[Κεφάλαιο 43]









21 Agosto 1993




Agosto, il mese che regnava l'estate e la fine della stagione. Era anche un mese molto corposo, la gente partiva per andare in vacanza nei posti più belli ed estivi di tutto il mondo.

I due giovani, erano in stanza, a sistemare le valige. Tra meno di tre ore sarebbero dovuti andare in aeroporto, per partire verso Bangkok, in Asia. Cominciando così la terza ed ultima parte del tour mondiale di Jackson.
Erano entrambi pieni di energia e di carica.
Pronti ad affrontare gli ultimi spettacoli, e gli ultimi spostamenti.

«Non pensi di aver portato troppi bagagli?» domandò Michael inalzando uno sopracciglio.
Vedendo le quattro enormi valige piene di vestiti e oggetti «Sembra che ti devi trasferire.» affermò con una piccola risata.
La ragazza gli fece la linguaccia.

«Guarda che questa volta staremo via per tanto tempo per davvero.» mormorò stellina infilando una borsa dentro allo zaino.
Michael, l'abbracciò da dietro.
Ella si sciolse, smettendo di fare quello che stava facendo, poggiando la mano su quella del ragazzo.
«Amore mio.» mormorò la fanciulla.
«Non vedo l'ora di passare tutti questi mesi con te.» le diede un bacio sul collo.
«Lo sai che per te ti inseguirei fino alle stelle.» ribadì lei.

Lui la strinse a se, annuendo con il capo.
«Ti amo, ti amo da morire.»
«Io no.» disse la ragazza.
«Se è per questo neanche io.» ella ridacchiò divertita.
«Scemo.» disse voltamdo verso di lui, gli diede una dolce carezza lungo la guancia, avvicinando al suo viso per dargli un bacio a stampo. E un altro, un altro ancora.
«Ti bacerei all'infinito.» mormorò la ragazza tra i baci.
«Beh? Che aspetti a farlo?» disse il moro accennando un sorriso, affondando così, le labbra con quelle di stellina.


~~


Erano dentro al jet, ormai l'aereo era già partito da un'ora, Sandie era seduta vicino a Karen, mentre Michael era avanti a tutto vicino ad un membro dello staff.

«Oh Dio, e pensare che il Capodanno per strada è molto figo. Lo dico sempre alle mie amiche di farlo, ma si scocciano.» disse con tono dispiaciuto alla fine «Tu quanti Capodanni hai fatto per strada?» domandò.
«Penso quattro in tutto. Due in Grecia, e gli altri due qui in America.» rispose stellina accennando un sorriso.
«Ooohh, e dimmi, il Capodanno greco com'è?»
«Oh è meraviglioso. Pensa una volta siamo andati io e la mia famiglia a mangiare in un ristorante molto bello, vicino al Pantheòn, quando scoccò la mezzanotte ci furono i fuochi d'artificio vicino al monumento. E che fuochi, meravigliosi Karen. Un vero e proprio spettacolo di luci.» spiegò con tono nostalgica la ragazza dalle iride verdi.

Le sarebbe piaciuto rivivere la bellezza del Capodanno della sua città natale, dov'era cresciuta, e vissuto gli anni dell'adolescenza.

«Wow, allora il prossimo Capodanno lo passerò lì, se è così bello.» puntò la bionda decisa.
«Fidati, ne vale la pena. Però mi sa che questo Capodanno lo passeremo in tour.» le ricordò la mora.
«Ah, giusto.» ad interrompere il loro discorso fu la hostess di volo, con un carrello pieno di cibo e bevande.

Sandie prese il classico tè al limone con biscotti, mentre Karen una semplice bottiglia d'acqua.

Mentre beveva il tè, la sua testa iniziò ad invaderei di pensieri.
La ragazza si toccò la pancia.
Il suo ciclo era ritardo da almeno due settimane.
Da una parte sarebbe stata molto felice se fosse incinta lei adorava i bambini, li amava follemente. Ma dall'altra, secondo lei, non era il momento giusto tra tutte le cose che aveva da fare lei e Michael .

«Tutto ok Sandie? Ti vedo preoccupata.» annotò la truccatrice.
Sandie con l'indice indicò alla bionda di avvicinarsi.
Obbedì.

«Ho un ritardo.» sussurrò.
Karen spalancò gli occhi.
«Di quanto?» domandò la truccatrice.
«Due settimane.» rispose, la bionda divenne molto preoccupata.
Restarono in silenzio.
«Va bene, tranquilla, quando atterriamo corriamo immediatamente in una farmacia per prendere un test di gravidanza.» le spiegò per rassicurarla.
«Chi è che deve fare il test di gravidanza?» domandò Nadia da dietro ad alta voce.

Sandie si voltò verso Nadia fulminandola con lo sguardo.
In tutto il jet ci fu un silenzio tombale, che piano piano divenne molto imbarazzante.
Michael puntava lo sguardo su Sandie, che nel frattempo, si rigirò nella sua posizione con le guance completamente in fiamme.
Imbarazzata della situazione.

I passeggeri ripresero a parlare.
Sandie spiegò a Nadia la sua situazione.
«Beh, è probabile che lo sia.» mormorò la ballerina a bassa voce.
«Ma non hai nessun tipo di sintomo vero?» domandò a sua volta Karen.
Sandie scosse la testa.
«Nessuno, nemmeno la nausea.» rispose.
«Se non hai nessun sintomo di gravidanza allora non sei incinta.» affermò Nadia.
«Ma comunque è meglio farle fare il test, per precauzione almeno.» intervenì la bionda.
«Sono d'accordo con Karen, Nadia, devo farlo almeno così starò più tranquilla.» parlò stellina.
«Fai quello che ti senti di fare.» annuì, posando così lo sguardo sul finestrino, intravedendo le nuvole bianche.
Chissà se il Paradiso è fatto davvero di queste meravigliose nuvole che sto guardando.

Michael, nel frattempo, entrò nella sua testa immersa nei suoi pensieri.

«Chi è che deve fare il test di gravidanza?»

E se sarà Sandie?

Nel cuore puro e genuino del ragazzo gli venne una speranza nel cuore.
Una speranza che fosse lei a fare il test di gravidanza, sperava che fosse lei con tutto il cuore.
Si voltò per guardarla.
Era vicino a Karen, lèggeva una rivista.
Stellina dormiva beatamente.
Aveva voglia di alzarsi, di prenderla in braccio, stringerla tra le sue braccia, sedersi al suo posto e coccolarla come un piccolo cagnolino indifeso.

Come sei bella ...
Pensava questo, a quanto fosse bella, anche mentre dormiva.
Lèsse il suo volto.
Ere serena, felice.
Sapendo che stesse meglio, e che pian piano ritornava la luce che era in lei. Lo rendeva felice.
Era felice sapendo che era lui la sua felicità.

Sentì poi qualcuno toccare la spalla.
Si voltò ed era Lavelle, uno dei suoi ballerini, nonché coreografo.
Indicò la ragazza alzando il capo.
«Innamoraro eh?» lui sorrise impacciato.
«Non potevi innamorarti di una ragazza migliore. È stupenda, sia dentro che fuori.» commentò il ballerino.
«Lo puoi dire forte.» rispose il cantante.
«E ti rende felice?» domandò, a quel punto gli occhi di Michael luccicarono come stelle.
Annuendo successivamente con il capo.
«T-tanto ... tantissimo.» disse con voce rotta fuoriuscendo delle piccole lacrime.
«Ehi.» disse Lavelle con tono preoccupato «Perché piangi? Infondo è una cosa bella no?» il Re del pop pianse in silenzio.
Ma Lavelle capì le sue lacrime.

Michael piangeva perché finalmente aveva trovato qualcuno davvero sincero al suo fianco.
Aveva trovato una persona che lo capisse a pieno, che lo amasse davvero, che gli stesse vicino nei momenti di sconforto, ma in particolare, che lo trattasse come un essere umano.

Piangeva perché prima di avere lei, non era mai stato amato, né capito .
Viveva nel vuoto della sua fama.
Viveva in mezzo alle fiamme.
Ma quando arrivò Sandie nella sua vita.
Le fiamme cessarono la potenza, fino a dissolversi.
C'era il fumo all'inizio, che poi divenne col tempo, un ambiente pulito, fatto di luci e colori.





BANGKOK - THAILANDA



Alle ore 23:30, finalmente l'aereo di Michael atterrò nella capitale della Thailandia, Bangkok.

Essa era tra le città più popolose e trafficate del mondo,nonché una delle destinazioni preferite del turismo mondiale, a partire dalla seconda metà del XX secolo conobbe un rapidissimo sviluppo industriale, rappresentando una delle città economicamente più potenti del sud-est asiatico.

Una volta atterrati, ed entrati nei rispettivi SUV, si diressero nell'hotel in cui sarebbero alloggiati.
L'Oriental Hotel.
Un meraviglioso e lussuosissimo hotel a cinque stelle.

Aveva la classica struttura di Hoyle thailandese, ma con più particolari e decorazioni luccicose. C'era oro ovunque.

«Ma cos'è? La casa di Donald Trump?» domandò Sandie rimanendo incantata dall'hotel.
Non accorgendosi di aver fatto una battuta.
Tra lo staff ci fu una piccola risata.
Tra cui Michael.

Karen si avvicinò alla ragazza ricordandole di prendere il test di gravidanza.
«Non è meglio prenderlo domani mattina?» domandò la ragazza.
«Ci sarai sicuramente una farmacia aperta h24 da queste parti, ne sono sicura.» intervenì Nadia.
«Vado a chiedere.» Karen chiese al signore che lavorava nella reception se ci fosse una farmacia aperta h24.
Il signore rispose di sì, si trovava a due passi dall'hotel.

«Sandie! Vieni!» la chiamò ad alta voce.
«Arrivò!» esclamò, così lei e Nadia la raggiunsero all'ingresso.

Le ragazza con passo veloce camminarono verso la farmacia.
Erano a braccetto.
«Accidenti ragazze, piano.» bottò Sandie.
«Ma che piano! Dobbiamo scoprire se avrai un bel pupotto. Forza!» esclamò Nadia.
Sandie ridacchiò, era emozionata, capiva finalmente cosa provava sua sorella quando le veniva di continuo ogni ritardo.
Le scappò una piccola risata.
Ora tocca a me provare queste emozioni.

Entrate in farmacia, videro una donna al bancone.
Karen le chiese gentilmente se c'era un test di gravidanza.
Ma ci fu un problema.
La donna non parlava l'inglese, e perciò non capiva.
L'unico modo per comunicare erano i gesti.
Sandie indicò la pancia con la mano.
Nadia con le braccia le curvò fino a cullare.
E Karen, con entrambi gli indici delle mani formò una stanghetta per indicare il test.

La donna ci arrivò subito.
Dal cassetto sotto la cassa prese un test di gravidanza.
Le donne sorrisero annuendo con il capo.

«È stato divertente.» parlò Nadia.
«Sembrava di stare in un film muto.» disse poi Karen.
«Altro che ragazze.» disse Sandie, tirando il test di gravidanza dalla bustina mentre camminava con le sue amiche «Lo faccio da sola?» domandò.
«Ma sei pazza? Fallo con Michael.» rispose Nadia.
Sandie si fermò. E anche le ragazze.
«Dovrei?» domandò di nuovo.
«Sì Sandie, dovresti, infondo è lui il futuro padre.» Sandie annuì con il cuore pieno di emozioni, Karen la vide quanto era preoccupata «Ehi, andrà tutto bene.» disse massaggiandole la spalla per tranquillizzarla, lo stesse fece anche Nadia.
«Grazie ragazze, grazie davvero.» ringraziò la ragazza con il cuore a mille.
«Non ci devi ringraziare.» rispose Nadia dandole un bacio sulla guancia.



~~


Sandie andò al terzo piano, la stanza di Michael era la 345.
Arrivata di fronte alla porta giallo ocra, con il numero dorato della stanza, fece un bel respiro prima di bussare.
«Chi è?» domandò Michael.
«Io amore.» pochi secondi dopo, Michael aprì la porta. Lei si trovò davanti un sorriso meraviglioso.
Notò che si copriva il petto con una maglia bianca.
Lei sorrise intenerita ed entrò.
Aveva solo i pantaloni blu notte del pigiama.
«P-perdonami, mi stavo mettendo il pi-» Sandie gli prese la maglia in modo gentile.
Era un semplice maglia bianca della Levi's.

Alzò le punte dei piedi, e gli infilò la maglietta.
Lo aiutò con le braccia, sistemando per bene la maglietta.
Sandie, sempre con le punte alzate, gli diede un bacio a stampo sulle labbra.
«Grazie.» disse imbarazzato.
Aveva i capelli sciolti e li toccò.

Sandie per qualche minuto, ammirava ancora e ancora la sua bellezza.
Una bellezza pura.
Mozzafiato.
Semplicemente un'arte.
Lo amava.
Lo amava da morire.

«Michael.» lo chiamò.
«Sì?» domandò.
Sandie si imbarazzò.
«Amore.» la chiamò di nuovo Michael.
«Vedi ... uhm ...» le guance di Sandie si fecero rosse all'imbarazzo.
Michael appoggiò le mani sulle sue spalle.
Era troppo spaventata.
«Ho le mestruazioni bloccate.» parlò «Da due settimane. Così per precauzione.» alzò la bustina e tirò fuori la scatolina del test «Ho comprato un test di gravidanza.» disse «E ... e volevo farlo con te.» parlò impacciata, con un emozione indescrivibile nel suo cuore puro e sensibile.

Quando Michael udì quelle parole, sembrò di toccare il cielo con un dito.
Quello che pensava in aereo era divenuto realtà.
I suoi occhi incominciarono a luccicare, mettendo una mano sul petto cacciando dei piccoli sospiri.
Sorridendo.
«Oh mio Dio ...» mormorò emozionato.
«Michael.» gli prese la mano. Lui la strinse.
«Io ti starò vicino, aspettavo da tanto questo momento.» ella sorrise.
«N-non sei arrabbiato?» domandò.
«Perché mai dovrei esserlo? Non vedi come sono emozionato?» domandò sorridendo.
Lei si rilassò a quelle parole.

Senza dire nulla, andò in bagno, aprì la scatola del test di gravidanza, eseguendo ogni istruzione scritta nel foglio illustrativo.

Michael, nel mentre, aveva le mani congiunte, stava pregando.
Pregando che il test risultasse positivo.
Si sarebbe realizzato un suo sogno.
Il sogno della paternità.
Ma in particolare, di vedere la donna della sua vita lievitare la pancia, e di partorire il bambino.
Il loro bambino.
Frutto del loro immenso amore.
Avrebbe insegnato a piccolo tutto quello che gli era stato negato.
Tutto quello che non ha imparato durante i suoi anni di crescita.
Lo avrebbe fatto con suo figlio.

Smise di pregare quando sentì la porta del bagno aprirsi.
Sandie uscì con il test di gravidanza pronto tra le dita.
Lui si alzò, andando vicino a lei.
«Allora?» domandò con tono pieno di speranza, la ragazza fece un espressione triste e scosse la testa.
Michael capì tutto.
Il suo sorriso svanì.

Sandie abbassò la testa, cominciando a piangere silenziosamente.
«M-Mi dispiace.» parlò con voce rotta.
Michael l'abbracciò, accarezzandole la testa.
«Sshh ... non importa. Tranquilla, prima o poi succederà. Sshh ...» le prese il viso e asciugò le lacrime con i pollici.
«Mi dispiace.» ripeté stellina.
«Sshh.» la baciò con amore.
Un bacio pieno di rassicurazione, il che Sandie lo percepì nelle sue labbra.
Si tranquillizzò.

Sandie con un mezzo sorriso, ma con la delusione ancora nel cuore, andò verso la porta.
«Dove vai?» domandò Michael.
«In camera mia.» disse Sandie voltando verso di lui.
Egli scosse la testa.
Camminò verso di lei per prenderla in braccio.
«Tu dormi con me.»



~~


Erano circa le tre di notte, ma nessuno dei due aveva sonno.
Non dormivano.
Erano stesi sul letto a guardare il soffitto.
Sandie aveva la testa poggiata sul petto del ragazzo, cercando di pensare ad altro, e non al test di gravidanza risultato negativo.

Sentì il cuore di Michael palpitare dolcemente.
Accennò un sorriso.
Amava ascoltare il battito cardiaco del suo uomo.
Dell'amore della sua vita.
Lo trovava magico.
E ciò la spinse di diventare un aspirante cardiologa.

Sandie mise la mano davanti al volto.
«Tutto ok?» domandò Michael.
«Fa caldo, non ne posso più.» tolse la maglia che le aveva dato Michael, rimanendo a petto nudo, con i seni scoperti.
Michael ridacchiò.
Mordendosi il labbro inferiore.
«Ma lo fai apposta?» domandò.
Ella si girò verso di lui, scuotendo la testa.
«No, guarda che io soffro il caldo.» Michael alzò un sopracciglio.
«Se, certo.» stellina ridacchiò.
«Guarda che dormo anche nuda a volte. Soprattutto in estate.»
«Allora vedi che lo fai apposta?»
«No, sei tu che sei uno sporcaccione.» annotò lei.
«Io eh? Senti chi parla.» ridacchiarono.

Sandie si avvicinò di più a lui.
Michael poté accarezzare la schiena nuda della ragazza.
«Impazzisco per la tua schiena, hai una pelle meravigliosa. Sembra un petalo di una rosa.» disse con voce roca.
Ella gli morse il labbro inferiore.
«Scemo.»
«Ah si eh?» annuì.
«Sei uno scemo.» ripeté.
«E tu sei una burlona.» la tenne a sé, chiudendo gli occhi. Ella lo guardò «Rimaniamo così, ti prego.» sussurrò, pochi minuti dopo, Michael piegò leggermente la testa di lato, si addormentò.
Si addormentò tra il corpo del suo amore.

Quella notte non fecero l'amore.
Ma erano uniti più che mai.
Anche se non facevamo l'amore.
Rimanevano lo stesso un'unica persona.






NEVERLAND VALLEY RANCH




Nel frattempo a Neverland Valley ranch era illuminata dalla bellezza dei raggi solari.

Le cameriere e i vari membri dello staff tenevano con cura e precisione la residenza del cantante.

Iris, una delle cameriere, era uscita in giardino per prendere un po' d'aria.
Quando vide il giardiniere, un ragazzo sui trenta e passa anni, alto, e di bell'aspetto.

Lo guardò, si avvicinò al fanciullo con aria molto curiosa.
Aveva i capelli mori, ricci, ma quando egli alzò il capo, poté ammirare tanta bellezza in giovane.
Aveva gli occhi verdi, il naso leggermente ad aquila, la bocca piccola e varie lentiggini sulle guance.

Iris ne rimase colpita.
«Salve.» disse il giovane.
«Salve.» disse chinando leggermente il capo.
I due si strinsero la mano.
«Josè, il giardiniere.» si presentò.
«Iris, una delle tante cameriere.» i due ridacchiarono.
«Sei messicano?» domandò a sua volta Iris, egli con il sorriso annuì.
«Sì lo sono, e tu?» domandò poi il giovane.
«Americana doc.» egli sgranò gli occhi.
«Non lo sembri, lo sai?» ella accennò una piccola risata.
«Da quando tempo lavori qui, dal Mr Jackson?» chiese con tono gentile.
«Quasi da un anno.» rispose la ragazza con aria timida.
Lui sorrise.
«E tu? Da quando lavori qui? Sei nuovo?» domandò poi Iris.
«Diciamo di si, è da un mese che lavoro qui.» disse scompigliando i capelli.
La ragazza sgranò gli occhi.
«Un mese? E dov'eri? Non ti ho visto proprio.» lui ridacchiò.
«Probabilmente dall'altra parte del ranch.» sorrise.

Così i due si sedettero sul prato per fare due chiacchiere.
Iris, che non stava attraversando un bellissimo periodo per quando riguarda se stessa, aveva fortemente bisogno di un amico.
Di una persona buona.
Voleva solo fare conoscenza, parlare.
Nulla di più.

«E così è stata Candice a proporti di lavorare qui. Capisco, io tramite un amico di Mr Jackson. Ho accettato subito, amo il mio lavoro, i fiori sono meravigliosi, li devi curare come le persone. E stando qui, in questa bellissima natura mi sento vivo.» spiegò.
«Michael ama la natura, la considera come una delle opere più belle che Dio abbia mai creato.» accennò la cameriera.
«Sono perfettamente d'accordo, non so te. Ma quando tocco un fiore, anche un ciuffo d'erba. La mia anima si rilassa, so che è strano ma è così, ho un bellissimo feeling con tutto ciò che riguarda la natura.» parlò Josè con l'anima e la passione nel cuore «Però ovviamente, c'è gente che non apprezza nulla. Per tutto il liceo sono stato preso di mira dai bulli. Chiamandomi sfigato e robe simili. Sai, un episodio che non dimenticherò mai è che una volta avevo portato dei bellissimi fiori che avevo raccolto con amore per la mia fidanzata di allora. Li lasciai sul mio banco, e uscii fuori dalla classe.
Quando ritornai, vidi i miei fiori a pezzi con dell'inchiostro sopra.
Fu un gesto che mi segnò molto.
Avevano spezzato ciò che avevamo curato.» sentendo il racconto del giovane, Iris poté sentire il dolore e la delusione di quel momento.
Lo abbracciò.
Egli ricambiò il gesto.
«Ehi, ora sto bene. Niente mi fa più male, sono di ferro ora. Faccio una vita agiata, con un lavoro che amo. Sono felice.» disse accennando un sorriso, Iris le scappò una lacrima.
«M-mi fa piacere.» disse Iris con un mezzo sorriso. Ma lui vedendo quella lacrima, poté capire che infondo quella ragazza così carina e gentile. Non era del tutto felice.
Gli dava questa impressione.

Iris si accorse di avere il viso leggermente bagnato, si asciugò immediatamente la lacrima.
«Oh Dio, scusami. Non volevo dimostrarmi debole o altro.» disse mortificata.
Lui scosse la testa e le prese la mano.

Pensò che infondo anche lei, come lui, aveva dei traumi da parte delle persone.
«Mostrare queste emozioni, non fa di te una persona debole Iris.» la strinse «Non pensare male, ti prego, so che ci siamo conosciuti solo da pochi minuti, ma vedi. Io sono una persona di cuore, se hai bisogno di qualche aiuto, io ci sono. Okay? Non farti nessun problema. Mi troverai se mi cercherai.» Iris sentendo quelle parole non poté fare a meno di sorridere.
Lui le spostò una ciocca di capelli, dandole un tenero bacio sulla fronte.

A rompere l'atmosfera erano il suono di due macchine. Ma quando i ragazzi videro che tipo di macchina erano si congelarono le vene.
Erano macchine della polizia.

Dei poliziotti uscirono della macchina, uno di loro aveva un foglio.

Josè e Iris si guardarono, successivamente corsero da quei poliziotti.
«E voi chi siete?» domandò uno di loro..
Iris e Josè rimasero un po' intimoriti.
«Mi chiamò Iris Freeman, sono una delle cameriere di Michael Jackson, il padrone di questa casa.»
«Ed io sono Josè Mantequez, giardiniere personale di Mr Jackson.» I poliziotti si guardarono, uno di loro annuì con il capo.
«Dopo vi dobbiamo fare alcune domande.» sbucò un agente dietro ad uno di quei uomini in piena divisa.

Lo sguardo di Iris rimase perplesso, non stava capendo cosa stesse succedendo, aveva il battito accelerato, per un momento sembrò di andare nel panico.
«Ma che cosa sta succedendo?» domandò Iris, con aria piena di paura.
«Abbiamo un mandato di perquisizione del Neverland Valley ranch, per caso il vostro capo si trova in casa?» domandò l'agente.
Iris e Josè scosserò la testa.
«È partito per il tour Signore.» rispose Josè.
«Non importa, si procede lo stesso.» l'agente mando i poliziotti dentro casa.
«Signore.» lo chiamò Josè, con aria un po' spaventata «Qual è il motivo di questa perquisizione?» domandò.

L'agente si sistemò la giacca, prima di dare una risposta che fece gelare il sangue ai ragazzi.
«Abusi su minori.»




~~


I poliziotti vagarono nella casa di Michael, cercando ogni simili oggetti, o particolare si cui si pensasse a una prova contro le accuse, di cui il cantante non era ancora conoscenza, su abusi da parte di un bambino.

Non trovarono nulla nel grande salone, se non delle VHS di vari film degli anni 60'.

Andarono nella camera del cantante, e lì, sequestrarono tutto ciò a cui era molto personale a Michael. Alla quale, secondo i poliziotti, sarebbero state delle prove per una colpevolezza.

Sequestrarono diari, agende e quaderni.
«Direi che è sufficiente no?» domandò uno dei poliziotti.
«No, ci deve essere qualcos altro.» disse un altro di loro, dove chiaramente credeva fermamente che Michael Jackson avesse abusato di quel bambino.
Fino a che nel cassetto del comodino di Jackson, trovò quello che secondo lui potrebbero essere delle prove.
Ovvero foto dove Michael si divertiva con vari bambini a Neverland, e varie VHS contenenti dei video privati del cantante.

Quelle foto, erano foto innocenti.
Ma la polizia lì voleva far passare come qualcosa di sporco, un indizio alla sua colpevolezza.

Nel frattempo quell'agente fece qualche domanda ai membri del personale Jackson.
Il turno stavolta, sarebbe stato quello di Kimberly.
«Io ho sempre sospettato di quell'uomo signor agente. Quell'uomo nascondeva qualcosa di molto oscuro, di inquietante, di perverso dentro di lui. Io l'ho sempre saputo signor agente. Quell'uomo è un uomo malato che si deve solo rinchiudere in un ospedale psichiatrico!» raccontò la cameriera, mentre l'agente appuntava ogni parola sul suo taccuino.

Iris e Josè che erano presenti, sentirono tutto.
La cameriera, disgustata dal comportamento della sua collega. Si decise di farsi avanti.
«Non ascoltatela signor agente, lei è la persona malata, lei è la persona oscura. Questa donna è la cattiveria incarnata. Vi prego, non prendere ascolto da una vipera come lei.» supplicò alla fine la ragazza.
Ma il signor agente, rimase impassibile alle parole della fanciulla.
«Non si intrometta signorina.» disse poi l'agente con tono freddo «Se ne vada.» disse.

Ma Iris rimase lì ferma, immobile come una statua con aria decisa.
L'agente sospirò.
«Signorina, se ne vada immediatamente.» ella scosse la testa.
«No, perché non vi lascio che questa donna maledetta racconti ancora delle bugie schifose su Mr Jackson. Credo fortemente all'innocenza del mio capo. Lui è sempre gentile con i bambini, un vero angelo. Non li torcerebbe mai di un capello. Lui ha salvato la vita ad alcuni bambini che erano sul punto di morte!» raccontò Iris mettendo una mano sul petto, e con gli occhi lucidi.

L'agente non parlò, sembrò credere alle parole della ragazza.
Finché Kimberly non riprese a prendere la parola.
«Non è vero.» intervenì, l'agente si voltò verso di lei «Ho visto dei comportamenti strani da parte di Jackson verso quei bambini. Mi creda. Se vuole racconto tutto.» Iris rimase scioccata.
L'agente, si fece convincere.
«Mi dica tutto.» disse.

Iris scosse la testa, nella sua espressione provò solo disgusto.
«No ... no.» mormorò, l'agente alzò gli occhi al cielo.
«Ragazzi, portate via questa signorina dalle scatole per favore.» ordinò mettendo una mano sulla fronte.
Così gli agenti, eseguirono gli ordini del loro capo.
Con la forza la portarono via.
Ma lei cercò di opporsi.
«No! Non potete farlo! Preferite credere alle bugie piuttosto che alla verità!? Siete mediocri! E voi sareste la polizia?! Vaffanculo! Vaffanculo! Lui è innocente! Non farebbe mai del male a nessuno!» urlò la fanciulla a squarciagola mentre veniva portata via.

La buttarono in giardino, con la poca delicatezza del mondo.
Josè corse da lei a soccorrerla.
«Ma siete impazziti? A trattare così una donna?» domandò con aria furiosa.
«Sta zitto, e cerca di far calmare la tua ragazza.» disse un poliziotto prima di tornare dentro.

Josè tenne tra le braccia Iris, che scoppiò a piangere.
«Che maledetti.» sussurrò il ragazzo, accarezzò la testa di Iris per farla calmare.
Ma lei non si calmò.
«È innocente Josè, non farebbe mai del male alla cosa che più ama al mondo.» mormorò con voce rotta.
Egli annuì con il capo.
«Lo so, lo so benissimo, anch'io sono parte di Mr Jackson.» mormorò il giardiniere «Ma ho il terrore che questa storia possa diventare molto pesante per lui quando lo saprà.» la ragazza scosse la testa.
«Non ci voglio pensare. Lui non merita tutto questo Jose! Perché la gente è così cattiva!? Perché!? Cosa li spinge a tanto? Per Dio!» esclamò Iris, stufa della cattiveria e dell' insensibilità della gente.



~~

«Signorina, la chiameremo presto per una testimonianza. Questo è il mio numero, non lo perda.» disse ad un membro dello staff, non c'era solo Kimberly ad essere contro Michael, ma anche altri membri del personale.
Aveva appuntato ogni parola di confessione da parte dello staff, che sarebbe servito come prova.

Chiamò così colui che aveva dato inizio al polverone.
Evan Chandler.
Il padre di Jordan.
Che non appena sentì il telefono squillare rispose immediatamente.
«Mr Chandler, sono io.» disse
«Allora? Com'è andata?» domandò l'uomo.
«Molto bene, abbiamo sequestrato del materiale che potrebbe esserci utile, e vari membri del personale di Jackson si sono fatti avanti per confessare i suoi crimini. Saranno approfonditi con una testimonianza privata.» Evan, sentendo che tutto era andato bene, nel suo volto formò un ghigno malvagio.
«Molto bene, vi ringrazio per quello che state facendo per me. Quel figlio di puttana deve pagare per aver abusato mio figlio Jordan. La deve pagare cazzo.» da quel giorno, sarebbe iniziata una storia, che avrebbe segnato come un pugno al cuore la vita e la carriera di Jackson.

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