[Κεφάλαιο 3]
🔴
MIAMI, FLORIDA
18 marzo 1992
Ethan sfogliava le pagine di un magazine di moda maschile, guardando attentamente le nuove uscite della settimana e del mese.
Erano passati cinque giorni da quando scappò da Beverly Hills a causa dell'ennesima lite familiare per raggiungere lo zio.
Malcom Robin Johns, era un grandissimo chirurgo plastico della città. Alto di statura, cinquantaquattro anni, capelli grigi con qualche ciocca marrone, occhi marroni, naso ad aquila, le labbra lievemente sottili. Aveva un certo fascino, come Alexandre Vrachnos, con la differenza che Malcom era molto più robusto.
Noto per la sua bravura, e per la sua determinata personalità.
Amava il suo lavoro.
Lo aveva sempre amato, e uno dei suoi più grandi desideri ere proprio farlo a Miami.
Suo fratello, Paul, nonché padre di suo nipote, lo vide come una perdita di tempo, disse che non avrebbe trovato lavoro, e che non avrebbe ottenuto nulla. E che voleva andare a Miami solo per la spiaggia e per il divertimento che c'era. Si sbagliò di grosso.
Ma intanto, Paul e Malcom, non ebbero più nessun tipo di rapporto fraterno.
Ethan fece due giorni di viaggio per andare a casa dello zio, egli era considerato come il cocco di zio Mark, come lo chiamava lui.
Quando poi arrivo, Mark rimase di sorpresa vedendo il nipote davanti alla porta di casa sua.
«Ethan.» mormorò lui togliendosi gli occhiali «Come mai qui? Che bella sorpresa.» domandò guardando il nipote, percependo in lui la tristezza più profonda che avesse mai visto «Fammi indovinare, tuo padre vero?» lui non rispose, e pianse cercando conforto tra le sue braccia.
Lo zio fece entrare accogliendolo con amore.
Perchè era quello che aveva bisogno.
Lo fece sistemare nella stanza del figlio, suo cugino Clark, poiché era a Madrid per gli studi universitari.
«Vicky non c'è, tornerà questo weekend, sai, la moda la chiama.» disse Mark ridacchiando coprendolo con una coperta guardando un punto. Vicky, era sua moglie, nonché zia di Ethan, proprietaria di una grande azienda di abbigliamento che aveva fondato lei stessa quando era giovane, di fatti faceva molti viaggi per lavoro.
«Ho l'impressione ... di essere così sbagliato. In tutti i modi zio. Sai cosa penso a volte? Di non essere mai nato.» parlò con il cuore in gola.
L'uomo rimase colpito dalle frasi del nipote.
«Ma cosa dici? Perché dici questo nipote mio?» lui appoggiò la testa sulla spalla.
«Perché non mi sento accettato, e libero. Io non voglio più vivere in questa miserabile vita.»
«Ethan.» la voce dello zio lo fece distrarre dalla lettura.
«Si? Dimmi zio.» disse posando il magazine sul comodino.
«Oggi torna Vicky.» domandò l'uomo con tono contento.
Il nipote sorrise sapendo che la zia sarebbe tornata.
«A che ora zio?» domandò alzandosi dal letto.
«Tornerà verso l'ora di cena. Intanto però andiamo a fare una bella passeggiata sulla spiaggia che ne dici?» propose, lui rispose con un semplice "Si"
«Bene, allora preparati. Ah Ethan, mettiti qualcosa di pesante, in spiaggia fa freschetto.» avvertí.
«Va bene zio.» rispose il ragazzo.
«C'è l'hai un giubbotto? Un maglione? O vuoi che te l'ho presto io? Lo sai che puoi chiedere qualsiasi cosa Ethan.» disse con tono preoccupato.
«Va tutto bene, c'è l'ho, ho tutto il necessario. Sta tranquillo zio.» disse con tono imbarazzato lui sorrise e se ne andò lasciandolo solo.
Era in bagno, in boxer, e dopo essersi lavati i denti si guardò allo specchio.
Era dimagrito ancora.
Il viso spento.
Le occhiaie evidenti.
E gli occhi gonfi e stanchi.
Prese poi dal mobiletto il beauty case che si era portato, tirando fuori un barattolino di Xanax, facendo uscire una decina di pillole, inghiottendole successivamente.
Abbassò la testa per bere l'acqua del rubinetto per farsi che le pillole scendessero dentro al suo corpo. Aspettando come al solito, che facessero effetto.
E mentre l'acqua del rubinetto scorreva, appoggiò le mani sui lati del lavandino, abbassando lo sguardo con le lacrime agli occhi.
«Come sono caduto in basso ... come sono caduto in casso ...» sussurrò poi.
Era sfinito.
Pregava.
Pregava solo che il suo incubo finisse.
Aveva reagito ma non era servito a niente.
I suoi genitori per poco non lo ripudiavano.
Ed era così brutto non essere accettati da coloro che avevano messo al mondo un figlio così buono e pieno di valori come Ethan, ma essi erano così ciechi di orgoglio per capirlo.
«Perchè non mi spieghi un po' il litigio con tuo padre?» propose l'uomo camminando lungo la spiaggia con il nipote.
Fece un sospiro pesante.
«Te lo dirò, perché voglio capire se sono io ad essere pazzo, oppure loro che sono una merda di genitori.» ridacchiò.
«Paul non è mai stato un buon padre ragazzo.» il ricciolino lo guardò «Racconta forza.» lo incitò.
«Eravamo ad un pranzo di famiglia, a casa loro, e stavamo in silenzio, senza dire niente. Già ti immagino l'imbarazzo del momento, e ti confesso che avevo paura, tremavo, avevo le mani che tremavo. Pregai che non chiedesse qualcosa inerente all'esame che dovrò affrontare il prossimo mese. Poi papà ha attaccato il discorso dicendo che Sandie, la mia migliore amica, si laureerà tra due mesi. E mi domandava quando io gli davo una soddisfazione, perché non facevo altro che procurargli un dispiacere. Mi sentivo a pezzi, te lo giuro zio. Gli dissi che c'è la stavo mettendo tutta, che stavo buttando sangue e che mi impegnavo. Ma lui non mi ha creduto. Mi ha accusato che non facevo nient altro che andare a ballare in discoteca tutti i giorni e ...» si interruppe mancando poi il respiro, Malcom appoggiò una mano sulla spalla per farlo continuare a parlare «E che scopavo uomini sconosciuti come una puttana, obiettando di non volere un figlio omosessuale. In quel momento esplosi, non volevo avere più niente dentro. Così mi feci coraggio e dissi tutta la verità. Spiegando che non andavo tutti i giorni in discoteca, ma solamente quando avevo voglia e con le persone che volevo bene, che non scopavo uomini sconosciuti. Zio tu mi conosci, non sono il tipo che fa queste cose, sono un ragazzo romantico e che sogna, a volte anche troppo. Io sono responsabile e attento quando affronto un rapporto sessuale, e poi sono bisessuale, mi piacciono sia i ragazzi che le ragazze. Mio padre rimaste disgustato e anche mia madre, rimasi scioccato, non posso mai dimenticare le loro espressioni. I loro occhi spalancati pieni di orrore. Come se fossi un mostro. Poi papà mi disse che ero un ororore di figlio, che voleva solo il meglio per me, dandomi amore. Accusando se stesso e mamma di avermi viziato troppo. Cosa che non c'entra niente. L'ho detto, e prima di andarmene gli dissi che mi stavano uccidendo. Me ne sono andato e sono qui. Ecco, questo è quanto.» l'uomo rimase serio, ma triste dentro di se per un nipote disperato.
Non accettato dai genitori.
Scosse la testa in segno di ribrezzo per suo fratello.
«Non so che cosa dirti, se non che tuo padre è un vero stronzo. Mi meraviglio anche di tua madre, Claire è sempre stata una donna che ho ammirato. Ma ... ma perché non ti ha difeso? È tua madre e dovrebbe difenderti.» domandò lui con rabbia.
«Semplice, perché la pensa come papà. Sennò mi avrebbe difeso, anche io ho pensato la stessa cosa. Perché mia madre, colei che mi ha cresciuto nove mesi dentro di lei, e che mi ha generato. Non ha difeso suo figlio durante un umiliazione da parte del padre? Io la guardavo ma lei rimaneva impassibile, vuota, come se non avesse sentimenti.» spiegò il ragazzo camminando con lo zio aspirando l'aria di mare.
«Questa situazione è così disgustosa che mi viene il voltastomaco. Avrei voluto essere io tuo padre. Paul non è adatto a fare il padre, non lo è mai stato. E poi questa tradizione dei medici, Dio Santo non siamo mica nel Medioevo? Io so benissimo che tu non vuoi fare il medico Ethan.» il nipote sospirò dalla frustrazione.
«E cosa dovrei fare? Dire a mio padre, sai papà mi piacerebbe fare l'avvocato e non il medico del cazzo. Lui sai che cosa farebbe? Te lo dico io. Prima mi da un pugno. Poi mi ripudia come figlio dicendomi che non esisto più per lui, neanche per mamma. Allora si che sarà la mia fine.» Malcom spalancò gli occhi stupito dalle parole del nipote «Sono disperato, io tra un mese avrò un un esame di chimica inerente agli idrocarburi, e non so da dove iniziare. Sono così triste che non riesco ad aprire il libro per studiare. Cazzo! Io sono disperato! Perché ho dei genitori che mi odiano! Mi odiano cazzo! E questo è fottutamente lacerate per me! Perché cazzo perchè!?» domandò Ethan urlando tirando la sabbia con cattiveria verso il mare in preda alla disperazione.
Malcom lo prese a se abbracciandolo con dolcezza, accarezzandogli la testa cercando di farlo calmare.
«Sshh Ethan.» lui pianse, pianse urlando.
Non aveva mai visto suo nipote in quello stato e ciò lo faceva stare male.
Voleva aiutarlo.
Doveva aiutarlo.
Non poteva vederlo ancora in quel modo.
«Perché? Perché non mi amano? Perché non mi lasciano libero? Non capiscono che così mi fanno solo del male? Non capisco che così mi stanno uccidendo, mi stanno uccidendo zio Mark, mi stanno uccidendo dannazione.»
Ore 8:32
Erano in sala pranzo aspettando il ritorno della moglie di Malcom, Vicky.
Erano seduti a tavola.
Essa era tutta imbandita, piena di buon cibo, con una tovaglia di pizzo color avorio, nonché la preferita di Vicky.
Ethan e Malcom guardavano i notiziari del giorno mentre aspettavano con ansia, ma sopratutto com lo stomaco che chiamava il cibo, la donna dai capelli biondi.
Quando poi sentirono la porta aprirsi, era Vicky che oltrepassava la porta con due enormi valige bianche.
«Finalmente, non ne potevo più Dio mio!» esclamò esausta andando verso il salotto
«Ethan!?» domandò sorpresa alla vista del nipote, lui sorrise salutandola con la mano.
«Ciao zia, come stai? E bentornata.» lei sorrise felice, appoggiando le valige per terra.
Vicky era una bellissima donna di quarantatré anni, capelli biondi lunghi, occhi verdi, bocca carnosa, con un naso a punta e un fisico da urlo. Ricordava la sua amica Milly.
«Oh santo cielo ma che bella sorpresa, vieni qui tesoro fatti abbracciare.» Ethan si alzò dalla dalla sedia andando verso la donna per farsi teneramente abbracciare «Ah Dio non sai quando mi sei mancato, che bello rivederti Ethan.» in quel momento Ethan sentì la forte mancanza di una figura materna.
Di una madre che lo amasse.
Che lo supportasse in ogni momento di difficoltà.
Pensò a sua madre.
E la sua mente proiettò la sua immagine.
Scoppiò a piangere stringendo forte a se Vicky, perché in quel momento era lei a prendere un po' il ruolo da madre.
Durante la cena Ethan racconto tutto a Vicky quello che era successo, e rimase scioccata e arrabbiata dal comportamento dei genitori, sopratutto da Claire.
Non si sarebbe mai aspettata da un comportamento del genere da parte sua, poiché era una madre.
Vicky era dalla parte di Ethan, assicurandogli che lo avrebbe aiutato a farlo uscire da questa situazione.
Malcom la stessa cosa, egli lo avrebbe aiutato con gli studi del prossimo esame, poiché Etna aveva portato un po' di libri per studiare, con la speranza che l'aria di mare lo avesse messo in concentrazione.
Dopo la cena Vicky ed Ethan si aiutarono a disfare la tavola, mentre Malcom andò in camera sua per mettersi il pigiama.
Seduto poi sul letto, pensò a come poteva salvare suo nipote.
Era un ragazzo in preda alla disperazione.
E che doveva fare qualcosa.
Non si dimenticò le parole che disse oggi durante la camminata in spiaggia.
"Perché? Perché non mi amano? Perché non mi lasciano libero? Non capiscono che così mi fanno solo del male? Non capisco che così mi stanno uccidendo, mi stanno uccidendo zio Mark, mi stanno uccidendo dannazione!"
Ethan ... ti prometto che io e Vicky ti faremo uscire da questa merda, te lo prometto.
Abbi fiducia in me.
Io sono con te nipote mio.
Meriti di essere libero.
E sopratutto felice.
[...]
BEVERLY HILLS
Ore 00.03 a.m
Beverly Hills era buia, non c'era anima viva, erano tutti a dormire.
Tranne due persone che stavano stese sul letto a guardare un film romantico.
Erano Michael e Sandie.
Michael, durante quei giorni, non ha smesso di prendersi cura di lei con il suo raffreddore.
Sandie stava meglio, era completamente guarita, a parte qualche colpo di tosse di rado, stava bene.
Ella si godeva il film, la testa era appoggiata tra l'incavo del collo del cantante, e sulla spalla. Michael poteva sentire a pieno il profumo del suoi capelli. Era vaniglia. Sembrava un fiore quella ragazza.
Per lui quel profumo dei capelli erano goduria per le narici, non quanto però quelle delle sue labbra.
Aveva la mano appoggiata sulla gamba e il braccio che avvolgeva Sandie.
Non era concentrato sul film, era troppo impegnato a pensare.
E ogni tanto a cadere l'occhio su di lei.
Lui sognava, sognava ad occhi aperti.
«Ora vieni che ti prendo!» urlò Michael correndo verso Sandie.
«Sono più veloce di te! Gne gne.» disse girando verso il cantante facendo la linguaccia per poi riprendendo a correre.
«Questo lo vedrai! Io sono un flash a correre.» disse ricorrendo la ragazza.
«Vedremo. Re del pop.» disse voltandosi verso di lui senza smettere di correre.
«Ah, ora mi stuzzichi eh?» il passo di Michael aumento di velocità, raggiungendo così la ragazza.
La prese per il polso, ma poi caddero insieme trovando Sandie sotto di lui.
Risero.
Erano affannati.
E bellissimi.
«Te l'ho detto che ero veloce.» lei ridacchiò affannata.
«È vero, dovevo ascoltarti.»
«Mai disobbedirmi stellina.» lei chiuse gli occhi continuando a ridacchiare.
Michael vedeva le gocce di sudore scorrere sul suo collo, con qualche capello azzeccato su di esso insieme alla collana.
La guardò, ed era così dannatamente bella.
Sospirò pesantemente.
Doveva resistere.
Ma non c'è la fece.
Avvicinò il viso al quello della ragazza per baciarla.
Le loro labbra si unirono, i loro respiri si intensificano al massimo.
Michael era all'apice.
Poteva sentire finalmente il gusto di quella ragazza che tanto amava.
La tenne stretta a se mentre la baciava.
Con un mano accarezzava la guancia.
L'altra la coscia scoperta.
Il bacio divenne più passionale e intenso.
Le labbra di Michael scesero sul collo, facendo sospirare la ragazza di piacere.
Continuava ad accarezzare la coscia, stando sempre fermo in quel punto, non l'avrebbe mai toccata nei punti sensibili senza il suo consenso. Mai.
«Ti amo, ti amo Sandie.» mormorò il ragazzo continuando a baciare la pelle di lei.
Ella sorrise, gemendo lievemente.
«Finalmente lo hai detto, c'è ne hai messo di tempo.» ironizzò alzando la testa all'indietro.
«Perdonami.» disse poi «Perdonami amore mio.» lei aprì gli occhi, lo fermò.
Gli prese il viso accarezzandogli con le dita le tempie.
«R-Ripetilo ti prego.» disse commossa.
Lui le prese la mano baciandola con amore.
Senza mai smetterla di guardala con dolcezza.
«Amore mio.» parlò lui.
Lei lasciò cadere una lacrima di felicità, sentendo dire finalmente una parola d'amore dall'uomo che amava.
«Oh Michael, ti amo, ti amo anch'io, ti amo ti amo!» si unirono di nuovo in un bacio, avvolgendo così nell'ambiente dell'amore puro.
«Michael.» lo chiamò facendolo ritornare nella realtà.
«Si?» domandò lui guardandola.
«Mi annoio, non mi sta piacendo per niente questo film. E poi ho visto di meglio.» disse alzandosi con il busto.
Lui ridacchiò.
«Sei molto critica eh? Neanche a me sta piacendo tanto.» sbuffò.
«Vorrei fare qualcosa di diverso.» bottò lei pensando, mentre Michael prese una ciocca di capelli della ragazza torturandola con il dito.
«Non possiamo fare tanto lo sai, se avessi un po' più di libertà potremmo andare in locale solo io e te. Da soli.» la sua voce era vicino all'orecchio, ere quasi roca e sensuale, piena di sentimento.
Lei a quel punto tra i pensieri, le venne un idea geniale.
Si alzò dal letto prendendo dall'armadio un jeans e un maglioncino lilla.
Lui la guardò non capendo cosa avesse intenzione di fare.
«Sandie.» la chiamò.
«Ho avuto un idea geniale, mi preparo un secondo e vedrai.» disse con tono entusiasta andando verso il bagno a prepararsi.
Aveva un piano tutto suo.
Ed era eccitata.
Michael si stese sul letto giocherellando con il cuscino. Aspettando la sua stellina.
Dopo una decina di minuti Sandie uscì dal bagno tutta preparata e vestita.
«Eccomi, ora possiamo andare.» disse lei.
«Sandie, è mezzanotte, fa freddo e sei appena guarita dal raffreddore non è meglio che resti a casa?» sbuffò a quella domanda.
«Dai Michael! Non staremo all'aperto, è un posto bellissimo e ti piacerà. Ho intenzione di farti vedere una cosa. Ti prego Michael, sono almeno cinque giorni che non esco di casa per colpa di questo raffreddore. Dai.» supplicò Sandie facendo gli occhi a cucciolo, Michael sospirò in segno di sconfitta.
Non poteva dire di no a quell'espressione così tenera.
«Hai vinto stellina.» lei saltellò eccitata.
«Sshh c'è Nicole che dorme di la.» lei lo fece alzare dal letto.
«Dai Michael, andiamo su!» disse elettrizzata.
«E va bene!» ridacchiarono andando verso l'ingresso prendendo poi i giubboni per poi varcare la porta.
Erano in macchina, e Michael era nascosto tra le coperte dietro ai seduti dell'auto mentre Sandie ascoltava la musica ad alto volume.
Sweet dreams are made of this
Who am I to disagree
I travel the world and the seven seas
«Everybody's looking for something!» cantò Sandie muovendo la testa a ritmo della canzone, mentre Michael la guardò ridacchiando.
«Sandie, si può sapere dove stiamo andando? Sono troppo curioso.» ma lei non rispose, era troppo impegnata a scatenarsi con la musica.
Some of them want to use you
Some of them want to get used by you
Some of them want to abuse you
Some of them want to be abused
«Mi sento ignorato.» disse fingendosi offeso.
Lei abbassò il volume ridacchiando.
«Dai, non fare così.»
«Tu mi ignori, sei cattiva.» disse puntando il dito con la voce da bambino, divenendo così il tono più piccolo e tenero.
«Sweet dreams are made of this
Who am I to disagree
I travel the world and the seven seas
Everybody's looking for something!» cantò di nuovo Sandie il ritornello della canzone che fece la storia degli anni 80'.
Michael alzò gli occhi al cielo.
«Rieccola.» risero, e per tutto il tragitto non fecero altro che ascoltare canzoni e ridere di continuo.
Dopo venti minuti arrivarono davanti ad un posto, Sandie spense la musica, e parcheggiò la macchina, lei scese, e incitò anche Michael di scendere poiché non c'era nessuno.
Michael scese, guardò il posto ed era la UCLA.
«Ma ... ma è la tua università.» disse lui sorpreso.
«Beh, non è proprio quello che voglio farti vedere, ma tu seguimi e vedrai.» i ragazzi andarono dietro ad un grande edificio, stile gotico quanto la chiesa di Notre Dame.
Sandie prese le chiavi, ma Michael era lievemente terrorizzato.
«Sandie, si può sapere che posto è questo? Me la sto facendo sotto.» lei rise.
«Andiamo Michael.» lei mise la chiave dentro la serratura, e dopo tre giri aprì la porta «Per così poco?» domandò mordendosi il labbro.
«Che posto è?» gli fece l'occhiolino, e dalla tasca del giubbino tirò fuori una grande torcia.
Gli prese la mano, entrarono e Sandie accese la torcia.
Michael rimase incantato, era la biblioteca.
«Ooh, che meraviglia.» disse meravigliato dal posto.
«È uno dei miei posti preferiti, questa è la biblioteca dell'Università, vengo spesso qui. E qui ho composto la mia tesi. Poi è suddivisa in vari piani, qui c'è il reparto di giurisprudenza. Attento Michael sta vicino a me è tutto buio.» lui annuì tenendo stretto la mano Sandie come un bambino, ammirando la bellezza della biblioteca con la potente luce della torcia che aveva Sandie in mano.
«E qual è il reparto della medicina?» lei si voltò verso di lui sorridendo.
«Vuoi proprio vederlo Michael?» annuì.
«È al terzo piano, vieni andiamo.» andarono verso le scale che li portarono al secondo piano, dove c'era il reparto psicologia, dopo di che diressero verso le scale che li portarono al terzo piano.
Dedicato alla facoltà di medicina.
Illuminato dalla luce lunare.
«Eccoci qui.» Michael rimase allibito vedendo uno spettacolo un po' impressionante, c'era davanti a lui un enorme scaffale con degli organi umani rinchiusi dentro ai barattoli con dell'acqua.
C'era un cuore, un polmone, un occhio e persino le ovaie.
Michael si girò da un'altra parte per tossire.
«Michael, tutto ok?» disse la ragazza andando verso di lui preoccupata.
Smise di tossire.
«Perdonami, solo che non sono abituato a vedere ...» si interruppe deglutendo.
«Vedere cosa?» domandò la mora, indicò poi lo scaffale con gli organi.
Lei lo guardò con tutta la normalità del mondo, l'occhio cadde su un barattolo che al suo interno conteneva un cuore.
Lei andò verso quello scaffale, per prendere poi quel barattolo che chiamava il suo nome.
«Sandie che vuoi fare?» lei appoggiò il barattolo con l'organo sul grande tavolo.
Prese poi da una scatola di carta dei guanti di lattice.
«Voglio toccarlo.» disse poi con il sorriso.
Lui ridacchiò nervosamente.
«Dai Sandie.»
«Sono seria Michael.» lui la guardò mettersi i guanti, poi aprì il barattolino, non c'era bisogno della torcia, perché era la luna a fare il ruolo di luce.
Con delicatezza, prese poi l'organo.
Michael fece una smorfia di disgusto guardando da un'altra parte.
«Mio Dio.» mormorò impressionato.
Lei invece lo guardò ammirata dall'organo.
Lo toccò, lo accarezzò, pensando che quell'organo era colui, insieme a tanti altri, che permetteva di vivere.
«Michael,» lo chiamò «Vieni.»
«A fare cosa?» domandò
«A toccarlo.» spalancò gli occhi.
«Scordatelo.» ridacchiò.
«Dai Michael.» insistè.
«Sandie, è un cuore, un cuore vero.» affermò voltando verso di lei, indicando il cuore con il capo.
«Come lo hai anche tu.» disse poi con serietà «E come c'è l'ho anch'io, tutti abbiano un cuore, come questo che ho tra le mie mani.» Michael a quelle parole si fece convincere, andò verso di lei, la guardò mentre si prese i guanti di lattice per poi metterli.
Guardò l'organo, mentre Sandie lo aveva ancora tra le mani.
«Allora, questa è l'arteria carotide comune sinistra, l'arteria succlavia sinistra e l'arteria brachiocefalica. Queste specie di tubicini.» disse indicicando con le dita «Poi questo è il ventricolo destro, e questo il ventricolo sinistro.» disse indicando il pieno del cuore.
Michael con il dito lo toccò, ma poi lo estraè poco dopo.
«È viscido.» ridacchiò «Però ... non so, da una parte mi fa impressione, dall'altra invece è bello.» si guardarono con il sorriso, perché entrambi si erano rubati i cuori dell'uno dell'altro.
«È un organo che ho sempre amato.» disse Sandie posando il cuore all'interno del barratolo «Penso che dopo la laurea, farò la cardiologa. Non sono ancora decisa del tutto ma è quello che sento di fare.» disse togliendosi i guanti, lo stesso fece anche Michael.
«Tu sei magnifica Sandie.» lo guardò «Ti ammiro, ti ammiro per la tua determinazione, insomma, guardati. Non ho mai visto una persona che ama tanto questo mondo. Tu diventerai una grande dottoressa, sopratutto una grande cardiologa. Lo auguro davvero, perché te lo meriti Sandie.» disse Michael con l'amore nel cuore.
«Ti ringrazio Michael.» sorrisero entrambi, calando poi il silenzio.
Ma poi lei guardò in basso torturandosi con le dita una ciocca di capelli.
«Michael.» lo chiamò.
«Si?» si voltò per guardarlo.
«Quella notte, quando ci separammo. Mi dicesti che quel bacio ti piacque.» fece una pausa ma aveva paura, troppa paura della sua reazione.
«Continua.» incitò il cantante interessato, lei fece il rumore con la lingua schioccando il palato.
«È la verità?» domandò poi, lui fece un sorriso malinconico a quella domanda.
«È la verità. Io ho amato quel bacio, insieme alle tue labbra.» lei abbassò lievemente lo sguardo dall'imbarazzo.
«Ma se ricapitasse che ci baciamo un'altra volta, tu mi lasceresti da sola di nuovo non è così?» domandò ingenuamente la ragazza.
A quella domanda così puerile, il cuore di Michael perse un battito.
Con le dita prese il viso della ragazza, avvicinando poi il volto con il suo.
«Ti sbagli.» rispose il cantante diretto, la ragazza sentiva bene il fiato di lui, sapeva di menta e vaniglia.
Lei chiuse gli occhi, con la speranza che Michael la baciasse.
Così avvenne.
Le loro labbra si congiunsero in un bacio tenero, lento, e amorevole.
Proprio come nei film d'amore.
Finalmente entrambi potevo risentire le loro bocche, le loro lingue, e i loro sapori.
Non era un sogno.
Era tutto reale.
Stavano baciando.
Ed erano soli.
Nessuno li avevano interrotti.
Le loro lingue si unirono in una danza, come in un ballo lento.
La mano destra di Michael si mescolò nei lunghi capelli della ragazza, e quella di Sandie era semplicemente appoggiata sulla guancia, le dita sfioravano i suoi capelli ricci.
In quella biblioteca, oltre a profumare di studio, saggezza, e organi, profumava d'amore.
Un'amore che stava per nascere dall'attrazione.
Entrambi erano attratti l'uno dall'altro.
Ma quello che sapevano.
Era che si amavano.
Ma era troppo presto per dichiararlo l'uno all'altro.
Sandie non era pronta.
E Michael voleva aspettare il momento giusto.
Il periodo dei dubbi era passato, ora c'era l'attrazione a fare il suo passo.
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