, per parlarti, per starti accanto e per amarti, con lo scopo di farti rendere felice e farti capire che l'amore esiste, e guarisce le persone provocate dalle ferite più profonde. Io ti amo Michael, ti amo così tanto. Mi ammazzerei per te.» le labbra di Michael erano leggermente aperte, rimasto ammaliato da quelle bellissime parole.
Come Michael era nato per diventare un uomo di musica leggendario, Sandie era nata per amare quella leggenda. Comprese che lei amava lui a 360 gradi, amava lui, la sua posizione e i suoi difetti. Ma quante volte l'aveva fatta piangere troppe, si dette ancora delle stupido.
«Anch'io ti amo tanto.» rispose il moro con voce rotta «E neanche io posso vivere senza di te. Non posso Sandie, tu sei tutto per me cazzo, non riesco a stare senza di te.»
«Amore mio, vieni qui.» lo baciò con amore, e tra i baci percepì le lacrime del Michael nella sua bocca «Ti prego, non piangere.» supplicò la mora «Non voglio vedere questi bellissimi occhi avvolti nelle lacrime.» con i pollici asciugò il viso del ragazzo, lo osservò per bene e perse un battito «Possibile mai che sei bellissimo anche con le lacrime?» lui ridacchiò con imbarazzo, e la baciò.
«Sandie.» la chiamò.
«Dimmi piccolo.»
«Stasera posso rimenere qui? A dormire da te?» domandò con voce piccola.
«Non devi chiedermelo, forza, andiamo in camera.»
Ore 3.04 a.m
Michael dormiva accucciato nel petto di Sandie, lei lo accarezzava, gli dava i baci, e lui più sentiva quel dolce contatto più si accucciava a lei come un bambino.
Ma lei aveva la testa da un'altra parte, rifletteva su quello che era appena successo.
Pensò a quanto la gente possa essere crudele nei confronti di un uomo che aveva cercato solamente di dare il bene agli altri.
Si domandò perché l'essere umano, o in generale l'uomo fosse così crudele con i più buoni?
Per invidia?
Per ricerca di attenzioni?
Forse.
Ma lei aveva pianto in silenzio mentre vedeva Michael in quello stato. Fu devastante.
Pregò il Signore di non vederlo mai più nella disperazione più ampia possibile. Di donargli la forza per combattere contro il male.
Lo strinse a sé come se non volesse lasciarlo andare, poi guardò un punto fisso, e chiuse gli occhi.
Non meriti tutto quello che stai affrontando.
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