[Κεφάλαιο 56]






Sandie arrivò a Los Angeles la sera tardi di quel giorno, prese in taxi dirigendosi verso casa sua, a Beverly Hills.
Erano mesi che non vedeva la sua città, i suoi negozi preferiti e l'atmosfera incantevole della città.
Guardò fuori dal finestrino, non c'era anima viva poiché era notte fonda, se non qualche macchina passante tra le strade.

Arrivò a destinazione, scaricò le valige, pagò il tassista e tirò fuori dalla tasca del giubbino le chiavi di casa.

Prese l'ascensore, arrivando nel piano dove si trovava il suo amato appartamento.
Afferrò la chiave giusta, penetrandola nel buco della porta, con un gesto deciso fece girare la chiave verso sinistra sentendo un click, la porta si aprì.
Entrò dentro ed era tutto buio.
Accese la luce e sorrise.
Guardò la sua casa e le era mancata.
Udì dei passi, e dal lato del corridoio vide Nicole, in pigiama e tutta spettinata.
La riccia quando vide la figura della sorella rimase a bocca aperta.
«Oh mio Dio.» disse «Adelfì ... Adelfì.»
«Ciao Nicole.» disse stellina accennando un sorriso.
Nicole corse subito ad abbracciarla «Che bella sorpresa! Sono così contenta che sei tornata. Oh Sandie mi sei mancata da morire.» sentiva le braccia di Nicole stringere il suo corpo, il suo odore, e la sua voce.
Ricambiò l'abbraccio, mentre una lacrima di commozione scorse nel suo volto.
Era tornata a casa.
Da sua sorella.
Dalla sua famiglia.
Con il termine di un avventura.
E si sentì appagata di essere tra le braccia della sua piccola sorellina.

Il giorno dopo quando le ragazze si svegliarono, fecero colazione, Sandie  aiutò Nicole a preparare la colazione per Nathan, suo nipote. Ma la giovane mamma obiettò di non preoccuparsi, e piuttosto di stare con suo nipote per accertare che facesse il bravo.
Obbedì senza contrastare, Sandie prese Nathan in braccio e ci giocò.
Fece delle buffe smorfie per farlo ridere, gli parlava con voce piccola, e lo fece alzare in aria leggermente per poi riprenderlo tra le sue mani.
«Uno ... due ... e tre!» disse alzando il nipote in aria per poi riprenderlo, il bambino rise.
La zia lo riempì di baci, annusando la sua pelle.
«Mamma mia se sei profumato.» gli diede dei possenti baci sulle guance «Mhmm, te le strappo queste guance, te le strappo.»
«Tu prendi le guance ed io i piedini.» disse Nicole accennando una risata.
«Oh! Ha detto la mamma che ti vuole rubare i piedi.» affermò la giovane andando verso il divano, fece stendere il bambino mentre emanava dei teneri versi, muovendo le mani verso il viso di Sandie «Vuoi fare cara cara a zia?» lui con la piccola manina diede delle piccole carezze sulla guancia di Sandie «Aaww, bravo amore, cara cara, cara cara a zia Sandie.»
«Ultimamente lo sta facendo spesso.» all'improvviso Sandie si incupì, il suo volto divenne triste, riflettendo sulla frase che aveva appena pronunciato sua sorella.

Aveva perso tante cose di Nathan, e da un mese era stato il suo primo compleanno, non sapeva se aveva detto la prima parola, oppure se aveva iniziato a camminare.
Si sentì una colpa.
Tant'è che scoppiò a piangere.
Nicole sentendo il pianto di sua sorella corse da lei.
La vide seduta sul divano abbracciando Nathan, coccolandolo con tanto amore mentre il bambino ridacchiava.
Sandie la guardò con gli occhi pieni di lacrime, con uno sguardo di una tristezza infinita.
«Mi dispiace.» pronunciò «Mi dispiace, sono una pessima zia. Sono una pessima zia.» disse stringendo i denti continuando a piangere.
«Ma che dici? Ehi, Sandie.» si mise vicino a lei abbracciandola da dietro, accarezzandole la testa con dolcezza «Si può sempre recuperare tutto, e per quanto riguarda il compleanno di Nathan si può sempre fare una piccola festicciola.»
«Ma io mi sto perdendo tutto di mio nipote, e sono sicura che mi odierai.»
«Ma che stai dicendo? Eri a lavoro Sandie, non fartene una colpa.» ella scosse la testa «No Sandie, davvero, non devi fartene una colpa.»
«Sì invece.» la sorella la fece girare dalla sua parte, con le dita le fece asciugare le lacrime, asciugando con amore il suo viso.
«Ma ... ma, ma, ma.» Nicole per un attimo sentì mancare il respiro, guardò suo figlio, i suoi occhi erano così piccoli e innocenti. Stava sorridendo continuando a sibillare la parola mamma. «Ma, ma, ma.» continuò il figlio.
Era ufficialmente iniziato il periodo della lallazione, aveva iniziato a lallare la parola pappa, ma mai mamma.
Per Nicole fu la prima volta a sentire il figlio lallare la parola mamma.
Le se luccicarono gli occhi e il suo volto guardò quello di Sandie.
«Sta provando a dire mamma. Sandie, sta iniziando a dire mamma.» disse Nicole emozionata «Forza Nathan, guarda, mam ... ma, mam ... ma.» disse la giovane madre al bambino scandendo bene la bocca «Mam ... ma.» ripeté «Mam ... ma.»
«Mam .. m, m, ma. Mam ... m,m,m, ma.» ripeté il bambino, ormai era fatta, la parola era sua, e la stava dicendo bene.
«È fatta.» disse Sandie «L'ha detto.» nel frattempo Nathan ripeteva la parola ma mano unendo le lettere tutte assieme, fino a diventare un'unica parola.
Quando Nicole udì la parola mamma detta dal figlio scoppiò in lacrime dalla forte emozione.
Aveva detto la sua prima parola.
Mamma.
Prese suo figlio in braccio riempendooo di baci e carezze tra le lacrime di felicità agli occhi.
Aveva il sorriso sulle labbra, Sandie poté vedere una enorme felicità nel suo volto, in più una grande emozione che gonfiava il cuore.
Anch'essa si emozionò, infondo aveva recuperato un momento con il nipote.
E non c'era modo più bello di recuperare assistendo al momento della prima parola.
«L'ha detto! Sandie! Ha detto mamma! Il mio bambino ha detto mamma!» esclamò con gioia la sorella, ella si alzò dal divano prendendo il bambino in braccio, girovagando per tutta la stanza esaltata del momento che aveva appena assistito.
«Mio figlio ha detto mamma! Ha detto mamma!»esclamò ancora la ragazza.
Sandie si unì con lei, condividendo la gioia di aver sentito la prima parola di suo nipote.




[...]



Sandie era sul divano a leggere un volantino, da poco aveva pranzato, era seduta con le gambe congiunte, e il volantino tra le mani, aveva un'espressione serena e felice.

Con la coda d'occhio vide Nicole uscire della stanza, chiudendo piano piano la porta.
«Si è addormentato?» domandò la ragazza.
«Si.» rispose, la fanciulla madre, raggiunse la sorella sedendosi accanto a lei «Che leggi?» domandò.
«Oh niente, stavo vedendo un po' d'informazione sul piano universitario di alcune specializzazioni.» rispose non staccando gli occhi dal foglio.
«Hai intenzione di riprendere a studiare?»
«Sì, e penso che farò cardiologia, però non c'è scritto niente. È solo un volantino pubblicitario credo che andrò direttamente all'università per i corsi.»
«Sempre alla Ucla?» domandò, annuì con il capo.
«Senti Nicole hai avvisato a papà del mio ritorno?» domandò stellina.
«L'ho fatto stamattina mentre dormivi, era felice come una pasqua, ha detto che stasera verrà a prenderci per andare a mangiare fuori tutti insieme.»
«Verrà anche Cheyenne?» lo sguardo di Nicole divenne serio in volto.
«Non verrà quell'idiota.» alla risposta della ragazza Sandie staccò gli occhi dal foglio, posando gli occhi sulla sorella.
«Perché? Che è successo? Avete litigato?» domandò lei con tono curioso.
«Si, perché è un coglione.»
«Il motivo?» chiese, la riccia emise un sospiro.
«È geloso.» parlò «Non pensavo che Cheyenne avesse questo lato.» mormorò.
«Beh, secondo me non ha una gelosia possessiva, ma affettiva. Nel senso che è geloso perché ha paura di perderti.» disse Sandie posando il volantino sul tavolino di legno di fronte al divano.
«Può darsi, ma ti spiego meglio. Qualche settimana fa sono andata con Cheyenne e mio figlio a casa di un suo caro amico, era il suo compleanno.
Diciamo che la gelosia è partita quando un ragazzo, un amico del festeggiato ha preso Nathan in braccio per giocarci.
Ci sta la gelosia paterna per l'amor di Dio, lo posso comprendere. Però diciamo che è andato in escandescenza quando questo ragazzo ha incominciato a flirtare con me, io ovviamente non sono stupida, ma quando flirtava con me io facevo battute, facevo un po' la comica per sdrammatizzare la situazione.
Cheyenne a quel punto dice al festeggiato che c'è ne dovevano andare per un impegno urgente.
C'è ne andiamo e mentre guidiamo iniziamo a litigare. Mi ha accusato di essere troppo ironica con certe persone, esagerata, e troppo aperta. Io gli ho spiegato che se mi ero comportata in quel modo era solo per "respingere" tra virgolette le sue avance. L'ironia a volte aiuta se è pungente.
Ma lui niente, non mi ha ascoltato. Sono tre giorni che non ci parliamo, è venuto ieri solo per stare con Nathan, faceva finta di non vedermi oppure mi guardava a stento con occhi arrabbiati.» nel bel mezzo del racconto la voce di Nicole era rotta dal pianto, amava Cheyenne, lo considerava come l'uomo della sua vita altrimenti non avrebbe mai fatto un figlio con lui. Era la speranza di un amore vero, pieno di passione e lealtà.
Ma non le piacevano i litigi, a nessuno piaceva i litigi, ma lei detestava litigare, soprattutto con Cheyenne, ma in qualche modo si sentiva responsabile della discussione.
«Adelfì, è normale in una coppia che capitano questi litigi. In particolare di gelosia, però secondo me è sbagliato stare in silenzio come se non fosse successo nulla. Dovete parlare e chiarire.» commentò Sandie cercando di darle giusti consigli.
«Lo voglio fare ma ho paura che finiremo ancora per litigare.»
«No, non credo, se parlerete con calma allora fidati che non ci sarà nessun altro litigio, ricordati che parlare con calma aiuta molto, risolve ogni cosa.»
Non sempre, certo, però in questi mesi mi ha aiutato tantissimo.
«Tu dici che devo fare così? Andare da lui a parlare?» annuì.
«Sì Nicole, però devi farlo tra oggi e domani.» le raccomando.
«Lo farò domani, oggi voglio stare con mia sorella.» disse Nicole accennando un sorriso per poi abbracciare la sorella.

«Dí un po', raccontami delle news.» bottó la riccia mettendosi comoda sul divano.
«Sono stata bene, abbiamo visitato parecchi posti. Ti devo portare a Tenerife, è bellissima, l'amerai sicuramente è un'isola stupenda, in più c'è il mare che sembra un cristallo.»
«Si sa, le Canarie sono le Canarie, e dimmi ti sei divertita?» domandò.
«Molto, ho anche lavorato molto. Ho messo in pratica tutto quello che ho imparato. Penso di essere stata un po' la pupilla del tour. Una specie di punto di riferimento.»
«Chi non adorerebbe una ragazza come te? Non perché sei mia sorella ma perché veramente lo sei.»
«Sei un amore, ti ringrazio, e poi è stata una bellissima esperienza. Ho imparato tante cose, sai ogni giorno imparavo nuove cose. Non solo nell'ambito lavorativo, ma anche sulle persone, sulla vita e su Michael. Quando era sul palco diventava una pantera, un'altra persona. C'era lui e la sua musica. Che magia. È davvero un peccato che non hai potuto vederlo.»
«Non mancherà occasione Adelfì. A proposito, come sta Michael?» a quella domanda Sandie si intristì.
«Non molto bene, le accuse lo stanno massacrando e sono davvero preoccupata. In più durante questi mesi la sua dipendenza da farmaci è peggiorata. In più ha avuto tanti problemi di salute come stress, insonnia, emicrania, problemi alle corde vocali e alla schiena, di recente ha avuto un mal di denti.» raccontò la mora.
«Però, vedo che non sta per nulla in forma.» commentò la sorella.
«No, era spento e sia fisicamente che psicologicamente non stava bene. Così ha anticipato la chiusura del tour non solo per colpa delle accuse ma anche per i problemi di salute.»
«Mio Dio ...»
«Non sai quante volte sono andata in soccorso a salvarlo, ha avuto parecchi svenimenti, anche prima che iniziasse il concerto, per poco ho avuto paura che morisse davanti ai miei occhi. Non avrei potuto reggere la sua perdita, se ci penso mi vengono i brividi.
Ma comunque, per il resto ieri è partito per andare in una clinica di riabilitazione a Londra per disintossicarsi.» continuò la fanciulla.
«Glielo hai detto?» domandò Nicole.
Sandie fece un espressione perplessa.
«Detto cosa?» domandò.
«Andiamo, non fare l'ingenua. Sai benissimo di cosa parlo.»
«In questo momento ho un vuoto di memoria.»
«Nessuno ti crede.»
«Dico sul serio, cosa dovevo dire a Michael?»
«Il fatto della testimonianza del suo ex manager, e che ti ha coinvolto. Glielo devi dire o altrimenti lo scoprirà da solo.» Sandie mise una mano sulla fronte ricordandosi dell'argomento.
«Lo so bene, ma solo che in questo momento per ora è meglio che si concentri a guarire e stare bene. Dopo se ne parla.» rispose.
«È certo, se ne parlerà quanto tutta questa situazione finirà.» rispose Nicole con tono arrabbiato.
«Nicole, non litighiamo. Ieri sono tornata e non voglio discutere. Ti ho detto che glielo dirò nel momento giusto, te lo prometto.» aveva ragione, infondo era appena tornata a casa dopo tanti mesi di assenza, di sole telefonate e lettere.
Nicole le prese la mano.
«Non volevo essere sgarbata, scusami.»
«Non ti preoccupare, e poi non siamo noi se non facciamo la più piccola delle discussioni no?» le due sorelle risero a quell'affermazione.
«Parlando di Michael, sessualmente parlando ...» riprese la sorella mordendosi il labbro inferiore.
«Oh Nicole dai.» disse stellina alzando gli occhi al cielo con un sorriso imbarazzato.
«Immagino che lo avete fatto molto spesso vero?» domandò Nicole con un ghigno sul volto.
Sandie ridacchiò a quella domanda, le sue guance arrossirono di un rosso tenue.
«Sì, e credimi, ci sono stati certi momenti in cui veramente dopo averlo fatto dicevi wow. E poi sai, siamo stati ad Atene.» la fanciulla dai capelli ricci spalancò gli occhi.
«Non mi dire che siete andati a casa nostra?»
«E dove dovevamo dormire? Sulla strada? Comunque sì l'ho portato a casa.» Nicole sorrise facendo un'espressione furba.
«Quindi, se siete andati a casa, giustamente siete andati a dormire nella camera dei nostri genitori.»
«Si.»
«E avete fatto sesso?»
«Si.» rispose con naturezza, Nicole spalancò la bocca formandola ad O.
«Cazzo Sandie, ti sto amando in questo momento e dimmi, oltre a questo cosa avete fatto ad Atene?»
«L'ho portato nei posti più belli della città, nei musei, visitato le piazze, le chiese, e poi l'ho portato in barca.»
«In barca eh?» disse la sorella alzando le sopracciglia.
«Se ti chiedi se lo abbiamo fatto? Si, ed è stata la scopata più bella della mia vita.» disse Sandie diretta.
«Wow, mia sorella ora si che è una vera porcona.» stellina rise.
«Adoro fare sesso con lui, è un Dio anche su quello. E poi è un uomo così attraente che mi fa eccitare subito.» confessò.
«Mi piace questo tuo lato.» intervení Nicole.
«Ah si?»
«Si, hai una sensualità molto elegante, allo stesso tempo eccitante, e mi piace, ti rappresenta. Infondo così si rompe un po' l'immagine della ragazza angelica che ti hanno sempre descritto. Sotto sotto hai una sensualità stupenda, e ti auguro di non perderla mai.»
«No, ne farò un grande punto di forza.»




[...]


Era sera, tra meno di venti minuti le sorelle Vrachnos sarebbero uscite per vedere il padre, portandole a mangiare fuori festeggiando il ritorno di Sandie.

Stellina prese un po' di profumo, era di una marca sconosciuta, ma che aveva un buonissimo odore dolce come piaceva a lei.
Lo spruzzò su tutto il collo, e poi sul petto.
Lei abbondava sempre di profumo tant'è che rendeva la camera piena di profumo.
Si sentiva solo il profumo di Sandie.
Era ben truccata, un po' di cipria sul volto, tanto di mascara da far risaltare i suoi occhi verdi e il rossetto rosso sulle labbra.
Dal cassetto del comodino cercò una scatola, e la trovò, era una scatola quadrata di velluto blu, l'aprí e vi era una bellissima collana di perle, appartenente a sua madre.
Sandie si diresse verso lo specchio, si guardò mettendo la collana di perle illuminando il suo collo, e chiuse il gancio su un anello di ferro.

Aveva uno sguardo malinconico, come se fosse in preda da pensieri negativi.
Lo specchio riflesse la sua anima.
Un'anima pura, dolce, così tenera come la creatura più innocente che Dio avesse creato, di una bellezza disarmante.
Ma proiettava anche una forte angoscia, avvolta nel velo della malinconia.
Un'angoscia di tante disgrazie che le sono capitate nel giro di un anno e mezzo, una malinconia delle persone che aveva perso e la paura di non essere abbastanza per la persona che amava, e di perdere le persone che voleva costantemente bene da un giorno all'altro.

«Sandie! Sbrigati papà tra cinque minuti sarà sicuramente sotto casa!» urlò Nicole dal bagno.
Sorrise a sentire la voce di sua sorella.
Spostò una ciocca di capelli appoggiandola dietro all'orecchio, guardò poi il telefono di casa.
Pensò a Michael, le aveva promesso che l'avrebbe chiamata non appena sarebbe arrivato in clinica.
Poteva ancora sentire quelle mani setose, avvolgere il suo corpo e la sua anima.
Le sentiva sul viso, poi sul collo, fino al suo fiore.
Un fulmine di eccitazione atterrò sulla sua intimità, chiuse di più le gambe.
Ridacchiò con imbarazzo.

Mise una mano sul petto dove si trovava il cuore, batteva, batteva d'amore.
Era il suono più romantico che esisteva.
Sorrise innamorata, pensando ai suoi occhi, al suo viso, e alla sua voce.
L'immagine di Michael era potente nella sua mente quanto un fulmine durante una tempesta.
Era indelebile e impossibile da cancellare.
Gli mancava.
Gli mancava nonostante fossero passate poche ore dal suo ritorno a casa.
Era abituata a stare con lui non ogni giorno, ma bensì tutti i giorni.
Era abituata vedere i suoi occhi, le sue emozioni e le sue espressioni.
Era abituata a stargli vicino nei momenti di sconforto, non solo per le accuse ma anche per i suoi momenti di forte insicurezza.
Era abituata a vedere il suo sorriso ogni giorno della sua vita, che illuminava le sue giornate più del sole.
Era abitata ai suoi occhi, ad essere guardata con amore, talvolta con tanta passione.
Era abituata al suo corpo, a unire il suo corpo con quello di Michael, sfiondare nel vortice della cupidigia, toccandosi con tanta grazie.
Era abituata a lui, alla sua persona e all'uomo che era. Aveva imparato a conoscerlo ed amarlo, a scoprire lati di lui che non sapeva, e continuare ad amarlo.

«Stellina.» la chiamò, il suo tono era serio e lei lo guardò negli occhi «Quando questa brutta situazione finirà, la prima cosa che farò sarà quello di chiederti di diventare mia moglie.» ella spalancò gli occhi, sorrise impacciata con la paura di aver udito male le ultime parole.
«N-non mi prendi in giro vero?» domandò esterrefatta.
«Sono serissimo, io voglio sposarti Sandie, voglio avere una famiglia con te, voglio avere dei figli con te. Io voglio essere il padre dei tuoi figli, che diventeranno nostri figli. Voglio passare il resto della mia vita con te, voglio vederti con il vestito bianco mentre cammini all'altare verso di me per l'inizio di una vita. Voglio vederti con il pancione, accarezzarlo dolcemente per sentire i calcetti del bambino, voglio prendermi cura di te, darti amore e sostegno. Voglio regalarti la luna, le stelle e se potrò anche l'intera galassia. Voglio darti tutto me stesso per vedere solo il tuo sorriso.
Voglio renderti felice. Voglio che i nostri litigi diventeranno una chiave per migliorare il nostro rapporto. Voglio fare l'amore con te fino al giorno
dopo.
Voglio invecchiare insieme a te mentre vediamo crescere i nostri figli. Voglio che sia tu il sole che illumina le mie giornate.
E tutto questo solo con te. Perché tu sei la donna della mia vita. Tu mi rendi vivo Sandie.»

Lo aveva promesso, sarebbe stata sua moglie e avrebbero formato una famiglia e una vita insieme.
Solo se Michael sarebbe uscito dal suo buco nero, poteva avvenire quello che stava proiettando quello che era il suo futuro, il loro futuro.




[...]


Alexandre portò le figlie in un bellissimo ristorante. Aveva un bellissimo panorama che si vedeva tutta Beverly Hills, l'interno era tutto bianco, con qualche decorazione in avorio.
Era un ristorante importante e il proprietario era un amico di Alexandre.
Una volta accomodati, il padre chiese alla figlia maggiore di spiegare le sue avventure.
Stellina cominciò a raccontare tutti gli episodi più divertenti e belli, successi durante il tour.
Raccontava i momenti con il sorriso sulle labbra, ma i suoi occhi in alcuni momenti erano pieni di malinconia.
Malinconia nell'aver concluso una splendida avventura che le aveva fatto insegnare tante tematiche della vita, e di aver conosciuto in modo approfondito Michael nel mondo lavorativo, di come lavorava e di come era professionista, di come era perfezionista in tutto, e di come si trasformasse nel palco.
Alexandre però, oltre ad essere felice per il ritorno della sua adorata figlia, e nell' ascoltate le sue avventure era preoccupato.
Non aveva di certo scordato quello che aveva detto Pearce qualche settimana prima.
Se ci pensava gli si gonfiarono le vene dalla rabbia.
Poteva ancora percepire la sua rabbia nei confronti del suo caro amico.

«Ora è tutto più chiaro.»
«Chiaro che cosa?» domandò l'uomo irritato, l'amico non rispose, a quel punto il padre vedendo l'espressione del suo amico annuire il capo, una rabbia indescrivibile entrò nel suo corpo, si alzò dal divano e lo fece alzare prendendolo per il colletto.
«Ascoltami attentamente, tu puoi toccare me ma non le mie figlie. Non il sangue del mio sangue.» il procuratore vide la rabbia demoniaca negli occhi del suo amico. Ebbe paura.
«Alexandre non-»
«Taci! Se pensi che mia figlia abbia commesso questi crimini indegni allora non la conosci affatto. Non è capace di fare del male a nessuno neanche ai bambini. Se pensi il contrario sappi che la prima cosa che farò sarà quello di riempirti di botte. Ci metto due secondi a chiudere la nostra amicizia.» disse accecato dalla rabbia.
«N-no, non lo penso affatto. Io conosco Sandie Alexandre.»
«Mai quanto me che sono suo padre!» urlò.
«Questo è certo, però volevo solo dirti di dire a tua figlia di stare attenta. Tutto qui Alexandre, ho detto che ora è tutto più chiaro perché ho eseguito un ragionamento.» rispose con la paura in gola.
«Sentiamo, e quale sarebbe questo ragionamento Einstein?»
«Probabilmente ha messo in mezzo Sandie perché forse la vedeva spesso con Michael essendo ottimo amici. Di sicuro sarà successo qualcosa tra il manager e il cantante, e si sarà vendicato facendo questa testimonianza. È molto probabile che questo manager avrà avuto qualche discussione con Sandie, e per vendicarsi, l'ha messa in mezzo. Questa è un ottima ipotesi ma non penserò mai che tua figlia ha fatto quelle cose. Mai Alexandre, lo giuro sui miei figli.» Alexandre si calmò, mollò la presa e il procuratore si sedette con il fiato appeso al collo.
Per un momento era convito che sarebbe stato picchiato.
Mise una mano sul petto.
«Hai frainteso Alexandre.» disse
«Lo spero bene, perché non ci metto niente a romperti l'osso del collo.»

Sospirò in sovrappensiero, pensava di aver esagerato a reagire in quel modo, ma fu il suo istinto paterno a difendere la figlia a reagire in quel modo. Ma dall'altro canto aveva la coscienza al suo posto, conosceva sua figlia quanto se stesso, non avrebbe mai commesso dei crimini disgustosi. Mai.
«Mi fa molto piacere che hai fatto tante amicizie, che ti sei divertita e che hai imparato tante cose bambina mia. Allora ho fatto bene a regalarti il camice quel giorno, sono così contento che hai iniziato a mettere in pratica tutto quello che hai imparato. Sono davvero fiero di te.» commentò l'uomo con il sorriso sulle labbra.
«Ti ringrazio papà.» un mugolio di Nathan fece attirare l'attenzione su di lui, mentre Nicole lo aiutava a mangiare la pappa.
Il bambino sorrideva, giocava con la posata, Nicole cercava di farlo smettere ma lui invece continuava a giocare.
«Amore della zia, come sei bello.» mormorò la mora con il sorriso, si avvicinò alla sua fronte per dare un bacio. Nathan sorrise con aria timida, il cuore di Sandie si sciolse dalla tenerezza di quel bambino.
«Come mai Cheyenne non è venuto?» domandò il padre con voce curiosa.
Nicole serrò la mascella.
«Abbiamo litigato.» rispose la sorella divenendo fredda.
«Ma faranno pace, tranquillo.» lo tranquillizzò Sandie con un buffo sorriso.
«Lo spero bene.» disse Alexandre divenendo serio in volto, bevve un bicchiere di vino rosso, si leccò le labbra, grattandosi il mento leggermente grintoso a causa della barba che stava fuoriuscendo. Arricciò il naso e bevve un altro sorso di vino.
«Sandie, Michael come sta?» domandò il padre cercando di parlare di un argomento.
Sandie si toccò la collana con le dita giocherellando con le perle.
«Non molto bene, penso tu sappia della situazione che si è creata in questi mesi vero?»
«Ho seguito un po' la faccenda sì.»
«Papà lui è innocente, non farebbe mai del male ad una mosca, figuriamoci ad un bambino. Sai, in questi mesi ho imparato tante cose dei media, che qualsiasi passo semplice faccia lo ingrandiscono formando uno scandalo, come se le celebrità non possano fare le cose più semplici, mi sono messa nei suoi panni, ho capito che per tutto questo tempo la sua vita oltre ad essere stata graziata è stata una tortura per la sua libertà. Nonostante la situazione ho cercato di farlo sentire amato, non solo, di farlo sentire come una persona normale con le cose più semplici. Lui non merita tutta questa crudeltà, è un uomo dal cuore d'oro e non lo dico solo perché sono la sua ragazza, ma perché davvero lo è per natura. Lui merita tanta felicità, e vederlo soffrire mi fa stare male.
Ora è partito verso in una clinica di riabilitazione a Londra per disintossicarsi dalla dipendenza dai farmaci.» Alexandre osservò gli occhi della figlia con le sue emozioni, intuì di quanto amore e dedizione aveva per quell'uomo famoso in tutto il mondo, era così innamorata di Michael che avrebbe dato la luna per lui.
Per un attimo Alexandre divenne leggermente geloso, anche la sua prima figlia era diventata grande e trovato un uomo che l'amasse. Per un padre era dura da accettare, le figlie femmine per i papà erano i fiori più belli da curare. Erano sacri.
Un fiore era cresciuto, divenuto ancora più bello e maturo. Anche l'altro.
Gli occhi di Alexandre divennero lucidi, come se fosse commosso in un certo senso, ma dall'altra parte vedeva nei suoi occhi lucidi, le sue figlie quando erano piccole. Solo due piccole ed innocenti bambine che amavano giocare con le Barbie, e stare con il papà.

«Papà papà! Giochiamo!» esclamarono le bambine con tono pieno di gioia, correndo tra le braccia del padre, lui rise mentre le bambine riempirono il viso di baci.
«E cosa volete giocare bambine?» domandò il padre con il sorriso sulle labbra.
«A nascontino!» rispose Nicole.
«Nascondino! Bene, uno ... due ... tre ... quattro ... cinque ...» nel frattempo le bambine andarono a cercare un vero e proprio nascondino, dove nessuno le poteva trovare.
Entrambe andarono verso la loro cameretta, volevano nascondersi dentro l'armadio, ma non c'era spazio.
«Eddai! Fammi spazio!» esclamò Sandie.
«Ma vai in giardino! Io tto qui.» bottò Nicole, Sandie iniziò a lamentarsi, e udì il padre contare il numero sette, doveva sbrigarsi, così come un fulmine scese verso di sotto, da una porta nel retro arrivò in giardino e si nascose tra i cespugli.
«Dieci!» esclamò Alexandre aprendo gli occhi, entrambe le bambine sorrisero senza fare rumore.

Il padre cercò ogni angolo della casa, vide in cucina dove Chantal stava tranquillamente leggendo un libro di ricette.
«Amore hai visto le nostre bambinela donna sorrideva, sapeva dov'era Sandie ma non Nicole, decise di stare al gioco.
«No. impegnati e cercale amore.» rispose la bionda ridacchiando.
«Mh, sei molto utile amore. D'accordo, m'impegnerò ma sappi che quando le troverò le riempierò di baci.» disse Alexandre alzando l'indice.
Ella scosse la testa accennando una risata.
«Lascia un pezzo per me, per favore.» disse Chantal al marito mentre saliva le scale, lui le diede un bacio all'aria mimandole un ti amo.

Andò verso il corridoio, tra cui c'era il bagno, la stanza delle bambine e quella condivisa con sua moglie.
Per prima cosa, controllò il bagno, non c'era nessuno.
«Mhmm ... si sono nascoste bene eh? Vediamo in camera.» aprí la porta della sua camera, controllando dappertutto, anche sotto al letto, con scarsi risultati «Ma dove sono i miei fiorellini?» domandò l'uomo entrando nella camera delle bambine, aprí per prima cosa l'armadio, e trovò Nicole con un bellissimo sorriso, emanando un urlo di gioia «Ecco il mio fiore!» la fece uscire dall'armadio prendendola in braccio, riempiendola di baci.
Lui la tenne stretta a , Nicole circondò il collo del padre con le sue piccole braccia. Con il piccolo indice poggiò le labbra del padre, egli bacio quel piccolo dito, per poi dare un piccolo bacio sulle piccole labbra della bambina.
Ella sorrise.
«Adesso mi aiuti a cercare tua sorella.»

Sandie nel frattempo era nascosta tra i cespugli, quando all'improvviso le passò davanti una farfalla tutta bianca volare tra i cespugli.
«Ooh.» mormorò stupita, la farfalla si avvicinò a quella bambina così bella con un sorriso così tenero.
Si poggiò su una foglia, come se volesse guardare la bambina.
Sandie delicatamente poggiò il palmo della mano verso il bellissimo insetto, la farfalla volò verso di lei posando le zampette sulla sua piccola mano.
«Che bella ...» mormorò incantata dalla bellezza della farfalla.
L'insetto camminò con le sue sottili zampette lungo la mano minuta di Sandie.
Stellina ridacchiò.
«Mi fai il solletico.» disse, con le dita con tanta delicatezza accarezzò le ali, piano piano, e avvertí una sorta di polverina, ma che non sporcava le mani «Volio avere le tue ali, così posso volare con te.» mormorò la bimba dagli occhi verdi, ma la farfalla prese il volo, volando verso il bellissimo e soleggiato cielo azzurro, Sandie salutò la farfalla con la mano, con la speranza nel suo cuore di vederla di nuovo.
Ma lei non si accorse che era uscita dal suo nascondiglio, e ciò non distolse lo sguardo del padre.
«Ti ho trovata!» esclamò il padre con il sorriso poggiando Nicole sul prato, facendo spaventare, Sandie, dalla paura scoppiò a piangere. Il sorriso di Alexandre svanì sentendosi terribilmente il colpa di averla fatta piangere, l'abbracciò accarezzandole i capelli.
«No amore mio, non ti volevo far spaventare scusami.» la bambina smise di piangere e abbraccio il padre, quelle braccia erano grandi da assumere una grande protezione.
Nicole si uní all'abbraccio.
«Banbine.» le chiamò, entrambe alzarono lo sguardo verso di lui «Vi prometto che vi proteggerò sempre, nessuno vi farà del male finché sarò in vita e ricordatevi che papà vi ama più di ogni cosa al mondo. Sarete per sempre le mie bambine, le mie piccole stelle. Papà morirebbe per voi per darvi la felicità che meritate.» disse l'uomo con le lacrime agli occhi accarezzando le bambine con tanto amore.
«Ma noi ti amiamo tanto papà.» mormorò Sandie.
«Lo so bene piccola mia, ma mai quanto vi ama papà. Quando sarete grandi, amerete un uomo, lo sposerete e farete dei figli. Ma ricordatevi che l'amore che prova papà per voi è insuperabile di qualsiasi altro amore.
Nesssun uomo vi amerà quanto me. Quanto io amo voi piccole mie.» disse con il cuore in gola, pur sapendo che un giorno, le loro figlie sarebbero cresciute e avrebbero creato la vita dei loro sogni.

Alexandre a quel ricordo ormai lontano, senza accorgersi gli cadde una lacrima, rigando il suo volto.
Le figlie preoccupate se ne accorsero subito.
«Ehi papà, che succede?» domandò Nicole con tono preoccupato. Egli fece un piccolo scatto come se fosse tornato nel mondo della realtà, vide Nicole, Sandie, ormai grandi e Nathan, suo nipote che stava sorridendo teneramente.
Il suo sguardo ritornò a quello delle sue figlie, e sorrise impacciato.
«Scusatemi, è che mi sono dimenticato per un momento che ora non siete più bambine, ma bensì donne. Questo per un padre è dura da metabolizzare e da accettare, vi ho sempre viste così piccole. Poi apro gli occhi e vedo due donne meravigliose, e allora dico, ho fatto davvero un buon lavoro con voi. E per questo posso dire che la mia vita si è realizzata a pieno crescendovi con tanto amore. E sono così fiero di voi, di come state crescendo e di come vi state realizzando.» spiegò Alexandre con tono emozionato. Le ragazze si commossero alle parole dolci e sagge del padre.
«Papà ...» mormorò Sandie, entrambe si alzarono dal tavolo per abbracciare il padre.
Egli le strinse a se, con il ricordo indelible nella sua mente delle sue figlie piccole e innocenti che stava ricordando pochi istanti fa.
Non era cambiato nulla nel loro rapporto, anzi, era migliorato giorno dopo giorno, con l'orgoglio nel cuore di essere padre di quelle meravigliose ragazze.





LONDRA




Alla clinica Saint Patrick di Londra, Michael Jackson divenne un paziente, gli diedero le chiavi della stanza accompagnandolo all'interno.
C'era un piccolo letto, un armadio, una scrivania con su un quaderno e una penna, dei libri e una televisione.
Jackson ringraziò il personale e mise la valigia sul letto per mettere in ordine i panni nell'armadio.
John nel frattempo parlò con il responsabile della clinica, chiedendo con tono supplichevole di rispettare la sua riservatezza e di aiutarlo il più possibile. Nessuno sapeva in quale clinica era diretto, soprattutto il posto. Quindi chiese di rispettare la privacy del suo capo.

Una volta messo i panni dentro all'armadio il cantante curiosò la stanza, era semplice, bianca, con delle decorazione lineari in un bianco più pallido. Vide i libri e tra i titoli intuì che erano tutti di genere tra la saggezza e psicologia.
«Ho parlando con il proprietario. Ha detto che qui puoi stare tranquillo, qui potrà svolgere un programma di riabilitazione facendo varie attività. Però in primis dovrai fare una visita.
Qui mi sembra un molto calmo e rilassante, oltre a questo potrai scegliere uno psicoterapeuta, in modo tale da avere qualche aiuto in più. Sai, prima ho visto una ragazza, aveva i capelli neri e un viso così spento, poteva sui diciassette anni o diciotto. Il proprietario mi ha detto che ha tentato il suicidio prendendo tanti farmaci.» Michael spalancò gli occhi intuendo che non era l'unico ad avere una dipendenza, aveva voglia di correre da quella ragazza e di sentire la sua storia, anche per sentirsi meno solo e di fare un amico.
«John.» lo chiamò.
«Dimmi.» lui indicò la valigia.
«Nel mio beauty case ci sono i farmaci, prendili e portali via ti prego.» disse con voce rotta.
«Michael stai bene?»
«Mai stato meglio, però ti prego portali via.» lui eseguì quello che aveva richiesto, prese il beauty case dove c'erano altri cinque barattoli di farmaci, il manager emise un pesante sospirò, guardò Michael con aria preoccupata.
Era triste. Molto triste.
«Ti lascio solo per qualche minuto, ti aspetto all'ingresso.» disse andandosene via.

Il cantante si sedesse sulla sedia davanti alla scrivania, prese il quaderno e strappò una pagina, afferrò la penna che era accanto al quaderno e cominciò a scrivere.

"Mia dolce Sandie,
Neanche da poche ore che si siamo separati, sento già la tua mancanza.
Sono arrivato in clinica e domani inizierò un programma di riabilitazione, andrò a fare delle terapie da uno psicoterapeuta, mi faranno delle visite mediche e svolgerò delle attività, cercando di uscire da questo pericoloso vortice. Sono intenzionato a farlo, e c'è la farò.
Ma quanto vorrei che tu fossi qui con me a dare la forza, a rassicurami con la tua dolce voce che tutto andrà bene.
Ma se penso a quello che sarà il domani, il nostro futuro, le energie e la forza tornano in un batter baleno.
Oh Sandie, in questo momento mi sento uno straniero in questa clinica, non conosco nessuno anche se so già che ci sono altre persone che hanno il mio stesso problema.
Spero tanto di riuscire a fare qualche amico, almeno per non restare solo in un percorso così importante come questo.
Stellina, tu sei arrivata a casa? Tutto bene con Nicole e Nathan? Tuo padre come sta? Spero che stiano bene tutti.
Immagino la gioia di vederti tornata a casa, di vedere i volti dei tuoi amati familiare e passare le giornate con loro. Per causa mia ti ho tolto dei momenti importanti con loro, e ti chiedo scusa per questo. Spero che ti possa recupero ciò che hai perso.
Amore mio, la mia mente proietta la tua immagine e in questo momento sto sorridendo mentre scrivo questa lettera.
Ti penso sempre, ogni secondo della giornata.
Il mio cuore batte forte solo per te.
Chiama il tuo nome.
Il mio amore per te cresce ogni giorno, amandoti più del giorno prima.
Possibile che tu mi faccia questo effetto?
Impazzisco per te stellina e lo sai perfettamente.
Ti chiamerò appena potrò.
Salutami Alexandre e Nicole.
Ricordati che ti amo da morire.
Tuo, Michael xx"

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